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Salute

Vacanze in hotel, il medico avverte: «Non mettete i vestiti nelle cassettiere!»

Non disfare le valigie: ecco perché è meglio evitare di mettere i vestiti nei cassetti degli alberghi

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    Quando si va in vacanza, ci sono abitudini che possono influenzare il modo in cui gestiamo i nostri bagagli in hotel. Mentre alcuni preferiscono sistemare tutto negli armadi e nelle cassettiere, il dottor Renato Sorge lancia un allarme: questa pratica potrebbe comportare dei rischi.

    Pericolo cimici dei letti

    Secondo il dottor Sorge, gli armadi e le cassettiere degli hotel, specialmente quelli in legno con giunture e fessure, possono essere infestati dalle cimici dei letti. Questi parassiti possono rovinare le vacanze, nonostante il servizio di pulizie degli alberghi si occupi di pulire i pavimenti, disinfettare i bagni e cambiare le lenzuola. Le cassettiere, però, potrebbero non ricevere la stessa attenzione.

    Consigli per evitare problemi

    Per evitare problemi, il dottor Sorge consiglia di usare gli armadi per appendere i vestiti oppure di lasciarli direttamente nelle valigie. Questo accorgimento semplice può prevenire il rischio di infestazioni.

    Le abitudini dei viaggiatori

    Diversi utenti hanno condiviso che preferiscono lasciare tutto nei bagagli nel caso la stanza non fosse pulita a dovere, mentre altri portano con sé prodotti per pulire e disinfettare la stanza.

    Riflessioni finali

    Seguire questi consigli può aiutare a prevenire spiacevoli sorprese durante le vacanze. Lasciando i vestiti nelle valigie o appendendoli in spazi appropriati, si riduce significativamente il rischio di portare a casa ospiti indesiderati come le cimici dei letti.

    Insomma, meglio prevenire che curare: un piccolo accorgimento può fare la differenza per la serenità delle vostre vacanze.

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      Salute

      Vertigini da stress: quando l’ansia manda in tilt l’equilibrio

      Comprendere il legame tra ansia e vertigini è il primo passo per gestire il problema. Ecco come riconoscerlo, quali accertamenti fare e quando rivolgersi a un professionista.

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      Vertigini da stress

        Un improvviso senso di instabilità, la percezione di camminare su un suolo che oscilla, oppure un giramento di testa che compare nei momenti di maggiore tensione. Le vertigini da stress sono un fenomeno tutt’altro che raro e rappresentano una delle manifestazioni fisiche più diffuse dell’ansia. Non sono pericolose in sé, ma possono diventare altamente invalidanti se non vengono riconosciute in tempo.

        Un legame sempre più studiato

        Le ricerche più recenti confermano il ruolo dello stress sul sistema vestibolare, la struttura dell’orecchio interno responsabile dell’equilibrio. In presenza di forte tensione emotiva, il corpo produce adrenalina e cortisolo: ormoni utili in situazioni di emergenza, ma che, se in eccesso, possono alterare la percezione dello spazio e scatenare sensazioni di instabilità.
        Ansia e vertigini, quindi, non sono un binomio immaginario, ma una reazione fisiologica legata all’attivazione del sistema nervoso autonomo.

        Come si presentano le vertigini da stress

        Riconoscerle non è immediato, perché i sintomi possono sovrapporsi a molte altre condizioni mediche. Tuttavia, esistono alcuni segnali tipici:

        • instabilità e sbandamento, come se il pavimento si muovesse;
        • capogiri improvvisi in concomitanza con ansia, tensione o preoccupazione;
        • sensazione di essere spinti lateralmente, pur mantenendo fisicamente l’equilibrio;
        • annebbiamento mentale o difficoltà di concentrazione;
        • assenza di anomalie agli esami clinici.

        Spesso i vertiginosi episodi sono accompagnati da tachicardia, sudorazione fredda, respirazione rapida e tensione muscolare: sintomi tipici dell’ansia, che contribuiscono a rinforzare la paura di avere un problema fisico serio.

        Il meccanismo biologico

        Quando lo stress raggiunge livelli elevati, il corpo entra nella cosiddetta modalità “attacco o fuga”. Il rilascio di adrenalina accelera il battito cardiaco e modifica la respirazione.
        Quest’ultima, se diventa troppo rapida e superficiale (iperventilazione), può alterare i livelli di anidride carbonica nel sangue, generando ulteriori capogiri e senso di distacco dalla realtà.

        Questi meccanismi non sono pericolosi, ma possono risultare molto sgradevoli e rinforzare l’ansia, creando un circolo vizioso difficile da spezzare.

        Come distinguere le vertigini da stress da altre cause

        Prima di attribuire il problema all’ansia, è fondamentale escludere patologie dell’orecchio interno, disturbi neurologici, alterazioni della pressione o problemi cardiaci. Per questo il medico può richiedere:

        • esami audiovestibolari,
        • valutazione neurologica,
        • visita cardiologica,
        • controlli ematochimici,
        • eventuale consulto psicologico per analizzare il contesto emotivo.

        Solo quando non emergono anomalie organiche, le vertigini vengono ricondotte allo stress.

        Strategie efficaci per ridurre il problema

        Il trattamento più efficace prevede un approccio combinato:

        • Psicoterapia cognitivo-comportamentale: aiuta a gestire i pensieri catastrofici e a ridurre l’iperattivazione del sistema nervoso.
        • Tecniche di respirazione lenta e profonda: stabilizzano i livelli di CO₂ e riducono i capogiri.
        • Mindfulness e rilassamento muscolare: utili per interrompere la tensione fisica.
        • Movimento regolare: camminate, yoga o attività aerobiche leggere migliorano l’equilibrio e riducono lo stress.
        • Supporto farmacologico: valutato dal medico solo nei casi più intensi.

        Anche la qualità del sonno, l’idratazione e la riduzione di caffeina e alcol giocano un ruolo importante nel prevenire ricadute.

        Quando è il caso di farsi vedere

        Se gli episodi diventano frequenti, durano a lungo o interferiscono con la vita quotidiana, è opportuno rivolgersi a uno specialista.
        Un intervento tempestivo permette di evitare che i sintomi si cristallizzino e che l’ansia si trasformi in un disturbo più complesso.

        Le vertigini da stress sono un esempio concreto di come mente e corpo siano strettamente collegati. Imparare a riconoscerle e a gestirle è il primo passo per recuperare stabilità — non solo fisica, ma anche emotiva.

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          Salute

          Dormire con la cervicobrachialgia: le posizioni che aiutano davvero

          La cervicobrachialgia, causata spesso da infiammazioni cervicali o compressioni nervose, rende difficile trovare una posizione comoda durante il sonno. Ecco consigli pratici, soluzioni supportate dalla fisioterapia e strategie per ridurre i sintomi notturni.

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          cervicobrachialgia

            Un disturbo che rovina il riposo

            La cervicobrachialgia è una condizione caratterizzata da dolore al tratto cervicale che si estende verso la spalla e il braccio. Spesso deriva da problematiche comuni: contratture muscolari, artrosi cervicale, ernie o protrusioni discali che irritano le radici nervose. Sebbene non sia sempre grave, il disturbo può compromettere significativamente la qualità del sonno, generando risvegli frequenti e difficoltà ad addormentarsi.

            Dormire male, a sua volta, peggiora il dolore: una sorta di circolo vizioso che può essere mitigato adottando alcune posizioni mirate e regolazioni adeguate del supporto cervicale.

            La posizione più consigliata: sul fianco con supporto mirato

            Molti fisioterapisti concordano nel consigliare una posizione sul fianco, preferibilmente quello non dolente. L’idea è mantenere il tratto cervicale allineato alla colonna:

            • un cuscino di altezza media permette di evitare inclinazioni laterali del collo, che possono aumentare la compressione nervosa;
            • un cuscino abbracciabile davanti al petto può aiutare a rilassare spalle e braccio, diminuendo la trazione sui muscoli del collo;
            • un cuscino tra le ginocchia stabilizza il bacino e riduce tensioni muscolari lungo tutta la colonna.

            Una postura semplice ma spesso molto efficace per ridurre il dolore irradiato.

            Supini sì, ma con qualche accorgimento

            Dormire sulla schiena resta una valida alternativa purché si evitino cuscini troppo alti, che costringono la cervicale in flessione. Un supporto basso o ergonomico mantiene la curva naturale del collo.
            Molto utile anche posizionare un piccolo asciugamano arrotolato dietro il collo, per sostenere la lordosi cervicale senza forzarla.

            In alcuni casi, sollevare leggermente il busto con un secondo cuscino può alleviare la pressione sulle radici nervose, soprattutto quando l’infiammazione è marcata.

            Le posizioni da evitare

            La più sconsigliata è quella a pancia in giù, perché obbliga a ruotare il collo per respirare. Questa torsione prolungata può aumentare il dolore e peggiorare l’irritazione nervosa. Anche dormire con più cuscini “a torre” non è una buona idea: aumenta la flessione del collo e, di conseguenza, la sofferenza cervicale.

            Cuscini, materassi e piccole abitudini salva-notte

            Un cuscino in memory foam o cervicale sagomato può essere d’aiuto perché mantiene la testa in posizione neutra. Non esiste un modello universale: il giusto sostegno dipende dalla corporatura e dalla posizione preferita.

            Il materasso non deve essere né troppo rigido né troppo morbido; l’obiettivo è sostenere la colonna senza affondare.
            Prima di coricarsi, può essere utile applicare calore locale sulla zona cervicale per sciogliere le tensioni muscolari. Al contrario, se prevale un’infiammazione acuta, può essere preferibile il freddo per brevi applicazioni.

            Quando rivolgersi a uno specialista

            Se il dolore notturno persiste per più settimane, compare formicolio intenso o debolezza nel braccio, è fondamentale consultare un medico o un fisiatra. In alcuni casi è necessario un percorso di fisioterapia con esercizi personalizzati, terapie manuali o indagini diagnostiche per identificare la causa esatta dell’irritazione nervosa.

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              Mal di testa da cervicale: quando il dolore nasce dal collo

              Posture scorrette, stress e tensioni muscolari sono tra le principali cause di questo disturbo. Capire i sintomi e intervenire in modo mirato è il primo passo per liberarsi dal dolore.

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              Mal di testa

                Il mal di testa da cervicale, o cefalea cervicogenica, è tra le forme più diffuse di mal di testa secondario, cioè legato a una causa precisa e non a un’alterazione diretta del sistema nervoso. A differenza dell’emicrania o della cefalea tensiva, il dolore nasce da un problema meccanico o muscolare nel tratto cervicale — la parte superiore della colonna vertebrale che sostiene la testa.

                Il disturbo si manifesta quando le prime vertebre del collo subiscono un’alterazione strutturale o funzionale, che può derivare da diversi fattori: un trauma (come il classico colpo di frusta), una contrattura muscolare persistente, una postura scorretta mantenuta per ore davanti al computer o allo smartphone, oppure da condizioni croniche come artrosi cervicale, artrite o ernie del disco. Anche disturbi apparentemente lontani, come il bruxismo (digrignare i denti) o una malocclusione dentale, possono contribuire a creare tensione nei muscoli del collo e scatenare il dolore.

                I sintomi tipici comprendono un dolore sordo e costante nella zona posteriore della testa, che può irradiarsi verso la fronte, le tempie o la mandibola. Alcuni pazienti riferiscono anche fastidi a orecchie, gola o lingua. Il dolore peggiora con i movimenti del collo o con posture statiche prolungate, e spesso si accentua nel corso della giornata. Si associano frequentemente rigidità muscolare, difficoltà nei movimenti del capo e una sensazione di tensione continua nella parte alta della schiena.

                Per una diagnosi corretta è fondamentale rivolgersi a uno specialista in neurologia o fisiatria, che valuterà la causa attraverso un esame clinico e, se necessario, esami diagnostici come radiografia, TAC, risonanza magnetica o elettromiografia.

                Una volta individuata la causa, il trattamento più efficace e meno invasivo è la fisioterapia mirata, utile per migliorare la mobilità cervicale e correggere le posture scorrette. In presenza di infiammazione o dolore acuto, il medico può prescrivere antinfiammatori, analgesici, miorilassanti o cortisonici. Nei casi cronici si può ricorrere a terapie manuali, tecniche di rilassamento o esercizi di rinforzo muscolare personalizzati.

                Gestire lo stress, fare pause frequenti durante il lavoro al computer e mantenere una postura corretta sono strategie semplici ma decisive per prevenire le recidive. Perché, spesso, il mal di testa da cervicale è il modo in cui il corpo ci ricorda che anche il collo — come la mente — ha bisogno di equilibrio.

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