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Italia

Cara mensa ma quanto mi costi

Quanto costano le mense scolastiche nelle scuole d’infanzia e le primarie? IL costo medio mensile per le famiglie “tipo” (tre componenti, reddito lordo annuo con 44.200 euro di reddito e un Isee di 19.900) il costo medio è cresciuto del 3%.

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Il cost delle mense scolastiche nelle scuole d'infanzia e le primarie sono in crescita.

    Cresce il costo della mensa scolastica. Per ogni famiglia un aumento del 3% rispetto al 2023.
    Cittadinanzattiva ha elaborato un indagine da cui emerge che ogni nucleo famigliare spende circa 85 euro al mese. Ma non per tutti. Ci sono regione che pagano di più e altre di meno. Come mai? Di certo sappiamo che i bambini della Sardegna pagano di meno e che quelli della Calabria quest’anno hanno visto crescere il costo della loro mensa del 26%.

    Una media di 84 euro al mese per un pasto a scuola

    Secondo questa settima Indagine di Cittadinanzattiva appena presentata per l’anno 2023/24, il costo medio mensile per le famiglie “tipo” (tre componenti, reddito lordo annuo con 44.200 euro di reddito e un Isee di 19.900) il costo medio è cresciuto del 3%. In media ogni famiglia spende 84 e 85 euro al mese per un figlio iscritto alla scuola dell’infanzia e alla primaria. Circa 4,20 e 4,26 euro a pasto.

    Basilicata la più cara

    La regione più costosa è la Basilicata (109 euro mensili), seguita dall’Emilia Romagna (107euro) e dalla Liguria (103euro). La regione più economica, invece, è la Sardegna (61 euro nell’infanzia e 65 per la primaria), preceduta di poco dell’Umbria (67euro). Solo in due regioni il costo del pasto rimane invariato rispetto al 2023 (Abruzzo e Valle d’Aosta). E soltanto in quattro (Basilicata, Lazio, Toscana e Umbria) il costo mensile diminuisce. E nelle altre? Si registrano aumenti anche molto significativi, come nel caso della Calabria (+26%), seguita da Lombardia (+7,5%), Molise (+7,2%), Puglia (+6,9%), Liguria (+6,83%) e Friuli Venezia Giulia (+5,9%).

    Torino la città più costosa

    A livello di singoli capoluoghi di provincia, le famiglie di Barletta sono quelle che spendono di meno per il singolo pasto (2 euro sia per l’infanzia sia per la primaria) mentre per la scuola dell’infanzia si spende di più a Torino (6,60 euro a pasto) e per la primaria a Livorno e Trapani (6,40 euro). Fra le grandi città soltanto Roma rientra nella classifica delle meno care, con un costo a pasto per la famiglia “tipo” di circa 2,32 euro in entrambe le tipologie di scuola.

    Ma dove mangiano i nostri bambini?

    L’indagine denuncia che le strutture disponibile nelle scuole dove consumare il pasto sono carenti e inadeguate al Sud. Solo un edificio scolastico su 3, in Italia, è fornito di un locale mensa. Inoltre le mense non sono distribuite in modo uniforme. Al Sud purtroppo solo il 22% delle scuole possiede una mensa, nelle Isole il 21%. Una percentuale che si abbassa ancora di più in Campania (15,6%) e in Sicilia (13,7%).

    E al Centro e al Nord come andiamo?

    La percentuale delle mense scolastiche è decisamente più alta: rispettivamente il 41% e il 43%. La regione con il maggior numero di mense è la Valle d’Aosta (72%), seguita da Piemonte, Toscana e Liguria.

    Che fare per colmare questa gap?

    Ci pensa il Pnrr. Per tentare di colmare questa disparità tra gli obbiettivi previsti Piano Nazionale c’è la creazione di circa 1.000 mense scolastiche. Tuttavia, rilevano i ricercatori, i pochi dati disponibili sull’andamento dei lavori denunciano un forte ritardo di questo filone dei finanziamenti, per cui la disponibilità delle nuove strutture si avrà solo a partire dal secondo semestre del 2026.

      Cronaca

      RC auto aumenti a gogò

      L’andamento dei premi RC auto in Italia mostra una tendenza generale all’aumento, con variazioni significative tra le diverse regioni. Tuttavia, segnali recenti indicano una possibile inversione di tendenza con un lieve calo nei premi su base semestrale. Gli automobilisti dovranno monitorare attentamente questi trend per gestire al meglio i costi assicurativi.

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      aumenti per l'RC auto in tutta Italia

        Aumenti in tutte le regioni si stanno registrando per i rinnovi delle assicurazioni RC auto.
        Secondo molti osservatori e Assicurazione.it, i premi medi per assicurare un’auto in Italia sono aumentati dell’8,1% su base annua, arrivando a una media di 602,37 euro a giugno 2024. Questo rappresenta un incremento di circa 45 euro rispetto a giugno 2023. Tuttavia, negli ultimi sei mesi si osserva un’inversione di tendenza con una riduzione dei premi dell’1,7% a livello nazionale.

        Aumenti costanti in tutte le regioni

        L’aumento dei premi non è stato uniforme in tutta Italia. Le regioni che hanno registrato i maggiori rincari sono: Lazio: +12,6%, seguito dalla Liguria: +11,9%, quindi il Trentino-Alto Adige: +11,2%, la Puglia: +10,6%, Lombardia e Toscana: +10% Dall’altro lato, alcune regioni hanno contenuto i rincari che comunque ci sono stati. Per esempio si va dalla Basilicata: +0,2% (praticamente stabile rispetto allo scorso anno), alle Marche: +1,4%, Calabria: +3,3%, Friuli-Venezia Giulia: +3,7%

        I valori assoluti di alcuni premi

        Analizzando i premi medi in valore assoluto, la situazione varia notevolmente tra regione e regione. La Campania è la regione con il costo più elevato per assicurare un’auto, con una media di 1.055,80 euro, il 75% in più rispetto alla media nazionale. Segue la Puglia dove si sborsano mediamente 683,31 euro. Quindi il Lazio con 645,27 euro. Tra le regioni dove assicurare un’auto costa meno si annoverano il Friuli-Venezia Giulia: 396,84 euro, la Lombardia con 477,55 euro. Segue il Trentino-Alto Adige con 478,43 euro.

        Ci aspetta un futuro più stabile

        Andrea Ghizzoni, del sito di comparazioni economiche Facile.it, sottolinea che, nonostante l’incertezza economica, si prevedono segnali positivi legati al rallentamento dell’inflazione e alla stabilizzazione dei tassi di sinistrosità. Questo potrebbe portare a una progressiva stabilizzazione dei premi RC auto.

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          Cronaca

          Vitalizi e pensioni costano più degli stipendi dei parlamentari

          Nonostante gli sforzi per ridurre i costi della politica, il peso delle pensioni e dei vitalizi continua a crescere, evidenziando la necessità di ulteriori riforme strutturali per garantire la sostenibilità del sistema previdenziale del Parlamento italiano. Questo trend pone l’accento sull’importanza di un approccio più rigoroso e trasparente nella gestione delle risorse pubbliche, per evitare che i risparmi iniziali vengano vanificati da spese non previste.

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            Negli ultimi anni, il Parlamento italiano ha visto una sorprendente inversione di tendenza. La spesa per pensioni e vitalizi degli ex parlamentari ha superato quella per gli stipendi dei membri in carica. Questo fenomeno è emerso nonostante la riduzione del numero di deputati e senatori e le riforme attuate per ridurre i costi della politica.

            L’aumento delle spese pensionistiche

            L’abolizione dei vitalizi per i parlamentari eletti dopo il 2012 e l’introduzione del sistema contributivo non sono bastati a frenare l’aumento delle spese pensionistiche. Infatti, mentre la spesa per gli stipendi dei parlamentari in carica è diminuita a seguito della riduzione dei seggi, le richieste di pensione da parte degli ex parlamentari sono aumentate, facendo lievitare i costi.

            Le cifre del 2024

            La previsione di spesa per gli stipendi dei senatori è di circa 50 milioni di euro, mentre quella per le pensioni degli ex senatori e i loro familiari è di 64 milioni di euro.
            La spesa prevista per gli stipendi dei deputati in carica è di 89 milioni di euro, mentre quella per le pensioni e i vitalizi degli ex deputati è di 148 milioni di euro.

            I tagli e le riforme

            Le riforme del 2012 e i tagli del 2018 ai super assegni dei vitalizi ante 2012, promossi dai 5 Stelle, sono stati parzialmente efficaci. Tuttavia, il Senato ha recentemente annullato questi tagli, restituendo i soldi agli ex senatori, mentre la Camera ha confermato le riduzioni in una versione attenuata, che consente ancora una discreta flessibilità nell’aumentare gli assegni in casi particolari.

            La situazione attuale

            L’aumento delle spese pensionistiche è dovuto anche alla diminuzione del numero di parlamentari, che ha comportato un aumento delle richieste di pensione da parte degli ex membri. Ad esempio, alla Camera, la spesa per le pensioni nel 2019 era di 134 milioni di euro, mentre nel 2024 è salita a 148 milioni di euro. Al Senato, la spesa è passata da 45 milioni di euro nel 2019 a 64 milioni di euro nel 2024.

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              Italia

              Toti si dimette dalla carica di Presidente della Regione Liguria

              Giovanni Toti ha ufficializzato le sue dimissioni definitive. Un capitolo importante nella politica ligure e nazionale si chiude, lasciando un’ombra sulla carriera di un uomo che ha cercato di rinnovare il panorama politico del centro-destra italiano.

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                Giovanni Toti ha rassegnato le dimissioni dalla carica di Presidente della Regione Liguria. L’annuncio definitivo è arrivato oggi dopo che il politico è stato coinvolto in una maxi inchiesta della procura di Genova che lo ha visto accusato di corruzione e agli arresti domiciliari dal 7 maggio.

                La carriera politica e il movimento “Cambiamo!”

                Toti ha ricoperto il ruolo di Presidente della Regione Liguria dal 2015, puntando sul rilancio economico e infrastrutturale della regione, con particolare attenzione alla gestione delle emergenze e alla sanità. Nel 2019 ha fondato il movimento politico “Cambiamo!” con l’obiettivo di rinnovare il centro-destra italiano.

                Le dimissioni e l’inchiesta per corruzione

                Le dimissioni sono state comunicate tramite una lettera inviata al suo legale, Stefano Savi. Nella lettera, Toti ha espresso la difficoltà di continuare a servire efficacemente la Regione sotto il peso delle accuse e ha criticato i toni ironici utilizzati dai magistrati del Tribunale del Riesame che hanno confermato la misura cautelare degli arresti domiciliari.

                Un percorso iniziato nel giornalismo

                Giovanni Toti, laureato in Scienze Politiche presso l’Università di Milano, ha iniziato la sua carriera come giornalista, lavorando per diverse testate. Il suo percorso nel mondo dei media è stato segnato da una rapida ascesa che lo ha portato a dirigere “Studio Aperto” nel 2010. La sua vicinanza a Silvio Berlusconi ha segnato il passaggio alla politica, aderendo a Forza Italia, dove ha ricoperto ruoli di crescente responsabilità, fino a diventare consigliere politico dello stesso Berlusconi.

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