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Cronaca Nera

Così Filippo Turetta progettò la morte di Giulia

Prima di compiere il femminicidio, Filippo Turetta aveva preparato una lista dettagliata di oggetti e azioni necessarie. Un piano meticoloso che getta nuova luce sul terribile evento.

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    Durante le indagini sul femminicidio di Giulia Cecchettin, gli inquirenti hanno scoperto una lista scritta da Filippo Turetta: «Fare il pieno, controllare sportelli, ferramenta, lacci di scarpe, calzini, sacchetti immondizia, nastro adesivo, legare sopra caviglie e sopra ginocchia, spugna bagnata in bocca, coltello». La lista non si limitava agli strumenti del delitto, ma comprendeva anche azioni da compiere, come fare il pieno di carburante, suggerendo una pianificazione meticolosa e premeditata.

    Questo ritrovamento mette in evidenza la natura deliberata e calcolata dell’omicidio, smentendo qualsiasi ipotesi di un atto impulsivo. Gli oggetti elencati, combinati con le azioni programmate, dipingono un quadro di fredda determinazione e di un’attenzione ossessiva ai dettagli, che aggiunge un ulteriore strato di orrore al crimine.

    La premeditazione del delitto

    La scoperta della lista è una prova schiacciante della premeditazione di Turetta. Gli investigatori ritengono che l’omicidio di Giulia sia stato il culmine di un piano studiato nei minimi particolari, con l’obiettivo di controllare e sopprimere ogni possibilità di fuga o resistenza da parte della vittima.

    Un caso che scuote l’opinione pubblica

    Il femminicidio di Giulia Cecchettin ha profondamente scosso l’opinione pubblica, già sensibilizzata dal crescente numero di casi di violenza sulle donne. La scoperta della lista di Turetta aggiunge un elemento di orrore e mette in luce la necessità di interventi più efficaci per prevenire tali tragedie. Il dettaglio con cui l’omicidio è stato pianificato evidenzia quanto sia fondamentale riconoscere e intervenire tempestivamente in situazioni di rischio.

      Cronaca Nera

      Il magistrato Martella: “Emanuela Orlandi uccisa subito, il rapimento fu una farsa”

      Il rapimento della ragazza sarebbe stato una copertura per un omicidio immediato, orchestrato dalla Stasi per distogliere l’attenzione dall’attentato a Giovanni Paolo II. L’obiettivo era celare le responsabilità sovietiche e bulgare. L’intrigo coinvolgerebbe anche la Banda della Magliana e il Vaticano, che Martella sollecita a rivelare le proprie conoscenze sulla vicenda.

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        Un’operazione per coprire le responsabilità sovietiche? Secondo il magistrato Ilario Martella, nel suo libro “Emanuela Orlandi, un intrigo internazionale”, il rapimento della giovane sarebbe stato una sofisticata operazione di depistaggio orchestrata dalla Stasi per distogliere l’attenzione dall’attentato a Papa Giovanni Paolo II del 1981. Martella sostiene che Emanuela Orlandi sia stata uccisa subito e che l’intero rapimento fu una montatura per coprire le responsabilità dei servizi segreti bulgari e sovietici.

        La pista bulgara e il coinvolgimento della Stasi. Martella ricostruisce un complesso intreccio tra i servizi segreti dell’Est, evidenziando un legame diretto tra il tentato omicidio del Papa e i rapimenti di Orlandi e Gregori. Documenti segreti della Stasi rivelerebbero un accordo tra i servizi segreti bulgari e quelli della Germania dell’Est per creare una distrazione di massa e nascondere le loro responsabilità. Inoltre, Martella non esclude un ruolo della Banda della Magliana nell’operazione, ma pone l’accento sulla regia della Stasi. Il magistrato invita il Vaticano a rivelare ciò che sa sull’intrigo internazionale, chiedendo chiarezza dopo decenni di silenzio.

        L’interconnessione con l’attentato al Papa. Secondo Martella, esiste un’assoluta interdipendenza tra il tentato omicidio di Giovanni Paolo II e il rapimento delle due ragazze, orchestrato per distogliere l’attenzione da complicità bulgare nell’attentato al pontefice. Queste rivelazioni potrebbero gettare nuova luce su uno dei casi più oscuri della storia italiana, spingendo le autorità a indagare ulteriormente e a far emergere finalmente la verità.

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          Cronaca Nera

          Omicidio Cesaroni: ritrovato dopo 34 anni il documento che potrebbe riaprire il caso di via Poma

          Scomparso per oltre tre decenni, il documento che contiene informazioni cruciali sul giorno dell’omicidio di Simonetta Cesaroni è stato finalmente ritrovato. La collega Giusy Faustini non firmò l’orario di uscita il giorno del delitto, sollevando nuovi sospetti sulla sua versione dei fatti. Il 19 novembre sarà decisivo per capire se l’inchiesta potrà proseguire.

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            Il caso di via Poma, che sconvolse l’Italia nell’estate del 1990, potrebbe avere un nuovo capitolo. A distanza di 34 anni dal brutale omicidio di Simonetta Cesaroni, è emerso un documento che potrebbe fare luce su dettagli cruciali del caso. Si tratta di un foglio presenze che, fino ad ora, era scomparso dagli atti giudiziari. Questo documento, che contiene le firme degli impiegati dell’ufficio degli Ostelli della gioventù, dove Simonetta lavorava, porta alla luce nuove incongruenze.

            Il 7 agosto 1990, giorno in cui Simonetta fu assassinata con 29 coltellate nel suo ufficio, Giusy Faustini, collega della Cesaroni, non firmò l’orario di uscita. Una mancanza che, oggi, alimenta sospetti su una possibile presenza di Faustini nell’ufficio anche durante il pomeriggio, quando avvenne il delitto. Faustini ha sempre sostenuto di aver lasciato il lavoro alle 14.15 e di aver trascorso il resto della giornata con i suoi genitori, ma l’assenza della firma sul foglio presenze getta ombre su quella versione.

            Un ritrovamento inatteso

            Il foglio in questione è stato consegnato alle autorità grazie all’intervento di una ex collega, Luigina Berrettini, che all’epoca dei fatti lo consegnò al padre di Simonetta nel tentativo di aiutarlo a scoprire la verità. Oggi, questo documento è riemerso, aprendo nuovi scenari investigativi. I magistrati che si sono occupati del caso in passato avevano spesso evidenziato le contraddizioni nelle testimonianze di alcuni colleghi, soprattutto per quanto riguarda la presenza di Faustini in ufficio il giorno del delitto.

            La testimonianza di Berrettini e i sospetti sul foglio presenze

            Luigina Berrettini, responsabile delle buste paga nell’ufficio di via Poma, ha raccontato che Faustini ricevette il pagamento per un’intera giornata lavorativa il 7 agosto 1990, nonostante avesse dichiarato di essere uscita a metà giornata. Questo particolare ha sollevato sospetti sul fatto che Faustini potesse essere stata presente nell’ufficio anche nel pomeriggio, quando Simonetta venne uccisa.

            Inoltre, il documento mancante comprendeva un lasso di tempo cruciale: dal 10 luglio al 13 novembre 1990, un periodo che includeva la data del delitto. Una manomissione che i magistrati ritengono non casuale, tanto da aver acceso nuove domande sulla gestione dei registri.

            I prossimi sviluppi: udienza decisiva il 19 novembre

            Il 19 novembre, il gip di Roma dovrà decidere se archiviare il caso o proseguire con nuove indagini. Nonostante la Procura abbia richiesto l’archiviazione, i legali della famiglia Cesaroni si oppongono, forti di questi nuovi elementi che potrebbero ribaltare le sorti del caso. Il ritrovamento del foglio presenze e le incongruenze nella testimonianza di Faustini potrebbero portare alla riapertura dell’inchiesta e a nuove scoperte su uno dei più noti casi di cronaca nera italiana.

            Un passato oscuro che ritorna

            Il documento ritrovato e le testimonianze che emergono dopo oltre tre decenni suggeriscono che la verità sull’omicidio di Simonetta Cesaroni potrebbe essere più vicina di quanto si pensi. Gli elementi che sembravano dimenticati o tralasciati ora riemergono, portando a nuove ipotesi e dando alla famiglia della vittima una rinnovata speranza di giustizia.

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              Cronaca Nera

              Roblox nel mirino: accuse choc di pedofilia e violenza

              Roblox è stato accusato di esporre i minori a contenuti pedopornografici e violenti, secondo un rapporto pubblicato da Hindenburg Research.

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                Roblox, una delle piattaforme di gioco più popolari tra i minori, è finita al centro di un’accusa scioccante. Un recente rapporto pubblicato da Hindenburg Research ha rivelato gravi carenze nella moderazione dei contenuti, esponendo i giovani utenti a pericoli come pedofilia e contenuti violenti. Secondo l’indagine, Roblox sarebbe diventato un “inferno pieno di pedofili“, con gruppi e utenti che scambiano apertamente materiale pedopornografico e sollecitano atti sessuali su minori.

                Un “inferno pieno di pedofili”: le rivelazioni sconvolgenti del rapporto Hindenburg

                Una delle scoperte più inquietanti riguarda un gruppo chiamato “Adult Studios“, con oltre 3.000 membri dediti allo scambio di contenuti pedopornografici. Inoltre, sono stati rinvenuti numerosi account con nomi legati a Jeffrey Epstein e altri username esplicitamente inappropriati.

                Giochi violenti e messaggi pericolosi

                Hindenburg ha anche evidenziato la presenza di giochi violenti accessibili ai bambini, come “Beat Up Homeless Outside 7/11 Simulator” e “Beat Up The Pregnant“, che hanno raccolto milioni di visualizzazioni. E che sono al centro delle accuse di molti genitori e operatori sociali e medici che stanno accusando la piattaforma.

                La difesa dell’azienda e le reazioni degli utenti

                In risposta, Roblox ha difeso la sicurezza della sua piattaforma, affermando che milioni di utenti ogni giorno vivono esperienze positive. Tuttavia, l’azienda non ha affrontato direttamente le accuse specifiche di Hindenburg e ha contestato la neutralità del rapporto, accusando la società di speculazione finanziaria. Il caso apre però interrogativi cruciali sulla responsabilità delle piattaforme online nella protezione dei minori, e la gravità delle accuse potrebbe spingere le autorità a indagini più approfondite.

                Come proteggere i bambini dai pericoli online

                Nel frattempo, genitori ed educatori sono invitati a vigilare con attenzione sull’uso della piattaforma da parte dei minori, valutando i rischi associati a Roblox.

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