Cronaca Nera
Si riapre il caso del Mostro di Firenze? la famiglia di Mario Vanni chiede la revisione del processo
Depositata alla corte d’appello di Genova la richiesta di revisione del processo che portò alla condanna all’ergastolo del “compagno di merende” di Pietro Pacciani.

A oltre due decenni dalla chiusura definitiva del processo, la famiglia di Mario Vanni, il postino di San Casciano condannato all’ergastolo come “compagno di merende” di Pietro Pacciani, torna a scuotere le fondamenta di uno dei casi di cronaca nera più discussi della storia italiana.
Alla corte d’appello di Genova è stata infatti depositata la richiesta di revisione del processo, con l’obiettivo di riesaminare la sentenza che portò alla condanna di Vanni per i quattro duplici delitti avvenuti tra il 1982 e il 1985.
I delitti e la condanna
Mario Vanni fu condannato nel processo bis per la sua presunta partecipazione agli ultimi quattro duplici omicidi attribuiti al mostro di Firenze: Montespertoli (1982), Giogoli (1983), Vicchio (1984) e Scopeti (1985). Una vicenda giudiziaria complessa, caratterizzata da testimonianze controverse, tra cui quella di Giancarlo Lotti, l’altro “compagno di merende”, che confessò il proprio coinvolgimento e accusò sia Vanni che Pacciani.
Nonostante il procuratore generale avesse chiesto l’assoluzione per insufficienza di prove, nel 1999 la corte d’appello condannò Vanni all’ergastolo e Lotti a 26 anni di carcere. La Cassazione rese definitive queste sentenze nel 2000.
La richiesta di revisione
A presentare la richiesta sono stati i legali del nipote di Mario Vanni, che da anni cercano di far luce su quella che considerano una condanna ingiusta. La difesa punta a riesaminare il quadro probatorio, evidenziando eventuali lacune e discrepanze emerse nei procedimenti precedenti.
Vanni, morto nel 2009 all’età di 81 anni, è sempre stato una figura enigmatica nella vicenda del mostro di Firenze. La sua condanna si basò in gran parte sulle dichiarazioni di Lotti, il cui ruolo di testimone chiave fu spesso messo in discussione dagli stessi avvocati difensori.
Un caso senza fine
Il caso del mostro di Firenze, con i suoi 16 omicidi tra il 1968 e il 1985, continua a essere una ferita aperta nella memoria collettiva italiana. La richiesta di revisione del processo potrebbe riaccendere i riflettori su una vicenda giudiziaria mai completamente chiarita e ancora avvolta nel mistero.
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Cronaca Nera
Una cascata di euro fasulli arrivano sul mercato. Come riconoscerli?
Di fronte all’incremento delle operazioni di contraffazione, come dimostrano i recenti eventi a Napoli con il sequestro di una stamperia clandestina, diventa cruciale per i cittadini essere in grado di riconoscere le banconote euro false. Per questo motivo, è importante conoscere i controlli da effettuare per verificare l’autenticità delle banconote. Ecco quindi un breve schema che riassume i metodi per identificare le banconote euro contraffatte, accompagnato da alcuni dati sul fenomeno della contraffazione in Italia.

Napoli, città di contrasti e di vita pulsante, dove le storie si intrecciano come fili in una tela intricata. Nel cuore di Ponticelli, tra le strade trafficate e gli edifici fatiscenti, si nascondeva un’attività clandestina che avrebbe potuto essere scritta da Eduardo De Filippo stesso.
Sembra un film ma non lo è
I finanzieri hanno sequestrato ben 48 milioni di euro in banconote da 50 euro contraffatte di pregevole fattura, ritenute riconducibili al cosiddetto “Napoli Group” (una organizzazione di falsari già al centro di precedenti inchieste), sono state sequestrate dalla Guardia di Finanza in una stamperia allestita in un capannone industriale del quartiere Ponticelli di Napoli.
L’operazione napoletana
A coordinare le attività investigative è stata la Procura di Napoli Nord (pm Valeria Palmieri e Giulia Basile, procuratore aggiunto Mariella Di Mauro, procuratore Maria Antonietta Troncone).
Nel corso del blitz, i finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Napoli e del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria di Roma hanno sottoposto a fermo sette persone, tra le quali figura anche il capo della banda di falsari.
Beccati con le mani nel sacco
Le Fiamme Gialle, intervenute all’alba, hanno sorpreso i due falsari ancora a letto. Nel capannone, sono stati rinvenuti circa 80.000 fogli, ognuno dei quali raffigurava 12 banconote da 50 euro, praticamente complete: mancava solo il taglio finale per l’applicazione della striscia verticale argentata. Per evitare interruzioni nella produzione, il gruppo criminale si avvaleva di un intermediario, il quale forniva supporto logistico e mantenimento agli imputati.
Tipografo criminale
Quest’ultimo era responsabile dei contatti con il capo, un tipografo settantenne con un passato criminale, che coordinava le attività produttive insieme a tre autotrasportatori di Giugliano in Campania. Complessivamente, sette individui sono stati fermati.
A mettere sulle tracce dei falsari anche alcune banconote finite in circolazione dove si potevano trovare annotazioni scritte a penna, come le indicazioni del tipografo per una stampa perfetta.
Occhio ai colori
“Benino, aumentare rosso”, “Giallo caldo”, “Non tirare due volte ma una sola (gialla)”. Questi erano i consigli del “maestro” ai suoi allievi, suggerimenti per migliorare la qualità del loro lavoro, come note su una partitura da seguire con attenzione.
Ma come riconoscere le banconote fasulle da quelle vere? Ecco uno schema per riconoscerle:
- Controllare la striscia argentata con ologramma:
- Guardare la parte superiore della striscia argentata.
- Verificare la presenza dell’ologramma con il simbolo € e un satellite.
- Muovendo la banconota, osservare il simbolo € che ruota attorno al numero.
- Controllare le cifre e i caratteri:
- Esaminare le cifre scritte con caratteri più grandi, marcati e con contrasti superiori.
- Lungo i bordi, verificare la presenza di segni tattili diversi per ogni taglio.
- Controllare la grandezza, i colori e la placca olografica:
- Valutare la grandezza della banconota e la nitidezza dei colori.
- Osservare la presenza di una placca olografica che brilla quando si muove la banconota.
- Statistiche italiane:
- Nel corso del 2022, l’Italia ha registrato un aumento del 22% delle banconote euro false rispetto all’anno precedente.
- Inoltre, sono stati sequestrati più di 900 monete da 2 euro contraffatte a Napoli.
Questi controlli possono essere utili per individuare banconote e monete contraffatte e proteggersi dalla frode finanziaria.
Cronaca Nera
Un’impronta misteriosa e una vecchia scala: il segno numero 44 riaccende i dubbi sul delitto di Garlasco
È catalogata come “numero 44”, si trova sul muro delle scale che portano alla cantinetta dove fu ritrovato il corpo di Chiara Poggi. Per la Procura è compatibile con la ricostruzione dei movimenti di Andrea Sempio, l’amico della vittima mai indagato all’epoca. Ma il confronto del Dna resta un’incognita.

Un numero, un’impronta e una scala. Potrebbero bastare questi tre elementi a riaprire – simbolicamente e forse anche giudiziariamente – il caso Garlasco. Parliamo dell’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto il 13 agosto 2007 nella villetta di via Pascoli, e di una traccia rimasta finora ai margini dell’inchiesta: l’impronta numero 44.
È stata rilevata sul muro delle scale che conducono alla cantina, là dove il corpo della giovane venne trascinato. Ha la forma di una suola a righe verticali, collocata in basso, verso i gradini. E ora torna sotto la lente degli inquirenti. Non è sola: secondo la nuova ricostruzione della Procura di Pavia, guidata da Fabio Napoleone, la 44 va letta insieme alla traccia “33” (un’impronta palmare) e alla macchia ematica “97f”, presente sulla parete opposta.
Tre segni, un’unica traiettoria. È questa la nuova ipotesi: una sola persona avrebbe lasciato tutte e tre le tracce. La mano insanguinata si poggia al muro (traccia 33), i piedi scivolano sui gradini (traccia 44), e la spinta sul corpo della vittima lascia la scia di sangue (97f). Un mosaico inquietante, che gli esperti del Ris stanno ricostruendo fotogramma per fotogramma.
Il problema? Nessuna delle impronte esaminate finora ha restituito profili di Dna utili al confronto. I fogli di acetato usati per conservare le tracce digitali contengono campioni troppo degradati. Nemmeno la numero 10, quella sulla porta d’ingresso – potenzialmente la più compromettente – ha superato i test.
Eppure, c’è un nome che aleggia su questa nuova fase dell’inchiesta: Andrea Sempio. Già menzionato in un’informativa dei carabinieri di Milano nel 2016, oggi è di nuovo al centro del lavoro dei consulenti della Procura. È lui, secondo alcune perizie, il soggetto compatibile con la palmare numero 33. Ma non è mai stato interrogato formalmente.
Intanto, l’ex fidanzato di Chiara, Alberto Stasi, condannato in via definitiva a 16 anni, è da poco in semilibertà. Mentre periti e consulenti si preparano a nuovi accertamenti, tra cui l’analisi del tappetino del bagno e dei tamponi sul corpo della vittima. La domanda resta sospesa: quella scarpa a righe, impressa in un angolo dimenticato, può ancora raccontare la verità?
Cronaca Nera
Garlasco, nuove ombre sull’omicidio Poggi: Dna di Chiara e Stasi nei rifiuti, testimone minacciato sul Santuario
Le ultime analisi sui reperti del caso Garlasco trovano solo il Dna della vittima e di Alberto Stasi. Ma un testimone parla della presenza abituale di Andrea Sempio al Santuario della Bozzola. E finisce sotto minaccia.

Nel sacchetto dell’immondizia ritrovato in via Pascoli a Garlasco ci sono tracce genetiche di Chiara Poggi e di Alberto Stasi. Nessuna presenza, almeno finora, di Andrea Sempio. È quanto emerge dai nuovi accertamenti disposti dal gip di Pavia, Daniela Garlaschelli, che ha incaricato la genetista Denise Albani di analizzare i materiali rimasti dalla scena del crimine.
I tamponi effettuati giovedì 19 giugno negli uffici della Scientifica di Milano su un piattino di plastica, un sacchetto azzurro e le linguette di due confezioni di Fruttolo, hanno restituito sequenze biologiche appartenenti alla vittima. In un caso, si è addirittura ottenuta una sequenza quasi completa del Dna di Chiara. L’unico Dna maschile identificato – finora – è quello di Stasi, rinvenuto su una cannuccia di plastica del brick di Estathé.
Parallelamente si sta lavorando anche su 34 fogli di acetato che in origine avevano conservato le impronte digitali, ma che ai primi test sul sangue sono risultati negativi. Due nuove impronte però sono ora sotto analisi: una scoperta sullo stipite della porta che porta alla cantina – comparabile ma non appartenente né a Stasi né a Sempio – e l’altra sulla cornetta del telefono. Secondo i tecnici, potrebbe essere della stessa Chiara, colta mentre tentava di difendersi.
Ma il fronte più inquietante, oggi, è quello legato ai testimoni. A parlare è un uomo di nome Maurizio, frequentatore del Santuario della Bozzola fin dagli anni ’90, che ha raccontato in tv – a Mattino 5 – di aver visto spesso Andrea Sempio insieme a un gruppo di amici, tra cui anche Marco Poggi, fratello di Chiara. «Io vedevo le gemelle Cappa, insieme a volte con Chiara. Ma Stasi mai», ha dichiarato.
Il suo racconto però ha avuto un prezzo. Durante la processione del 31 maggio scorso, al termine della preghiera, Maurizio è stato aggredito verbalmente da altri fedeli, scontenti del fatto che avesse parlato con i giornalisti. Un episodio grave, che getta nuove ombre su un caso mai del tutto chiuso, nonostante le condanne definitive.
Intanto le indagini alternative proseguono. Ma i reperti sembrano restituire una sola verità: il Dna di Chiara e di Stasi. Nessuna traccia, per ora, di altri possibili indagati. E a Garlasco, chi parla, continua a farlo sottovoce.
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