Connect with us

Cronaca Nera

Le bugie di Francesco «Sandokan» Schiavone per salvare il clan

Le sue dichiarazioni sono state ritenute inutili e marginali, in un tentativo fallito di sfuggire all’ergastolo ostativo senza compromettere il clan. L’episodio del bacio con il figlio Emanuele, simbolo di omertà, sottolinea l’intricata dinamica familiare e mafiosa.

Avatar photo

Pubblicato

il

    Francesco “Sandokan” Schiavone, noto boss della camorra, è tornato al regime di carcere duro, il 41 bis, dopo aver fallito nel tentativo di collaborare con la giustizia. Le informazioni fornite da Schiavone sono state ritenute inutili o non credibili. Ha cercato di evitare il carcere a vita offrendo solo dettagli marginali, senza compromettere gli equilibri politico-mafiosi esistenti.

    La falsa speranza della collaborazione

    La collaborazione con la giustizia, spesso motivata da vantaggi personali piuttosto che da un pentimento morale, non ha portato a risultati concreti per Schiavone. Dopo oltre trent’anni di carcere, il boss della camorra ha visto nella collaborazione un’opportunità per aggirare l’ergastolo ostativo, una pena senza benefici per i crimini di stampo mafioso.

    L’illusione della libertà

    Il pentimento di Schiavone avrebbe significato la perdita della sua leadership all’interno dell’organizzazione criminale. Anche se alcuni capi mafiosi hanno mantenuto un certo grado di controllo durante la collaborazione, Schiavone non è riuscito a ingannare lo Stato con informazioni di poco valore. L’esperienza di altri collaboratori di giustizia, come Augusto La Torre e Giuseppe Setola, ha dimostrato che la collaborazione può essere una strategia per preservare parte del potere, ma solo se supportata da informazioni realmente utili alle indagini.

    Il peso del silenzio

    Durante una visita in carcere, il figlio Emanuele Libero Schiavone ha cercato di baciare il padre attraverso il vetro che li separava. Sandokan non ha ricambiato il gesto, interpretato come una promessa di omertà. Il tentativo di Schiavone di collaborare è stato segnato dalla tensione con il figlio Emanuele Libero Schiavone, il quale ha percepito il pentimento del padre come un tradimento che avrebbe distrutto la loro autorità. Il bacio mancato tra padre e figlio, durante una visita in carcere, è simbolico della promessa di silenzio che Schiavone non poteva più mantenere.

    La vendetta e la fuga

    La vita di Emanuele Libero Schiavone è stata segnata dalla violenza e dalla paura. Dopo il fallimento della collaborazione di Schiavone, il figlio ha tentato di ripristinare l’autorità familiare, ma è stato arrestato prima di poter agire. La sua fuga a Napoli con il fratello Ivanhoe e il loro status di “morti viventi” riflette la realtà brutale dei figli dei boss mafiosi, destinati a vivere tra il carcere e la vendetta.

    La complessità della collaborazione

    La collaborazione con la giustizia è diventata un’arma a doppio taglio per lo Stato, che, nonostante la fragilità e la mancanza di risorse, deve bilanciare l’uso delle informazioni dei collaboratori con il rischio di mantenere il potere mafioso intatto. La legge RICO, utilizzata negli Stati Uniti, ha mostrato come la collaborazione possa essere utilizzata anche per mantenere il controllo all’interno delle organizzazioni criminali, sacrificando alcuni membri per il bene del clan.

    La dote Conte Ugolino

    L’inchiesta “Infinito” sulla ‘ndrangheta a Milano ha rivelato l’esistenza della dote Conte Ugolino, che permette ai boss di sacrificare membri del clan per salvare l’organizzazione. Questa logica di tradimento e sacrificio interno è diventata una parte intrinseca delle dinamiche mafiose, cambiando le regole dell’omertà e della collaborazione.

    Un futuro incerto

    Francesco “Sandokan” Schiavone torna al 41 bis, consapevole del fallimento del suo tentativo di ingannare lo Stato. La sua storia riflette le contraddizioni e le difficoltà della lotta contro la criminalità organizzata, dove la collaborazione con la giustizia è un’arma necessaria ma rischiosa. La sua vicenda è un monito per tutti coloro che credono di poter sfuggire alla giustizia con mezze verità e compromessi.

      SEGUICI SU INSTAGRAM
      INSTAGRAM.COM/LACITYMAG

      Cronaca Nera

      Antonella Clerici si smarca dai talk sul caso Garlasco: “Non ce la farei a parlarne sempre”, la conduttrice rompe il silenzio

      Antonella Clerici interviene sul modo in cui il caso Garlasco viene trattato dalla tv italiana. «Io non ce la farei a parlare sempre della stessa cosa», afferma, lanciando un messaggio chiaro ai talk show che continuano a dedicare intere puntate al delitto. Un commento che riapre il dibattito sui limiti del racconto mediatico della cronaca nera.

      Avatar photo

      Pubblicato

      il

      Autore

        Quando Antonella Clerici decide di entrare in un dibattito pubblico, lo fa con la schiettezza che la contraddistingue. Questa volta il tema è il caso Garlasco, tornato al centro dell’informazione televisiva con una frequenza quasi quotidiana. E la conduttrice, con la sua sincerità disarmante, ha preso posizione: «Io non ce la farei a parlare sempre della stessa cosa». Una frase che fotografa un malessere diffuso.

        Il peso della cronaca nei palinsesti
        La televisione italiana ha sempre avuto un rapporto complesso con la cronaca nera, ma il caso Garlasco ha superato ogni soglia di esposizione. Puntate speciali, approfondimenti, dibattiti infiniti: un’attenzione martellante che, secondo molti spettatori, rischia di trasformare il dolore in intrattenimento. La posizione di Clerici intercetta questa sensibilità e la amplifica.

        Una voce fuori dal coro
        Abituata a gestire programmi legati alla cucina, all’intrattenimento e alla quotidianità, Antonella rappresenta l’altra faccia della tv: quella che preferisce raccontare la vita, non dissezionare ossessivamente un delitto. La sua presa di distanza non è una critica diretta alle colleghe e ai colleghi dei talk, ma una riflessione personale su un linguaggio televisivo che sente distante.

        La reazione del pubblico
        Il suo commento è stato accolto con un misto di sollievo e approvazione. Molti spettatori si riconoscono nella fatica emotiva di seguire l’ennesima puntata identica alla precedente. Altri sottolineano come la tv abbia il potere di scegliere cosa raccontare e con quale equilibrio. In mezzo, il solito dibattito social che trasforma ogni frase in un caso.

        Una discussione più ampia sulla tv di oggi
        L’intervento della Clerici apre un varco su una questione più grande: cosa vuole davvero il pubblico? E soprattutto, cosa dovrebbe offrire la tv generalista nel 2025? La risposta, forse, è nella misura. E nelle parole di una conduttrice che non ha bisogno di forzare la mano per far passare un messaggio semplice e potentissimo.

          Continua a leggere

          Cronaca Nera

          Caso Garlasco, la perita smonta le certezze sul DNA: “Dati non affidabili”, compatibilità con Sempio ma con fortissime criticità scientifiche

          Nella relazione di 93 pagine la perita mette in fila limiti metodologici, contaminazioni, assenza di un database locale e profili genetici troppo degradati per conclusioni nette. Restano solo due compatibilità “moderate”, mentre sugli altri reperti sono presenti solo DNA di Chiara e Stasi.

          Avatar photo

          Pubblicato

          il

          Autore

            La perizia sul DNA sotto le unghie di Chiara Poggi, attesa per mesi, non chiude il cerchio. Al contrario, apre un fronte di incertezze che la stessa esperta, Denise Albani, mette nero su bianco: le tracce genetiche estratte nel 2014 dall’allora perito De Stefano “non sono consolidate né affidabili dal punto di vista scientifico”.
            Materiale parziale, misto, degradato e mai sottoposto a verifica successiva. Su questo, la genetista non lascia margini di interpretazione. E tuttavia, applicando modelli biostatistici, arriva a una compatibilità della linea maschile di Andrea Sempio con due tracce rinvenute su due dita della vittima: un “supporto da moderatamente forte a forte” per una, “moderato” per l’altra.
            Ma la stessa Albani avverte: non è possibile rispondere a domande fondamentali come “come, quando e perché” quel materiale genetico sia stato depositato. Un limite che, in un processo, pesa come un macigno.

            Analisi biostatistiche tra limiti e assenze nei database

            La relazione spiega perché le valutazioni statistiche non possano essere considerate definitive: manca un database della popolazione locale, condizione ideale per stimare la frequenza reale di un dato profilo genetico.
            Per questo, la perita ha dovuto utilizzare gruppi molto più ampi: la metapopolazione europea e quella mondiale. Scelte obbligate, ma che possono produrre risultati “sottostimati” e comunque non riferibili con precisione al contesto di Garlasco.
            Non stupisce che sia la difesa di Sempio sia i consulenti della famiglia Poggi continuino a parlare di dati “non scientifici” e “non utilizzabili” in sede processuale. La battaglia tra esperti è solo all’inizio.

            Sugli altri reperti resta solo il DNA di Chiara e Stasi

            L’incidente probatorio conferma inoltre che sugli altri reperti non emergono elementi nuovi. Le sessanta impronte rinvenute nella villetta non restituiscono profili utili, e sugli oggetti recuperati in pattumiera compaiono esclusivamente il DNA di Chiara e quello di Stasi.
            Sul tappetino del bagno, ancora una volta, solo materiale genetico della studentessa e del padre. Nessuna traccia collegabile ad Andrea Sempio. Persino l’“ignoto 3”, per un periodo considerato possibile svolta, si rivela frutto di contaminazione autoptica.

            Un risultato che non chiude nulla

            La perita ricorda che gli aplotipi analizzati non sono identificativi e non permettono attribuzioni personali. La compatibilità con Sempio riguarda l’intera linea patrilineare: tutti i parenti maschi condividono quel profilo.
            Alla domanda decisiva — basterà questo per incriminarlo? — oggi la risposta è no. Non con questi dati, non con queste criticità, non con tracce così fragili.
            L’inchiesta prosegue, ma la scienza, per ora, non indica una verità univoca.

              Continua a leggere

              Cronaca Nera

              Caso Garlasco, i punti rimasti in ombra che tornano a pesare: perché i pm guardano ora ad Andrea Sempio

              L’inchiesta su Andrea Sempio, 37 anni, si fonda su sei elementi chiave: dal Dna sotto le unghie di Chiara Poggi all’“impronta 33”, passando per uno scontrino contestato e telefonate mai del tutto spiegate. Sullo sfondo, l’indagine di Brescia sulle presunte pressioni che avrebbero portato all’archiviazione del 2017

              Avatar photo

              Pubblicato

              il

              Autore

                La nuova indagine sul caso Garlasco riparte da punti che per anni sono rimasti sospesi. La posizione di Andrea Sempio, 37 anni, amico del fratello di Chiara Poggi, torna al centro della scena giudiziaria con un fascicolo che la procura di Pavia considera molto diverso da quelli del passato. L’elemento più discusso riguarda il Dna trovato sotto le unghie della vittima: una corrispondenza con la linea maschile della famiglia Sempio emersa dall’incidente probatorio. La difesa non contesta la scienza, ma il significato: per gli avvocati si tratterebbe di un trasferimento indiretto, non di un segno di colluttazione. Le ipotesi parlano di un contatto accidentale, addirittura di residui rimasti in casa tramite un telecomando della Playstation o uno starnuto. Una lettura che la procura giudica improbabile.

                Al centro della nuova istruttoria c’è anche lo scontrino del parcheggio di Vigevano, presentato da Sempio nel 2008 come prova della sua presenza altrove la mattina del delitto. I nuovi accertamenti non solo ritengono il ticket inutilizzabile come alibi, ma dubitano che fosse effettivamente suo. Lo stesso Sempio, negli anni, aveva espresso rammarico per l’assenza di verifiche sulle telecamere dell’epoca, ma oggi la difesa considera quell’elemento “non sufficiente” a collocarlo lontano da via Pascoli.

                Il fascicolo riapre anche il tema delle telefonate effettuate alla famiglia Poggi. I tabulati mostrano varie chiamate nei giorni precedenti al delitto. Sempio aveva spiegato di aver cercato l’amico Marco o di aver sbagliato numero, ma all’epoca non furono acquisiti i suoi tabulati. Oggi la procura ritiene che quelle versioni non abbiano mai trovato riscontro.

                Tra gli aspetti tecnici, uno dei più rilevanti è la cosiddetta “impronta 33”, una traccia individuata sul muro della scala che porta al seminterrato. In passato considerata marginale, ora viene ritenuta compatibile con almeno 15 minuzie attribuibili a Sempio. Un dettaglio che, secondo gli investigatori, colloca una presenza maschile proprio nel punto in cui il corpo di Chiara venne trovato.

                Il nodo del movente resta invece coperto dal segreto istruttorio. Per anni l’assenza di un rapporto significativo fra Sempio e Chiara era stata considerata un ostacolo a qualunque ipotesi accusatoria. Ora gli inquirenti ritengono di aver individuato un possibile collegamento, ritenuto rilevante ma non ancora rivelato.

                Sul fondo della vicenda resta l’inchiesta della procura di Brescia sulla presunta corruzione legata alla precedente archiviazione del 2017. Un’indagine che coinvolge il padre di Sempio e l’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti. Non c’è un collegamento diretto, ma eventuali riscontri potrebbero influire sul quadro complessivo.

                Ora tutti gli elementi verranno valutati insieme: Dna, impronte, alibi, telefonate. Sarà il mosaico, non il singolo indizio, a decidere se l’indagine condurrà all’improcedibilità o a una richiesta di rinvio a giudizio.

                  Continua a leggere
                  Advertisement

                  Ultime notizie

                  Lacitymag.it - Tutti i colori della cronaca | DIEMMECOM® Società Editoriale Srl P. IVA 01737800795 R.O.C. 4049 – Reg. Trib MI n.61 del 17.04.2024 | Direttore responsabile: Luca Arnaù