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Beauty

L’aiutino col botulino: usi ed abusi estetici da parte dei vip

I Vip, spesso e volentieri, esagerano con la chirurgia estetica: ormai è un dato di fatto. Quante volte ci capita di vedere personaggi letteralmente rovinati da interventi che avrebbero potuto tranquillamente evitare?

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    Uomini e donne nel mondo dello spettacolo fanno indistinamente ricorso al botox e a tutto quello che può donare un aspetto più giovanile. Peccato che siano sotto agli occhi di tutti casi di persone che hanno letteralmente cambianto i connotati. Alcuni hanno esagerato, qualcuno ha acquisito un aspetto migliore… ma sono in tanti che, alla fine, si sono amaramente pentiti. Una relazione, quella fra le star dello show business e il botox che viaggia sulle montagne russe da anni, anche se alla fine tutti ne fanno ricorso.

    Due tipologie

    Esistono sostanzialmente due categorie: quella dei «rifatti/e bene» e quella dei «rifatti/e troppo». E a quest’ultima, purtroppo, appartengono moltissime celeb, sia di casa nostra che soprattutto di Hollywood, la Mecca dell’apparire. Non c’è da stupirsi più di tanto, per una star il recarsi dal chirurgo estetico e chiedere di sollevare gli zigomi, piallare le rughette e rimpolpare le labbra è praticamente un’attività all’ordine del giorno!

    L’eterna illusione

    Il risultato finale è una gallerie di facce a dir poco grottesche. Una lunga lista di volti noti irriconoscibili, in alcuni casi sfigurati. Tra i casi più eclatanti l’ex fidanzatina d’America Meg Ryan che, nell’illusione di congelare il tempo, oggi possiede un volto decisamente alterato. Le labbra di Sally in Harry ti presento Sally, fini e sottili, ora si mostrano come due turgidi canotti, mentre gli zigomi super pronunciati e levigati, svettano imponenti su un volto ultra liscio. Nel tunnel del botox ci sono finiti tanti altri famosi come Courtney Cox, (la celebre Monica di Friends), il cantante Robbie Williams, Uma Thurman, Nicole Kidman, Renée Zellweger, tanto per fare qualche nome…

    Tutto in nome dell’eterna giovinezza

    Un catalogo variegato di interventi (più o meno) dichiarati: rinoplastica, botox su fronte, filler alle labbra, zigomi e area naso-labiale e perfino il laser per eliminare i baby hair all’attaccatura della fronte. Per tutti i gusti ma solo per tasche belle piene.

    La situazione da noi in Italia

    Anche le nostro Paese assistiamo ad un fluorilegio di modificazioni sui volti dei famosi, che ne omologano le sembianze: occhi tirati, zigomi alti e labbra carnosissime. Un esercito di donne (soprattutto donne, anche se i maschietti non sono immuni da questa pratica), tutte con le medesime caratteristiche. Qualche esempio? Nina Moric, Ilary Blasi, Anna Tatangelo, Donatella Versace, Alba Parietti, …

    Mea culpa, mea maxima culpa…

    Non sempre il cambiamento corrisponde alla rinnovata accettazione piena di sé. Tanti i casi di modelle e star che si sono pentite di essere ricorse alla chirurgia estetica per colmare difetti o mancanze di vario tipo. La super modella Gisele Bundchen, per esempio, è una di queste. Ammettendo di essersi rifatta il seno dopo l’allattamento dei due figli, con il rimorso però che è sopraggiunto molto presto: «Per il primo anno ho indossato abiti larghi perché mi sentivo a disagio», ha scritto nella sua autobiografia Lessons, My Path To A Meaningful Life.

    Un pericoloso esempio per le adolescenti

    Pelle tirata, eccessivi gonfiori, espressioni facciali ridotte al minimo: l’illusione di fermare il tempo rimane tale e gli effetti negativi, invece, ti segnano in maniera precisa e permanente. Con un ulteriore, inquietante risvolto che coinvolge anche le giovanissime ragazze, nelle quali già sui 20 anni balenano assurdi desideri di interventi estetici correttivi.

    La lezione di Anna Magnani

    Che nostalgia ed ammirazione per una super-donna come Anna Magnani che diceva: “Lasciami tutte le rughe, non me ne togliere nemmeno una. C’ho messo una vita a farmele!”. La capacità di esprimere emozioni, che ci rende più comunicativi verso gli altri aumentando l’empatia, passa anche attraverso un labbro che si increspa, un sorriso a metà, un sopracciglio che si solleva e una ruga che si forma intorno agli occhi quando ridiamo. Cerchiamo di tenerlo sempre a mente.

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      Benessere

      Cocktail proteici: vera energia o solo effetto placebo?

      Bevande colorate, shaker e promesse di muscoli tonici: i cocktail proteici sono ormai protagonisti nelle palestre e nei social. Ma funzionano davvero o il loro successo è frutto di suggestione e marketing?

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      Cocktail proteici

        Un fenomeno in crescita tra fitness e lifestyle

        Negli ultimi anni, i cocktail proteici sono diventati un simbolo del benessere moderno. Consumati dopo l’allenamento o come sostitutivi del pasto, promettono di favorire il recupero muscolare, aumentare la massa magra e migliorare le prestazioni sportive. A promuoverli non sono più solo atleti e bodybuilder, ma anche influencer e appassionati di fitness, che li presentano come una soluzione facile per mantenersi in forma.

        Secondo un rapporto pubblicato da Euromonitor International, il mercato globale delle proteine in polvere ha superato i 20 miliardi di dollari nel 2024, trainato da un pubblico sempre più attento alla nutrizione funzionale. Ma dietro il successo commerciale, gli esperti invitano alla cautela: non sempre ciò che è venduto come “super efficiente” ha basi scientifiche solide.

        Cosa contengono davvero i cocktail proteici

        Queste bevande, spesso a base di siero del latte (whey), caseina, soia o pisello, forniscono una dose concentrata di proteine facilmente assimilabili. Ogni porzione ne contiene mediamente dai 20 ai 30 grammi, quantità simile a quella presente in una bistecca o in due uova.

        Le proteine sono essenziali per la crescita e la riparazione dei tessuti muscolari, ma anche per la produzione di enzimi e ormoni. Tuttavia, come sottolineano i nutrizionisti, la maggior parte delle persone che segue un’alimentazione equilibrata assume già abbastanza proteine attraverso i cibi.

        “Solo chi pratica attività fisica intensa o ha un fabbisogno aumentato può trarne reale beneficio”, spiega la dottoressa Chiara Ricci, biologa nutrizionista e docente di scienze dell’alimentazione. “Ma per chi fa sport in modo amatoriale, un pasto completo post-allenamento è spesso sufficiente per coprire il fabbisogno proteico.”

        L’effetto placebo del “drink della performance”

        Parte del successo dei cocktail proteici potrebbe derivare dall’effetto placebo. Numerosi studi di psicologia dello sport mostrano che l’aspettativa di miglioramento può influire davvero sulle prestazioni fisiche.

        Un esperimento pubblicato sul Journal of Strength and Conditioning Research ha rivelato che atleti convinti di assumere una bevanda proteica (ma che in realtà conteneva solo carboidrati) avevano percepito meno fatica e ottenuto risultati migliori. “L’effetto placebo agisce attraverso la motivazione e la percezione dello sforzo”, chiarisce la dottoressa Ricci. “Quando crediamo che qualcosa ci farà rendere di più, il cervello attiva circuiti di ricompensa che migliorano la performance.”

        Questo non significa che le proteine non servano, ma che spesso la loro efficacia è sopravvalutata rispetto all’effetto psicologico e al contesto generale dello stile di vita.

        Quando servono davvero

        Le proteine in polvere possono essere utili in alcuni casi specifici:

        • atleti agonisti con fabbisogni elevati;
        • persone anziane, che tendono a perdere massa muscolare (sarcopenia);
        • vegetariani e vegani, che possono avere difficoltà a coprire il fabbisogno proteico solo con gli alimenti.

        Tuttavia, è importante non eccedere. Un consumo eccessivo di proteine può sovraccaricare i reni e il fegato, oltre a favorire la disidratazione. La World Health Organization raccomanda un apporto giornaliero di circa 0,8 grammi di proteine per chilo di peso corporeo per gli adulti sedentari, che può salire a 1,2–1,7 grammi per chi pratica sport intensi.

        Attenzione a zuccheri e additivi nascosti

        Molti prodotti commerciali contengono dolcificanti artificiali, aromi, coloranti e zuccheri aggiunti. “Bisogna leggere bene le etichette: alcune bevande contengono più zucchero che proteine”, avverte la nutrizionista. È quindi fondamentale scegliere prodotti di qualità, preferibilmente con certificazioni di purezza e senza additivi superflui.

        I cocktail proteici non sono una truffa, ma neppure una bacchetta magica. Possono essere un supporto pratico per chi ha esigenze specifiche, ma non sostituiscono una dieta varia, il riposo e un allenamento regolare.

        La vera forza, come spesso accade, sta nell’equilibrio: le proteine in polvere possono essere utili, ma la loro efficacia dipende da come, quando e perché vengono utilizzate. E se il drink dopo la palestra ci fa sentire più forti, forse è anche merito della mente — non solo del misurino.

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          Benessere

          Unghie forti e sane: i 5 alimenti che fanno la differenza a tavola

          Unghie fragili, che si sfaldano o si spezzano facilmente? Spesso la causa non è solo cosmetica, ma nutrizionale. L’alimentazione gioca infatti un ruolo decisivo nella salute delle unghie, tanto quanto nella pelle e nei capelli.

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          Unghie

            Unghie come specchio del benessere
            Le unghie non sono solo un elemento estetico, ma un vero indicatore dello stato di salute generale. Secondo la British Association of Dermatologists, la fragilità ungueale può dipendere da stress ossidativo, carenze vitaminiche o squilibri alimentari. La cheratina, la proteina che le compone, ha bisogno di nutrimento costante per rigenerarsi. Un’alimentazione varia e bilanciata, dunque, è la prima forma di “cura”.

            1. Uova: una miniera di biotina

            Tra gli alimenti più utili per rinforzare le unghie ci sono le uova, in particolare il tuorlo. Ricche di biotina (vitamina B7), contribuiscono alla produzione di cheratina, migliorando la resistenza e riducendo la tendenza a sfaldarsi. Secondo uno studio pubblicato sul Journal of the American Academy of Dermatology, un’integrazione di biotina può aumentare fino al 25% lo spessore delle unghie fragili. Per un effetto naturale, bastano 3-4 uova alla settimana, preferibilmente cotte per assimilare meglio le proteine.

            2. Salmone e pesce azzurro: omega-3 per idratare

            Gli acidi grassi omega-3 contenuti nel salmone, nelle sardine e nello sgombro migliorano la flessibilità e l’idratazione delle unghie. Favoriscono la circolazione e contrastano l’infiammazione che può indebolirle. Inoltre, forniscono vitamina D e proteine di alta qualità. Se non si ama il pesce, un’alternativa può essere l’olio di semi di lino o di chia, che offre acidi grassi vegetali con funzioni simili.

            3. Frutta secca e semi: zinco e vitamina E

            Mandorle, noci, nocciole, semi di girasole e di zucca sono un concentrato di minerali essenziali come zinco, ferro e selenio, oltre che di vitamina E, potente antiossidante. Lo zinco, in particolare, è cruciale per la sintesi della cheratina: una sua carenza può causare unghie sottili e striate. Uno spuntino con una manciata di frutta secca al giorno aiuta a mantenerle forti e lucide, oltre a nutrire la pelle e i capelli.

            4. Verdure a foglia verde: ferro e acido folico

            Spinaci, cavoli, bietole e rucola sono ricchissimi di ferro, calcio e acido folico. Questi nutrienti migliorano l’ossigenazione dei tessuti e la crescita cellulare, elementi essenziali per una buona salute ungueale. La carenza di ferro, per esempio, è tra le principali cause di unghie fragili o “a cucchiaio”. Inserire regolarmente verdure a foglia verde nei pasti, magari condite con succo di limone (che favorisce l’assorbimento del ferro), è una semplice ma efficace abitudine.


            5. Legumi e cereali integrali: proteine e silicio

            Lenticchie, ceci e fagioli, insieme a orzo, avena e riso integrale, forniscono proteine vegetali e silicio, minerale che sostiene la produzione di collagene e cheratina. Una dieta ricca di questi alimenti aiuta a migliorare la crescita e la compattezza delle unghie. Secondo una ricerca dell’International Journal of Cosmetic Science, il silicio alimentare favorisce anche la rigenerazione del tessuto connettivo e la salute dei capelli.

            Un aiuto che parte da dentro
            Per unghie forti non basta una manicure accurata: serve costanza a tavola. Bere molta acqua, limitare zuccheri raffinati e alcol e integrare alimenti ricchi di proteine, ferro e omega-3 è fondamentale. In alcuni casi, può essere utile valutare con il medico un supporto di integratori specifici di biotina, collagene o zinco, ma sempre dopo una dieta ben strutturata.

            La vera bellezza, anche delle unghie, comincia dall’interno. E passa — come sempre — da una tavola equilibrata e consapevole.

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              Salute

              Gravidanza e allattamento: scoperto il segreto immunitario che protegge dal tumore al seno

              Una nuova ricerca australiana rivela il meccanismo biologico dietro l’effetto protettivo di gravidanza e allattamento contro alcuni tumori al seno. Il sistema immunitario, e in particolare alcune cellule “sentinella”, sembrano essere la chiave di questa difesa naturale.

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              allattamento

                Un’antica osservazione trova finalmente spiegazione scientifica

                Già nel XVIII secolo i medici avevano notato che le suore, che non avevano figli, si ammalavano più spesso di cancro al seno rispetto alle altre donne. Con il tempo, numerosi studi hanno confermato che gravidanza e allattamento offrono una forma di protezione naturale contro alcuni tipi di tumori mammari. Tuttavia, fino a oggi non si conosceva con certezza quale fosse il meccanismo biologico alla base di questo effetto.

                Ora una ricerca condotta dal Peter MacCallum Cancer Centre di Melbourne, pubblicata su Nature (ottobre 2024), offre una risposta convincente: il sistema immunitario gioca un ruolo chiave, grazie a un particolare gruppo di cellule che restano nel tessuto mammario anche molti anni dopo l’allattamento.

                La maternità lascia un’impronta nel sistema immunitario

                Gli scienziati australiani hanno analizzato campioni di tessuto mammario sano prelevati da oltre 260 donne, sottoposte a interventi chirurgici per riduzione o rimozione del seno. Le donne che avevano avuto almeno un figlio mostravano una maggiore presenza di linfociti T CD3+ e CD8+, cellule specializzate nel riconoscere e distruggere le cellule anomale o tumorali.

                In particolare, il team ha individuato un sottogruppo di linfociti T della memoria residenti (TRM), vere e proprie “sentinelle” immunitarie che restano nei tessuti a lungo termine e si attivano solo quando individuano cellule potenzialmente pericolose.
                Sorprendentemente, queste cellule risultavano ancora presenti anche trent’anni dopo l’ultima gravidanza, suggerendo che l’esperienza dell’allattamento lasci una traccia permanente nel sistema immunitario del seno.

                La prova nei modelli animali

                Per confermare i risultati, i ricercatori hanno condotto esperimenti anche su modelli murini. Sono stati confrontati tre gruppi di femmine di topo: uno che non aveva partorito, uno che aveva partorito ma non allattato, e un terzo che aveva completato gravidanza, allattamento e svezzamento.

                Solo in quest’ultimo gruppo è stato osservato un accumulo significativo di linfociti T CD8+ nel tessuto mammario. Quando gli studiosi hanno impiantato cellule tumorali, i topi che avevano allattato hanno mostrato una crescita più lenta del tumore, segno di una risposta immunitaria più efficace.
                L’effetto è scomparso del tutto quando le cellule T CD8+ sono state eliminate farmacologicamente, a conferma del loro ruolo centrale nel contenere lo sviluppo tumorale.

                Un effetto protettivo che dura nel tempo

                Analizzando anche dati clinici di donne che avevano sviluppato un tumore al seno triplo negativo – una forma particolarmente aggressiva e resistente alle terapie ormonali – i ricercatori hanno scoperto che chi aveva allattato al seno mostrava una maggiore densità di cellule immunitarie all’interno del tumore rispetto alle donne che non avevano allattato.

                Secondo gli autori dello studio, l’effetto protettivo appare più marcato proprio nei tumori non ormonali, come il triplo negativo, che rappresentano circa il 10-15% dei casi ma spesso hanno un decorso più rapido e difficile da trattare.
                Inoltre, i risultati suggeriscono che la durata dell’allattamento potrebbe influire sul livello di protezione: più a lungo si allatta, maggiore è il beneficio immunitario.

                Nuove prospettive per la prevenzione e la ricerca oncologica

                La scoperta è stata accolta con grande interesse dalla comunità scientifica. Capire in che modo le cellule immunitarie residenti contribuiscano a proteggere il tessuto mammario potrebbe aprire la strada a nuove strategie preventive e terapeutiche, come vaccini antitumorali o terapie che stimolino la memoria immunitaria locale.

                Restano tuttavia alcuni interrogativi aperti: non è ancora chiaro perché queste cellule persistano così a lungo né quali fattori ne regolino l’attività. Gli studiosi ipotizzano che il processo di rimodellamento del tessuto mammario durante l’allattamento favorisca la formazione di un ambiente immunitario “allenato” e pronto a intervenire in caso di trasformazioni cellulari anomale.

                Una difesa naturale che ispira la scienza

                Il legame tra maternità e salute del seno, noto da secoli ma mai spiegato fino in fondo, trova ora una solida base scientifica.
                Come conclude il gruppo di ricerca australiano:

                “La gravidanza e l’allattamento non solo nutrono una nuova vita, ma lasciano nel corpo della madre una forma di memoria immunitaria che può durare per decenni.”

                Un risultato che conferma, ancora una volta, come la biologia della maternità racchiuda meccanismi di protezione complessi e straordinari, capaci di guidare la medicina del futuro nella lotta contro il cancro al seno.

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