Cronaca
Chi guida la Chiesa dopo la morte di Papa Francesco: il ruolo del camerlengo Farrell, del decano Re e di Parolin
La morte di Papa Francesco apre una fase di transizione delicata: tra gestione amministrativa, preparazione del Conclave e lotte di potere, la barca di Pietro resta a galla sotto il timone collettivo del Collegio cardinalizio.

Con la morte di Papa Francesco, il Vaticano entra ufficialmente nella fase di sede vacante, un momento cruciale della vita della Chiesa in cui le redini del potere non sono in mano a un solo uomo, ma a un intreccio di figure e norme antiche e nuove. A guidare questo delicato periodo sono oggi il camerlengo di Santa Romana Chiesa, il cardinale statunitense Kevin Farrell, e il decano del Collegio cardinalizio, il cardinale italiano Giovanni Battista Re. Due figure chiave, chiamate a custodire, più che a governare, in attesa dell’elezione del successore di Pietro.
La cornice normativa è complessa: a regolare questo periodo sono il Codice di diritto canonico, la Costituzione apostolica Universi Dominici Gregis emanata da Giovanni Paolo II nel 1996 per normare l’elezione papale, la recente Praedicate Evangelium voluta da Papa Francesco per riformare la Curia e la In Ecclesiarum Communione del 2023 che ridefinisce l’assetto del Vicariato di Roma.
Il camerlengo Kevin Farrell
Il camerlengo, Kevin Farrell, nominato nel 2019 da Papa Francesco, è ora la figura con il compito più operativo: deve accertare ufficialmente la morte del Papa, apporre i sigilli agli appartamenti pontifici, gestire il patrimonio della Santa Sede limitandosi all’ordinaria amministrazione. È lui che vigila sui beni materiali della Chiesa fino alla nomina del nuovo Papa. Il suo vice è l’arcivescovo brasiliano Ilson de Jesus Montanari.
Giovanni Battista Re
Accanto a Farrell, si muove il decano del Collegio cardinalizio, il 91enne Giovanni Battista Re, decano da quattro anni. Sarà lui — o più probabilmente il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato e cardinale vescovo, vista l’età avanzata di Re — a guidare le congregazioni generali dei cardinali e a coordinare l’organizzazione del Conclave. Il decano ha infatti il compito di convocare i cardinali, indirizzare le discussioni e mantenere la coesione necessaria in una fase così sensibile.
Il Conclave, però, non si apre immediatamente. Prima occorre affrontare i funerali del Papa defunto, che in questo caso seguiranno le indicazioni semplificate volute da Francesco stesso: una cerimonia più sobria, con sepoltura nella Basilica di Santa Maria Maggiore. Terminati i riti funebri e il periodo di lutto, verrà indetta ufficialmente la riunione elettorale, a porte chiuse nella Cappella Sistina.
Parolin resta una delle figure più autorevoli
Un ruolo sotterraneo ma cruciale in questa fase spetta a Pietro Parolin. Pur decaduto come Segretario di Stato — tutti i capi dicastero decadono alla morte del Papa — Parolin resta una delle figure più autorevoli e rispettate in Vaticano. Sarà lui, uomo d’equilibrio e fine diplomatico, a influenzare molte delle dinamiche che porteranno all’elezione del nuovo Pontefice. Il suo nome resta uno dei più forti nella corsa al soglio pontificio, ma anche in caso non venisse eletto, il suo peso nella gestione della transizione sarà determinante.
La macchina vaticana, nel frattempo, continua a funzionare su binari precisi: il Penitenziere maggiore, il cardinale Angelo De Donatis, e l’Elemosiniere Konrad Krajewski mantengono i loro incarichi. Il Vicariato di Roma, con il cardinale Baldassarre Reina, garantisce la gestione pastorale della diocesi. I segretari dei dicasteri rimangono in carica solo per l’ordinaria amministrazione.
Nella storia recente della Chiesa, ogni sede vacante ha avuto la sua fisionomia peculiare: quella seguita alla morte di Giovanni Paolo II vide la Curia romana, guidata da Sodano e Dziwisz, dominare la scena. Quella dopo la rinuncia di Benedetto XVI fu segnata da tensioni interne e scandali, che portarono all’elezione inattesa di un Papa venuto “quasi dalla fine del mondo”. Ora, dopo il lungo pontificato di Francesco, che ha decentralizzato molte decisioni e riformato la Curia, la transizione potrebbe essere più fluida, ma non meno politica.
La barca di Pietro resta dunque temporaneamente senza timoniere, ma non senza equipaggio. E proprio nelle prossime settimane si giocherà una delle partite più delicate per il futuro della Chiesa cattolica: quella dell’elezione di un nuovo Papa capace di raccogliere l’eredità — complessa, talvolta divisiva, ma storicamente cruciale — lasciata da Francesco.
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Cronaca Nera
Dal frate alla food blogger: che fine hanno fatto i ragazzi di Garlasco, 18 anni dopo il delitto di Chiara Poggi

Diciotto anni fa erano ventenni con l’estate addosso. Adolescenti di provincia, cresciuti tra le scuole e le partite a calcetto nella bassa lomellina. Oggi sono uomini e donne adulti, ciascuno con una vita diversa, più o meno lontana da Garlasco e da quella villetta in via Pascoli. Ma il tempo, nella cronaca, non basta a cancellare. Con le nuove indagini riaperte dalla procura di Pavia sul delitto di Chiara Poggi, è tornata a emergere la rete degli amici di allora: volti noti e meno noti, rimasti nel cono d’ombra di una tragedia mai dimenticata.
Marco Poggi, l’ingegnere silenzioso
Il fratello della vittima, Marco Poggi, oggi vive a Mestre, lontano da Garlasco e da quel dolore che ha segnato per sempre la sua giovinezza. Dopo la laurea in ingegneria, ha scelto l’anonimato. Non ha mai rilasciato dichiarazioni, nemmeno dopo la condanna di Alberto Stasi nel 2015. Le nuove ombre sull’inchiesta, però, lo hanno riportato sotto i riflettori. Per lui il passato non è mai passato.
Andrea Sempio, da “amico di famiglia” a indagato
Andrea Sempio, grande amico di Marco e vicino di casa della famiglia Poggi, è oggi al centro della cosiddetta “pista alternativa”. Vive a Voghera, in una casa di corte, e lavora in un negozio di telefonia a Montebello della Battaglia. Il suo nome riemerse nel 2016, quando un consulente nominato dalla difesa di Stasi trovò nel computer di Chiara una ricerca con il suo nome. Oggi è difeso dall’avvocata Angela Taccia, che da ragazza faceva parte della stessa comitiva.
Angela Taccia, l’amica diventata avvocata
Classe 1988, ex fidanzata di Alessandro Biasibetti, Angela Taccia è oggi protagonista dell’inchiesta: è la legale di Sempio. Un cortocircuito narrativo quasi cinematografico. La ragazza del gruppo, diventata avvocata a Milano, si ritrova a difendere un amico d’infanzia proprio nel caso che ha stravolto la vita di tutta la comitiva.
Alessandro Biasibetti, da oratorio a ordine domenicano
Tra i più religiosi del gruppo, Alessandro Biasibetti era noto per il suo impegno in parrocchia. Oggi è Fra Alessandro, diacono domenicano ordinato a dicembre dello scorso anno. Ha studiato a Pavia e poi a Roma. È rientrato nel caso per via dell’incidente probatorio disposto dalla Procura: anche il suo DNA sarà analizzato, come quello di molti amici dell’epoca.
Roberto Freddi e Mattia Capra, il consulente e il carrozziere
Roberto Freddi lavora oggi come consulente aziendale, mentre Mattia Capra fa il carrozziere, proprio come nel 2007. Entrambi sono stati coinvolti nelle nuove analisi biologiche ordinate dagli inquirenti. Persone normali, vite normali. Ma ancora inchiodate a una pagina di cronaca che non smette di far rumore.
Marco Panzarasa, il miglior amico di Stasi
All’epoca dei fatti era il miglior amico di Alberto Stasi, oggi è un avvocato affermato a Pavia. Anche il suo DNA sarà prelevato nell’ambito dell’incidente probatorio. Mai stato coinvolto direttamente nell’inchiesta, oggi si trova a fare i conti con un passato che torna a bussare con insistenza.
Le gemelle Cappa, tra fotografia e jet set
Paola e Stefania Cappa erano note nei giorni del delitto per quel famoso fotomontaggio davanti alla villetta, diventato simbolo delle “piste alternative” cavalcate dagli innocentisti. Oggi Paola è fotografa e food blogger, si divide tra l’Italia e Ibiza. Stefania, invece, è avvocata dal 2012, lavora nello studio legale del padre a Brera e ha sposato Emanuele Arioldi, campione di equitazione e rampollo della famiglia Rizzoli.
Storie vere
La madre attrice porno, il figlio le fa da regista. Lavorano insieme senza vergogna
La madre crea contenuti hard e il figlio le fa da regista. Nonostante le polemiche i due restano uniti e proseguono il loro lavoro, incuranti delle critiche.

Di fronte a una storia del genere puoi prendere posizioni diverse. La prima è quella del ‘bacchettone’ un po’ moralista e disgustato. La seconda è alzare le spalle e girarti dall’altra parte, affari loro. La terza è seguire l’onda. E l’onda ritorna sempre nelle stessa risacca: colpa dei social.
“A volte penso che sia disgustoso ma non mi vergogno”
Comunque la si pensi questa è una storia che non passa inosservata. Da una parte coinvolge la pornostar brasiliana Andressa Urach e dall’altra suo figlio Arthur, 19 anni, che lavora come regista dei contenuti hard della madre. Ma come… ? Eh sì è proprio così. E’ il figlio Arthur a occuparsi delle riprese per la piattaforma di abbonamenti per adulti della madre. Quando gli si chiede se non trova imbarazzante questo suo ruolo, lui serafico risponde che a volte pensa che sia disgustoso, ma non si vergogna per nulla del suo ruolo. “È un lavoro vero. Come qualsiasi altro. Per giunta si tratta di mia madre e non provo alcuna attrazione“.
Uno storia che non poteva passare inosservata al popolo dei social
La rivelazione del coinvolgimento del figlio dietro le quinte è emersa lo scorso anno, e le critiche non si sono fatte attendere. Nonostante i commenti negativi, Arthur ha sempre difeso la sua scelta, sottolineando che non gli importa del giudizio degli altri. Sui social ha più volte messo in chiaro che a loro non interessa cosa pensano i social. E, con un occhio al business, aggiunge: “Parlate bene o male, l’importante è che parliate di noi“.
Tutto il potere al business
I social media sono stati un campo di battaglia per questa storia. Si sono buttati a capofitto dividendosi in più fazioni. Molti utenti hanno espresso perplessità e disapprovazione per il ruolo di Arthur. Uno dei tanti commenti si chiede come sia possibile che “(…) una madre sia una pornostar e il figlio, che lei stessa ha messo al mondo, è colui che la filma? Cosa sta succedendo alla società?“. Alcuni si sono spinti a dire che “Il mondo ha perso i suoi valori e la sua integrità“.
Italia
L’Inps avverte gli utenti: attenzione alle truffe online phishing e smishing
L’ente previdenziale lancia una campagna via email per proteggere i cittadini dai raggiri digitali sempre più sofisticati. Ecco come riconoscere e difendersi dagli attacchi.

Le truffe online continuano a evolversi, e i cybercriminali si fanno sempre più abili nel ingannare gli utenti, sfruttando tecniche sempre più sofisticate come il phishing e lo smishing. L’Inps, uno degli enti più colpiti da questi raggiri, ha deciso di prendere provvedimenti, avviando una campagna di email massiva per mettere in guardia i cittadini e aiutarli a riconoscere i tentativi di frode.
Come funzionano il phishing (e lo smishing)?
Il phishing è una pratica fraudolenta che consiste nell’invio di email fasulle, spesso molto simili a quelle di enti ufficiali. L’obiettivo è quello di convincere gli utenti a cliccare su link pericolosi o a fornire informazioni sensibili come codici bancari, credenziali di accesso e dati personali. Lo smishing, invece, è una variante del phishing che utilizza gli SMS per lo stesso scopo. Un messaggio sul cellulare può avvertire l’utente di un presunto rimborso, un problema con il proprio conto o una prestazione da verificare, spingendolo a cliccare su un link e inserire i propri dati. La forza di queste truffe sta nella loro capacità di simulare comunicazioni ufficiali, facendo credere alle vittime di interagire con istituzioni affidabili. Non a caso, molti dei messaggi fraudolenti imitano l’Inps, inducendo i cittadini a compiere azioni che mettono a rischio i loro risparmi e le loro identità digitali.
L’iniziativa dell’Inps per contrastare le truffe
Per fronteggiare questi attacchi, l’Inps ha deciso di mandare email informative ai suoi utenti, spiegando quali sono i segnali che permettono di riconoscere e bloccare le truffe prima che sia troppo tardi. Le email mettono in guardia i cittadini dai tentativi di phishing e smishing, evidenziando le strategie più comuni usate dai truffatori. Solitamente, questi messaggi contengono link sospetti che chiedono di verificare o confermare dati, per presunte prestazioni Inps, rimborsi o richieste amministrative urgenti. Se l’utente cade nel tranello, i truffatori possono aprire conti correnti fraudolenti a suo nome, attivare credenziali SPID o dirottare pagamenti in modo illecito.
Come difendersi dalle truffe digitali
L’Inps raccomanda di seguire poche, ma fondamentali regole, per evitare di cadere vittima di questi raggiri. Nessun ente ufficiale chiederà mai dati sensibili via SMS, email o telefonate. Inoltre, è buona norma controllare sempre l’indirizzo del sito su cui si sta navigando: il dominio ufficiale dell’Inps è www.inps.it, e qualsiasi variazione sospetta può essere un indizio di truffa. Un altro segnale da tenere d’occhio sono gli errori ortografici nei messaggi, oltre alla classica pressione sulla “urgenza” per spingere l’utente a agire immediatamente senza pensarci troppo. Chi sospetta di aver ricevuto un messaggio fraudolento può consultare il vademecum anti-truffe sul sito dell’Inps e segnalare il caso direttamente alla Polizia Postale, compilando il modulo online dedicato.
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