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Ragazzo multato perché “troppo grande” per l’altalena: la protesta della madre

Il ragazzo ha 14 anni, il regolamento del parco vieta l’uso dei giochi sopra i 12 anni: la madre contesta la sanzione e accusa i vigili di eccesso di zelo.

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    Una semplice altalena, un pomeriggio al parco e una multa da 64 euro. È quanto accaduto a Rimini, al parco Pertini di Miramare, dove una madre si è vista recapitare una sanzione per il comportamento del figlio 14enne. Il ragazzo è stato ritenuto colpevole – secondo il regolamento comunale – di aver utilizzato una altalena riservata ai bambini sotto i 12 anni. La vicenda risale al 28 marzo, ma è diventata di dominio pubblico solo a metà giugno. La donna, 34 anni, di origini rumene ma residente da anni in provincia, ha deciso di raccontare tutto alla stampa. Quel giorno aveva accompagnato il figlio al parco prima dell’allenamento di calcio. Il ragazzo si era seduto su un’altalena, ma poco dopo sono arrivati due agenti della polizia municipale che gli hanno chiesto di scendere.

    Secondo la madre, il figlio non stava facendo nulla di male. “Se rompe l’altalena, la ripago io”, avrebbe detto agli agenti, che però hanno ritenuto il comportamento del ragazzo pericoloso. Lanciava l’altalena in aria, facendola ruotare sull’asta orizzontale, per poi sedersi e dondolarsi con forza, mentre intorno c’erano altri bambini più piccoli, dice il verbale. La donna ha raccontato di aver avuto un breve scambio con i vigili, durante il quale avrebbe anche accennato al fatto che il marito è un poliziotto. Dopo qualche settimana, è arrivata la multa: 50 euro più spese accessorie, per un totale di 64 euro.

    La madre si è detta indignata. “Trovo assurdo che si sanzioni un ragazzino per un’altalena, mentre in città ci sono problemi ben più gravi, come lo spaccio nei pressi del Metromare. Prima di pagare, voglio parlare con il comandante”. Dal canto suo, la polizia locale ha spiegato che il controllo rientrava in un’attività di sorveglianza sul corretto utilizzo dei parchi pubblici e che il comportamento del ragazzo, oltre a violare il regolamento, rappresentava un rischio per la sicurezza dei bambini intorno.

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      Italia

      Quando Harry Potter ti cambia la vita… e non ti chiami J. K. Rowling

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        Sono tanti gli italiani doc che hanno fatto fortuna in America (oltre ad un certo Colombo che l’ha pure scoperta, anche se per sbaglio!), portando da quelle parti idee e prodotti nati nel nostro territorio. Qualche esempio? La Nutella, il Parmigiano, il Campari e molte altre delizie. C’è anche chi ha portato sul suolo a stelle e strisce il tanto decantato nutrimento spirituale… ovvero i libri! Uno di questi è Fabio Franceschi, proprietario della Grafica Veneta di Trebaseleghe che, in meno di tre anni, ha acquisito la Lake Book Manufacturing di Melrose Park, sobborgo di Chicago, e lo scorso 2 maggio la P.A. Hutchison di Mayfield, fondata nel 1911, specializzata in testi per le scuole.

        Stampatore di fiducia per i colossi editoriali

        Leader nella stampa per i 70 principali editori al mondo, a cominciare dai colossi Penguin, Hachette e HarperCollins, 300 milioni di volumi sfornati ogni anno (la metà qui in Italia), Franceschi è l’unico in grado di consegnare un libro nel giro di sole 24 ore dal ricevimento del pdf. Nonchè unico a poterlo realizzare in maniera completamente sostenibile. Grazie a un impianto carbon free con 100mila metri quadrati di pannelli fotovoltaici sul tetto.

        Un povero con il denaro

        Cibo per la mente, trattato da uno che fino ai 6 anni ha dovuto fare i conti con la penuria di quello per il corpo. «Pativo la fame», dichiara ora che guida una Rolls-Royce Wraith e si sposta in elicottero. «Ma non mi sono mai considerato ricco: semplicemente un povero con i soldi, come diceva Gabriel García Márquez». Proegue nel racconto della sua infancia: « Dire che eravamo poveri sarebbe un’esagerazione: non avevamo assolutamente nulla, il che è diverso. L’unico pasto vero era quello delle 18, quando mia madre poteva mettere in tavola solo i risi col late, riso bollito dentro il latte ben zuccherato. Tutte le sere risi col late, per anni. Me lo sogno ancora di notte. Nel negozio di alimentari del signor Coletto, detto Tórmena, la mamma mandava me, con un quadernetto. Dicevo al salumiere: segni, pagheremo a fine mese».

        Gli eroici inizi

        A 4 anni comincia a lavorare in tipografia, aiutando il padfre e lo zio a lavoretti di pulizia nel coparto linotype. Un lavoro massacrante per la famiglia, con la compositrice in azione anche per 18 ore al giorno, sistemata in una stanzetta vicino alla stanza da letto, dove dormiva coi genitori. Poi il padre muore a 42 anni e, con l’aiuto di una banca locale che gli da fiducia, Fabio rileva la quota dello zio nella stamperia. Poi la decisione di buttarsi sui libri. Lavorando senza sosta, in 13 anni il fatturato aumentò del 19.262 per cento! Con il punto, non con la virgola: diciannovemila».

        Vorrebbe assumere ma non trova personale specializzato

        Fermamente convinto che il digitale non riuscirà mai a scalzare la carta stampata, attualmente stampa 60-70 titoli al giorno, con 27 rotative che gestiscono fino a 3 mila tonnellate di carta. Con la saga di Harry Potter fino ad oggi ha raggiunto 1 miliardo di copie nelle 10 principali lingue. Fra Italia e USA ha circa 900 dipendenti, a Trebaseleghe gliene occorrerebbero almeno altri 60… ma – ironia della sorte – non riesce a trovare personale con un minimo di conoscenza della materia, da inserire nei nostri formativi.

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          Italia

          Bonus casa 2025: meno generosi, ma ancora attivi

          Dalla ristrutturazione agli elettrodomestici, ecco cosa resta delle agevolazioni fiscali per la casa e cosa cambierà nel 2026.

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            Nel 2025 i bonus casa non scompaiono, ma diventano decisamente meno generosi rispetto agli anni passati. La Legge di Bilancio ha infatti ridotto le aliquote e ristretto le condizioni per accedere alle agevolazioni. Ma ha mantenuti attivi alcuni strumenti fondamentali per chi intende ristrutturare o migliorare la propria abitazione. Il Superbonus, che aveva catalizzato l’attenzione negli ultimi anni, resta in vigore ma solo in forma ridotta. L’aliquota scende al 65% e può essere utilizzata esclusivamente da condomìni e organizzazioni senza scopo di lucro. Ma a patto che la comunicazione di inizio lavori sia stata depositata e la delibera approvata entro il 15 ottobre 2024.

            I bonus casa non sono spariti

            Il bonus ristrutturazione rimane uno degli strumenti più accessibili, con una detrazione del 50% su un tetto massimo di 96 mila euro, ma solo per la prima casa. Per le seconde case e gli immobili non residenziali, l’aliquota scende al 36%. Lo stesso vale per l’ecobonus e il sismabonus, che mantengono le loro caratteristiche ma con aliquote differenziate a seconda della tipologia di immobile. Una novità importante riguarda l’esclusione delle caldaie a combustibili fossili dalle agevolazioni per l’efficienza energetica, in linea con le direttive europee sulla transizione ecologica.

            Dal 2026 detrazioni ridotte

            Tra i bonus confermati spicca quello per l’abbattimento delle barriere architettoniche, che resta al 75%. Si applica senza distinzioni tra prima e seconda casa, né tra immobili residenziali e non. Resiste anche il bonus mobili, con una detrazione del 50% su una spesa massima di 5 mila euro, valido per chi ha effettuato lavori di ristrutturazione a partire dal 1° gennaio 2024. Infine, è stato introdotto un nuovo bonus elettrodomestici da 100 euro (200 per le famiglie con ISEE fino a 25 mila euro). E un bonus svincolato da interventi edilizi, ma soggetto a fondi a esaurimento e in attesa del regolamento attuativo. A salutare definitivamente il 2025 è invece il bonus verde, che non è stato rinnovato. E guardando al futuro, dal 2026 le detrazioni subiranno un’ulteriore riduzione. Si passerà infatti al 36% per la prima casa e al 30% per gli altri immobili.

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              Italia

              Sace, garanzie per tutti (ma qualcuno è più garantito degli altri)

              Sorgenia e Gruppo San Donato sono solo due dei nomi che compaiono nella lista dei beneficiari delle coperture Sace. Peccato che Sequi, vicepresidente della stessa Sace, ne sia presidente o advisor. Intanto a Palazzo Chigi si monitora con discrezione e apprensione.

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                A pensar male si fa peccato, diceva qualcuno. Ma ogni tanto ci si azzecca. E anche senza scomodare il demonio del sospetto, i nuvoloni che si addensano su Sace – la società controllata dal ministero dell’Economia che garantisce finanziamenti alle imprese – stanno lì, ben visibili, come una perturbazione in arrivo da nord. Al centro dell’occhio del ciclone, guarda caso, c’è uno degli uomini che conta di più nel sistema economico-diplomatico italiano: Ettore Sequi, oggi vicepresidente di Sace. E fin qui, nulla da dire. Se non fosse che lo stesso Sequi risulta presidente di Sorgenia e senior advisor del Gruppo San Donato, due realtà private che, guarda un po’, beneficiano proprio delle garanzie pubbliche elargite da Sace.

                Ecco quindi che il classico schema all’italiana si ripresenta puntuale: da un lato la mano che firma, dall’altro quella che incassa. Nessuno insinua che ci sia dolo o interesse personale, per carità. Ma la sovrapposizione dei ruoli grida comunque vendetta al buon senso. Anche perché parliamo di milioni di euro di garanzie pubbliche, mica del bonus monopattino.

                Il sillogismo è facile e scivoloso: Sace distribuisce coperture assicurative e finanziarie a chi ne fa richiesta, ma se tra i beneficiari ci sono società che vedono il vicepresidente della stessa Sace come figura apicale, un piccolo cortocircuito si crea. Un’ombra, diciamo. Che non è ancora un temporale, ma nemmeno una serena giornata di luglio.

                Sequi, per carità, ha un curriculum di prim’ordine. È stato ambasciatore a Kabul, segretario generale della Farnesina, diplomatico di lungo corso. Ma il punto non è se sia competente (lo è). Il punto è se possa ricoprire contemporaneamente cariche che si sfiorano, si parlano e magari si favoriscono.

                Intanto, nei corridoi dei ministeri le antenne sono ben dritte. Fonti beninformate parlano di segnali sempre più intensi, captati sia a Via XX Settembre che a Palazzo Chigi. Pare che Sequi stia giocando anche una partita interna per blindare Alessandra Ricci, attuale amministratrice delegata di Sace, attraverso canali informali con la Farnesina. Ufficialmente, si tratta di un sostegno “istituzionale” alla riconferma. Ufficiosamente, secondo i soliti bene informati, quella riconferma servirebbe a consolidare un assetto amico, che magari risulta utile a chi ha legami stabili con alcune aziende, pubbliche a metà.

                Uno scenario che, a volerlo descrivere con ironia, somiglia un po’ a una tavola rotonda dove tutti giocano con le carte scoperte, ma ognuno guarda il mazzo dell’altro. E in un contesto dove la Sace gestisce miliardi di euro in garanzie, l’equidistanza dovrebbe essere non solo garantita, ma visibilmente garantita. Invece, qui si gioca sulla sottile linea che separa la compatibilità dal conflitto.

                Il ministero dell’Economia – azionista di Sace – è stato informato. Il governo monitora. Le autorità di vigilanza sono state allertate. Ma tutto si muove sottotraccia, nel solito stile italiano: nessuna bufera, ma ombre lunghe che consigliano il classico “vediamo come evolve”.

                Nel frattempo, Sequi resta lì. Con tre cappelli in testa e una reputazione ancora intatta, almeno formalmente. Ma nel Paese dei conflitti di interessi cronici, anche i più esperti equilibristi sanno che prima o poi si scivola. E quando succede, nessuno ti salva. Nemmeno le garanzie pubbliche.

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