Connect with us

Sic transit gloria mundi

Striscia la Notizia è in crisi: doppiata da Affari Tuoi negli ascolti, clamorosamente tallonata da Otto e Mezzo. E Pier Silvio non la difende più.

Striscia la Notizia, storico tg satirico di Antonio Ricci, affronta la crisi più dura della sua lunga storia. Doppiata negli ascolti da Affari Tuoi di Stefano De Martino e insidiata da Otto e Mezzo su La7, la trasmissione registra numeri sempre più bassi. Pier Silvio Berlusconi parla di un “momento faticoso” e non esclude un’alternanza

Avatar photo

Pubblicato

il

    «Per Striscia la Notizia è un momento faticoso, non escludo un’alternanza». Le parole di Pier Silvio Berlusconi, amministratore delegato di Mediaset, segnano una svolta epocale per il programma più longevo della televisione commerciale italiana. Da trentasette anni Striscia presidia l’access prime time di Canale 5, ma oggi quella che sembrava una roccaforte inespugnabile, oggi, mostra crepe profonde.

    La stagione 2024-2025, iniziata il 23 settembre, ha registrato un calo di ascolti preoccupante. Doppiato da Affari Tuoi su Rai 1, condotto da Stefano De Martino, che raggiunge stabilmente un milione di telespettatori in più e tocca quasi il 25% di share, il tg satirico di Antonio Ricci si trova addirittura insidiato da Otto e Mezzo di Lilli Gruber su La7. Il pubblico, una volta fedele, sembra preferire proposte alternative, più leggere o più incisive, in un panorama televisivo profondamente cambiato.

    I numeri parlano chiaro: la scorsa stagione si era chiusa con una media di 3.245.000 telespettatori e il 15,63% di share. Già in calo rispetto al passato, ma ancora accettabili. Oggi, però, la forbice con i concorrenti si allarga, e Striscia fatica a trovare nuove strategie per riconquistare il pubblico.

    Eppure, Striscia la Notizia non è solo un programma, è un pezzo di storia della televisione italiana. Nato il 7 novembre 1988, in un’Italia che viveva ancora l’eco della caduta del Muro di Berlino, il tg satirico ha rappresentato un punto di rottura nel linguaggio televisivo. Antonio Ricci, già mente dietro il rivoluzionario Drive In, ha trasformato l’access prime time in un appuntamento imperdibile, unendo informazione, satira e intrattenimento in un format unico nel suo genere.

    Per oltre tre decenni, Striscia ha raccontato e, in molti casi, cambiato il Paese. Dai celebri Tapiri d’Oro consegnati da Valerio Staffelli, alle inchieste che hanno smascherato truffe e malcostumi, il programma è stato una lente ironica e graffiante sulla società italiana. Il Gabibbo, simbolo della trasmissione, è diventato un’icona pop, e intere generazioni sono cresciute sapendo che, all’ora di cena, su Canale 5, c’era sempre Striscia.

    Ma oggi quella certezza vacilla. Gli sforzi per aggiornare il format non sembrano aver dato i frutti sperati. Le nuove veline, tra cui la 21enne Beatrice Coari, e il ritorno di un velino, Gianluca Briganti, hanno cercato di svecchiare l’immagine del programma. A ciò si aggiunge la rubrica di Fabio Caressa e sua figlia Eleonora, pensata per avvicinare un pubblico più giovane con temi sportivi e di costume.

    Tuttavia, il pubblico sembra preferire la semplicità e la freschezza di Affari Tuoi. Stefano De Martino, con il suo carisma e una conduzione che unisce leggerezza e coinvolgimento, ha saputo riportare in auge il vecchio gioco dei pacchi, attirando un pubblico sempre più trasversale.

    Pier Silvio Berlusconi, consapevole della delicatezza del momento, ha aperto all’ipotesi di un cambiamento nell’access prime time: «Rimane un orgoglio per la nostra azienda, ma stiamo valutando nuove soluzioni». Tra queste, la più discussa è la possibilità di sostituire Striscia la Notizia con Avanti un Altro, il quiz show di Paolo Bonolis che da anni garantisce risultati solidi nel preserale.

    Ma Bonolis, secondo fonti interne, non sembra intenzionato ad accettare. «Non è un compito facile competere con Affari Tuoi», spiegano fonti vicine al conduttore, che preferirebbe evitare un confronto diretto con De Martino. Inoltre, spostare Avanti un Altro nella fascia dell’access prime time aprirebbe nuove incognite sul palinsesto Mediaset, compromettendo l’alternanza storica con Caduta Libera di Gerry Scotti nel preserale.

    La crisi di Striscia non riguarda solo i numeri, ma anche il cambiamento delle abitudini del pubblico. Se negli anni Novanta il programma era una finestra irriverente su un’Italia che guardava a nuovi orizzonti, oggi il pubblico chiede un intrattenimento diverso, che sappia coniugare leggerezza e novità, senza rinunciare a un pizzico di provocazione.

    Resta il valore simbolico di una trasmissione che, con oltre trent’anni di storia, ha rappresentato un unicum nella televisione italiana. Per Antonio Ricci, la sfida non è solo quella di riportare Striscia ai vertici degli ascolti, ma anche di dimostrare che il tg satirico può ancora parlare al cuore del Paese.

      SEGUICI SU INSTAGRAM
      INSTAGRAM.COM/LACITYMAG

      Sic transit gloria mundi

      Elon Musk e il “saluto nazista”: quando le scuse sono peggiori del gesto

      Dai giornali americani e israeliani ai social, la condanna è unanime: il proprietario di X e Tesla ha fatto un gesto che non lascia spazio a dubbi. Ma la difesa è goffa e patetica: il suo referente in Italia prima esulta, poi cancella il tweet e cerca di riscrivere la realtà. Musk, dal canto suo, liquida tutto come un “trucchetto sporco”. Ma stavolta il trucco è fin troppo evidente.

      Avatar photo

      Pubblicato

      il

      Autore

        Elon Musk ha fatto il saluto nazista in diretta TV. Lo ha fatto una volta. Poi, siccome gli era piaciuto, lo ha rifatto. Davanti a una folla in delirio. Il gesto è stato trasmesso ovunque, in tutto il mondo, e ha generato indignazione. Ma, come sempre, Musk non si scusa: nega, attacca, si rifugia nella sua solita narrativa vittimista, in cui lui è il genio perseguitato e gli altri, poveri stolti, sono solo burattini manipolati dai media in cerca di “sporchi trucchetti”.

        Il solito copione: negare, minimizzare, insultare

        Le immagini parlano chiaro. Durante il suo intervento alla Capital One Arena di Washington, Musk si è battuto il petto e ha alzato il braccio teso verso il pubblico. Poi si è voltato e ha ripetuto il gesto. Gli stessi giornali americani e israeliani, da Haaretz al Times of Israel, hanno sottolineato la gravità dell’accaduto, facendo notare che non si tratta di un incidente isolato: Musk ha già una lunga lista di strizzate d’occhio all’estrema destra, dagli attacchi a George Soros al sostegno più o meno esplicito ai movimenti suprematisti bianchi e ai partiti ultraconservatori in Europa.

        Come ha reagito? Con la solita arroganza. «Hanno bisogno di meglio di questi sporchi trucchetti», ha scritto su X, come se tutto fosse un gigantesco complotto ai suoi danni. E poi l’inevitabile vittimismo: «L’attacco tutti sono Hitler ha così stancato…».

        Le scuse che fanno ridere (e piangere)

        La ciliegina sulla torta arriva dai suoi fedeli scudieri, pronti a riscrivere la realtà con la stessa disinvoltura con cui Musk lancia razzi nello spazio. Andrea Stroppa, suo referente in Italia, inizialmente esaltato («L’Impero Romano è tornato, a cominciare dal saluto romano!»), ha cancellato il tweet e cambiato versione. Ora il gesto sarebbe semplicemente un’espressione affettuosa: «Musk è autistico e stava solo cercando di dire “Voglio darvi il mio cuore”». Ah, e ovviamente, «A Elon non piacciono gli estremisti!».

        Se davvero non c’era nulla di male nel gesto, perché cancellare il tweet? Se era un’espressione d’affetto, perché servono giustificazioni così elaborate? Se l’intento era innocente, perché il danno d’immagine è immediatamente apparso evidente perfino ai suoi collaboratori?

        La verità è che Musk sa perfettamente cosa ha fatto, e chi lo difende sta solo cercando di mettere pezze su una voragine che ormai è impossibile da nascondere.

        Dal “cuore” al danno d’immagine

        Il problema non è solo il gesto. Il problema è tutto il contesto che Musk ha costruito attorno a sé negli ultimi anni. Un contesto fatto di strizzate d’occhio al suprematismo bianco, retorica cospirazionista, ammiccamenti ai movimenti di estrema destra e gestione di Twitter (ora X) come una piattaforma sempre più accogliente per il peggior ciarpame dell’odio online.

        Musk provoca, osserva le reazioni, nega l’evidenza e trasforma tutto in uno scontro tra il “sistema” e il suo genio incompreso. Questo teatrino gli ha fruttato popolarità e seguito, ma sta arrivando il momento in cui il gioco diventa pericoloso.

        Musk e la libertà di espressione a senso unico

        Musk è lo stesso che ha costruito la sua narrativa attorno alla libertà di espressione. Ha difeso il diritto di chiunque di dire qualsiasi cosa, anche le peggiori nefandezze. Ha riammesso personaggi banditi da Twitter per incitamento all’odio, ha ridicolizzato chi si opponeva a certe derive.

        Ma quando tocca a lui? Quando viene criticato, Musk non risponde con la libertà di pensiero, risponde con la negazione e il vittimismo.

        L’ipocrisia è palese. E mentre lui finge di non capire, il messaggio è arrivato forte e chiaro: questo non è un caso isolato, è una scelta precisa.

        Ma stavolta, il trucco è troppo evidente. E fa schifo.

          Continua a leggere

          Sic transit gloria mundi

          Vannacci riscrive la storia e rilancia le ipotesi farlocche dei neonazi tedeschi: “Hitler era comunista”

          Il generale si schiera con la leader dell’ultradestra tedesca Weidel e sostiene la sua teoria bislacca. Perché la Storia, quella vera, lo smentisce senza pietà.

          Avatar photo

          Pubblicato

          il

          Autore

            Quando pensi che l’assurdo abbia raggiunto il suo apice, arriva Roberto Vannacci a dimostrarti che c’è sempre un gradino più in basso. Dopo le dichiarazioni di Alice Weidel, leader dell’AfD tedesca, secondo cui Hitler sarebbe stato un “comunista, socialista e antisemita”, il generale non ha perso l’occasione per ribadire il concetto, con la sua solita spavalderia e una totale noncuranza per la Storia.

            Durante l’ultima puntata di Fuori dal Coro, Vannacci ha sostenuto che il nazismo sia stato un movimento socialista perché “Hitler ha fondato un partito che si chiamava nazionalsocialismo”. Un’argomentazione che farebbe inorridire qualsiasi studente di storia del primo anno, ma che evidentemente trova spazio nel suo personalissimo mondo parallelo.

            Ma il punto è semplice: no, Hitler non era comunista. No, il nazismo non aveva nulla a che vedere con il socialismo, se non nel nome (e pure quello scelto per mera strategia di consenso). Il Terzo Reich ha perseguitato e sterminato i comunisti, ha demonizzato il marxismo e ha costruito un sistema di dominio autoritario basato su razzismo, espansionismo e distruzione delle libertà democratiche.

            La stessa ideologia hitleriana è sempre stata dichiaratamente anti-marxista e antisocialista. Nel 1932, Hitler affermava: “Il socialismo è la scienza di occuparsi del bene comune. Il comunismo non è socialismo. Il marxismo non è socialismo.” Chiara la distinzione, no? Peccato che per Vannacci la Storia sia un optional.

            Forse il generale dovrebbe fermarsi un attimo, sfogliare un libro di storia (vero) e riflettere prima di lanciarsi in crociate revisioniste. Ma forse, proprio come Weidel, è troppo occupato a riscrivere la

              Continua a leggere

              Sic transit gloria mundi

              Trump e i repubblicani contro il porno: dopo Stormy Daniels ipocrisia suprema?

              Dopo gli scandali con Stormy Daniels, il GOP ora vuole “castrare” i siti per adulti con leggi restrittive. La Corte Suprema discute l’obbligo di verifica dell’età, ma i rischi per la privacy preoccupano.

              Avatar photo

              Pubblicato

              il

              Autore

                Donald Trump ai tempi si divertiva con una pornostar, oggi i repubblicani vogliono bloccare l’accesso ai siti per adulti. Sembra una sceneggiatura surreale, ma è la realtà. La Corte Suprema americana sta valutando l’adozione di restrizioni che potrebbero obbligare i siti porno a verificare l’identità degli utenti, imponendo un controllo rigoroso sui documenti di chi vuole accedere.

                Un paradosso che non passa inosservato: mentre il tycoon cerca di tornare alla Casa Bianca nonostante il processo per il presunto pagamento a Stormy Daniels, il suo partito si lancia in una crociata morale per “salvare” i giovani americani dalla pornografia.

                Il piano repubblicano: documenti obbligatori per accedere ai siti porno

                La legge al centro del dibattito è la HB 1181, già approvata in Texas nel 2023, che obbliga i siti per adulti a verificare l’età degli utenti attraverso un documento governativo. In pratica, chi vuole accedere a Pornhub & Co. dovrebbe caricare il proprio ID per dimostrare di essere maggiorenne. Il Texas non è solo: altre 16 legislature statali (tutte a guida repubblicana) stanno spingendo per norme simili, tra cui Florida, Alabama e Utah.

                Pornhub ha già reagito nel suo stile: blocco totale del servizio in Texas, lasciando gli utenti frustrati e spingendoli verso le VPN per aggirare il divieto.

                Libertà d’espressione vs. privacy: la Corte Suprema si spacca

                Il cuore della questione è un altro: il Primo Emendamento. La Corte Suprema americana, pur incline a dare ragione ai repubblicani sull’accesso dei minori, deve fare i conti con la libertà d’espressione. Chi si oppone alle restrizioni teme che l’obbligo di fornire dati personali metta a rischio la privacy degli utenti, aprendo la porta a ricatti, abusi e fughe di informazioni sensibili.

                E poi, c’è il punto chiave: i minorenni accedono comunque ai siti porno con metodi alternativi. E se il vero problema fosse l’educazione sessuale, anziché la censura digitale?

                L’ipocrisia a stelle e strisce

                In tutto questo, la contraddizione è evidente. Trump, lo stesso uomo che finì al centro di uno scandalo per il pagamento a Stormy Daniels, è ora il leader di un partito che vuole moralizzare l’America. Un partito che predica libertà assoluta per le armi, ma vuole imporre controlli rigidissimi sul sesso online.

                E mentre i giudici decidono, la pornografia resta il grande tabù americano: demonizzata in pubblico, ma consumata senza sosta nel privato.

                  Continua a leggere
                  Advertisement

                  Ultime notizie

                  Lacitymag.it - Tutti i colori della cronaca | DIEMMECOM® Società Editoriale Srl P. IVA 01737800795 R.O.C. 4049 – Reg. Trib MI n.61 del 17.04.2024 | Direttore responsabile: Luca Arnaù