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Cronaca

È morto Emilio Fede, il direttore del Tg4: 94 anni di luci e ombre

Cronista d’assalto e mattatore del piccolo schermo, amico fedele di Berlusconi e volto discusso del giornalismo televisivo: una carriera tra successi e scandali, cadute e resurrezioni, fino alla solitudine degli ultimi anni.

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    Se n’è andato poco prima delle 19, in una stanza della Residenza per anziani San Felice di Segrate. Emilio Fede, 94 anni, volto storico della televisione italiana, ex direttore del Tg4 e amico devoto – fino alla cieca fedeltà – di Silvio Berlusconi. Accanto a lui, negli ultimi momenti, solo la figlia Sveva. Nessun collega, nessun amico di un tempo, nessuna ombra di quel mondo milanese che per mezzo secolo lo aveva frequentato, applaudito, temuto. È morto in silenzio, come in silenzio da tempo si era ritirato dalla scena.

    Il giornalista siciliano, nato a Barcellona Pozzo di Gotto nel 1931, era stato protagonista assoluto di una stagione televisiva che aveva mischiato informazione e spettacolo fino a renderle indistinguibili. I suoi editoriali al Tg4, tra sberleffi, sbuffi e invettive, sono rimasti nell’immaginario collettivo come un rito quotidiano: per qualcuno erano pura propaganda, per altri teatro irresistibile, per molti il volto rassicurante dell’informazione “popolare” di Mediaset.

    La carriera e i soprannomi

    Fede cominciò giovanissimo, passando dalla Gazzetta del Popolo alla Rai. Negli anni Settanta era già inviato di punta, autore di cronache avventurose e aneddoti mai verificati: memorabile il racconto – poi da lui stesso immortalato in un’autobiografia – di aver salvato Aldo Moro da un leone durante una missione in Africa. Si definiva “invidiato speciale”, i colleghi lo ribattezzarono “sciupone l’Africano”, altri ancora “Emilio Fido”. Una vita in prima linea, con il fiuto del protagonista e la spregiudicatezza del personaggio.

    Gli anni Ottanta lo videro legato al Partito socialdemocratico e sposato con Diana De Feo, figlia di Italo, dirigente Rai e figura di peso nel Psdi. Da lì la scalata fu rapida: alla direzione del Tg1 e, poi, con l’avvento delle reti private, la consacrazione definitiva al Tg4, trasformato in un palcoscenico personale.

    Il sodalizio con Berlusconi

    Il suo nome resta indissolubilmente legato a Silvio Berlusconi. Fede non si limitava a dirigerne il telegiornale: lo celebrava, lo difendeva, lo innalzava a figura quasi sacrale. Con la mano sul petto, gli occhi sgranati, la voce che a tratti si spezzava, Fede parlava agli italiani di “Silvio” come di una divinità laica. Lo fece fino all’ultimo, anche quando il berlusconismo entrò nella sua fase più crepuscolare.

    Ma quell’alleanza costò cara a entrambi. Il giornalista pagò con la solitudine il prezzo delle inchieste e delle amicizie scomode: dalle “meteorine” inventate per il Tg4 alle serate ad Arcore, dalle olgettine ai processi Ruby. Nel 2013 fu condannato per favoreggiamento della prostituzione, poi sottoposto a servizi sociali. E nel 2017, a 86 anni, finì in manette in una pizzeria di Napoli, arresto che segnò la caduta definitiva dell’ex “direttore”.

    Luci e ombre di una vita

    Fede ha incarnato, nel bene e nel male, la commedia italiana: straordinaria vitalità, spudoratezza, narcisismo e un talento istrionico fuori dal comune. Sapeva trasformare la notizia in spettacolo e lo spettacolo in notizia. Ha intervistato grandi della politica e del cinema, ha rischiato la vita con le Brigate Rosse, ha scommesso al casinò, ha creduto a maghi e chiromanti. Ha scritto undici autobiografie, l’ultima dal titolo che suona come un epitaffio autoironico: Che figura di merda.

    Negli ultimi anni era rimasto solo, lontano dai riflettori. Aveva provato a rifondarsi, a reinventarsi su Instagram, ma senza successo. Dalla residenza di Segrate pubblicava video in cui mischiava ricordi, invettive e preghiere, circondato da badanti e da pochi affezionati.

    L’ultima scena

    Il tramonto è stato silenzioso. Nessuna folla, nessuna commemorazione ufficiale. “Ha lottato fino all’ultimo come un leone”, ha detto la figlia Sveva. La salma rimarrà nella camera mortuaria della struttura fino ai funerali, che si terranno giovedì nella parrocchia Dio Padre di Segrate. Non è ancora chiaro se verrà tumulato a Milano o nella sua Sicilia.

    Resta l’immagine di un uomo che ha vissuto di eccessi, errori e colpi di genio. Un cronista capace di inventare se stesso ogni giorno, che ha amato il potere fino a farsi divorare da esso. Un protagonista controverso che ha attraversato settant’anni di storia italiana.

    Emilio Fede se ne va così: tra l’ombra e la luce, tra l’applauso e la condanna. Forse, come disse lui stesso ricordando Berlusconi, “l’importante è averci provato”.

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      Italia

      È morto Giorgio Armani, il genio della fashion che ha cambiato la moda mondiale con stile e discrezione

      Fondatore di un impero costruito in cinquant’anni, Armani ha rivoluzionato il concetto di eleganza con linee essenziali, giacche destrutturate e una visione che ha oltrepassato la moda per abbracciare design, hotellerie e cultura. Il Gruppo proseguirà nel rispetto dei suoi valori.

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        È morto Giorgio Armani, lo stilista che ha cambiato per sempre il linguaggio della moda. Il “Signor Armani”, come dipendenti e collaboratori lo hanno sempre chiamato con rispetto, si è spento a 91 anni circondato dai suoi cari. La notizia è stata diffusa dal Gruppo Armani con “infinito cordoglio”, ricordandolo come “instancabile motore, ideatore e fondatore” di un impero costruito in cinquant’anni di lavoro e visione. Fino all’ultimo giorno ha continuato a seguire collezioni, progetti e iniziative, fedele al suo stile sobrio e concreto, lontano dagli eccessi ma sempre capace di lasciare un segno.

        La camera ardente sarà aperta a Milano, presso l’Armani/Teatro di via Bergognone 59, sabato 6 e domenica 7 settembre dalle 9 alle 18. Per volontà dello stesso Armani, i funerali si terranno invece in forma privata. Una scelta coerente con la discrezione che lo ha sempre contraddistinto, anche nei momenti di massima celebrità.

        Nato a Piacenza nel 1934, Armani aveva iniziato la sua carriera nella moda come vetrinista e poi come designer per altri marchi, prima di fondare nel 1975 l’azienda che porta il suo nome insieme a Sergio Galeotti. Da lì, l’ascesa fu rapida: le sue giacche destrutturate, le linee essenziali, l’uso innovativo dei tessuti conquistarono Hollywood e rivoluzionarono l’eleganza maschile e femminile. Richard Gere in “American Gigolò” vestito Armani resta un’icona popolare, simbolo di uno stile che univa rigore e seduzione.

        Con il tempo, la sua visione superò l’abito. Armani costruì un universo che andava dall’alta moda al prêt-à-porter, dagli accessori all’arredamento, fino all’hotellerie di lusso e alla ristorazione. “Ha creato una visione che dalla moda si è estesa a ogni aspetto del vivere”, ricorda oggi l’azienda, sottolineando come lo guidassero “curiosità inesauribile, attenzione per il presente e per le persone”. Milano è stata il suo palcoscenico e la sua missione: qui ha investito in spazi culturali, progetti sociali, iniziative per la comunità.

        La forza di Armani è stata sempre l’indipendenza: di pensiero, di azione, di impresa. Non cedette mai alle sirene delle acquisizioni estere, mantenendo saldo il controllo del Gruppo, simbolo di un’Italia capace di innovare senza perdere identità. Oggi i familiari e i dipendenti hanno promesso di portare avanti quell’eredità “nel rispetto e nella continuità dei valori del suo fondatore”.

        Per il mondo della moda e non solo, la scomparsa di Giorgio Armani rappresenta la fine di un’epoca. Rimane il segno di un uomo che con un tratto di matita ha cambiato l’immagine dell’Italia nel mondo, senza mai abbandonare la sobrietà come forma di eleganza.

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          Italia

          Previsioni meteo, torna l’estate settembrina: dieci giorni di sole e temperature ideali per la vendemmia

          L’Italia vivrà almeno fino a metà mese un intervallo di “benessere meteo”: massime contenute, minime attorno ai 15-18 gradi e giornate serene. Condizioni ottimali anche per la raccolta dell’uva, smentendo il proverbio “Settembre inclemente, poco vino o niente

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            Dopo due giorni di maltempo, l’Italia si prepara a vivere un lungo periodo di stabilità. L’anticiclone tornerà a dominare la scena per almeno dieci giorni, garantendo un clima sereno e piacevole da Nord a Sud. È la cosiddetta “estate settembrina”, una parentesi di bel tempo che rievoca i racconti del passato, quando settembre sapeva regalare giornate miti e notti fresche.

            Il meteorologo Lorenzo Tedici, responsabile media de iLMeteo.it, rassicura: «Il maltempo di stampo autunnale che ha colpito il Paese nei primi due giorni del mese ci lascerà in pace a lungo». Nei prossimi giorni, spiega, potranno transitare soltanto nubi di passaggio sulle Alpi e al Nord-Est, con qualche velatura sul Basso Tirreno, ma senza fenomeni significativi.

            Le temperature resteranno nella media stagionale. Durante la notte i valori minimi scenderanno intorno ai 15-18 gradi in tutta Italia, garantendo sonni tranquilli dopo le notti afose di agosto. Di giorno le massime non supereranno i 32-33 gradi nelle aree più calde, offrendo un clima ideale anche per le attività all’aperto. Una fase che gli esperti definiscono di “benessere meteo”, con condizioni perfette dal punto di vista biometeorologico.

            Negli ultimi vent’anni, settembre ha spesso portato con sé eccessi: caldo africano fuori stagione o nubifragi improvvisi. Quest’anno, invece, si prospetta l’eccezione che conferma la regola: un inizio di mese sereno, equilibrato e senza estremi.

            Il bel tempo sarà una buona notizia anche per il settore agricolo. La vendemmia, già iniziata in molte regioni, potrà beneficiare di giornate asciutte e temperature contenute, ideali per la raccolta e la maturazione delle uve. In questo modo il proverbio “Settembre inclemente, poco vino o niente” non troverà conferma: il vino ci sarà e sarà buono, proprio come il meteo dei prossimi giorni.

            Così, mentre l’estate astronomica si avvia alla conclusione, l’Italia potrà godersi una coda di stagione luminosa e rassicurante. Un settembre che, almeno per ora, assomiglia a un dolce ritorno al passato.

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              Italia

              Phica.net, spunta il presunto “Boss Miao”: un 45enne di Firenze dietro il sito dei ricatti e delle foto rubate

              Il sito, attivo dal 2005 e ora oscurato, ospitava immagini di donne comuni e famose, spesso senza consenso. Secondo gli inquirenti dietro le richieste di denaro per rimuovere le foto c’era un racket che arrivava a chiedere fino a 2 mila euro. Oggi vertice in Procura a Roma per coordinare l’inchiesta.

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                Finalmente un nome. Secondo gli investigatori italiani, dietro il sito Phica.net ci sarebbe Vittorio Vitiello, 45 anni, nato a Pompei e residente a Firenze. L’uomo, titolare dal 2023 della società Lupotto Srls, sarebbe stato l’amministratore della piattaforma e l’autore delle richieste di denaro rivolte alle donne che chiedevano di cancellare le proprie immagini. Sotto i nickname di “Boss Miao” o “Phicamaster”, Vitiello avrebbe chiesto cifre tra i 350 e i 2 mila euro, millantando la possibilità di rimuovere foto e video diventati virali in rete.

                Phica.net, online dal 2005, da giovedì scorso è inaccessibile. Al suo posto una schermata che avverte della natura “esplicita” dei contenuti. Per anni, però, in quelle pagine sono state pubblicate immagini private di donne – comuni e famose – senza consenso. Si andava da scatti social estrapolati e decontestualizzati a foto rubate, in alcuni casi perfino di minorenni. Tra i nomi finiti sul sito anche Chiara Ferragni, Chanel Totti, Paola e Chiara, la premier Giorgia Meloni e diverse parlamentari.

                Una showgirl, che ha chiesto di restare anonima, ha raccontato di aver trovato online alcuni scatti rubati durante un servizio fotografico: «Per rimuoverli – ha spiegato – mi hanno proposto pacchetti da 250 a 1.000 euro al mese, in bitcoin o tramite bonifico».

                Le indagini della Polizia postale e della Procura di Roma si concentrano ora sul presunto giro di estorsioni. Il materiale raccolto sembra delineare un meccanismo organizzato: oltre a Vitiello, sarebbero coinvolte due finte avvocatesse incaricate di ricevere i pagamenti. I server della piattaforma risultano basati in Russia e in Cina, Paesi che difficilmente collaboreranno con l’Italia, complicando ogni azione di sequestro definitivo.

                Oggi a Roma è in programma un vertice in Procura per decidere se unificare le denunce arrivate da diverse città. L’ipotesi investigativa va oltre la diffamazione e l’abuso di immagini: si parla apertamente di estorsione, con profili da associazione a delinquere. Dopo quasi vent’anni di attività indisturbata, Phica.net è chiuso. Ma le ferite lasciate sulle vittime restano ancora aperte.

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