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Cronaca Nera

Arrestato Giacomo Bozzoli. Era in fuga da 11 giorni.

Arrestato Giacomo Bozzoli: Condannato Definitivamente per l’Omicidio dello Zio Mario a Marcheno. Era in fuga da undici giorni.

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    Giacomo Bozzoli, il 39enne condannato in via definitiva per l’omicidio dello zio Mario e la distruzione del cadavere nel forno della fonderia a Marcheno, Brescia, l’8 ottobre 2015, è stato arrestato oggi.

    Alle 17:45, i carabinieri del comando provinciale di Brescia hanno eseguito l’ordine di carcerazione emesso dalla procura della Repubblica di Brescia.

    L’imprenditore si era dato alla fuga, facendo perdere le proprie tracce.Bozzoli è stato rintracciato nella sua villa di Soiano, sulla sponda bresciana del lago di Garda.

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      Mostro di Firenze, nuova svolta nelle indagini: richiesta di una seconda autopsia su Stefania Pettini

      A cinquant’anni dal delitto, i legali delle vittime insistono per un’autopsia bis su Stefania Pettini, sperando di trovare tracce biologiche del Mostro di Firenze. Le famiglie delle vittime sono divise, mentre si apre un altro capitolo nella richiesta di revisione del processo sul delitto di Scopeti.

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        Alla vigilia del cinquantesimo anniversario del tragico omicidio di Stefania Pettini e del suo fidanzato Pasquale Gentilcore, avvenuto nel settembre 1974, una nuova svolta nelle indagini sul Mostro di Firenze scuote ancora una volta la serenità dei familiari delle vittime. L’avvocato Vieri Adriani, rappresentante dei familiari delle vittime francesi uccise nel 1985 a Scopeti, sta preparando un’importante mossa legale: chiede infatti al sindaco di Borgo San Lorenzo di non trasferire i resti di Stefania, come previsto alla scadenza del termine dei cinquant’anni, al fine di permettere un’eventuale seconda autopsia.

        Individuato un DNA?

        Questa richiesta arriva dopo la consulenza dell’ematologo Lorenzo Iovino, il quale sostiene di aver individuato una sequenza di DNA sconosciuto impressa su un’ogiva esplosa durante il delitto di Scopeti, che potrebbe essere collegata anche ad altri due duplici omicidi. Adriani intende presentare questa scoperta all’autorità giudiziaria, accompagnata da una formale richiesta di esame autoptico. L’obiettivo è chiaro: trovare tracce biologiche che possano far luce sull’identità del misterioso assassino, noto come il Mostro di Firenze.

        Aveva solo 18 anni

        Stefania Pettini, appena 18enne al momento della sua morte, fu brutalmente uccisa insieme a Pasquale, 19 anni, in località Rabatta, nel comune di Borgo San Lorenzo. Il Mostro colpì Pasquale con cinque colpi di pistola e poi si accanì su Stefania con una pioggia di fendenti, infliggendole un destino crudele che ha lasciato cicatrici indelebili nei cuori dei suoi familiari. Il suo corpo, oltraggiato con un tralcio di vite, fu sepolto in un loculo offerto dal Comune come gesto di solidarietà.

        Nonostante il passare del tempo, il dramma di Stefania continua a tormentare i suoi cari. Una delle cugine ha recentemente espresso il suo consenso per un’eventuale seconda autopsia, ma non tutte le parenti condividono questa opinione. Anche tra i familiari di Jean Michel, ucciso a Scopeti nel 1985, ci sono divisioni: Adriani aveva suggerito la riesumazione del corpo per ulteriori indagini, ma l’opposizione di uno dei tre fratelli ha fatto cadere questa ipotesi, a meno di una rogatoria internazionale che appare complessa.

        Nel frattempo, un altro capitolo di questo giallo senza fine si apre con la richiesta di revisione del processo sul delitto di Scopeti. Gli avvocati del nipote di Mario Vanni, uno dei presunti “compagni di merende”, intendono presentare nuovi elementi, basati su un esperimento che suggerisce che l’omicidio potrebbe essere avvenuto prima dell’8 settembre 1985, contraddicendo la testimonianza di Giancarlo Lotti. Questo ulteriore sviluppo getta ancora più ombre su un caso che continua a tenere con il fiato sospeso non solo i familiari delle vittime, ma anche un’intera nazione.

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          Moussa Sangare e le sue bugie smascherate: il video della fuga in bici smentisce tutto

          Dalla versione fantasiosa dell’amico minaccioso alla verità mostrata dalle telecamere di sorveglianza, Moussa Sangare ha tentato invano di coprire le sue tracce. Le intercettazioni e i video lo inchiodano, mentre emerge la sua pericolosità e la volontà di colpire ancora.

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            Moussa Sangare, arrestato per l’omicidio di Sharon Verzeni, ha provato a costruire una serie di bugie per confondere gli inquirenti, ma il video della sua fuga in bicicletta e le intercettazioni lo hanno smascherato, svelando tutta la verità dietro l’efferato delitto.

            Le bugie di Sangare: dalla falsa testimonianza alla cruda realtà

            Nel corso dell’interrogatorio, Sangare ha inizialmente negato ogni coinvolgimento nell’omicidio, sostenendo di non essersi recato a Terno d’Isola negli ultimi mesi. Tuttavia, quando i carabinieri gli hanno mostrato il video che riprendeva il suo tragitto notturno, l’uomo è crollato, ammettendo di essere stato presente sul luogo del delitto. Ma anche in quel momento, ha tentato un ultimo disperato tentativo di depistaggio, accusando un fantomatico “amico” di Sharon di aver commesso l’omicidio e di averlo minacciato per aver assistito alla scena.

            Le immagini delle telecamere di sorveglianza, però, raccontano una storia diversa. Sharon Verzeni è stata ripresa mentre camminava da sola, in un tragitto tranquillo e solitario, contraddicendo completamente la versione fornita da Sangare.

            La fuga in bici e le intercettazioni: prove schiaccianti

            Oltre al video, un altro dettaglio ha messo a nudo le menzogne di Sangare: la sua fuga in bicicletta. Le intercettazioni tra Sangare e i due testimoni che lo avevano riconosciuto hanno rivelato particolari che solo l’autore dell’omicidio poteva conoscere, come la velocità della fuga e le urla disperate di Sharon dopo essere stata accoltellata.

            In una conversazione intercettata, Sangare stesso ha evocato l’idea del fermo, mostrando consapevolezza della gravità della situazione: “Ti immagini che ci fermano… non andiamo più a casa”. Questa frase, insieme alle altre prove raccolte, ha convinto gli inquirenti della sua colpevolezza e della sua pericolosità sociale.

            Un tentativo di depistaggio maldestro

            Sangare ha anche cercato di nascondere il suo aspetto, sostenendo di essersi tagliato i capelli “due o tre mesi” prima dell’audizione. Tuttavia, la lunghezza dei capelli al momento dell’interrogatorio ha smentito questa affermazione, dimostrando che il taglio doveva essere avvenuto in epoca molto più recente, probabilmente subito dopo l’omicidio, in un tentativo di cambiare il proprio aspetto e sfuggire alla giustizia.

            Il trasferimento in carcere e la pericolosità di Sangare

            Vista la sua pericolosità, Sangare è stato trasferito dal carcere di Bergamo a quello di San Vittore a Milano, anche per motivi di sicurezza, dopo che altri detenuti avevano tentato di aggredirlo lanciandogli bottiglie incendiarie. Il trasferimento è stato deciso anche per evitare che l’uomo potesse dissotterrare il coltello utilizzato nell’omicidio, nascosto nei pressi degli argini dell’Adda, che Sangare aveva pianificato di conservare come macabro “souvenir”.

            L’insieme delle prove raccolte ha quindi permesso agli inquirenti di chiudere il cerchio intorno a Moussa Sangare, confermando il suo coinvolgimento nell’omicidio di Sharon Verzeni e smascherando tutte le sue menzogne. Un caso che ha scosso profondamente la comunità e che ora si avvia verso la fase processuale, con la speranza che la giustizia possa fare il suo corso.

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              Armato di balestra e mascherato da Fausto Bertinotti, terrorizzava il vicino: arrestato per stalking

              Un operaio di Scortichino di Bondeno terrorizzava il vicino lanciando frecce contro le finestre, mascherato con una maschera di Fausto Bertinotti. Arrestato dopo un folle tentativo di fuga, nella sua casa sono stati trovati coltelli e un’uniforme militare.

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                Per mesi ha seminato il terrore nel suo quartiere, colpendo ripetutamente con una balestra le finestre del vicino, sempre mascherato con una maschera da Fausto Bertinotti. Ma l’ossessione dell’operaio 41enne di Scortichino di Bondeno (Ferrara) è terminata con l’arresto per stalking.

                La vicenda ha dell’incredibile. Da mesi, l’uomo aveva preso di mira un vicino di 59 anni, lanciando frecce contro le sue finestre e danneggiando la sua auto. Le sue azioni non si limitavano a questo: il 41enne era solito travestirsi con una maschera raffigurante Fausto Bertinotti, un dettaglio grottesco che rendeva la situazione ancora più surreale.

                L’arresto e le scoperte nella casa
                Nella notte, i carabinieri lo hanno colto sul fatto mentre, nel cortile di casa, stava nuovamente scagliando un dardo contro le finestre del vicino. Nel tentativo di fuga, l’uomo ha persino cercato di investire i militari con l’auto, ma è stato prontamente bloccato e arrestato.

                Le sorprese non sono finite qui: durante la perquisizione della sua abitazione, che condivide con la moglie (la cui posizione è ora al vaglio degli inquirenti), i carabinieri hanno trovato un arsenale che comprendeva numerosi coltelli, una fionda con biglie d’acciaio, un passamontagna e persino un’uniforme da tenente paracadutista dell’Esercito Italiano. Un dettaglio quest’ultimo che ha suscitato ulteriore preoccupazione, poiché l’uomo non ha mai prestato servizio nelle forze armate.

                Una vicenda inquietante
                L’uomo è stato portato in carcere, mettendo fine a una spirale di terrore che aveva reso la vita del vicino un incubo. Il motivo di questo comportamento ossessivo resta ancora oscuro, così come il perché di quel travestimento, che aggiunge un tocco di assurdità a una storia già di per sé inquietante.

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