Cronaca
Il mondo piange Papa Francesco, il pontefice della gente: messaggi di cordoglio da ogni angolo del pianeta
Leader politici, istituzioni religiose e milioni di fedeli si raccolgono in un abbraccio universale per salutare il Pontefice che ha incarnato la Chiesa della misericordia.
Tutto il mondo si ferma per piangere Papa Francesco, il pontefice della gente, l’uomo che più di ogni altro ha cercato di restituire alla Chiesa cattolica il volto dell’umiltà, della prossimità e dell’amore universale. La notizia della sua morte ha scatenato una ondata di cordoglio senza confini, a testimonianza dell’impronta indelebile che il suo pontificato ha lasciato nel cuore dei popoli e dei credenti di ogni latitudine.
Dalla Casa Bianca arriva un messaggio semplice ma profondamente sentito: “Riposa in pace, Papa Francesco”, accompagnato da due immagini significative: una col presidente Donald Trump e una col vicepresidente JD Vance. Parole che riecheggiano in ogni angolo del pianeta.
Il presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, ha parlato di “grave vuoto”, riconoscendo in Francesco un “punto di riferimento” capace di ispirare azioni concrete di solidarietà e pace. “La sua morte suscita dolore e commozione tra gli italiani e nel mondo”, ha sottolineato, ricordando il costante richiamo del Pontefice alla vicinanza verso i più deboli.
Anche la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha espresso il suo cordoglio: “Ha ispirato milioni di persone con la sua umiltà e il suo amore per i meno fortunati. Il suo esempio continuerà a guidarci verso un mondo più giusto e compassionevole”.
La premier italiana Giorgia Meloni ha voluto ricordare il suo rapporto personale con Francesco, definendolo “un uomo straordinario” e “un pontefice con cui si poteva parlare di tutto”. “Tutto il mondo lo ricorderà come il Papa della gente, il Papa degli ultimi”, ha aggiunto.
Dal mondo ebraico, l’Ucei ha lodato l’attenzione che Francesco ha sempre riservato al dialogo interreligioso e alla lotta contro l’antisemitismo. Sentimenti condivisi anche dal presidente israeliano Herzog, che lo ha definito “un uomo di profonda fede e infinita compassione”.
Non sono mancati messaggi di cordoglio anche da Paesi lontani dalla tradizione cattolica. L’Iran, tramite il suo ministero degli Esteri, ha espresso le proprie condoglianze, mentre da Madrid il ministro degli Esteri spagnolo José Manuel Albares ha ricordato Francesco come “un uomo di pace e di dialogo fra culture e religioni”.
Tra i primi a esprimersi, anche il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana, che ha invitato tutte le chiese a suonare le campane in segno di lutto, ricordando come Francesco abbia insegnato che “tutto si risolve nell’amore misericordioso del Padre”.
Il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, ha evidenziato il forte legame che univa Bergoglio alla città partenopea, sottolineando come il suo esempio di vicinanza ai più poveri debba oggi più che mai essere fonte di ispirazione.
Il vicepresidente degli Stati Uniti JD Vance, che aveva incontrato Papa Francesco appena poche ore prima della sua morte, ha espresso su X la propria commozione: “Sono stato felice di vederlo ieri, anche se era ovviamente molto malato. Lo ricorderò per sempre”.
Elly Schlein, segretaria del Partito Democratico, ha voluto ricordarlo come “il Papa degli ultimi e degli emarginati, il Papa della giustizia sociale e dell’impegno per il pianeta”.
Dal Medio Oriente, padre Ibrahim Faltas, vicario della Custodia francescana di Terra Santa, ha parlato del dolore e della gratitudine verso un Pontefice che aveva sempre dimostrato una sensibilità profonda per i bambini vittime delle guerre.
In questo coro universale di dolore e di riconoscenza, emerge chiara la cifra di un pontificato che ha saputo andare oltre i confini della Chiesa, toccando le corde più profonde dell’umanità. Papa Francesco lascia un’eredità morale immensa: un invito permanente alla misericordia, alla giustizia, alla cura della casa comune e al rispetto di ogni essere umano.
In queste ore, il mondo intero si unisce in preghiera, piangendo non solo un capo religioso, ma un simbolo vivente di speranza e di umanità.
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Cronaca
Ricatto a luci rosse contro un manager vicino a Meloni: cameriere condannato per tentata estorsione dopo un video erotico girato di nascosto
Il dirigente pubblico, figura di fiducia della presidente del Consiglio, è stato minacciato con la diffusione online di un filmato intimo. L’imputato avrebbe agito insieme a un complice armato. La corte riconosce il tentativo di estorsione e respinge l’accusa di possesso di arma da fuoco.
Un manager pubblico di primo piano, vicino a Giorgia Meloni, e un cameriere vent’anni più giovane. Da un incontro casuale in un ristorante di Roma nord nasce una frequentazione che, dopo anni di silenzio, si trasforma in un ricatto violento. È il quadro ricostruito dal tribunale, che ha condannato l’imputato a tre anni e 1.200 euro di multa per tentata estorsione.
La promessa, il ritorno di fiamma e il video nascosto
La relazione risale al 2013, quando i due si conoscono in una trattoria di Anzio. Secondo gli atti, il manager avrebbe accennato alla possibilità di “sistemare economicamente” il giovane amante. Un impegno rimasto nella memoria dell’indagato per oltre un decennio.
Nel 2024 un messaggio riapre i contatti: “Ciao, sei sparito. Come stai?”. Da quel momento i due tornano a frequentarsi. Durante un rapporto, il cameriere registra di nascosto un video hard, considerato dai magistrati la leva per il ricatto.
L’incontro all’Eur e la pistola in auto
Il filmato non basta: l’imputato coinvolge un complice, figura già conosciuta dal dirigente pubblico. Quando i tre si incontrano all’Eur, il complice sale sulla macchina della vittima, estrae una pistola e sostiene di appartenere a un gruppo criminale. La minaccia è esplicita: pagare, oppure vedere il video diffuso online.
Nei giorni successivi partono messaggi e nuove pressioni. Il manager propone 50mila euro, ma l’imputato respinge l’offerta: “Con il costo della vita non si compra neanche una casa”.
La denuncia, il processo e la condanna
La richiesta finale è di 300mila euro da inviare tramite bonifico. Prima che il pagamento avvenga, il dirigente decide di denunciare tutto. Le indagini portano al processo: il complice, giudicato con rito abbreviato, è già stato condannato. Ora arriva anche la sentenza per il cameriere: tre anni per tentata estorsione, nessuna responsabilità invece per l’arma utilizzata nell’agguato.
Cronaca Nera
Caso Garlasco, la perita smonta le certezze sul DNA: “Dati non affidabili”, compatibilità con Sempio ma con fortissime criticità scientifiche
Nella relazione di 93 pagine la perita mette in fila limiti metodologici, contaminazioni, assenza di un database locale e profili genetici troppo degradati per conclusioni nette. Restano solo due compatibilità “moderate”, mentre sugli altri reperti sono presenti solo DNA di Chiara e Stasi.
La perizia sul DNA sotto le unghie di Chiara Poggi, attesa per mesi, non chiude il cerchio. Al contrario, apre un fronte di incertezze che la stessa esperta, Denise Albani, mette nero su bianco: le tracce genetiche estratte nel 2014 dall’allora perito De Stefano “non sono consolidate né affidabili dal punto di vista scientifico”.
Materiale parziale, misto, degradato e mai sottoposto a verifica successiva. Su questo, la genetista non lascia margini di interpretazione. E tuttavia, applicando modelli biostatistici, arriva a una compatibilità della linea maschile di Andrea Sempio con due tracce rinvenute su due dita della vittima: un “supporto da moderatamente forte a forte” per una, “moderato” per l’altra.
Ma la stessa Albani avverte: non è possibile rispondere a domande fondamentali come “come, quando e perché” quel materiale genetico sia stato depositato. Un limite che, in un processo, pesa come un macigno.
Analisi biostatistiche tra limiti e assenze nei database
La relazione spiega perché le valutazioni statistiche non possano essere considerate definitive: manca un database della popolazione locale, condizione ideale per stimare la frequenza reale di un dato profilo genetico.
Per questo, la perita ha dovuto utilizzare gruppi molto più ampi: la metapopolazione europea e quella mondiale. Scelte obbligate, ma che possono produrre risultati “sottostimati” e comunque non riferibili con precisione al contesto di Garlasco.
Non stupisce che sia la difesa di Sempio sia i consulenti della famiglia Poggi continuino a parlare di dati “non scientifici” e “non utilizzabili” in sede processuale. La battaglia tra esperti è solo all’inizio.
Sugli altri reperti resta solo il DNA di Chiara e Stasi
L’incidente probatorio conferma inoltre che sugli altri reperti non emergono elementi nuovi. Le sessanta impronte rinvenute nella villetta non restituiscono profili utili, e sugli oggetti recuperati in pattumiera compaiono esclusivamente il DNA di Chiara e quello di Stasi.
Sul tappetino del bagno, ancora una volta, solo materiale genetico della studentessa e del padre. Nessuna traccia collegabile ad Andrea Sempio. Persino l’“ignoto 3”, per un periodo considerato possibile svolta, si rivela frutto di contaminazione autoptica.
Un risultato che non chiude nulla
La perita ricorda che gli aplotipi analizzati non sono identificativi e non permettono attribuzioni personali. La compatibilità con Sempio riguarda l’intera linea patrilineare: tutti i parenti maschi condividono quel profilo.
Alla domanda decisiva — basterà questo per incriminarlo? — oggi la risposta è no. Non con questi dati, non con queste criticità, non con tracce così fragili.
L’inchiesta prosegue, ma la scienza, per ora, non indica una verità univoca.
Storie vere
A Biancavilla famiglie in lacrime davanti alla salma sbagliata: scambio di feretri in ospedale e mistero su chi abbia invertito le bare
Lo scambio è avvenuto dopo il ricovero dei due uomini, coetanei, nello stesso ospedale di Biancavilla. Le bare tornano alle famiglie corrette, ma resta senza risposta la domanda chiave: quando e perché i feretri sono stati confusi?
A Biancavilla, nel Catanese, una famiglia ha vegliato per ore un uomo che non conosceva, convinta di trovarsi davanti al proprio caro estinto. La scena, quasi irreale, si è consumata in una casa privata dove parenti e amici avevano iniziato il rito del commiato. Nessuno aveva notato nulla di anomalo. L’allarme è scattato solo quando l’Azienda sanitaria provinciale di Catania ha contattato uno dei familiari, invitandolo a verificare l’identità della salma. Una richiesta insolita che ha subito acceso i sospetti.
Il controllo, effettuato con maggiore attenzione, ha confermato il peggiore dei timori: la persona nella bara non era il loro congiunto. Da quel momento la situazione si è capovolta, trascinando entrambe le famiglie in uno sconcerto difficile da spiegare.
Due uomini, stesso ospedale, età simile
Le informazioni raccolte indicano un punto comune: i due defunti, uomini di età simile, erano stati ricoverati nel medesimo ospedale, il “Maria SS. Addolorata” di Biancavilla. È lì che le loro strade si sarebbero incrociate per l’ultima volta.
Le operazioni successive – preparazione delle salme, trasferimenti, consegna delle bare – rappresentano una catena lunga, fatta di passaggi tecnici e procedure che, in teoria, riducono al minimo la possibilità di errori. Ma qualcosa, questa volta, non ha funzionato. E le famiglie, ignare, hanno accolto due feretri invertiti senza sospettare alcuno scambio.
Un errore ancora senza autore
Resta ora la domanda più scomoda: chi ha invertito le bare? E soprattutto, in quale momento della procedura è avvenuta la confusione?
L’Asp ha segnalato l’accaduto e dovrà ricostruire ogni fase, dai reparti al deposito delle salme, fino al passaggio alle imprese funebri. Errori del genere sono rari, ma quando accadono lasciano dietro di sé non solo disagi burocratici ma ferite emotive profonde.
Le due famiglie, dopo ore di smarrimento, hanno finalmente riavuto indietro i rispettivi defunti. Un epilogo necessario, ma che non cancella lo choc di aver pianto un estraneo, né le domande ancora aperte su una vicenda che richiede chiarezza.
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