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Cronaca

Giovani e violenza: quattro storie che raccontano il disagio di una generazione. Cos’è successo ai nostri ragazzi?

Aggressioni brutali, bullismo e omicidi tra adolescenti. Il malessere dei giovani si manifesta in atti di violenza sempre più efferati. Un’analisi approfondita di una generazione perduta, stretta tra crisi economica, isolamento sociale e assenza di punti di riferimento.

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    Lo hanno picchiato selvaggiamente, legato mani e piedi e poi, come se non bastasse, lo hanno gettato in mare, con l’intenzione di lasciarlo morire affogato. Questa è la sorte che è toccata a un giovane di 19 anni, originario del Pakistan, una notte qualunque nella periferia di Santo Spirito, vicino a Bari. Un atto di violenza brutale, privo di qualsiasi giustificazione razionale, un gioco malato orchestrato da un gruppo di adolescenti che si sono trasformati in aguzzini.

    La scorsa settimana, Leonardo, 15 anni, si è tolto la vita perché non riusciva più a sopportare il peso degli insulti e delle vessazioni dei suoi compagni di scuola. Per mesi aveva cercato di resistere, aveva parlato con un professore, cercando un alleato, ma non era cambiato nulla. Ora la madre e il padre invocano giustizia: “I giovani oggi sono sempre più disumani e noi dobbiamo fare da scudo alle fragilità dei più sensibili”.

    Un altro scenario, altrettanto inquietante, si è verificato a Ferentino, nel Lazio, dove una banale lite tra due studenti è degenerata in un tentato omicidio. Il pretesto? Futili motivi, una discussione come tante, che però è finita nel sangue. Un ragazzo di 16 anni è stato colpito all’addome con un coltello da un coetaneo, proprio fuori dai cancelli della scuola.

    Ma il caso più sconvolgente è quello accaduto in Lombardia, a Paderno Dugnano: Riccardo, un ragazzo di 17 anni, ha sterminato la sua famiglia, uccidendo i genitori e il fratello minore. “Volevo liberarmi da questo disagio”, ha confessato agli inquirenti.

    Quattro episodi apparentemente scollegati, che hanno però in comune un denominatore inquietante: la violenza giovanile, sempre più efferata e sempre più frequente. Non si tratta di casi isolati, ma di sintomi di un malessere che affonda le radici in una società che non sembra più in grado di prendersi cura dei suoi giovani.

    Gli effetti della pandemia da Covid-19 sono ormai sotto gli occhi di tutti. Isolamento sociale, scuole chiuse, assenza di punti di riferimento e un futuro incerto hanno lasciato segni profondi nelle nuove generazioni. Secondo le statistiche del Viminale, i reati commessi dai minori sono in aumento: omicidi, percosse, rapine e aggressioni sono cresciuti esponenzialmente. Rispetto al 2019, i tentati omicidi sono aumentati del 65%, mentre le rapine in strada sono quasi raddoppiate (+91,2%).

    Tuttavia, attribuire tutta la colpa alla pandemia sarebbe riduttivo. Come sottolinea Marzio Barbagli, uno dei più noti sociologi italiani, non è solo la rabbia ad alimentare questi episodi di violenza. Spesso dietro questi atti c’è una disperazione profonda, alimentata da una crisi economica che colpisce soprattutto i più giovani. “Si rapina per denaro, non solo per sfogare la frustrazione”, spiega Barbagli, ricordando che molti adolescenti si trovano in condizioni di marginalità sociale. La mancanza di prospettive lavorative, l’abbandono scolastico e la difficoltà di inserirsi in un contesto che li riconosca come parte attiva della società li porta a compiere gesti estremi.

    Un altro aspetto preoccupante è la violenza di gruppo, che spesso caratterizza i reati commessi da giovani. Le baby gang sono diventate protagoniste di episodi di vandalismo, rapine e aggressioni. Secondo un dossier di Transcrime, il centro di ricerca interuniversitario su criminalità e innovazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, queste gang sono composte principalmente da ragazzi italiani tra i 15 e i 17 anni, e si concentrano in particolari aree del Paese, come la Puglia, l’Emilia-Romagna, il Trentino e alcune città del Sud come Salerno e Messina.

    Le risse di gruppo, gli atti di vandalismo e le aggressioni a coetanei sono ormai all’ordine del giorno. Le motivazioni sono spesso banali, ma l’escalation di violenza è spaventosa. Di fronte a questo scenario, la società e le istituzioni sembrano ancora impreparate a offrire una risposta adeguata. Come ha sottolineato il capo della polizia, Lamberto Giannini, c’è bisogno di un impegno collettivo per creare spazi di aggregazione e punti di riferimento per i giovani. Le scuole, le famiglie e le istituzioni devono lavorare insieme per prevenire l’isolamento e offrire alternative sane a chi si sente emarginato o senza speranza.

    Tuttavia, il problema non è solo di natura sociale, ma coinvolge anche un aspetto più profondo: la gestione delle emozioni e la capacità di affrontare le difficoltà senza ricorrere alla violenza.

    Il ruolo delle famiglie è cruciale. Molti genitori faticano a riconoscere i segnali di disagio nei propri figli, spesso attribuendo comportamenti aggressivi a una fase passeggera dell’adolescenza. Ma come dimostrano i casi più estremi, ignorare questi segnali può avere conseguenze devastanti. È necessario che le famiglie, con il supporto di educatori e professionisti della salute mentale, diventino più consapevoli e pronte a intervenire prima che la situazione degeneri.

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      Mondo

      Nicolas Sarkozy, bagno di folla a Parigi per il libro sul carcere e ora parte il tour in Francia con Carla Bruni sempre al suo fianco

      Migliaia di persone in fila a Parigi per Nicolas Sarkozy e il suo nuovo libro Diario di un prigioniero, in cui racconta le tre settimane trascorse nel carcere di La Santé. Dopo il successo del firmacopie, parte il tour francese. Al suo fianco, come sempre, Carla Bruni, accolta da applausi e attenzioni nella capitale.

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        Altro che ritiro silenzioso. Nicolas Sarkozy torna al centro della scena pubblica con un bagno di folla che ha sorpreso anche i più scettici. A Parigi, il firmacopie del suo nuovo libro Diario di un prigioniero (Le Journal d’un prisonnier) si è trasformato in un evento di massa: migliaia di fan, una coda interminabile e un clima da grande ritorno, più vicino a una tournée rock che a una presentazione letteraria.

        Il libro e le tre settimane a La Santé
        Nel volume Sarkozy racconta in prima persona le tre settimane trascorse nel carcere parigino di La Santé. Un diario asciutto e personale, costruito sul racconto della quotidianità dietro le sbarre, delle riflessioni notturne, del tempo che si dilata e del peso simbolico di una detenzione vissuta da ex presidente della Repubblica.

        Il titolo non lascia spazio a interpretazioni: Diario di un prigioniero è una scelta diretta, quasi provocatoria. Sarkozy non cerca scorciatoie narrative, ma mette al centro l’esperienza personale, trasformandola in racconto politico ed esistenziale insieme. Una formula che, a giudicare dalla risposta del pubblico, funziona eccome.

        Parigi in fila per Sarkozy
        Il firmacopie parigino ha avuto toni da evento popolare. File che si allungavano per ore, lettori di ogni età, curiosi e sostenitori accorsi per stringere la mano all’ex capo dell’Eliseo e farsi autografare una copia. Scene che raccontano un personaggio che, nonostante le vicende giudiziarie e il tempo passato, continua a catalizzare attenzione e consenso emotivo.

        Non solo politica, ma anche una forte componente umana. Molti fan hanno raccontato di sentirsi toccati dal racconto della prigionia, di riconoscere nel libro una fragilità che raramente si associa a un leader di quel calibro. Sarkozy, dal canto suo, si è mostrato disponibile, sorridente, visibilmente coinvolto dall’accoglienza.

        Il tour in Francia e la coppia Sarkozy-Bruni
        Dopo Parigi, ora parte il tour in tutta la Francia. Presentazioni, incontri con i lettori, nuove tappe che porteranno l’ex presidente a confrontarsi con un pubblico ancora ampio e curioso. Al suo fianco, come sempre, Carla Bruni.

        La moglie lo accompagna in ogni appuntamento e a Parigi è stata, come prevedibile, osannata. Elegante, discreta ma centralissima nell’immaginario collettivo, Bruni resta una figura capace di attirare attenzione quasi quanto il marito. La coppia continua a funzionare anche sul piano mediatico: lui protagonista del racconto politico-personale, lei icona di stile e presenza rassicurante.

        Tra racconto personale e ritorno pubblico
        Il successo del libro e l’accoglienza parigina segnano un passaggio chiaro. Sarkozy non parla più solo da ex presidente, ma da uomo che ha attraversato una fase dura e ha deciso di raccontarla senza filtri. Una scelta che divide, ma che certamente non lascia indifferenti.

        Il tour francese diventa così molto più di una semplice promozione editoriale. È un ritorno nello spazio pubblico, un confronto diretto con i lettori e, inevitabilmente, con l’opinione pubblica. Tra applausi, curiosità e discussioni, Diario di un prigioniero si impone come uno dei casi editoriali più chiacchierati del momento.

        E mentre le file continuano ad allungarsi e le tappe del tour si moltiplicano, una cosa appare evidente: Nicolas Sarkozy, nel bene e nel male, resta un personaggio capace di riempire piazze, librerie e conversazioni. Con Carla Bruni sempre al suo fianco, a ricordare che anche questa storia è, prima di tutto, una storia di coppia sotto i riflettori.

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          Italia

          Sciopero nazionale del 12 dicembre: l’Italia si ferma per 24 ore

          I sindacati proclamano una giornata di protesta in tutto il Paese: trasporti, scuole, servizi e amministrazioni coinvolti, con fasce di garanzia e possibili ripercussioni per cittadini e viaggiatori.

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          Sciopero

            Oggi, venerdì 12 dicembre 2025 l’Italia sarà protagonista di una ampia giornata di sciopero nazionale, proclamata dalla principale confederazione sindacale del Paese. La mobilitazione – che durerà per l’intera giornata lavorativa – è stata lanciata in opposizione alla Legge di Bilancio 2026, giudicata dai sindacati «iniqua e insufficiente nel rispondere ai problemi sociali ed economici» che interessano lavoratori e pensionati.

            Le ragioni della protesta

            La principale organizzatrice della mobilitazione, la CGIL, ha ribadito che lo sciopero nasce dall’insoddisfazione per le scelte economiche del governo. Secondo il segretario generale del sindacato, le attuali misure di bilancio non migliorano il potere d’acquisto dei salari e delle pensioni, non affrontano l’aumento dell’età pensionabile e non investono adeguatamente in servizi pubblici essenziali come sanità e istruzione.

            La protesta – che coinvolge sia il settore pubblico sia quello privato – vuole anche richiamare l’attenzione sulla necessità di aumentare risorse per il rinnovo contrattuale e la tutela del lavoro stabile, con richieste di politiche fiscali più eque e di maggiore investimento nei settori produttivi.

            Cosa si ferma

            Lo sciopero nazionale del 12 dicembre non riguarda un solo comparto: a essere coinvolti sono trasporti, scuola, servizi pubblici e settori privati. Le ripercussioni più evidenti si prevedono nel trasporto pubblico e ferroviario, con possibili cancellazioni o variazioni di orario di treni regionali, suburbani e collegamenti aeroportuali. Per il trasporto ferroviario l’azione è programmata dalle 00:01 alle 21:00 della giornata, con servizi garantiti solo nelle fasce orarie previste per legge.

            Anche il personale degli autobus aderirà allo sciopero: i mezzi pubblici urbani e extraurbani potrebbero subire modifiche o cancellazioni al di fuori delle fasce garantite, complicando gli spostamenti nelle principali città.

            Nel settore scolastico, oltre alla protesta generale, è stata confermata anche una adesione regionale degli istituti in Calabria, con possibili chiusure o interruzioni dell’attività nel comparto educativo locale.

            Fasce di garanzia e servizi essenziali

            La legge italiana prevede che, anche in caso di sciopero, vengano assicurati servizi minimi essenziali per evitare pericoli per l’incolumità e la salute dei cittadini. Nel trasporto pubblico, ad esempio, i periodi di maggiore affluenza – tipicamente tra la mattina e la prima serata – dovrebbero vedere in servizio un numero minimo di corse o mezzi. Tuttavia, al di fuori di queste fasce, la partecipazione alla protesta potrebbe comportare interruzioni o disservizi significativi.

            Manifestazioni e iniziative territoriali

            Oltre alla semplice astensione dal lavoro, lo sciopero del 12 dicembre è accompagnato da manifestazioni e cortei in diverse città italiane, con la partecipazione di lavoratori, studenti e rappresentanti sociali. Tra le richieste emerse dalle piazze figurano maggiore equità fiscale, tutela del lavoro dipendente, contrasto alla precarietà e investimenti in servizi pubblici.

            Impatto sui cittadini e sui viaggi

            Già nelle ore precedenti alla data dello sciopero numerose compagnie ferroviarie e di trasporto pubblico locale hanno invitato i passeggeri a verificare gli orari aggiornati e a prevedere tempi di viaggio più lunghi o soluzioni alternative. Anche chi deve raggiungere aeroporti tramite treni regionali o navette è stato invitato a considerare bus sostitutivi o trasferimenti privati.

            Per chi lavora nel settore pubblico o privato, aderire alla protesta sarà una scelta individuale: la legge garantisce il diritto di sciopero, ma prevede anche che i datori di lavoro applichino correttamente le normative sugli adeguamenti retributivi e sulle trattenute per le ore non lavorate.

            Un momento di confronto

            Lo sciopero nazionale del 12 dicembre si inserisce in un clima di confronto serrato tra parti sociali e governo sulle scelte economiche che caratterizzeranno i prossimi anni. Al di là delle adesioni, l’iniziativa rappresenta una piattaforma per discutere di salari, pensioni e condizioni di lavoro, temi che restano al centro del dibattito pubblico italiano alla fine del 2025.

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              Cronaca Nera

              Per Sgarbi nuovi guai giudiziari: la Camera dice sì al processo per gli insulti a Casalino in tv

              Via libera della Giunta della Camera alla richiesta della Corte d’Appello di Roma contro Vittorio Sgarbi per diffamazione. Al centro c’è l’insulto rivolto a Rocco Casalino in tv nel 2020. Nel 2023 l’ex sottosegretario era già stato condannato a una multa e al risarcimento in sede civile.

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                Per Vittorio Sgarbi i guai giudiziari continuano a riaccendersi a distanza di anni. La Giunta per le Autorizzazioni a procedere della Camera ha votato all’unanimità a favore della richiesta arrivata dalla Corte d’Appello di Roma per il procedimento che lo vede accusato di diffamazione ai danni di Rocco Casalino. Una vicenda che nasce in televisione, passa per le aule giudiziarie e ora torna al centro dell’attenzione politica.

                La frase del 30 gennaio 2020 in diretta tv

                Il caso risale al 30 gennaio 2020, durante una puntata di Stasera Italia su Rete4. Nel corso di un acceso intervento contro alcune figure del governo Conte dell’epoca, Sgarbi attacca anche l’allora portavoce del premier. L’espressione usata fa scattare immediatamente l’accusa di diffamazione. Da quel momento la vicenda giudiziaria prende avvio, trasformando uno scontro televisivo in un procedimento penale vero e proprio.

                La condanna del 2023 tra multa e risarcimento

                Tre anni dopo, nel 2023, arriva una prima sentenza. Sgarbi viene condannato al pagamento di una multa da mille euro, più altri 3mila euro per le spese processuali, oltre al risarcimento in sede civile nei confronti di Casalino. Una cifra che, all’epoca, veniva stimata intorno ai 50mila euro. La vicenda, però, non si chiude lì.

                Il voto della Giunta e l’immunità che cade

                Solo ora la Giunta della Camera è intervenuta formalmente, dando il via libera alla richiesta di autorizzazione a procedere avanzata dalla Corte d’Appello di Roma. All’epoca dei fatti Sgarbi ricopriva il ruolo di sottosegretario ed era anche da poco stato eletto sindaco di Arpino. Proprio per questo passaggio procedurale era necessario il pronunciamento della Giunta, che è arrivato senza divisioni politiche, con un voto unanime.

                La linea difensiva e il processo

                Nel corso delle udienze, Sgarbi ha provato a difendersi sostenendo che l’espressione utilizzata fosse da intendere come sinonimo di “omosessuale”, respingendone l’accezione offensiva. Una tesi che, giudiziariamente, non ha convinto e che ha portato comunque alla condanna già arrivata nel 2023. Ora il nuovo via libera della Camera riporta la vicenda sul binario del procedimento penale, aggiungendo un altro capitolo a una storia che sembrava archiviata.

                Tra un precedente giudiziario, una Giunta che si esprime all’unanimità e un caso che torna ciclicamente a far parlare, la partita tra Sgarbi e Casalino resta ancora aperta sul fronte giudiziario. E ancora una volta è una frase detta in tv a continuare a produrre strascichi a distanza di anni.

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