Salute
Alla larga dal cibo ultraprocessato! Il junk food fa male e crea dipendenza
l’infettivologo Van Tulleken nel suo libro osserva che la spesa alimentare negli Stati Uniti è passata dal 43% del budget familiare all’inizio del 1900 al 10% attuale, grazie alla diffusione del cibo ultraprocessato. Questo risparmio apparente è compensato da maggiori costi sanitari e un impatto economico negativo sui contribuenti.

Il cibo ultraprocessato non solo fa male alla salute, ma crea anche dipendenza. Lo scrive nero su bianco l’infettivologo Chris van Tulleken nel suo libro denuncia Ultraprocessed People. Gli ingredienti del pollo con verdure Nestlé, ad esempio, comprendono isolato proteico di soia, amidi modificati, maltodestrina di mais, e fosfato di sodio, tra gli altri. Questo prodotto appartiene alla linea Lean Cuisine, considerata “sana” dalla multinazionale, ma secondo un’inchiesta del Financial Times, il 60% degli alimenti prodotti da Nestlé non rientra in una “definizione condivisa di cibo sano“.
Diffusione scarsa ma anche Italia a rischio
In Italia, la diffusione di cibi ultraprocessati è inferiore rispetto a paesi come gli Stati Uniti e l’Inghilterra. Tuttavia è necessario fare attenzione agli ingredienti di alimenti apparentemente innocui, come la cioccolata fondente, che può contenere additivi non specificati.
Prima era junk food oggi è cibo ultraprocessato
Il termine “junk food” è stato sostituito da “cibo ultraprocessato” (UPF), che rientra nel gruppo 4 della classificazione Nova. Si tratta di un sistema di classificazione degli alimenti basato sul grado di lavorazione industriale messo a punto da un gruppo di studio brasiliano. Nova, che non è un acronimo ma un nome proprio, definisce le lavorazioni come “i processi fisici, chimici e biologici che interessano i vari alimenti una volta che siano separati dalla natura e prima che siano consumati o utilizzati nella preparazione di piatti.” Il gruppo 4 della clasificazione descrive alimenti fatti con ingredienti industriali che difficilmente si possono definire cibo. Secondo van Tulleken, il cibo ultraprocessato è progettato per creare assuefazione, simile a quella causata da sigarette e alcol.
Come si sviluppa la dipendenza
Van Tulleken sostiene che le industrie alimentari abbiano due metodi per aumentare i profitti: ridurre i costi degli ingredienti e ingegnerizzare i cibi per indurre il consumatore a mangiarne sempre di più. Partecipando a conferenze scientifiche, l’infettivologo ha osservato che il tema dell’assuefazione da cibo ultraprocessato è centrale e paragonabile alla dipendenza da sostanze.
Come riconoscere il cibo ultraprocessato
Un modo rapido per identificare il cibo ultraprocessato è verificare la lista degli ingredienti. Se contiene elementi che non esistono nella nostra cucina, è probabile che sia ultraprocessato. Alcuni additivi, come emulsionanti e dolcificanti ipocalorici, possono ingannare il nostro corpo e aumentare l’appetito.
Fare attenzione al cibo in scatola
Certo in Italia non ne consumiamo quantitativamente come si consumano negli Stati Unti, ma i cibi in scatola come dei semplici fagioli possono contenere ingredienti ultraprocessati per migliorare il sapore, come i fagioli con pomodoro. Sono reperibili molte app che aiutano orientarsi sui cibi sicuri e quelli meno. L’app Yuka può aiutare a scoprire il livello di processamento dei cibi. Sono segnalati molti cereali commerciali, ad esempio, come cibi altamente ultraprocessati.
Impatto economico e sociale
Sempre l’infettivologo Van Tulleken nel suo libro osserva che la spesa alimentare negli Stati Uniti è passata dal 43% del budget familiare all’inizio del 1900 al 10% attuale, grazie alla diffusione del cibo ultraprocessato. Questo risparmio apparente è compensato da maggiori costi sanitari e un impatto economico negativo sui contribuenti. Van Tulleken auspica che la lettura del suo libro inciti le persone a chiedere cambiamenti nel sistema alimentare.
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Salute
Le quattro mosse per rallentare l’invecchiamento e vivere più sani
Rallentare l’invecchiamento non richiede sforzi enormi, ma costanza e attenzione. Anche piccoli cambiamenti possono fare una grande differenza, regalando anni di vita in più e una maggiore serenità.

Il cinquantaduenne medico Michael Greger è il fondatore dell’American College of Lifestyle Medicine. Da anni le sue ricerche sono indirizzate a suggerire scelte e pratiche utili per rallentare l’invecchiamento una volta raggiunta la mezza età. Con tutto la sua equipe, il dottor Greger sottolinea come adottare uno stile di vita sano anche in età avanzata può fare una grande differenza sia nella qualità, sia nella durata della vita. E’ vero a volte questi avvertimenti sembrano ridondanti, letti e riletti più volte. Ma insistere non guasta mai. Si tratta di usare piccoli e semplici cambiamenti nelle abitudini quotidiane in grado di rallentare l’invecchiamento biologico E soprattutto ridurre il rischio di malattie croniche. Michael Greger, nutrizionista di fama internazionale, sottolinea l’importanza di seguire i “fantastici 4”: alimentazione sana, attività fisica, controllo del peso e niente fumo.
Alimentazione: il cuore della longevità
La dieta è uno dei principali fattori su cui possiamo agire per rallentare l’invecchiamento. Un’alimentazione basata su alimenti vegetali e integrali fornisce una doppia azione benefica: aumenta l’apporto di fibre e antiossidanti, e riduce il consumo di grassi saturi e altri elementi patogeni. Tra i consigli che ci arrivano ogni giorno dai nutrizionisti quello più importante è di consumare almeno cinque porzioni al giorno di frutta e verdura. Un scelta che aiuta a ridurre il rischio di malattie cardiovascolari, ictus e cancro. Da ricoordare che le verdure a foglia verde proteggono cuore e cervello grazie ai nitrati naturali, che rallentano il metabolismo e favoriscono la longevità. Così come viene spesso consigliato un uso costante di cereali integrali. Ricchi di fibre, riducono l’infiammazione e migliorano la salute intestinale. L’utilizzo quotidiano di frutta secca e di semi come una semplice manciata di noci al giorno può abbassare il rischio di morte prematura del 15%. Infine i frutti di bosco che ormai si trovano durante tutto l’anno. Ricchi di antiossidanti, contribuiscono a proteggere le cellule dai radicali liberi.
Una maggiore varietà di frutta e verdura è associata a minori danni al DNA e a livelli più bassi di infiammazione. Anche una moderata restrizione calorica, sotto consiglio medico, può aiutare a ridurre lo stress ossidativo e rallentare l’invecchiamento biologico. Basta così? Non proprio…
Più movimento, meno invecchiamento
Camminare per 20 minuti al giorno è sufficiente per migliorare la salute cardiovascolare e ridurre il rischio di disabilità. L’attività fisica regolare aumenta la forza muscolare, migliora l’equilibrio e riduce il rischio di cadute, che rappresentano una delle principali cause di disabilità negli anziani.
Peso osservato speciale
Mantenere un peso sano è cruciale per prevenire obesità, diabete e altre malattie croniche. Ridurre le porzioni e limitare gli alimenti ricchi di zuccheri aggiunti e grassi saturi può aiutare a mantenere un peso equilibrato.
Tu fumi? Io no…
Smettere di fumare, anche in età avanzata, porta benefici immediati e a lungo termine. Riduce il rischio di malattie polmonari, cardiovascolari e cancro, migliorando al contempo la qualità della vita.
Tutto qui? No adottare uno stile di vita sano agisce anche su ansia e depressione
Seguendo queste linee guida, è possibile rallentare l’insorgere di malattie croniche come artrite, demenza e osteoporosi. Inoltre, uno stile di vita sano influisce positivamente sul benessere psicologico, riducendo ansia, depressione e stanchezza. Chi adotta queste abitudini può sembrare biologicamente più giovane di 14 anni e migliorare significativamente la qualità della vita. Provare per credere!
Salute
Elisabetta Gregoraci testimonial della Settimana Nazionale per la Prevenzione Oncologica: la LILT lancia la campagna “Amati. Fai prevenzione”
Alla conferenza di presentazione a Roma, esperti e istituzioni sottolineano l’importanza di uno stile di vita sano. Tra gli ospiti anche Beppe Convertini e Giuseppe Brindisi.

La prevenzione oncologica torna protagonista con la Settimana Nazionale per la Prevenzione Oncologica, presentata ufficialmente dalla Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori (LILT) durante una conferenza stampa al Museo Ninfeo di Roma. Un evento che ha riunito esponenti del mondo scientifico, istituzionale e della comunicazione per lanciare un messaggio chiaro: prendersi cura di sé oggi significa salvarsi la vita domani.
A rappresentare la campagna di sensibilizzazione per il 2025 è Elisabetta Gregoraci, scelta come testimonial per la sua vicinanza ai temi della prevenzione. Da anni impegnata al fianco della LILT, la conduttrice ha ribadito con forza l’importanza di controlli regolari e stili di vita sani. “Amare se stessi significa anche ascoltare il proprio corpo, sottoporsi a screening periodici e fare scelte consapevoli ogni giorno. Ogni piccolo gesto può fare la differenza nella lotta contro il cancro”.

Il messaggio è chiaro e diretto, racchiuso nel claim della campagna di quest’anno: “Amati. Fai prevenzione”. La Gregoraci, con la sua presenza, incarna perfettamente l’idea di consapevolezza e responsabilità individuale, dimostrando che prevenire è un atto d’amore verso se stessi e verso chi ci sta accanto.

La conferenza stampa ha visto anche l’intervento del Presidente Nazionale della LILT, Francesco Schittulli, che ha sottolineato i progressi della ricerca e l’importanza della prevenzione. I numeri parlano chiaro: 390.000 nuovi casi di tumore stimati nel 2024, ma anche 3,7 milioni di persone in Italia che hanno superato la malattia. Un segnale di speranza che dimostra quanto diagnosi precoce e trattamenti mirati stiano cambiando il volto dell’oncologia. “Nonostante il numero di nuovi casi rimanga costante, la mortalità è in calo, soprattutto tra i giovani adulti. Questo dimostra che adottare stili di vita sani può davvero fare la differenza”.
Il Ministero della Salute ha ribadito il proprio impegno nel promuovere campagne di prevenzione e ampliare i programmi di screening oncologici. Il Capo di Gabinetto Marco Mattei ha spiegato come il governo stia lavorando per includere anche patologie tumorali spesso trascurate, come il cancro al polmone, che, se scoperto in fase avanzata, offre pochissime possibilità di sopravvivenza. “Stiamo potenziando i programmi di diagnosi precoce perché sappiamo che intercettare la malattia in tempo può salvare vite”.
Come ogni anno, l’olio extravergine di oliva (EVO) è stato scelto come simbolo della campagna, un alimento che rappresenta non solo un pilastro della dieta mediterranea, ma anche un potente alleato contro le patologie oncologiche. David Granieri, Presidente di UNAPROL, ha sottolineato l’importanza dell’olio EVO nella prevenzione del cancro, citando studi scientifici che dimostrano come il consumo quotidiano di questo alimento possa ridurre il rischio oncologico fino al 31%. “Non è solo un’eccellenza del nostro territorio, ma un elisir di lunga vita. Investire nella qualità della nostra alimentazione significa investire nella nostra salute”.





Durante l’evento hanno preso la parola anche il Presidente del Comitato Scientifico della LILT, Raffaele Perrone Donnorso, e il professor Giorgio Calabrese, esperto in scienze dell’alimentazione. Entrambi hanno ribadito come una dieta equilibrata possa ridurre drasticamente il rischio di sviluppare tumori e altre malattie croniche. L’onorevole Stefania Marino, presente alla conferenza, ha invece sottolineato l’importanza di un impegno concreto da parte delle istituzioni per garantire l’accesso ai programmi di prevenzione a tutti i cittadini, indipendentemente dalla fascia sociale ed economica di appartenenza.
A dare il loro contributo anche due volti noti del giornalismo e della televisione, Giuseppe Brindisi e Beppe Convertini, che hanno voluto condividere le loro esperienze personali. Convertini ha parlato dell’importanza di diffondere messaggi di sensibilizzazione, ricordando come molte persone sottovalutino la necessità di sottoporsi a controlli regolari. “Abbiamo tutti qualcuno che ha affrontato il cancro, amici, familiari, colleghi. Dobbiamo insistere affinché nessuno rimandi il momento di prendersi cura di sé”.
L’appuntamento con la Settimana Nazionale per la Prevenzione Oncologica sarà dal 15 al 23 marzo 2025. In tutta Italia verranno organizzate iniziative dedicate alla salute e alla prevenzione: visite gratuite, incontri informativi, eventi per promuovere corretti stili di vita. La LILT, ancora una volta, lancia un appello a tutti gli italiani: prevenire è un atto di responsabilità, un modo per garantirsi un futuro più sano e una vita più lunga.
Salute
Snus e sacchetti di nicotina un nuovo pericolo quasi legale per i teenagers europei
Lo snus è un prodotto che contiene tabacco venduto in Svezia e vietato nel resto d’Europa, mentre i sacchetti sono legali (non per i minorenni) in Ue e in Italia.

Iniziamo col dire che lo snus per ora è legale solo in Svezia. Si tratta di un prodotto a base di tabacco finemente triturato, venduto esclusivamente vietato nel resto d’Europa dal 1992. Attualmente esistono due tipi di snus, sfuso e in bustina. Nel primo caso si tratta di tabacco pressato in una scatola, da cui il consumatore estrae una porzione pizzicandola fra due dita. Nel secondo caso si tratta d una dose standard di tabacco racchiusa in una bustina simile a quelle da tè.
Ma cosa contiene la bustina di snus?
Oltre alla nicotina, lo snus contiene un’elevata quantità di sostanze chimiche diverse. Viene inserito tra il labbro superiore e la gengiva e tenuto per un tempo variabile, generalmente tra i 30 e i 60 minuti. Dopodiché viene sputato e sostituito da una nuova porzione. Questo metodo permette al consumatore di autosomministrarsi nicotina virtualmente no-stop nell’arco della giornata, una strategia utilizzata in Svezia per smettere di fumare.
Perché lo snus è fuorilegge?
La direttiva europea sul tabacco del 2014 vieta la vendita dello snus nel resto d’Europa a causa dei rischi per la salute associati al consumo di tabacco. Lo snus, come tutti i prodotti a base di tabacco, contiene sostanze chimiche nocive che possono causare gravi danni alla salute, tra cui il cancro e malattie cardiovascolari.
Cosa sono i sacchetti di nicotina?
I sacchetti di nicotina, venduti anche in Italia, sono un prodotto relativamente nuovo che non contiene tabacco, ma solo nicotina, aromi e sostanze chimiche. Questi sacchetti sono legali (ma vietati ai minorenni) e vengono venduti in tabaccheria. Esistono vari gusti (fruttati, mentolati o un mix dei due) e contengono dosi variabili di nicotina, che vanno da un minimo di 3 milligrammi per sacchetto fino a 50 milligrammi. Il sacchetto viene inserito tra il labbro superiore e la gengiva, rilasciando nicotina e aromi. Il consumo del sacchetto di nicotina è molto simile a quello dello snus: non c’è fumo, né odore, né cenere, rendendolo facile da usare anche in luoghi dove fumare è vietato. Ma la nicotina non faceva male??
Perché i sacchetti di nicotina sono pericolosi?
La nicotina è una potente neurotossina con effetti stimolanti e uno dei principali fattori responsabili della dipendenza dal fumo. Immediatamente dopo l’assunzione di nicotina, si registra un aumento della pressione sanguigna, della respirazione e della frequenza cardiaca (tachicardia). La nicotina provoca anche nausea, può indurre il vomito e stimola le ghiandole esocrine, aumentando le secrezioni salivari e bronchiali. La quantità di nicotina nei sacchetti è molto superiore a quella delle sigarette, rendendo facile per i giovani arrivare a un dosaggio eccessivo. Gli effetti nocivi possono essere molteplici, soprattutto per il sistema cardiocircolatorio. Inoltre, la nicotina è una sostanza psicoattiva che dà elevata dipendenza, rendendo questi prodotti particolarmente pericolosi.
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