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Cronaca

Caso Emanuela Orlandi: spunta l’ipotesi di un riscatto pagato dal Vaticano

Un appunto del SISMI e un’informativa del 1983 ipotizzano che la Santa Sede possa aver versato un riscatto per liberare Emanuela Orlandi. La Commissione parlamentare d’inchiesta vuole fare luce su anni di ombre e omissioni.

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Caso Emanuela Orlandi: spunta l’ipotesi di un riscatto pagato dal Vaticano

    A oltre quarant’anni dalla scomparsa di Emanuela Orlandi, il caso torna al centro dell’attenzione con una rivelazione che potrebbe cambiare tutto. Due documenti finora inediti, appena depositati alla Commissione parlamentare d’inchiesta, lasciano intendere che il Vaticano potrebbe aver pagato un riscatto nel tentativo di ottenere la liberazione della ragazza, scomparsa il 22 giugno 1983.

    Il primo documento – rivelato dal Venerdì di Repubblica – è un appunto del SISMI, il servizio segreto militare italiano, datato 27 luglio 1983. In forma condizionale, il testo ipotizza il pagamento di una somma da parte della Santa Sede. A rafforzare questa pista, un secondo dossier, risalente al 12 agosto dello stesso anno, riporta una riunione in Vaticano alla presenza di alti magistrati e funzionari italiani, tra cui Domenico Sica e Nicola Cavaliere. In quell’occasione l’arcivescovo Eduardo Martinez Somalo, in rappresentanza della Segreteria di Stato, smentì ogni voce su un presunto esborso e negò contatti diretti con i rapitori, avanzando invece sospetti su un profugo bulgaro.

    Le nuove carte, ora in possesso della Commissione parlamentare, hanno sollevato interrogativi cruciali. Il deputato Roberto Morassut (PD), vicepresidente della Commissione bicamerale d’inchiesta, ha espresso preoccupazione: «Ci era stato detto che il fascicolo dell’Archivio di Stato era vuoto, ma ora emergono materiali di grande rilevanza. Approfondiremo con i nostri poteri investigativi».

    Anche l’avvocato Laura Sgrò, legale della famiglia Orlandi, ha chiesto massima trasparenza: «Da anni chiediamo l’accesso ai documenti vaticani. Adesso che ne è stata ammessa l’esistenza, è fondamentale che vengano messi a disposizione della Procura di Roma e della Commissione parlamentare per fare finalmente luce su questa vicenda».

    Nel frattempo, il mistero si infittisce. Se davvero il Vaticano ha pagato un riscatto, perché Emanuela non è mai stata liberata? Chi ha trattenuto il denaro? E qual è stato il ruolo reale della Santa Sede nella gestione del caso?

    Domande che trovano un nuovo contesto in un dossier di 459 pagine custodito nell’Archivio Centrale dello Stato, intitolato proprio Caso Emanuela Orlandi e collocato nella sezione “Sabotaggi e attentati”. Si tratta di documenti del SISMI prodotti tra il 1983 e il 1985: vi si trovano riferimenti al caso Ali Agca, al sedicente Fronte Turco Anticristiano Turkesh, alle telefonate anonime, ai contatti internazionali e alla vicenda “Phoenix” legata a misteriosi messaggi anonimi.

    Questo faldone, versato nel 2014 in base alla Direttiva Renzi, sembrava scomparso nel 2022 ma in realtà è sempre stato custodito negli archivi. Oggi potrebbe rivelarsi una chiave fondamentale per decifrare uno dei più inquietanti enigmi della storia italiana recente. E finalmente, forse, restituire una verità attesa da oltre quattro decenni.

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      Storie vere

      Tavola calda, anzi bollente! Da cena tra amici a orgia su WhatsApp: sesso, foto hot e un notaio nei guai a Bogliasco

      A Bogliasco, provincia di Genova, una cena tra un medico, un notaio e una donna si trasforma in un after-dinner a luci rosse con titolare del ristorante e cameriera. Qualche giorno dopo, le foto della serata finiscono su WhatsApp: la donna denuncia e la procura apre un fascicolo bollente.

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        A Bogliasco l’estate si è scaldata prima del previsto. Altro che spaghetti allo scoglio e bianco fresco: la cena tra amici si è trasformata in un post-serata da film vietato ai minori e, come se non bastasse, pure in un caso di revenge porn finito in Procura.

        Tutto comincia ai primi di giugno, quando una donna accetta l’invito di un amico medico per una cena tranquilla. Tranquilla, si fa per dire. Alla tavolata si aggiunge un notaio che lei non conosce. Location: un ristorantino della riviera, vista mare, di proprietà di un imprenditore amico del gruppetto. Si mangia, si beve, si chiacchiera. Bottiglie di vino scorrono allegre, il clima è quello del “qui e ora” tipico delle serate che promettono di finire male.

        Il titolare, tra un piatto di trofie al pesto e un sorso di Vermentino, ogni tanto si siede al tavolo. La complicità cresce, l’alcol aiuta, e quando scende la sera la cena diventa un after-dinner decisamente privato. Saracinesca abbassata, porta chiusa, e alla comitiva si unisce anche la cameriera, che è pure la compagna del ristoratore. Da quel momento, la cronaca si tinge di rosa, ma più fucsia acceso: effusioni, carezze, baci rubati, e in men che non si dica la tavola calda diventa un set a luci rosse improvvisato.

        La donna, tra stupore e incoscienza da calici di troppo, si ritrova tra le braccia della cameriera. Poi entrano in gioco i tre uomini: medico, notaio e titolare. La scena, degna di una commedia all’italiana versione hard, si consuma fino a notte fonda. Alle due del mattino, la compagnia si scioglie: il dottore e la donna danno un passaggio al notaio, poi la serata si chiude a casa di lei.

        Due giorni dopo, la doccia fredda. La donna si presenta nello studio del medico per un’ecografia programmata e lì riceve la notizia che cambia tutto: sul cellulare dell’amico ci sono foto della serata hot. Lui non sa spiegarsi come siano arrivate. Peccato che, nel frattempo, le stesse immagini abbiano già iniziato a girare su WhatsApp, in particolare dalle mani del notaio. E qui si passa dal peccato alla pena: la donna scopre che scatti molto espliciti della nottata sono finiti in chat tra colleghi e amici del professionista.

        Lei lo chiama, furiosa, chiedendogli di cancellare tutto. Il notaio, con la leggerezza di chi non ha capito la gravità della situazione, ammette di averle già inoltrate e propone un incontro “per sistemare la cosa”. La donna, a quel punto, decide di non andare e sceglie la via legale. Contatta l’avvocato Salvatore Calandra, prepara una querela dettagliata e si rivolge alla Procura di Genova.

        Sulla scrivania della sostituta procuratrice Daniela Pischetola arriva così un fascicolo da manuale del gossip giudiziario: sesso di gruppo, foto piccanti non autorizzate e un potenziale caso di revenge porn. Gli investigatori della polizia di Stato vengono incaricati di sentire tutti i protagonisti e, tra le prime informazioni raccolte, spunta anche l’ombra della droga per uso personale.

        Ora tocca alla Procura ricomporre i pezzi di questa tavola calda, anzi caldissima, che dalla Riviera ligure è finita dritta nel registro delle indagini. Intanto, in paese, la storia corre più veloce delle chat: c’è chi giura di aver visto le foto, chi di aver sentito gli audio. E al ristorante, tra una focaccia e una bottiglia di bianco, le prenotazioni calano. Perché un conto è mangiare in un locale “accogliente”, un altro è rischiare che la cena finisca in prima serata… su WhatsApp.

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          Mistero

          Extraterrestre, portami via: il mistero di 3I/ATLAS divide gli scienziati. Si tratta di una sonda aliena?

          Il corpo celeste 3I/ATLAS, individuato dai telescopi cileni, ha una traiettoria insolita che incuriosisce la comunità scientifica. Avi Loeb, astrofisico di Harvard, parla di possibile origine artificiale. Ma altri esperti frenano gli entusiasmi: «Nulla che non si possa spiegare con le leggi della natura».

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            Non capita tutti i giorni di intercettare un viaggiatore cosmico proveniente da lontano. Eppure, all’inizio di luglio, i telescopi Atlas in Cile hanno individuato 3I/ATLAS, un oggetto che arriva da oltre il confine del nostro sistema solare. Solo due prima di lui avevano attraversato il nostro vicinato galattico: ‘Oumuamua nel 2017 e la cometa Borisov nel 2019. Ogni volta, puntuale, si accende il dibattito tra scettici e sognatori.

            Questa volta, a far discutere è l’interpretazione di Avi Loeb, astrofisico di Harvard noto per le sue teorie non convenzionali. Secondo lui, 3I/ATLAS non sarebbe un semplice sasso ghiacciato lanciato nello spazio da una stella lontana, ma qualcosa di più intrigante. «La sua traiettoria è sorprendentemente allineata con il piano orbitale dei pianeti», sottolinea, ipotizzando che possa trattarsi di una sorta di sonda interstellare, inviata da una civiltà aliena per osservare i sistemi abitabili.

            Immaginarla come un piccolo messaggero cosmico, silenzioso e indifferente alle nostre paure, fa vibrare la fantasia di chi sogna il contatto con altre forme di vita. Ma la scienza, si sa, preferisce la prudenza alle suggestioni. A spegnere i toni fantascientifici è l’astrobiologa Karen Meech, dell’Università delle Hawaii, che invita a leggere i dati senza cedimenti alla narrativa da film: «Si tratta di una cometa interstellare. Non c’è bisogno di evocare sonde aliene per spiegare il suo comportamento».

            Gli studi preliminari mostrano che 3I/ATLAS emette gas e polveri come un classico corpo ghiacciato in avvicinamento al Sole. Nessun segnale artificiale, nessuna accelerazione inspiegabile. Eppure, il fascino dell’ipotesi alternativa resiste: in fondo, l’universo è immenso e il passaggio di un viaggiatore cosmico così raro non può che alimentare la curiosità di astronomi e appassionati.

            Nei prossimi mesi, i telescopi terrestri e spaziali continueranno a monitorarlo, nella speranza di catturare nuovi dati sulla sua composizione e sui dettagli orbitali. Cometa o sonda aliena, 3I/ATLAS ci ricorda che il cosmo è tutt’altro che silenzioso e che, oltre la bolla del nostro sistema solare, qualcosa — o qualcuno — continua a muoversi.

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              Mondo

              Altro che Kung Fu Panda! Shaolin shock: l’abate “monaco Ceo” cacciato tra soldi, donne e scandali

              Il maestro del kung fu e degli affari, simbolo del Tempio Shaolin, è stato ridotto allo stato laicale. Accuse di appropriazione indebita, figli illegittimi e un impero commerciale sotto indagine

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                La meditazione non basta. Nemmeno le arti marziali, a quanto pare. In Cina, il colpo di gong non arriva da una sfida di kung fu, ma da un’inchiesta. Che travolge Shi Yongxin, l’abate più famoso del Tempio Shaolin, la culla millenaria del buddismo Chan e delle acrobazie marziali da film.

                Le accuse? Appropriazione indebita di fondi del monastero, gestione opaca dei beni del tempio e gravi violazioni dei precetti buddisti. Quest’ultima voce, che in Occidente farebbe sorridere, in Cina ha il peso di uno scandalo morale. Relazioni con più di una donna e almeno un figlio illegittimo, in aperto contrasto con la vita monastica.

                A confermare le voci è stato lo stesso Tempio Shaolin, attraverso una nota ufficiale su WeChat. Shi Yongxin è stato sospeso dal ruolo di guida spirituale. E ridotto allo stato laicale. Una caduta rovinosa per colui che per vent’anni era stato il volto del monastero e del kung fu nel mondo, trasformandolo in un brand globale.

                Shi non era un monaco qualunque. Dalla sua nomina ad abate nel 1999, ha reso Shaolin un impero commerciale. Tour per turisti, spettacoli internazionali di arti marziali, film e merchandising a tema monaco volante. Da Hollywood a Bollywood, chiunque abbia visto un calciatore saltare in aria in Shaolin Soccer ha assaggiato la sua idea di business spirituale. E così è arrivato il soprannome impietoso: “monaco Ceo”, più a suo agio con i conti bancari che con il silenzio della meditazione.

                Ora però, i conti li sta facendo con la polizia e con le autorità anticorruzione. L’indagine congiunta coinvolge forze dell’ordine, organi religiosi e uffici statali, decisi a fare chiarezza su un patrimonio che si è trasformato in una rete di società e fondazioni. Shi, secondo i registri di Qichacha, risultava legato a otto aziende, di cui cinque già liquidate. Tra quelle ancora attive spiccano l’Associazione buddista di Zhengzhou, la provinciale dello Henan e la China Songshan Shaolin Temple, la cassaforte fondata nel 1995 per monetizzare l’aura spirituale del monastero. Ma i controlli si allargano: 17 altre entità tra scuole di kung fu, centri di meditazione e aziende di medicina tradizionale sono finite sotto la lente.

                Non è la prima volta che Shi finisce al centro di un giallo finanziario e morale. Nel 2015 un monaco “dissidente” lo accusò di amanti, auto di lusso e figli segreti, mentre il tempio progettava un resort da 300 milioni di dollari in Australia con campo da golf e accademia di kung fu vista oceano. All’epoca le accuse furono archiviate nel 2017 e lui riapparve in pubblico come se nulla fosse, pronto a riprendersi applausi e flash. Ma stavolta l’aria è diversa: la sospensione è ufficiale, la laicizzazione definitiva, e la sua immagine di maestro serafico sembra destinata a rimanere solo sulle locandine dei vecchi spettacoli itineranti.

                Nel frattempo, il tempio Shaolin cerca di ripulire la sua immagine, ricordando al mondo che oltre ai colpi di kung fu ci sono ancora monaci pronti a meditare tra le nebbie del monte Song. E Shi? Lui, il monaco imprenditore, il campione delle arti marziali e della finanza creativa, ora sembra avere davanti un solo avversario che non si può battere a calci volanti: la legge.

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