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Italia

Agevolazioni fiscali ed è boom immobiliare

Milano attira i super-ricchi grazie a un regime fiscale favorevole che impone una tassa fissa di 100.000 euro sul reddito estero. Questo afflusso di expat ha fatto salire i prezzi degli immobili del 43% in cinque anni, creando disuguaglianze e disordini sociali.

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    I privilegi dei ricchi che si trasferiscono a Milano

    Milano sta diventando una meta ambita per i super-ricchi, grazie a uno dei regimi di agevolazione fiscale più generosi al mondo per gli expat. Il cosiddetto “regime dei calciatori” attira dirigenti di private equity, oligarchi e sportivi, imponendo una tassa fissa di 100.000 euro su qualsiasi reddito estero. Questo regime è applicabile a chiunque non abbia vissuto in Italia nei nove anni precedenti e, dal 2016, ha attirato nel Paese circa 2.000 multimilionari.

    Il regime di favore e le sue conseguenze

    Gli economisti hanno criticato il sistema definendolo iniquo. Secondo i dati ufficiali, il reddito medio dei 19.448 lavoratori che si sono trasferiti in Italia nel 2021 era di 131.000 euro, più di quattro volte il reddito medio italiano. Tuttavia, molti di questi lavoratori affermano che non si sarebbero trasferiti senza questi generosi incentivi fiscali. Ad esempio, una banchiera italiana trasferitasi da Londra dopo la Brexit ha spiegato che non sarebbe venuta a vivere in Italia con il marito non italofono senza le agevolazioni fiscali. “Sapere che avremmo guadagnato quasi il doppio di quanto guadagnavamo a Londra con lo stesso stipendio lordo è stato il punto di forza”, ha dichiarato.

    L’impatto sul mercato immobiliare

    Il quartiere di Porta Nuova, con i suoi grattacieli sorti rapidamente nell’ultimo decennio, è uno dei simboli della trasformazione di Milano. Progetti di riqualificazione urbana e l’espansione della linea metropolitana hanno fatto salire il valore degli immobili in città. Secondo Tecnocasa, i prezzi medi degli immobili a Milano sono cresciuti del 43% nei cinque anni fino al 2023, mentre gli affitti sono aumentati del 19% nei due anni fino a marzo.

    Gli effetti sugli abitanti locali

    Gli espatriati attratti dagli incentivi fiscali hanno contribuito all’impennata dei prezzi degli immobili. Secondo Knight Frank, un numero crescente di persone con alto patrimonio netto che beneficiano dell’imposta forfettaria di 100.000 euro sul reddito estero sta acquistando attici di pregio a Milano. Questo afflusso di professionisti con una capacità di spesa superiore a quella dei locali ha esercitato pressione anche sul mercato immobiliare non di lusso.

    Le disuguaglianze e le proteste

    Con l’aumento delle disuguaglianze, anche i disordini sociali sono in crescita. L’anno scorso, gli studenti si sono accampati fuori dalle università per protestare contro l’aumento degli affitti. Le code ai banchi alimentari sono diventate una realtà quotidiana: l’associazione Opera San Francesco serve pasti gratuiti a 2.500 persone al giorno, con un aumento del 40% rispetto all’anno precedente. Circa un terzo della popolazione migrante di Milano è senza lavoro e il rischio di rapine è in aumento, contribuendo a un sentimento di insicurezza su cui i partiti populisti fanno leva.

    La trasformazione di Milano

    Forse Milano sta solo attraversando i dolori della crescita mentre completa la sua trasformazione da austera capitale finanziaria locale a città globale. Tuttavia, è cruciale trovare un equilibrio: la priorità dovrebbe essere la parità di condizioni, piuttosto che i privilegi per poch

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      Italia

      Plasmon torna italiana dopo 50 anni: il biscotto dell’infanzia rientra a casa

      Il gruppo emiliano NewPrinces rileva lo storico marchio dai colossi americani di Kraft Heinz. Un ritorno al made in Italy che sa di rivincita industriale (e sentimentale)

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        Dopo cinquant’anni trascorsi all’estero, Plasmon torna italiana. Lo storico marchio di biscotti per l’infanzia – icona dolce di generazioni di bambini e segreto inconfessabile per molti adulti – è stato acquistato dal gruppo emiliano NewPrinces (ex Newlat Food), che ha rilevato le attività italiane di Heinz per una cifra vicina ai 120 milioni di euro.

        A vendere è stato il colosso statunitense Kraft Heinz, che dal 1967 controllava Plasmon e che ora cede non solo il marchio madre, ma anche altri brand come Nipiol, BiAglut, Aproten e Dieterba, tutti specializzati nell’alimentazione infantile e dietetica. Il cuore produttivo dell’operazione è lo stabilimento di Latina, dove ogni anno vengono sfornati 1,8 miliardi di biscotti, omogeneizzati e pappe.

        Fondata nel 1902 a Milano dal medico Cesare Scotti, Plasmon è stata per decenni un punto fermo della tavola italiana, soprattutto durante il boom demografico del dopoguerra. Complice la pubblicità in Carosello e le scatole di latta diventate oggi oggetto vintage, il marchio ha conquistato una fiducia senza tempo.

        La vendita alla Heinz americana, avvenuta negli anni Sessanta, aveva segnato l’inizio di una lunga fase di internazionalizzazione, ma anche di distacco emotivo dal territorio. Ora, grazie a NewPrinces, il brand fa ritorno in mani italiane. Una mossa non solo industriale ma anche simbolica, che parla di filiere locali, know-how nazionale e voglia di riportare valore a casa.

        Lo stabilimento di Latina, considerato tra i più avanzati d’Europa nel settore, continuerà a produrre anche per il mercato britannico, almeno per un periodo transitorio. Ma il controllo, questa volta, torna sotto bandiera tricolore.

        NewPrinces – già attiva con brand storici come Polenghi e Delverde – punta così a rafforzare la propria posizione nel comparto baby food. In un mercato da 200 milioni di euro di fatturato e un margine operativo lordo di circa 17 milioni.

        Una buona notizia, per una volta. Che sa di latte caldo, biscotti e orgoglio nazionale.

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          Italia

          Dallo stupro di gruppo al profilo su OnlyFans: la nuova vita (e le nuove domande) di Asia Vitale

          La ragazza simbolo del caso Palermo si mostra oggi senza filtri su OnlyFans. Rivendica il controllo sul proprio corpo. Ma tra emancipazione e contraddizione, resta l’amaro dubbio: stiamo assistendo a una rinascita o a una nuova forma di esposizione?

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            Due anni fa il suo nome è diventato simbolo. Asia Vitale, la ragazza di Palermo violentata da sette ragazzi in un cantiere abbandonato, oggi riappare sotto una luce diversa: quella di una webcam. Dopo la chiusura del suo profilo Instagram e il calo dei follower, ha aperto un nuovo canale su OnlyFans. Si chiama AsiaVitale3.0 e propone contenuti sessuali a pagamento. Tutto legale, tutto consenziente, tutto rivendicato.

            “Il corpo è mio”, dice. “Chi ha problemi con questo mestiere dovrebbe cambiare mentalità”. Eppure, la sua storia personale rende difficile ignorare la frattura tra passato e presente. Dopo aver subito un’aggressione brutale e aver vissuto anni in comunità per allontanarsi da una famiglia che lei stessa definisce “tossica”, oggi Asia monetizza la propria immagine, il proprio corpo, la propria sessualità.

            Non c’è giudizio, ma c’è stupore. Non si tratta di negare la libertà di scelta, ma di registrare una contraddizione che interroga chi osserva. Come si arriva, da una violenza così feroce, a scegliere di mettersi di nuovo sotto gli occhi di tutti, stavolta per guadagnare?

            “Ho rimosso le loro facce”, dice parlando dei suoi aggressori. “Cerco solo di andare avanti”. Racconta di un rapporto con il sesso profondamente cambiato, più consapevole, più adulto. Ma confessa anche un trauma più recente: un sequestro subito a Ballarò, da parte della madre di uno degli accusati, che voleva costringerla a ritirare la denuncia.

            Oggi lavora in un hotel a Courmayeur e prova a costruirsi una nuova vita. OnlyFans la aiuta a far quadrare i conti, ma non garantisce stabilità. I video vengono pagati, ma possono anche essere rivenduti illegalmente. Un’altra forma di sfruttamento, di cui Asia è perfettamente consapevole.

            Il suo è un racconto di sopravvivenza. Ma anche una domanda aperta: dopo tutto questo dolore, davvero la libertà passa ancora per l’esposizione del corpo?

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              Italia

              Bibbiano, processo demolito: il mostro non esisteva, ma intanto lo avevano già impiccato in piazza

              Doveva essere l’inchiesta del secolo, il complotto delle élite rosse che rubavano i bambini. Invece si è rivelato un gigantesco castello di carte: assoluzioni a pioggia, accuse smontate, reati prescritti. Ma niente paura: qualcuno, da qualche parte, urla ancora “Bibbiano!”.

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                Il processo più discusso degli ultimi anni si è chiuso con un verdetto che ribalta tutto. Il caso Bibbiano, diventato simbolo di presunti affidi illeciti orchestrati da una rete tra servizi sociali e terapeuti, esce demolito dalla sentenza di primo grado. Dei 14 imputati, solo tre sono stati condannati. Tutti gli altri assolti, molti con formula piena. La “macchina degli orrori” raccontata per anni, tra allontanamenti forzati e abusi mai avvenuti, semplicemente non c’è.

                È quanto ha stabilito il tribunale collegiale di Reggio Emilia. Federica Anghinolfi, l’ex responsabile dei servizi sociali della Val d’Enza, su cui pendeva una richiesta di 15 anni di carcere, è stata condannata a 2 anni per falso ideologico, pena sospesa. Stessa sorte per il suo collaboratore Francesco Monopoli (un anno e otto mesi) e per la neuropsichiatra Flaviana Murru (cinque mesi). Niente più. Le accuse più gravi – come l’associazione per delinquere e la manipolazione dei minori – si sono sgretolate.

                Un colpo durissimo per l’accusa, che aveva ipotizzato un sistema radicato e cinico: terapeuti che costruivano falsi ricordi di abusi, relazioni manipolate per sottrarre bambini alle famiglie, affidi gestiti con logiche distorte. Le indagini erano state lunghe, oltre cento i capi di imputazione. Ma in aula quella narrazione non ha retto. I giudici hanno smontato punto per punto l’impianto accusatorio, parlando, in molte assoluzioni, di fatti “che non sussistono”.

                Il pm Valentina Salvi aveva costruito il caso insieme ai carabinieri, sostenendo che gli operatori dei servizi sociali della Val d’Enza falsificassero le relazioni sui minori per farli allontanare dalle famiglie. Ma il processo ha mostrato falle, forzature, testimonianze non sempre coerenti. E ha restituito una verità ben diversa da quella immaginata.

                Sul piano politico, il caso Bibbiano era diventato un campo di battaglia. Ma oggi, davanti a una sentenza che svuota il teorema accusatorio, resta una domanda scomoda: quanto ha pesato la spettacolarizzazione mediatica su una vicenda che, forse, non avrebbe mai dovuto essere un processo simbolico?

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