Cronaca Nera
Unabomber: dopo 30 anni la svolta si avvicina? Nuove indagini sul DNA e sospetti riaprono il caso
Il caso di Unabomber italiano, rimasto irrisolto per quasi tre decenni, viene riaperto con l’analisi di nuovi indizi genetici. Tracce di DNA su ordigni inesplosi e una segnalazione anonima accendono nuove speranze, mentre undici persone vengono indagate. La verità è più vicina?
Dopo trent’anni di misteri, potrebbe esserci una svolta decisiva nel caso di Unabomber, l’attentatore seriale che ha seminato il panico tra il Friuli-Venezia Giulia e il Veneto con ordigni esplosivi piazzati tra il 1994 e il 2006. A differenza del suo omologo americano, Theodore Kaczynski, l’identità dell’Unabomber italiano è rimasta sconosciuta per anni. Ma grazie alle recenti scoperte sul DNA mitocondriale ritrovato su alcuni reperti legati agli attentati, il mistero potrebbe essere finalmente risolto.
Riaperto il caso
Il caso, riaperto nel 2022 dalla Procura di Trieste su richiesta di due vittime e di un giornalista, ha portato all’indagine su undici persone, due delle quali erano già state menzionate in precedenti inchieste poi archiviate. Tracce genetiche, come frammenti di peli trovati su ordigni inesplosi e resti di nastro isolante, sono state analizzate con tecnologie avanzate, dando nuove speranze agli investigatori. I risultati delle analisi, attesi per i prossimi mesi, potrebbero portare finalmente alla verità.
Il focus sulle nuove tracce di DNA non è l’unico elemento che tiene viva l’attenzione. Una segnalazione anonima fatta ai Carabinieri ha riacceso il dibattito: l’invito a indagare su Luigi Pilloni, un ex militare, riapre vecchi sospetti mai del tutto chiariti. “Indagate su di lui, è stato un militare, sapeva usare gli ordigni”, riporta la soffiata anonima.
Tra le reazioni più forti a questo nuovo capitolo c’è quella di Maurizio Paniz, legale di Elvo Zornitta, uno degli innocenti ingiustamente sospettati negli anni passati. Paniz ha criticato duramente il fatto che nuove informazioni siano trapelate sui giornali prima che la difesa ne fosse informata, pur dichiarandosi favorevole a ulteriori approfondimenti che potrebbero finalmente chiudere il caso.
Con il passare del tempo, la determinazione degli investigatori non è diminuita. Antonio De Nicolo, ex procuratore capo di Trieste, ha sottolineato che “Non possiamo dare l’impressione di arrenderci senza aver tentato tutto il possibile”. L’ex comandante dei Ris di Parma, Luciano Garofano, si è detto possibilista su eventuali “esiti risolutivi” grazie all’uso delle nuove tecnologie scientifiche.
La speranza è che queste nuove analisi e piste possano portare alla risoluzione di uno dei casi più complessi e oscuri della cronaca nera italiana.
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Cronaca Nera
L’ex Bestia di Satana apre uno sportello d’ascolto: scoppia l’ira dei familiari delle vittime
Mario Maccione, ex membro del gruppo delle Bestie di Satana, ha deciso di aprire uno sportello d’ascolto virtuale. I familiari delle vittime si oppongono: “Sta lucrando sul nostro dolore”.
La vicenda delle Bestie di Satana, uno degli episodi più cruenti della cronaca nera italiana, torna alla ribalta con una notizia che ha immediatamente sollevato polemiche. Mario Maccione, soprannominato “Ferocity” e noto per il suo coinvolgimento negli orrendi crimini del gruppo satanico, ha annunciato l’apertura di uno sportello d’ascolto virtuale. La notizia ha suscitato la dura reazione dei familiari delle vittime, indignati dall’idea che uno degli ex membri del gruppo possa proporsi come sostegno per chi vive momenti di difficoltà.
Chi è Mario Maccione Maccione era il più giovane delle Bestie di Satana, all’epoca appena sedicenne, e considerato dal gruppo un “medium”, un tramite con le forze soprannaturali. Le Bestie di Satana, un gruppo criminale attivo tra la fine degli anni ’90 e i primi anni 2000 nella provincia di Varese, sono responsabili di una serie di crimini efferati, tra cui gli omicidi di Mariangela Pezzotta, Chiara Marino e Fabio Tollis, nonché dell’occultamento di cadaveri e dell’induzione al suicidio di Andrea Bontade. Si sospetta che il gruppo possa essere responsabile di altre diciotto vittime, anche se non vi sono prove definitive in merito.
Condannato a 19 anni di carcere, Maccione è stato scarcerato nel 2017 dopo aver scontato 13 anni e mezzo per buona condotta e grazie all’indulto. Oggi, all’età di 43 anni, ha dichiarato di voler offrire un servizio di ascolto e supporto, spiegando che alcune persone gli hanno confidato angosce simili a quelle che lui stesso ha vissuto. Ha specificato di non voler sostituirsi a un professionista e di non essere laureato, ma di sentirsi in grado di aiutare chi soffre.
La reazione delle famiglie delle vittime La reazione dei familiari delle vittime non si è fatta attendere. Michele Tollis, padre di Fabio Tollis, ucciso brutalmente dal gruppo nel 1998, ha espresso tutto il suo sgomento e la sua rabbia: “Il lupo cambia il pelo ma non il vizio. Sto cercando di disintossicarmi, evito di leggere qualunque notizia sulla vicenda. Ma tutto ciò ora mi sembra assurdo, se non pericoloso, come pericoloso è quel personaggio”.
Ancora più diretta è stata la madre di Christian Frigerio, un giovane scomparso in circostanze misteriose nel 1996, che ha dichiarato: “Quando ho saputo di questo sportello ho pensato che lui voglia lucrare sul nostro dolore”.
Cronaca Nera
La scomparsa della piccola Maddie McCann: il compagno di cella del pedofilo Brueckner fa una confessione scioccante
Un racconto agghiacciante che potrebbe dare una svolta al mistero della bambina inglese scomparsa. Il testimone chiave, compagno di cella di Brueckner, rivela dettagli inediti e inquietanti: «Mi ha detto che cercava soldi, ma ha trovato lei». Intanto, l’uomo, attualmente detenuto per altri reati sessuali, rischia di essere liberato a breve se non verrà condannato nel processo in corso.
Un testimone chiave potrebbe riaccendere le speranze di fare chiarezza sul destino della piccola Maddie McCann. Laurentiu Codin, compagno di cella di Christian Brueckner, ha dichiarato che il principale sospettato avrebbe confessato di aver rapito una bambina da un appartamento in Algarve. Un racconto dettagliato, quello di Codin, che getta nuova luce sulla vicenda ancora avvolta dal mistero.
Il racconto della confessione:
Secondo quanto riportato dal Daily Mail, durante un’udienza in Germania, Codin ha rivelato che Brueckner gli avrebbe confidato di aver rapito una bambina durante un furto con scasso. L’ex pugile, attualmente detenuto per altri reati sessuali, avrebbe raccontato di essere entrato in un’abitazione nella zona di Algarve, alla ricerca di denaro. Invece dei soldi, però, si sarebbe trovato di fronte a una bambina. “L’ho presa e sono scappato,” avrebbe detto Brueckner, descrivendo la scena con dettagli agghiaccianti. Il sospetto parla anche di una persona che era con lui durante l’accaduto, presumibilmente la sua compagna di allora.
I tabulati telefonici:
I tabulati telefonici confermano che la sera del 3 maggio 2007, data della scomparsa di Maddie McCann, Brueckner si trovava nei pressi dell’Ocean Club di Praia da Luz, il complesso turistico dove la famiglia McCann stava trascorrendo le vacanze. Lì, dal loro appartamento, Maddie scomparve mentre i genitori erano a cena a pochi metri di distanza. Brueckner descrisse in diverse deposizioni un luogo nelle vicinanze, un’area intorno al bacino dell’Arade, come un “piccolo paradiso” dove era solito appartarsi. È la stessa area che recentemente è stata oggetto di nuove ricerche.
Chi è Christian Brueckner:
Brueckner è attualmente in carcere in Germania, dove sta scontando una pena di sette anni per lo stupro di una turista americana di 72 anni, avvenuto nel 2005 sempre in Algarve. È sotto processo per ulteriori accuse di violenza sessuale, tra cui lo stupro di un’adolescente e l’aggressione sessuale a una ragazza tedesca nel 2017. I suoi crimini risalgono a un lungo periodo, dal 2000 al 2017, e includono reati gravi come l’esibizione indecente e l’aggressione. Se non verrà condannato nei processi in corso, Brueckner potrebbe essere rilasciato a breve.
La speranza nei nuovi esami:
Le nuove informazioni emerse dalle dichiarazioni del compagno di cella di Brueckner potrebbero dare un’importante svolta al caso di Maddie McCann. La polizia e i familiari della piccola sperano che queste rivelazioni possano portare finalmente alla verità, dopo anni di incertezze e teorie contrastanti.
Cronaca Nera
Filippo Turetta: gli appunti segreti sul telefono svelano chi era davvero. “Cose carine per Giulia” per il 2023
Tra propositi di cambiamento e pensieri ossessivi, ecco cosa emerge dagli screen del suo telefono. Il diario segreto digitale di Filippo Turetta: appunti metodici e propositi per Giulia Cecchettin
Filippo Turetta, l’assassino di Giulia Cecchettin, non solo ha lasciato dietro di sé una scia di orrore, ma anche un vero e proprio “diario segreto” digitale. Annotazioni metodiche, divise in sezioni ordinate, che rivelano molto su chi fosse realmente. Grazie alle informazioni trasmesse in esclusiva da Pomeriggio Cinque, emerge un ritratto inquietante dell’uomo, attraverso le schermate del suo telefono.
Tra le righe si trovano i “buoni propositi 2023” scritti da Turetta, che includono: “Aiutare Giulia a migliorare il profilo, allenarsi con costanza, andare a un concerto, apprezzare la vita.” A colpire è la metodicità con cui catalogava ogni pensiero, emozione e strategia, come se fosse in cerca di un riscatto o di un ordine nella sua vita personale e relazionale.
I pensieri ossessivi verso Giulia Cecchettin
Tra le note, emerge chiaramente un’ossessione per Giulia, la giovane vittima. Turetta elencava dettagliatamente “cose carine per lei”, come se si trattasse di un piano per riconquistarla o per mantenerla legata a sé. Annotava gesti quotidiani: “Mandarle un post al giorno su Instagram. Portarla a prendere le frittelle a mensa. Regalarle delle mimose il giorno della Festa della Donna.” Questo elenco preciso mostra un desiderio di controllo e di pianificazione maniacale, riflettendo una visione distorta e possessiva della relazione.
Le note sui suoi fallimenti e le insicurezze
Accanto ai propositi romantici, Turetta teneva un’altra cartella intitolata “Cose che non vanno”, un vero e proprio inventario di tutto ciò che lo tormentava: “Non mi ha mandato un messaggio affettuoso dopo la buonanotte. Non mi ha invitato alla festa di compleanno di Elena. Non mi include nella sua vita lasciandomi sempre solo.”
Queste annotazioni riflettono una forte insicurezza e un senso di abbandono, che si traducevano in una crescente frustrazione. Turetta non si limitava a riflettere sui suoi errori: creava veri e propri piani per migliorarsi, includendo appunti su come affrontare le sue debolezze: “Non litigare perché peggiora solo le cose. Ridurre l’over thinking.”
L’autocritica feroce e l’ossessione per il cambiamento
Il telefono di Turetta custodiva anche elenchi di propositi personali che riflettevano la sua costante autocritica: “Smettere di sentirmi in colpa. Ridurre la procrastinazione. Essere sempre produttivo.” Alcuni dei punti annotati riguardano la sua routine quotidiana, mostrando la sua ossessione per il controllo: “Spalmare creme viso e mani giornalmente. Caricare più post e storie.”
Non mancano riferimenti alla sua insicurezza fisica, con commenti duri come: “Ho i piedi piatti, ho i denti storti, sono povero e non sono bello.”
I pensieri finali: ansia e pentimento
Turetta mostrava un lato vulnerabile e angosciato anche nelle note che riguardavano il suo stato mentale: “Non ce la faccio, non ho voglia e non riesco a fare niente.” Altri appunti rivelano una lotta interiore tra il desiderio di migliorarsi e il senso di inadeguatezza che lo perseguitava: “Mi inc** e dico cattiverie e poi mi pento e ci sto male.”*
Le sue parole dipingono il ritratto di una persona alla deriva, incapace di gestire le proprie emozioni e relazioni, intrappolato in un ciclo di autocommiserazione e pentimento.
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