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Cronaca

Il “Partito della gaina”: da gag trash alla Gintoneria alle magliette cult su Amazon (mentre Lacerenza finisce nei guai)

Nato a suon di spritz e champagne nei salotti trash di Cruciani, il “Partito della gaina” è diventato virale. Peccato che ora i suoi fondatori – da Davide Lacerenza a Filippo Champagne – siano più noti alle procure che agli elettori. Ma le t-shirt vanno a ruba.

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    C’era una volta un Paese dove le ideologie si facevano a colpi di pamphlet, e oggi bastano due gin tonic e una diretta Instagram. È più o meno così che un anno fa, nella tana radiofonica de La Zanzara, veniva partorito il “Partito della gaina”. Slogan ufficiale? «Aperitivo di cittadinanza e champagne al pronto soccorso mentre aspetti di essere visitato». Più che un programma elettorale, una diagnosi.

    Dietro al movimento, ovviamente, non poteva che esserci lui: Davide Lacerenza, lo “Steve Jobs” della Milano cafonal, oggi più noto alle cronache giudiziarie che alle notti di via Napo Torriani. Era il 2024 e la Gintoneria era nel pieno della sua “fresca” gloria, tra sciabolate di champagne e pacchetti all-inclusive dal retrogusto decisamente stupefacente.

    E mentre oggi Davide, Stefania Nobile e il fido “Righello” rispondono di accuse ben più serie di un brindisi fuori orario, i gadget del Partito della gaina sono diventati cult. T-shirt e felpe con il logo ufficiale vanno via a 15 e 30 euro su Amazon: prezzi da poveri, per un partito che dei poveri non sa che farsene, come ben spiegano i “filosofi” Filippo Champagne e “Nevio lo stirato”. Gli stessi che, tra un “cin cin” e l’altro, ammettono candidamente di avere il conto in rosso e le tasche piene di aria fritta.

    Per chi ancora non ha familiarità con il termine “gaina” (più da Night on the Navigli che da Treccani), trattasi di slang meneghino per “sbornia allegra e gaudente”. Il mantra del partito? “Spingere la fresca” e “gaina nera” come stile di vita. Sostituite le parole con “eccesso”, “debito” e “provvedimenti cautelari” e avrete una fotografia più attuale del movimento.

    Certo, l’epopea del Partito della gaina non sarebbe stata la stessa senza il battesimo mediatico di Cruciani, che nella sua tana di Radio 24 ha offerto il megafono ideale per lanciare la candidatura di Lacerenza & Co. Sì, perché la foto di Cruciani che punta il dito sul logo del partito, fiero come un Garibaldi in bermuda, è oggi più virale che mai.

    Ma è Filippo Champagne a rubare la scena nel ruolo di segretario generale della sbornia nazionale: «Parenzo beve il vino da 4 euro e ha la faccia da barbone, noi invece spingiamo la fresca!». Un manifesto politico che più che i voti punta alle views e ai brindisi da TikTok.

    In questo scenario da repubblica delle sciabolate, il “partito” si è ritrovato suo malgrado proiettato dalle serate a base di bollicine all’aula del Tribunale di Milano, dove la Procura ha ben chiari i reati a carico degli ex “ministri” del lusso da discount.

    Eppure, là fuori, la “base” resiste. Il merchandising vola, i follower aumentano e il mito della “gainocracy” continua a gonfiare il petto a questa strampalata armata Brancaleone dell’alcol. D’altra parte, come diceva il compagno Filippo Champagne in diretta radiofonica: «Tanto, cin cin e passa tutto». Fino a quando arriva la Guardia di Finanza. Allora, addio gaina.

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      Italia

      Bollette elettriche: ecco gli sportelli che ti fanno risparmiare

      Bollette, al via gli sportelli per lo sconto sulla luce (da 113 euro all’anno): ecco dove sono.

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        Risparmiare sulla bolletta della luce è possibile per 11,5 milioni di italiani, grazie a un servizio di consulenza gratuita che aiuta i cittadini vulnerabili a passare al Servizio a Tutele Graduali (STG), con uno sconto da almeno 113 euro all’anno. L’iniziativa, promossa dal deputato leghista Alberto Gusmeroli, permette agli utenti over 75, disabili, persone in difficoltà economica, chi utilizza apparecchi medicali e chi risiede in isole minori, di lasciare il mercato libero o il regime di maggior tutela per accedere all’STG. Tuttavia, il cambio può essere richiesto solo online ed è disponibile fino al 30 giugno 2025.

        Sportello di consulenza: ecco i documenti necessari

        Per facilitare il passaggio al STG, Gusmeroli, sindaco di Arona (Novara), ha aperto uno sportello dedicato per assistere i cittadini nella compilazione della richiesta. Il servizio, finanziato con fondi del PNRR, è attivo tre giorni alla settimana: martedì: 9:00 – 13:00 / mercoledì: 14:00 – 18:00 / venerdì: 8:30 – 11:30. Per effettuare il cambio di fornitore, è necessario portare: il documento d’identità, l’ultima bolletta elettrica, l’indirizzo email e numero di telefono, e l’IBAN (se si desidera la domiciliazione bancaria).

        Bollette elettriche: è ora di cambiare

        L’iniziativa, nata ad Arona, si sta espandendo velocemente anche in altri territori. Alcuni comuni del Piemonte, come Oleggio, Dormelletto, Pisano, Oleggio Castello e Macugnaga, hanno già attivato lo sportello. Prossimamente, apriranno punti di consulenza anche nel Cuneese, nel Torinese e in Toscana. Al di fuori del Piemonte, infatti, il servizio è già operativo a Massa in Toscana, città di Andrea Barabotti, co-firmatario dell’emendamento. Grazie a questa rete di assistenza, i cittadini vulnerabili potranno accedere più facilmente agli sconti previsti dal Servizio a Tutele Graduali, riducendo così le spese energetiche annuali. Una opportunità per migliorare l’accessibilità alle agevolazioni e semplificare il processo di cambio fornitore.

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          Cronaca

          Conclave, come si chiamerà il nuovo Papa? La storia e i nomi più amati

          Francesco II, Giovanni Paolo III, Benedetto XVII o Pio XIII? Il nuovo Papa, appena eletto, dovrà compiere una delle scelte più simboliche e attese: il nome con cui guiderà la Chiesa universale.

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            Come si chiamerà il nuovo Papa? È la domanda che da secoli accompagna ogni Conclave e che appassiona fedeli e osservatori di tutto il mondo. Appena eletto, prima ancora di affacciarsi alla Loggia delle Benedizioni e pronunciare il tradizionale “Habemus Papam”, al nuovo Pontefice viene chiesto quale nome desidera assumere. Un gesto denso di significato, paragonabile a un nuovo battesimo, che segna l’inizio del ministero petrino.

            La scelta del nome non è mai casuale: rappresenta un’intenzione programmatica, un omaggio a predecessori ammirati o a santi particolarmente cari, oppure una dichiarazione di discontinuità rispetto al passato. Come Gesù aveva cambiato il nome di Simone in Pietro — «Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa» — anche il Pontefice adotta una nuova identità che lo accompagnerà lungo tutto il pontificato.

            La tradizione del nome nuovo

            Nelle comunità religiose era prassi comune, fin dal Medioevo, cambiare nome al momento dell’ingresso in convento. Una consuetudine che ha influenzato anche il papato: basti pensare a Gregorio XVI, che nacque Bartolomeo Alberto Cappellari e assunse il nome monastico di Mauro prima di diventare Papa.
            Negli ultimi secoli, però, la regola è diventata meno rigida e dal Concilio Vaticano II in poi la libertà di scelta si è rafforzata, pur restando fortissimo il valore simbolico del gesto.

            I nomi più scelti nella storia

            Alcuni nomi sono diventati veri e propri classici del papato. Al primo posto c’è Giovanni: ben 23 Papi lo hanno scelto, da Giovanni I nel VI secolo fino a Giovanni XXIII, il “Papa buono” del Concilio Vaticano II.
            Segue Gregorio, con 16 Pontefici, a partire da Gregorio I Magno, grande riformatore e autore del canto gregoriano. Poi Benedetto (16 volte), Clemente (14 volte), Innocenzo (13) e Leone (13).

            Altri nomi, invece, sono rimasti isolati nella storia recente: come Francesco, scelto da Jorge Mario Bergoglio nel 2013 in onore di San Francesco d’Assisi, rompendo una tradizione millenaria (mai nessun Papa prima si era chiamato così).

            Francesco II o nuove strade?

            Il prossimo Papa potrà scegliere se porsi in continuità o se inaugurare una stagione completamente nuova. Tra le ipotesi più probabili, c’è chi immagina un Francesco II, come omaggio al Papa che ha segnato il passaggio a una Chiesa più attenta ai poveri e all’ambiente.
            Altri scommettono su un ritorno ai grandi nomi della tradizione: Giovanni XXIV, Paolo VII, Pio XIII o Benedetto XVII. Non manca chi sogna un Giovanni Paolo III, in memoria di Karol Wojtyła e del suo predecessore Albino Luciani, legati da un destino intrecciato e da una forte spinta innovatrice.

            Il peso simbolico del nome

            Scegliere il nome di un predecessore è anche un messaggio al mondo: significa voler proseguire una linea, un’ispirazione, un ideale di Chiesa.
            Quando Joseph Ratzinger scelse Benedetto XVI, intendeva richiamarsi a Benedetto XV, “Papa della pace” durante la Prima guerra mondiale, e a San Benedetto da Norcia, padre della civiltà europea.
            Quando Karol Wojtyła optò per Giovanni Paolo II, volle onorare la memoria brevissima ma intensa di Giovanni Paolo I, morto dopo appena 33 giorni di pontificato.

            La curiosità: e se scegliesse un nome mai usato?

            Non è vietato. Anzi, il Conclave potrebbe regalarci una sorpresa assoluta: un Papa con un nome mai scelto prima. D’altronde anche il “primo Francesco” fu una novità, e oggi è difficile immaginare un nome più amato e riconosciuto nel mondo.

            In ogni caso, il nuovo nome sarà il primo segnale del cammino che il prossimo Papa intenderà intraprendere. Un indizio minuscolo, forse. Ma capace di raccontare un intero pontificato.

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              Italia

              Il Conclave senza milanesi: una rottura storica per la Chiesa Ambrosiana

              La diocesi più grande d’Europa esclusa dall’elezione del nuovo Papa. Escluse anche Berlino, Parigi, Lisbona, Vienna e Bruxelles.

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              Il Conclave senza milanesi: una rottura storica per la Chiesa Ambrosiana

                Per la prima volta dal 1878, il Conclave che eleggerà il nuovo Papa, e inizierà il prossimo 7 maggio nella Cappella Sistina, non avrà alcun cardinale milanese tra gli elettori. Un evento che segna una rottura storica per la diocesi più grande d’Europa, con i suoi 5 milioni di battezzati. Milano, da sempre protagonista nelle vicende della Chiesa, si ritrova ora senza rappresentanza diretta in un momento cruciale per il futuro del cattolicesimo. Tra le diocesi escluse Milano non è sola. Infatti a non essere rappresentata al prossimo Conclave ci sono anche Berlino, Parigi, Lisbona, Vienna e Bruxelles. Tutte diocesi con una lunga tradizione e un peso storico importante che non avranno cardinali elettori del prossimo Papa.

                La Chiesa più inclusiva voluta da Papa Francesco

                Secondo gli esperti, questa scelta non è casuale, ma il frutto della visione di Papa Francesco, che ha voluto una Chiesa più inclusiva, dando maggior spazio a realtà meno centrali nel mondo cattolico. Monsignor Luca Bressan, vicario episcopale per la Cultura della Curia di Milano, spiega che Bergoglio ha costruito un collegio cardinalizio diverso, selezionando personalità da aree meno tradizionali, con forti differenze culturali. “Ha invitato i cardinali a conoscere la Chiesa a partire dalle diversità”, dice Bressan. Se in passato il cattolicesimo era dominato dalle diocesi storiche europee, ora Francesco ha ribaltato gli equilibri, dando più peso alle Chiese periferiche.

                Milano restata ai margini? No, è presente nei dicasteri vaticani

                Nonostante l’assenza nel Conclave, Milano resta centrale nel Vaticano. Nel corso del suo pontificato Papa Francesco ha più volte dimostrato affetto per la Chiesa ambrosiana, accogliendo classi di preti e diaconi milanesi a Casa Santa Marta. Inoltre ha nominato numerosi vescovi ambrosiani per altre diocesi o ruoli chiave nei dicasteri vaticani. Don Enrico Castagna, rettore del Seminario arcivescovile di Venegono, conferma: “Non è un’esclusione, il ruolo di Milano non si definisce solo nel Conclave”. Quindi, più che una perdita di influenza, si tratta di una redistribuzione del potere nella Chiesa.

                Le preoccupazioni dei fedeli laici

                Se i sacerdoti sembrano accettare il cambiamento, tra i fedeli laici milanesi si percepisce una certa inquietudine. Marco Garzonio, ex presidente della Fondazione Ambrosianeum, teme che Milano possa perdere spazio nella Chiesa universale. “Spero che i valori dell’ambrosianità, dall’accoglienza all’integrazione, trovino comunque voce nel Conclave”, afferma. Anche Giovanni Colombo, ex responsabile dei Giovani dell’Azione Cattolica, non si rassegna: “Guardo il Duomo e mi ripeto: non è possibile che nessun ambrosiano entri in Conclave”. Questa assenza di Milano, Berlino, Parigi e Vienna dal Conclave segna comunque una trasformazione profonda nella struttura del cattolicesimo globale.

                La Chiesa di oggi, meno eurocentrica, guarda ai territori emergenti, creando nuovi equilibri. Milano, con la sua millenaria tradizione, potrebbe ritrovarsi a ridefinire il proprio ruolo in un contesto ecclesiale sempre più internazionale e decentralizzato. Ma una cosa è certa: l’ambrosianità e la sua eredità continueranno a influenzare la Chiesa, anche senza cardinali nel Conclave. Il tempo dirà se questa nuova direzione sarà un successo o una perdita per la cattolicità europea.

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