Punti di svista
Nel nome di Satnam

Aveva un nome, Satnam, e un cognome, Singh. E sarebbe bello che tutti se lo ricordassero. Non soltanto ora che giornali e tv hanno puntato i riflettori sulla sua vicenda perché la sua morte, anzi, la sua uccisione, fa notizia. Sarebbe bello se di questo ragazzo indiano ci si ricordasse a lungo. Perché l’unico modo che la sua morte, anzi, la sua uccisione, non sia inutile, è che qualcosa cambi nel suo nome.

Costretto a farsi sfruttare
Perché lui, non era solo un bracciante, un immigrato, uno degli ultimi anelli della nostra società di cui quando ci fa comodo andiamo tanto fieri. Lui non era uno dei pochi derelitti che sopravvivono come possono. Era uno dei tanti che invisibili che non sono. Lui lavorava, si dava da fare e sognava un futuro per se e la sua famiglia. Era nel nostro Paese perché di lui il nostro Paese aveva bisogno per fare un lavoraccio che pochi riescono a fare. Ed era costretto a farsi sfruttare, perché lavorare nei campi per 4 euro all’ora è sfruttamento.
Una vergogna
È illegale. È disumano. Fa ribrezzo. Specie per chi adesso ha la faccia tosta di dire “che la sua leggerezza ci costerà tanto”. No, caricatura di imprenditore e sottospecie di uomo. L’abitudine criminale di chi sfrutta essere umani gli è costata la vita. E chi se ne frega quanto costerà a te.
Cerchiamo di ricordarci di lui
Dall’Agro pontino alla Calabria a chissà quanti altri posti, come lui ce ne sono tanti. Troppi. Sotto gli occhi di tutti, probabilmente ignorati di proposito. Ma sarebbe bello se la sua morte, anzi, la sua uccisione, diventasse utile. Se nel suo nome, qualcosa potesse finalmente cambiare. Sì, nel suo nome. Perché aveva un nome, Satnam, e un cognome, Singh. E dopo una vita da invisibile, ora che è morto, anzi, che è stato ucciso, sarebbe bello se tutti lo ricordassero.
INSTAGRAM.COM/LACITYMAG
Punti di svista
Nudi alla meta… del cattivo gusto: l’AI riscrive la passerella scandalo dei Grammy
Lo show da total nude look di Bianca Censori, guidata dal rapper Kanye West, ha lasciato di stucco tutti. Stimolando qualche buontempone a giocare con l’intelligenza artificiale…

Togli di qui, scopri di là, prima o poi doveva succedere. Era nell’aria che qualcuno dello show business prima o poi si sarebbe presentato a un evento completamente nudo. È successo ai Grammy – guarda il video integrale qui – dove Bianca Censori, compagna del rapper Kanye West, si è mostrata in tutta la sua esagerata bellezza. Altro che «sotto il vestito niente», celebre libro (e film) anni ’80. Stavolta, nemmeno il vestito. E il clamore internazionale è assicurato.
Esibizionismo dettato dal marketing o disordine mentale?
Non è la prima volta che le trovate di marketing di lady West propongono look estremi che sembrano esperimenti di body painting poco riusciti. Tra chi parla di un banale modo per farsi pubblicità e chi evoca un possibile disordine mentale che sfocia nell’esibizionismo, al di là di chi si erge censore dei costumi (anche senza costumi) e a chi fa il moralizzatore di professione, emerge senza dubbio un tema.
Punto di non ritorno
Fino a che punta ci si può spingere per far parlare di sé? D’accordo che si tratta di spettacolo ma questa volta siamo arrivati al punto di rottura. Riflettori, «scandalo», polemiche e dibattiti che durano per giorni, sui giornali e sui social. Obiettivo raggiunto. D’altronde, lei faccia ciò che vuole. Prima o poi doveva succedere. Se non altro, da oggi in poi, almeno sul tema nude look non si potrà fare di peggio. Forse.
L’AI si vendica in nome delle donne
Ora è il turno di Kanye West, visto che da ieri circola in maniera virale un’immagine “vendetta” generata dall’intelligenza artificiale che lo mostra completamente nudo sul red carpet dei Grammy Award al posto della moglie Bianca Censori. L’atteggiamento del rapper considerato dalla maggior parte degli utenti “misogino” viene ora ribaltato e la sua foto in poco più di due giorni ha ottenuto 4,3 milioni di visualizzazioni soltanto su “X”, attirando anche l’attenzione di molte star che per lui non avevano avuto parole estremamente “positive”.

Punti di svista
Roccaraso, provincia di Trashlandia
L’invasione della stazione turistica dell’Alto Sangro, chiamata a fare i conti con il crescente turismo campano, scatenata dalla rete che sempre più influenza i comportamenti delle persone.

C’era una volta la perla dell’Appennino, tra i pochi luoghi del centro Italia dove sciare come in alta montagna. Poi, è arrivata un’epidemia cui sembra difficile trovare la giusta cura. E no, non sono genericamente «i napoletani». L’epidemia, di stagione, è quella degli influencer.
Un bel caos generato dai social
Dai social alla realtà il passo è stato breve. Qualche video diventato virale, due reel su Instagram, un paio di pose accattivanti e improvvisamente migliaia di turisti napoletani hanno deciso che Roccaraso sarebbe stata la loro nuova meta di pellegrinaggio. Ed è stato subito caos. Code interminabili, strade prese d’assalto, pullman parcheggiati alla bene e meglio. Tra chi, pochi, benedice, il boom turistico, la maggioranza si lamenta dell’invasione in salsa trash. Non solo per i troppi turisti e la troppa confusione. E nemmeno per l’insolito mix tra spritz e babà sulla neve. Il problema sta alla base.
Influenzati dagli influencer
Chi organizza questi mini esodi? Chi ci guadagna veramente? Ma soprattutto: perché se qualche influencer o presunto tale dice «andiamo a Roccaraso», migliaia di persone si muovono tipo zombie per seguirli? Eccolo il problema. Ci facciamo troppo influenzare. Perché quella degli influencer non è solo un’epidemia di stagione ma una tendenza che in tanti, troppi, sembrano seguire.
Riappropriamoci delle nostre scelte
Mister X dice «che buono questo piatto» e migliaia di persone lo mangiano. Miss Y dice «che bella questa borsa» e un sacco di gente la compra. E così è lo stesso per l’assalto a Roccaraso. Viva i social, viva le nuove tecnologie. Ma perché diavolo bisogna fare quello che altri ci dicono di fare anziché pensare con la testa e scegliere sulla base dei nostri gusti, resta un mistero. Una volta la colpa era dei cattivi maestri. Ora, ci sono i cattivi influencer. E l’esercito di zombie che li segue.
Punti di svista
Contro logica, fatti e buonsenso: i No Vax non si rassegnano (e diventano patetici)
Nonostante cinque anni dopo la pandemia i dati parlino chiaro – i vaccini hanno fermato la strage – orde di ottusi continuano a negare la scienza. Possibile che ne sappiano più loro?!?

A un certo punto bisognerebbe farsene una ragione. E invece no, loro no. I no vax continuano imperterriti nella loro insensata battaglia contro la sanità, contro i governi, ma anche contro i numeri che smentiscono ogni tesi complottista. A testa bassa, sena ascoltare ragioni o contestazioni, che se solo ti azzardi sei un servo del sistema.
Becchini e sciacalli
Basta farsi un giretto sui social, che non sono altro che uno specchio del Paese, per quanto parziale, e si trova di tutto. Ci sono i becchini social, che cercano ogni caso di cronaca legato alla morte di qualcuno, per instillare il dubbio che la stessa possa dipendere dai vaccini. Ci sono gli sciacalli, che festeggiano la morte di chi in passato aveva osato schierarsi a favore delle campagne vaccinali.
La teoria del caos
E ci sono pure quelli che, in spregio ai dati ufficiali (e incontrovertibili) che certificano come le cosiddette morti improvvise non siano assolutamente aumentate a seguito delle vaccinazioni contro il Covid, chiedono processi sommari, arresti di massa per i politici e i medici. Il tutto spinti, in maniera poco limpida, di chi da questo potenziale caos in qualche modo trae giovamento. Vedi siti di clickbaiting, azzeccagarbugli e similari…
La mamma degli stupidi è costantemente pregna
In barba alla scienza, ai numeri, ai fatti e al buonsenso, loro vanno avanti. Non passano oltre. Non ce la fanno. Si rendono ridicoli, diventano patetici ma non mollano la battaglia. La soluzione? Una sola, quella dantesca. «Non ti curar di loro ma guarda e passa…»
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