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Cronaca

Effetto Valencia, alluvioni e tempeste pronte a colpire anche l’Italia: il Mediterraneo caldo è una bomba a orologeria

In otto ore è caduta la pioggia che solitamente cade in un anno. Cosa sta succedendo al clima? Quello che è accaduto in Spagna può succedere in Italia? Gli esperti di meteo rispondono per noi

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    Le eccezionali alluvioni che hanno colpito la città di Valencia, in Spagna, hanno portato con sé un bilancio tragico: oltre 180 vittime e danni strutturali inimmaginabili. Ma il vero interrogativo che emerge riguarda i rischi per il nostro Paese. Questo evento atmosferico, di portata eccezionale e violenta, è il risultato di un fenomeno noto come Dana – acronimo di Depresion Aislada en Niveles Altos, meglio conosciuto come “goccia fredda” – che, secondo gli esperti, può potenzialmente ripetersi anche in Italia. Con gli stessi catastrofici effetti.

    La Dana si manifesta quando una massa di aria fredda rimane intrappolata in quota e viene isolata dal resto del flusso atmosferico. In presenza di condizioni specifiche, come un mare caldo e una grande disponibilità di umidità, questa depressione isolata genera temporali di intensità fuori dal comune, creando piogge torrenziali concentrate in aree ristrette. Questo contrasto termico è alla base degli eventi estremi come quello che ha travolto Valencia. Il professor Alberto Cimariota, chef analyst researcher presso il New York Center for Meteorological Studies, spiega: “Quando gli esperti parlano di ‘goccia fredda’ indicano aria fredda in quota, isolata dal resto del contesto atmosferico, che va in netto contrasto con l’aria molto mite che in questo periodo si trova ancora nei bassi strati e soprattutto sulle acque superficiali del mare. Questo mix è in grado di creare fenomeni violenti e persistenti in aree molto ristrette di territorio”.

    L’Italia, come parte integrante del bacino del Mediterraneo, è altrettanto vulnerabile a fenomeni atmosferici di questo tipo, soprattutto durante la stagione autunnale. Infatti, sebbene il fenomeno della Dana sia più frequente nell’area occidentale del Mediterraneo, il nostro Paese presenta una configurazione climatica che predispone soprattutto le regioni costiere a rischi simili. Edoardo Ferrara, meteorologo di 3BMeteo, sottolinea che i cambiamenti climatici e il riscaldamento del Mediterraneo rendono l’Italia un terreno fertile per alluvioni violente e improvvise: “Nubifragi e alluvioni sono più frequenti in prossimità del mare e più frequenti/violenti durante la stagione autunnale, quando si ha maggior accumulo di calore sul Mediterraneo che reagisce alle prime perturbazioni in discesa dal Nord Europa o in arrivo dall’Atlantico. Anche le recenti alluvioni in Sicilia e Liguria sono state determinate da temporali autorigeneranti”.

    La crescente temperatura delle acque del Mediterraneo è infatti un elemento chiave: l’acqua calda, che si è accumulata durante l’estate, fornisce un surplus di energia, aumentando così il rischio di eventi estremi. Ferrara avverte che le aree più esposte in Italia sono quelle che si affacciano sul Tirreno, sullo Ionio e sul Ligure. Tra queste, alcune regioni risultano più vulnerabili: Liguria, Toscana, Lazio e Sardegna nel Centro-Nord, e Basilicata, Puglia, Campania, Calabria e Sicilia nel Sud. In particolare, le zone costiere di queste regioni sono a maggior rischio di eventi violenti, con nubifragi e alluvioni che possono manifestarsi in modo improvviso e devastante.

    Il professor Cimariota richiama alla memoria alcuni eventi recenti, ricordando come il ciclone Boris abbia devastato l’Emilia-Romagna nel 2023, attraversando poi l’Europa centrale e scatenando alluvioni in diverse nazioni. “Alcune intense depressioni che hanno interessato l’Italia nel 2023 e 2024, sebbene diverse dalla Dana spagnola, hanno alla base gli stessi fattori. Alta disponibilità di acqua in atmosfera legata ad alta temperatura dei mari e, in entrambi i casi, sono coerenti con gli scenari di aumento della temperatura globale”. L’esperto spiega che l’intensità e la frequenza crescente di questi fenomeni sono coerenti con le proiezioni dei modelli climatici, che indicano un netto aumento degli eventi estremi in un clima in continuo riscaldamento. “Eventi di questo tipo, in queste zone e con queste intensità, non si registravano da svariati decenni, bisogna andare indietro fino agli anni ’60 per trovare valori simili”.

    Anche nelle nostre città e nei nostri paesi, gli effetti sono ormai evidenti: l’Italia è stata più volte colpita da alluvioni e nubifragi intensi negli ultimi anni, a testimonianza di come il cambiamento climatico stia aumentando l’instabilità del clima mediterraneo.

    Affinché una Dana o un evento simile colpisca con la stessa forza registrata a Valencia, è necessario che alcune condizioni si verifichino simultaneamente. Prima di tutto, il Mediterraneo deve presentare temperature elevate, che permettono una grande disponibilità di vapore acqueo. “Oltre al fattore scatenante, in questo caso la ‘goccia fredda’, sono necessarie altre condizioni favorevoli, come un quantitativo di vapor d’acqua sufficientemente alto, facilitato anche dalle alte temperature dei mari circostanti”, spiega Cimariota.

    Quando queste variabili si combinano con una goccia fredda isolata in quota, si crea un sistema atmosferico estremamente instabile che può scaricare quantità d’acqua impressionanti in poche ore. La conseguenza? Temporali autorigeneranti, nubifragi intensi e alluvioni che colpiscono le aree in prossimità del mare. Questa è la spiegazione dietro eventi come quelli che hanno colpito Sicilia e Liguria di recente, portando piogge violente in pochissimo tempo.

    L’aumento della temperatura globale e del Mediterraneo è ormai sotto gli occhi di tutti e rappresenta un fattore di rischio per tutta l’Italia. Cimariota spiega che “l’aumento delle temperature superficiali aumenta l’energia a disposizione del sistema, comportando a sua volta un aumento della quantità di acqua che può rimanere immagazzinata nella colonna atmosferica, e che si rende disponibile quando si scatenano eventi estremi di questo tipo”. Non solo: questa grande quantità di energia, combinata con un Mediterraneo sempre più caldo, è destinata a causare sempre più spesso fenomeni estremi, come nubifragi e tempeste fuori stagione.

    In Italia, le regioni costiere continueranno ad essere le più esposte, e ciò solleva preoccupazioni sulle infrastrutture, sui sistemi di drenaggio urbano e sulla prevenzione dei disastri naturali. Gli esperti sottolineano l’importanza di un intervento deciso non solo per ridurre le emissioni di gas serra, ma anche per migliorare le misure di contenimento e protezione civile, soprattutto nelle aree già colpite.

    Le parole di Cimariota lanciano un monito chiaro per il nostro Paese: “La combinazione maggiore presenza di energia e di acqua in atmosfera, accompagnato da un ambiente più caldo rispetto al passato, provoca tempeste d’acqua sempre più forti”. Il riscaldamento globale, quindi, aggrava direttamente la vulnerabilità climatica dell’Italia, innescando un circolo vizioso che rischia di intensificare i disastri naturali se non si interviene rapidamente.

    La chiave per evitare che eventi come quelli di Valencia diventino una realtà costante anche in Italia è una sola: ridurre drasticamente le emissioni. Cimariota conclude con un appello a tutto il mondo scientifico e politico: “Dipenderà dal taglio delle emissioni di gas serra nei prossimi decenni, se questo processo potrà essere bloccato o ridotto. Siamo ancora in tempo, ma è necessario implementare rapidamente ciò che gli scienziati, negli ultimi vent’anni, hanno chiaramente definito come necessario per invertire o bloccare la tendenza”. Il tempo, però, è poco e le previsioni non lasciano spazio a dubbi: se non agiamo subito, eventi come quelli spagnoli non saranno più l’eccezione, ma la regola anche per l’Italia.

      Mondo

      Musk e il super stipendio da 56 miliardi: il giudice lo blocca e lui non la prende bene

      La corte del Delaware conferma l’eccesso del premio votato dagli azionisti di Tesla: “Un procedimento viziato e ingiusto”. Musk reagisce su X, ma il suo patrimonio resta astronomico

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        Una decisione clamorosa scuote Tesla e il suo carismatico Ceo Elon Musk. La giudice Kathaleen McCormick, 45 anni, esperta in diritto societario e laureata ad Harvard, ha bloccato definitivamente il super bonus da 56 miliardi di dollari che Musk avrebbe dovuto ricevere per il suo ruolo nella compagnia. Un pacchetto che, secondo la sentenza della Court of Chancery del Delaware, rappresenta una “retribuzione eccessiva e ingiusta” per gli azionisti.

        Una vicenda iniziata nel 2018

        Il premio da record era stato introdotto nel 2018, quando il consiglio di amministrazione di Tesla, fortemente influenzato da Musk, aveva approvato un pacchetto bonus basato sul raggiungimento di determinati obiettivi aziendali. Tuttavia, alcuni azionisti avevano portato il caso in tribunale, denunciando la scarsa imparzialità del board e il peso eccessivo del magnate sudafricano nelle decisioni.

        Nel gennaio scorso, McCormick aveva definito il bonus “frutto di un procedimento viziato”, bloccandolo e ordinando una nuova votazione. Spaventati dalla possibilità che Musk lasciasse Tesla, gli azionisti avevano approvato a stragrande maggioranza il pacchetto, questa volta con il pagamento in azioni. A giugno, Musk aveva celebrato la vittoria, ma il suo entusiasmo si è infranto contro la sentenza definitiva della stessa giudice, che ha confermato il blocco del compenso.

        La reazione di Musk: “Decidono gli azionisti, non i giudici”

        Elon Musk non ha nascosto la sua delusione, esprimendola su X, la piattaforma da lui acquistata e ribrandizzata. “Sono gli azionisti a decidere, non i giudici”, ha scritto, rilanciando un post di Tesla che ribadiva come il premio fosse stato approvato due volte dai titolari di azioni. L’azienda ha annunciato che farà appello contro la decisione, definita “sbagliata”.

        Il post è stato visualizzato da milioni di utenti, scatenando la reazione dei fan del magnate, che hanno attaccato la magistratura e la giudice McCormick con commenti al vetriolo. “I giudici prevenuti sono la piaga della società”, ha scritto un utente, mentre altri l’hanno definita “corrotta” e “usurpatrice”.

        Musk, patrimonio stellare ma non immune a critiche

        Nonostante lo stop al bonus, Elon Musk rimane saldamente l’uomo più ricco del mondo. Il suo patrimonio, secondo Forbes, si attesta a 336,8 miliardi di dollari, grazie al valore azionario di Tesla e alle sue altre imprese, tra cui SpaceX. Se avesse incassato il premio da 56 miliardi, Musk si sarebbe avvicinato alla soglia record dei 400 miliardi.

        Tesla, intanto, ha registrato una perdita dell’1,2% nel mercato post-chiusura, chiudendo la giornata a 357 dollari per azione. Tuttavia, la compagnia resta tra le più influenti nel settore dei veicoli elettrici, con Musk al centro della strategia e dell’immagine aziendale.

        Un caso destinato a lasciare il segno

        Il blocco del super bonus di Musk rappresenta un precedente importante nel mondo del diritto societario e della governance aziendale. La sentenza mette in discussione l’equilibrio tra i diritti degli azionisti e il potere dei dirigenti, sollevando interrogativi sulla trasparenza e sull’equità nei processi decisionali delle grandi compagnie.

        Per Elon Musk, invece, è un capitolo amaro di una carriera segnata da trionfi e controversie. E mentre Tesla si prepara a un nuovo round giudiziario, il dibattito sulla giustizia e sull’etica nella gestione delle imprese continua a far discutere.

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          Storie vere

          “Non voglio andare in paradiso oggi”: la drammatica supplica di una bambina al padre armato

          Il rapimento, le minacce e lo scontro armato: un caso sconvolgente che ha lasciato una bambina salva ma profondamente segnata. La famiglia chiede aiuto per affrontare il trauma.

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            Una storia da brividi che avrebbe potuto concludersi in tragedia, ma che, pur con un epilogo drammatico, ha permesso di salvare la vita di una bambina innocente. Oaklynn Alexander, 7 anni, è sopravvissuta al rapimento e alle minacce di morte del padre non affidatario, Charles Ryan Alexander, 43 anni, grazie all’intervento tempestivo della polizia.

            L’incubo è iniziato l’11 novembre nella contea di Jefferson, in Ohio orientale, quando Charles ha rapito Oaklynn dalla casa della nonna, dove viveva con la madre. L’uomo, armato e in fuga, ha contattato i servizi di emergenza, esprimendo il suo desiderio di parlare con la madre della bambina. «Voglio parlare con sua madre. Se stai ascoltando, Ashley, avresti dovuto chiamarmi», ha dichiarato durante una conversazione registrata.

            Il contenuto dell’audio, diffuso dalla polizia, rivela anche la drammatica supplica di Oaklynn: «Non voglio andare in paradiso oggi», ha implorato la bambina, terrorizzata dalla minaccia del padre. L’uomo ha risposto con una giustificazione che ha gelato gli agenti: «Nemmeno io volevo che succedesse. Volevo solo parlare con tua madre».

            Le forze dell’ordine, intervenute rapidamente, hanno messo in atto una manovra per sgonfiare le ruote della vettura in fuga. Il confronto si è concluso con uno scontro a fuoco durante il quale Charles Ryan Alexander è rimasto ucciso. Oaklynn, miracolosamente illesa, è stata riconsegnata sana e salva alla sua famiglia, ma ha assistito all’uccisione del padre, un evento che segnerà profondamente la sua vita.

            Un portavoce della polizia ha descritto l’intervento come «necessario per salvare una vita». L’audio dell’operatore del 911 evidenzia il tentativo di evitare il peggio: «So che non volevi fare del male a tua figlia e non volevi che andasse così. Non facciamo nulla che non possiamo annullare». Tuttavia, le circostanze hanno portato a un epilogo drammatico.

            Oaklynn è ora affidata alla madre e alla famiglia, che dovranno affrontare un lungo percorso di supporto psicologico per superare questo momento traumatico. Nel frattempo, un amico di famiglia ha lanciato una raccolta fondi su GoFundMe per garantire il sostegno necessario alla bambina e consentire alla madre di prendersi una pausa dal lavoro per occuparsi di lei.

            Questa vicenda sconvolgente è un promemoria del potenziale devastante dei conflitti familiari irrisolti, in cui il dolore e la disperazione possono trasformarsi in tragedie. La piccola Oaklynn è salva, ma l’impatto emotivo di questa esperienza richiederà un lungo processo di guarigione.

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              Cronaca Nera

              Ergastolo per Filippo Turetta: i giudici decidono la pena massima per l’omicidio di Giulia Cecchettin

              Dopo un processo con rito abbreviato, il caso che ha scosso l’Italia si conclude con la sentenza più dura. Decisivi il memoriale dell’imputato e la requisitoria del pm.

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                Il processo a Filippo Turetta, accusato dell’omicidio volontario della ex fidanzata Giulia Cecchettin, si è concluso con una condanna all’ergastolo. La sentenza, emessa dai giudici del tribunale di Venezia, è arrivata al termine di un procedimento in cui l’accusa ha dimostrato una premeditazione brutale, mentre la difesa ha chiesto invano il riconoscimento delle attenuanti generiche.

                Un delitto pianificato con crudeltà

                Turetta, reo confesso, era accusato di un omicidio aggravato da premeditazione, crudeltà, efferatezza, stalking e occultamento di cadavere. Secondo la ricostruzione del pm Andrea Petroni, l’imputato aveva preparato il delitto con meticolosità, stilando una lista di oggetti da acquistare e studiando le mappe dell’area per nascondere il corpo e fuggire.

                La requisitoria del pm, pronunciata il 25 novembre durante la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, aveva sottolineato l’evidenza della premeditazione: «È stata pianificata con azioni preparatorie quotidiane, in un rapporto costante con la persona offesa. Mi sembra difficile trovare una premeditazione più provata di questa».

                La dinamica dell’omicidio

                Durante il processo, Turetta ha ricostruito in aula l’omicidio avvenuto l’11 novembre. Nel memoriale di 80 pagine presentato dalla difesa, ha descritto con vaghezza e contraddizioni il momento del delitto: «Non ricordo bene, ma devo essermi girato a colpirla mentre eravamo in macchina. Forse le ho dato almeno un colpo sulla coscia, tirando colpi a caso».

                Turetta ha ammesso di aver coperto il corpo della vittima per evitare che fosse trovato in quelle condizioni. Ha anche dichiarato di aver tentato il suicidio subito dopo, senza successo: «Ho provato a uccidermi con un sacchetto di plastica in testa, ma non ci sono riuscito».

                La difesa invoca l’emotività dell’imputato

                Gli avvocati della difesa, Giovanni Caruso e Monica Cornaviera, hanno cercato di ottenere attenuanti generiche, sostenendo che Turetta avesse agito in preda a un’alterazione emotiva. «Filippo Turetta merita le attenuanti generiche», ha dichiarato Cornaviera, definendo il giovane come «un ragazzo che ha commesso un atto efferato, privando una ragazza meravigliosa dei suoi sogni e delle sue speranze».

                Tuttavia, i giudici hanno ritenuto prevalenti le aggravanti contestate nel capo di imputazione, confermando la linea dell’accusa e condannando l’imputato alla pena massima.

                Una sentenza simbolo

                Il caso ha profondamente colpito l’opinione pubblica italiana, diventando un simbolo della lotta contro la violenza di genere. La famiglia di Giulia Cecchettin, presente durante il processo, ha accolto la sentenza con commozione, sottolineando l’importanza di un verdetto che rende giustizia alla memoria della giovane.

                Il processo, iniziato con rito abbreviato il 23 settembre 2024, si è concluso rapidamente, ma ha lasciato una ferita aperta nella società italiana, ricordando ancora una volta l’urgenza di combattere la violenza contro le donne.

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