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Cose dell'altro mondo

“Non vuoi più il tuo animale domestico? Lo daremo in pasto alle tigri”: lo choc dallo zoo di Aalborg

La campagna, presentata come “naturale ed ecologica”, consente ai cittadini di disfarsi degli animali domestici non più desiderati, che vengono abbattuti e dati in pasto a tigri, leoni e linci. L’ombra della macabra strategia di marketing.

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    Chi non vuole più il proprio animale domestico può portarlo allo zoo di Aalborg, nel nord della Danimarca. Qui non verrà affidato a un rifugio né proposto per l’adozione: sarà abbattuto e dato in pasto ai predatori. È il messaggio choc della campagna lanciata sui social dallo zoo. Accompagnata da foto e inviti dal tono freddo e burocratico, che hanno scatenato un’ondata di polemiche in tutta Europa.

    Il regolamento della struttura è chiaro – e spietato: si accettano conigli, galline, porcellini d’India, e persino cavalli. Purché al di sotto dei 147 centimetri al garrese, in buona salute e accompagnati dai documenti previsti. Gli animali devono essere consegnati vivi, per poi essere soppressi dal personale veterinario e trasformati in pasti “naturali” per tigri, leoni, linci e orsi polari.

    La campagna parla di “imitazione della catena alimentare naturale” e di rispetto del benessere dei predatori, che in cattività ricevono di solito carne già porzionata. Per i grandi carnivori, spiegano i responsabili, le carcasse intere – con pelo, ossa e organi – stimolano comportamenti più vicini alla vita selvatica. Ma dietro la facciata ecologica, emergono dubbi etici ed economici. Ogni predatore consuma circa 20 chili di carne a settimana, e la riduzione dei costi alimentari è evidente.

    I numeri del 2025 parlano da soli: 137 conigli, 53 galline, 22 cavalli, 18 porcellini d’India e persino 12 merluzzi sono già finiti nei recinti dei carnivori. L’anno precedente, il 25% del budget alimentare dello zoo era stato speso per mantenere le due elefantesse Tanja e Mai. La prima è stata soppressa per malattia, la seconda “per evitare il trauma di un trasferimento”. Con la loro scomparsa, ha ammesso il direttore Henrik Vesterskov Johansen, il bilancio si alleggerisce di 670.000 corone, circa 80 mila euro.

    Sui social, la reazione è stata immediata e feroce. Molti parlano di campagna “macabra e disumana”, accusando lo zoo di trasformare gli animali domestici in “materiale organico per foraggiare le tigri”. Altri, minoritari, apprezzano l’idea come “riciclo utile”, sostenendo che il corpo di un animale possa almeno servire dopo la morte.

    A far discutere è anche il linguaggio volutamente vago della campagna: non si citano mai cani e gatti, ma nemmeno si esclude apertamente la possibilità di accettarli. In un periodo come quello estivo, in cui gli abbandoni di animali raggiungono il picco, il messaggio suona come un invito implicito a liberarsene senza rischiare sanzioni.

    Oltre al clamore etico, resta aperta la questione di fondo: fino a che punto la necessità di gestire i costi e il benessere dei predatori giustifica una simile pratica? E, soprattutto, quanto siamo disposti a separare affetto e utilità, trasformando in un attimo il nostro animale da compagnia in carne da macello davanti agli occhi di una tigre in cattività.

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      Quando il “morto” torna in vita: l’incredibile sorpresa al funerale

      La polizia locale aveva attribuito un’identità basandosi su indizi fragili, il corpo è stato consegnato ai familiari — finché il giovane creduto morto non ha fatto irruzione nella veglia funebre, costringendo a rivedere l’intera vicenda.

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      Quando il “morto” torna in vita: l’incredibile sorpresa al funerale

        La mattina seguente al disastro stradale, nei pressi di un ponte di Villa Carmela, le autorità scoprono un corpo irreconoscibile: profondamente mutilato dall’impatto con un camion, senza documenti addosso, senza tracce certe che possano identificare la vittima. Secondo le prime ricostruzioni, l’incidente è stato interpretato come un gesto volontario, ma i pubblici ministeri impongono un’indagine per determinarne l’identità.

        In assenza di un riconoscimento formale, la notizia che un corpo giaceva non reclamato all’obitorio si diffonde rapidamente in zona. Il giorno dopo, una donna — accompagnata da una sorella — si presenta davanti agli agenti, sostenendo che l’individuo investito potrebbe essere suo figlio, scomparso da giorni. Pur con il volto irriconoscibile, ella riconosce l’abbigliamento e alcune caratteristiche del corpo come familiari e chiede che venga consegnato loro. Le autorità, pur con riserve, cedono alla pressione: la salma viene affidata alla famiglia per i funerali.

        Mentre il feretro è esposto e i parenti vegliano, accade l’impensabile: un giovane irrompe nella veglia e annuncia di essere proprio il “de cuius”. Con voce incredula, afferma che è vivo — e che nella bara giace un estraneo. L’emozione è violenta: crolli, urla, svenimenti tra i presenti. Una vicina ricorda: “Molti erano terrorizzati, qualcuno urlava, altri piangevano… eravamo tutti senza parole.” Fanpage

        Il ragazzo racconta di essersi recato in un paese vicino, dove avrebbe perso i sensi dopo aver fatto uso di droga, restando isolato per alcuni giorni senza poter comunicare con la famiglia. Affermando di non sapere che i suoi parenti lo avevano riconosciuto come vittima dell’incidente, chiede spiegazioni: “Non sapevo che stessi ricevendo un funerale”. Fanpage

        La famiglia, sconvolta, avverte la polizia. Le autorità disporranno che il corpo nella bara venga riportato all’obitorio per ulteriori accertamenti. Nel frattempo, il clamore della vicenda attira l’attenzione anche in una città vicina, dove una famiglia segnala la smarrimento di un uomo, Maximiliano Enrique Acosta, 28 anni, scomparso da alcuni giorni. I media locali indicano che quella stessa salma — già oggetto del primo funerale — potrebbe appartenere a lui. Dopo un secondo riconoscimento, la salma viene definitivamente restituita ai familiari di Acosta per il seppellimento.

        Dietro questa storia dall’apparenza incredibile, tuttavia, si celano questioni ben più gravi: l’assenza di criteri affidabili per l’identificazione, l’urgenza delle autorità di dare un nome al cadavere, e la tendenza umana a ricorrere alla somiglianza quando mancano prove certe. In questo caso, il riconoscimento basato su abbigliamento e dettagli superficiali ha assunto il valore di verità, senza ulteriori verifiche forensi.

        L’episodio solleva interrogativi sul sistema giudiziario e la prassi investigativa: come garantire che un’identificazione sia valida quando le condizioni del corpo sono compromesse? Qual è il grado di responsabilità dei parenti che affermano riconoscimenti affrettati? E, soprattutto, quali guai possono scaturire quando le emozioni prevalgono sulla prudenza nelle procedure?

        In fondo, non si tratta soltanto di un caso singolare o di un colpo di scena mediatico: è un monito sul rispetto della dignità del corpo e sul diritto all’identità certa, che anche un funerale non può ribaltare senza verità documentate.

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          Dal sito del Comune al portale hard: a Santa Maria a Monte la politica finisce “a luci rosse” per un dominio scaduto

          Doveva essere la vetrina politica della maggioranza che guida il Comune, ma si è trasformato in un portale hard. È bastato il mancato rinnovo del dominio web della lista civica “Santa Maria a Monte Sempre” perché un sito a luci rosse ne prendesse il posto, mostrando foto di donne nude e messaggi inequivocabili.

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            Un click. E al posto del programma elettorale della lista civica di centrodestra, compare un sito erotico con immagini esplicite e offerte di incontri “nel raggio di trenta chilometri”. Succede a Santa Maria a Monte, Comune di circa tredicimila abitanti in provincia di Pisa, dove la coalizione “Santa Maria a Monte Sempre”, che dal 2023 sostiene la sindaca Manuela Del Grande, si è ritrovata suo malgrado protagonista di un incidente digitale che ha fatto il giro dei social.

            L’anomalia è stata scoperta da due consigliere di opposizione, Elisa Eugeni e Patrizia Faraoni, del gruppo “Sinistra Plurale”, che hanno segnalato l’accaduto con una pec indirizzata direttamente alla prima cittadina. «Nel cercare in rete il suo programma elettorale – scrivono – abbiamo constatato che il sito ufficiale della lista civica risulta compromesso. Non abbiamo voluto renderlo pubblico subito per senso di responsabilità, ma la invitiamo a intervenire per tutelare l’immagine delle istituzioni e del Consiglio comunale».

            Il tono è civile ma fermo. Eppure, la risposta della sindaca arriva tagliente come una lama. «Abbiamo letto la vostra comunicazione con una certa perplessità – replica Manuela Del Grande – un po’ per il tono, un po’ per la gravità che cercate di attribuire a un fatto in sé del tutto neutro, ma soprattutto per il livello di confusione tecnica che permea ogni riga della vostra missiva».

            Poi la spiegazione: il dominio in questione, acquistato il 22 marzo 2023, è scaduto due anni dopo, il 22 marzo 2025. Non essendo stato rinnovato, è tornato sul mercato digitale libero. Da quel momento, qualsiasi nuovo proprietario ha potuto registrarlo e farne ciò che voleva. «Dal 22 marzo 2025 – scrive la sindaca – la responsabilità e il controllo dei contenuti non sono più in alcun modo riconducibili alla nostra lista. Avreste evitato una figuraccia se vi foste informate meglio».

            Ma la vicenda, invece di spegnersi, è esplosa. Le opposizioni hanno deciso di rendere pubbliche le mail, denunciando “arroganza istituzionale” e “poca attenzione all’immagine pubblica del Comune”. Nei commenti social, ironia e sarcasmo si sono sprecati: “Santa Maria a Monte Sempre… più caliente che mai”, scrive qualcuno. “Un click di troppo e ti trovi su un sito vietato ai minori”, scherza un altro.

            In realtà, il fenomeno non è nuovo. Accade spesso che domini web non rinnovati finiscano acquistati da società che li rivendono o li riutilizzano per contenuti completamente diversi, compresi quelli pornografici. Ma che a cadere nel tranello sia una lista civica al governo di un Comune, con tanto di nome e logo ancora visibili nei motori di ricerca, è tutt’altra storia.

            La sindaca Del Grande, 47 anni, alla guida di una coalizione di centrodestra composta da esponenti di Fratelli d’Italia, Forza Italia e civici, difende la propria amministrazione: «L’impatto istituzionale non è quello che pensano loro. Parlano di “reputazione delle istituzioni” e di “contenuti lesivi” senza comprendere che si tratta di una questione tecnica, non politica. È un attacco infondato, portato avanti con leggerezza e superficialità».

            Nel frattempo, il link incriminato continua a essere attivo, anche se il Comune sta valutando un intervento per segnalare ai motori di ricerca la presenza di contenuti inadatti. Non mancano però i commenti sarcastici dei cittadini: «Almeno così qualcuno visita il sito», dice un commerciante.

            Dietro la gaffe digitale, si intravede anche il segno dei tempi: nella provincia toscana più tranquilla, la politica locale si scontra ora con gli effetti di un web sempre più spietato. Un dominio dimenticato diventa una trappola perfetta per l’imbarazzo. E il confine tra cronaca e farsa si assottiglia.

            Per l’opposizione, la vicenda «dimostra una mancanza di cura e di professionalità». Per la sindaca, invece, «un banale errore tecnico, gonfiato ad arte per creare clamore». In ogni caso, la lezione resta: in tempi di politica digitale, anche un click può trasformarsi in un caso politico.

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              Chi è la TikToker americana che pulisce le tombe dei cimiteri?

              La TikToker che pulisce tombe e cimiteri ha creato qualcosa di più di un semplice trend sui social media: ha dato vita a un movimento di gentilezza e riflessione che ha toccato il cuore di molte persone.

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                Questa è una storia che nasce negli Stati Unii e diventa virale grazie al social TikTok. In fondo si potrebbe riassumere in poche righe. Ma invece vale la pena soffermarsi su questa ragazza che è diventata una influencer molto seguita – 2,3 milioni di follower – che è possibile cercare con il nome di The clean girl.

                La sua missione è la pulizia delle tombe

                La TikToker ha iniziato a guadagnare popolarità pubblicando video di lei mentre pulisce vecchie tombe e monumenti in cimiteri spesso abbandonati o trascurati. Molti dei suoi video sono ambientati in piccoli cimiteri rurali o in aree dove le tombe sono state lasciate al degrado a causa del passare del tempo o della mancanza di fondi e manutenzione da parte delle famiglie.

                Non solo un modo per emergere sui social…

                Il suo è uno schema preciso che inizia sempre con una semplice ispezione. Una volta individuata una tomba trascurata dall’incuria e dalla dimenticanza dei parenti del defunto, si mette al lavoro. Armata di spazzole, detergenti delicati, guanti e, spesso, attrezzi per rimuovere il muschio, sporcizia, foglie e altri detriti che si accumulano nel tempo. Ma la TikToker non si limita solo alla pulizia fisica. In alcuni video si vede spesso mentre fa ricerche sui defunti e condivide le loro storie nei suoi video, ridando così vita a memorie destinate al dimenticatoio.

                C’è anche un impatto positivo

                Gli atti di gentilezza di questa ragazza hanno toccato i cuori di milioni di spettatori su TikTok, molti dei quali lasciano commenti di gratitudine o raccontano le proprie storie di tombe di familiari che non possono più visitare o curare. In alcuni casi, famiglie hanno contattato la TikToker per chiederle di prendersi cura delle tombe dei loro cari, spesso perché vivono troppo lontano o non hanno i mezzi per farlo da soli.

                Molta ammirazione per il suo impegno

                Alcuni dei suoi video più popolari mostrano la trasformazione drammatica di tombe antiche, coperte di sporco e vegetazione, che ritornano a splendere dopo il suo intervento. Questi video, accompagnati spesso da narrazioni toccanti o musica rilassante, hanno ricevuto milioni di visualizzazioni, con utenti che esprimono la loro ammirazione per il suo impegno.

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