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Italia

Polizze anti-catastrofe obbligatorie: cosa rischiano le imprese che non si assicurano entro il 31 marzo?

L’assicurazione, oltre a essere un obbligo, rappresenta una tutela fondamentale per la continuità aziendale.

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    Le imprese italiane hanno tempo fino al 31 marzo 2025 per adeguarsi all’obbligo di stipulare un’assicurazione contro eventi calamitosi, introdotto dalla Legge di Bilancio 2024 (legge 213/23, art. 1 commi 101 e seguenti). La scadenza inizialmente fissata al 31 dicembre 2024 è stata prorogata dal decreto Milleproroghe.

    Quali sono le imprese che devono assicurarsi?

    L’obbligo riguarda tutte le imprese, incluse quelle individuali e le società di persone, con sede legale o stabile organizzazione in Italia e iscritte al Registro delle Imprese. Le uniche eccezioni sono le imprese agricole. E naturalmente – ma quelle sarebbero già fuorilegge – le imprese con immobili abusivi, che non potrebbero comunque ricevere indennizzi pubblici. Ma perchè bisogna assicurarsi per forza?

    Cosa copre l’assicurazione?

    Le polizze devono garantire la copertura dei danni a beni immobili, impianti e macchinari causati da terremoti, alluvioni, frane, inondazioni ed esondazioni.

    Cosa rischiano le imprese chi non si assicurano?

    Non sono previste sanzioni dirette, ma le imprese che non si adeguano possono subire gravi conseguenze. Come la perdita di indennizzi in caso di calamità naturali. E ancora l’esclusione da contributi, sovvenzioni e agevolazioni pubbliche, anche non legate a eventi calamitosi. E inoltre, cosa rilevante, potrebbero trovare difficoltà nell’accesso al credito, poiché le banche potrebbero considerare l’impresa troppo esposta a rischi.

    Il decreto attuativo e le regole principali

    Il decreto che disciplina l’obbligo entrerà in vigore tra qualche giorno, il 14 marzo. Per le imprese dei settori pesca e acquacoltura, la scadenza è stata posticipata al 31 dicembre 2025. Le polizze possono prevedere uno scoperto massimo del 15% per somme assicurate fino a 30 milioni di euro. La copertura totale dei danni subiti fino a 1 milione di euro. La copertura minima del 70% per importi tra 1 e 30 milioni di euro. Nel caso in cui il danno superi i 30 milioni e per le grandi imprese è prevista una negoziazione libera tra le parti.

    Si ma quali beni devono essere assicurati?

    L’obbligo riguarda tutti i beni utilizzati per l’attività d’impresa, come i terreni e i fabbricati, inclusi fissi, infissi, fondazioni e impianti elettrici, idrici e di riscaldamento. Inoltre tutti i macchinari e le attrezzature industriali e commerciali.

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      Italia

      L’inflazione riparte (e picchia duro sul carrello): vacanze, spesa e frutta fresca, quanto ci costa vivere

      Frutta, carne e voli nazionali guidano la classifica dei rincari. Per una famiglia con due figli si parla di 630 euro in più all’anno, di cui oltre 300 solo per mangiare e bere. Vacanze più costose su ogni fronte: alberghi, traghetti, musei, persino il gelato. Unica consolazione? Il lieve calo dei costi energetici. Ma non basta a fermare la stangata d’estate.

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        L’inflazione rialza la testa. E lo fa dove fa più male: nel carrello della spesa e nei costi delle vacanze estive. I dati definitivi dell’Istat per il mese di giugno 2025 parlano chiaro. L’indice generale dei prezzi al consumo sale all’1,7% su base annua, in lieve aumento rispetto all’1,6% di maggio. Ma il dato che preoccupa di più le famiglie italiane è un altro: i beni di uso quotidiano, come alimentari, prodotti per la casa e la persona, salgono del +2,8%. E per molte famiglie, già provate da mesi di aumenti a singhiozzo, si traduce in una stangata da centinaia di euro all’anno.

        Carne, frutta, bollette e traghetti: la somma fa il totale

        Le associazioni dei consumatori non si fanno attendere. L’Unione nazionale consumatori fa i conti della serva: per una famiglia con due figli, l’aumento del costo della vita si traduce in una spesa extra di 630 euro su base annua. Di questi, ben 337 euro sono legati al rincaro del “carrello della spesa” — ovvero i beni alimentari e di prima necessità — con i soli prodotti alimentari e bevande analcoliche che incidono per 320 euro. E no, non si tratta di beni di lusso: parliamo di frutta, verdura, carne, pane, latte.

        I beni alimentari non lavorati registrano un’accelerazione netta: dal +3,5% al +4,2% rispetto a giugno 2024. A pesare di più sono le carni, che passano da +4,1% a +4,4%, e la frutta fresca o refrigerata, che segna un balzo dal +4,2% al +7,2%. “Aumenti che di mese in mese possono sembrare marginali — sottolinea l’Unc — ma che sommati diventano insostenibili, soprattutto per chi già fa fatica ad arrivare a fine mese”. Insomma, non serve una crisi strutturale per svuotare il portafoglio: basta una spesa normale al supermercato.

        Vacanze più care, e non di poco

        Ma la vera mazzata, per molti italiani, arriva sul fronte vacanze. Il Codacons lancia l’allarme: “Altro che boccata d’ossigeno, quest’estate è un salasso. I dati Istat confermano che ogni voce legata al turismo è aumentata sensibilmente”. E i numeri parlano chiaro: voli nazionali +38,7%, traghetti +19,6%, pacchetti vacanza +8,7%, villaggi +3,6%, hotel +2,9%, B&B e case vacanza +5,9%. Aumenti che non risparmiano neppure i piccoli piaceri: un gelato, una birra, l’ingresso in un museo. Ristoranti +3%, bar +3,8%, gelaterie idem. Anche per divertirsi in piscina o al parco divertimenti tocca spendere di più: +7,7%.

        Ecco allora che la gita al mare o in montagna diventa una voce critica del bilancio familiare. Un lusso, per alcuni. Un sacrificio, per molti. Il Codacons sottolinea l’incongruenza: “Abbiamo un’inflazione teoricamente sotto controllo, ma per i cittadini la realtà è diversa. I prezzi delle vacanze stanno esplodendo”.

        Una piccola boccata d’ossigeno: calano (un po’) le bollette

        Unica nota positiva: il rallentamento dei prezzi dell’energia. L’Istat rileva un calo complessivo del -2,1% sui beni energetici, in leggero miglioramento rispetto al -2,0% del mese precedente. Un risultato dovuto soprattutto al freno sui prezzi della componente regolamentata (gas, elettricità), passati dal +29,3% al +22,6%. Ma è una consolazione magra. Perché, nel frattempo, continua a salire tutto il resto.

        Più tasse, meno consumi?

        Con l’autunno alle porte, l’orizzonte non promette grandi schiarite. L’inflazione importata resta una minaccia, il costo del denaro è ancora alto, e i margini di manovra per nuovi interventi pubblici sono stretti. Il timore delle associazioni è che, se il trend dei rincari proseguirà, si assisterà a un nuovo freno dei consumi. E con i consumi in calo, il rischio è l’avvitamento: meno entrate per lo Stato, più incertezza per le famiglie, meno investimenti per le imprese.

        Nel frattempo, l’unica certezza è che tutto — ma proprio tutto — costa di più. Anche solo restare a casa.

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          Italia

          Sigarette più care con la proposta Ue: un euro in più a pacchetto e l’allarme dei tabaccai italiani

          In arrivo una stretta fiscale senza precedenti: accise fino al +1.090% sui sigari. La Uit parla di misura «scellerata», che metterà in ginocchio le rivendite e farà esplodere il mercato illegale. Chiesto l’intervento urgente del governo.

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            Un aumento di un euro a pacchetto. È questo l’effetto immediato che potrebbe avere il nuovo piano della Commissione europea sulla tassazione del tabacco, in agenda per il prossimo 16 luglio. La stretta fiscale – ancora in fase di bozza – punta a incrementare le accise su tutti i prodotti da fumo per finanziare una parte del bilancio comunitario. Ma in Italia il progetto ha già fatto infuriare i tabaccai, che parlano di una misura «scellerata» e «devastante».

            Secondo le anticipazioni trapelate da Bruxelles, l’incremento delle accise sarà tutt’altro che simbolico: si parla di +139% sulle sigarette, +258% sul tabacco trinciato, addirittura +1.090% sui sigari. Tradotto in cifre: un pacchetto medio potrebbe costare ben oltre un euro in più. Un impatto che non solo peserebbe direttamente sulle tasche dei consumatori, ma produrrebbe anche un effetto inflattivo stimato dello 0,5%.

            La Uit – Unione italiana tabaccai – non usa mezzi termini: «È una proposta che rischia di mettere in ginocchio migliaia di rivendite italiane, soprattutto nelle aree più fragili del Paese. Senza contare l’aumento incontrollato del contrabbando, che già oggi rappresenta una fetta consistente dei consumi». Il presidente Pasquale Genovese ricorda come simili rincari, in passato, abbiano avuto l’unico effetto di far esplodere il mercato nero e ridurre il gettito fiscale.

            La rete delle rivendite, composta da oltre 50mila esercizi in Italia, è già in forte sofferenza. In molti piccoli comuni e quartieri periferici, le tabaccherie rappresentano spesso l’unico presidio commerciale attivo. «Una misura del genere – ribadisce Genovese – non tiene conto della realtà economica che viviamo. È un attacco diretto alla nostra sopravvivenza». La Uit chiede ora un intervento urgente del governo italiano per contrastare la proposta a Bruxelles e lancia un appello a tutte le sigle di categoria per un fronte compatto. La sensazione? La miccia è accesa, e l’esplosione potrebbe non farsi attendere.

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              Italia

              Plasmon torna italiana dopo 50 anni: il biscotto dell’infanzia rientra a casa

              Il gruppo emiliano NewPrinces rileva lo storico marchio dai colossi americani di Kraft Heinz. Un ritorno al made in Italy che sa di rivincita industriale (e sentimentale)

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                Dopo cinquant’anni trascorsi all’estero, Plasmon torna italiana. Lo storico marchio di biscotti per l’infanzia – icona dolce di generazioni di bambini e segreto inconfessabile per molti adulti – è stato acquistato dal gruppo emiliano NewPrinces (ex Newlat Food), che ha rilevato le attività italiane di Heinz per una cifra vicina ai 120 milioni di euro.

                A vendere è stato il colosso statunitense Kraft Heinz, che dal 1967 controllava Plasmon e che ora cede non solo il marchio madre, ma anche altri brand come Nipiol, BiAglut, Aproten e Dieterba, tutti specializzati nell’alimentazione infantile e dietetica. Il cuore produttivo dell’operazione è lo stabilimento di Latina, dove ogni anno vengono sfornati 1,8 miliardi di biscotti, omogeneizzati e pappe.

                Fondata nel 1902 a Milano dal medico Cesare Scotti, Plasmon è stata per decenni un punto fermo della tavola italiana, soprattutto durante il boom demografico del dopoguerra. Complice la pubblicità in Carosello e le scatole di latta diventate oggi oggetto vintage, il marchio ha conquistato una fiducia senza tempo.

                La vendita alla Heinz americana, avvenuta negli anni Sessanta, aveva segnato l’inizio di una lunga fase di internazionalizzazione, ma anche di distacco emotivo dal territorio. Ora, grazie a NewPrinces, il brand fa ritorno in mani italiane. Una mossa non solo industriale ma anche simbolica, che parla di filiere locali, know-how nazionale e voglia di riportare valore a casa.

                Lo stabilimento di Latina, considerato tra i più avanzati d’Europa nel settore, continuerà a produrre anche per il mercato britannico, almeno per un periodo transitorio. Ma il controllo, questa volta, torna sotto bandiera tricolore.

                NewPrinces – già attiva con brand storici come Polenghi e Delverde – punta così a rafforzare la propria posizione nel comparto baby food. In un mercato da 200 milioni di euro di fatturato e un margine operativo lordo di circa 17 milioni.

                Una buona notizia, per una volta. Che sa di latte caldo, biscotti e orgoglio nazionale.

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