Italia
Spid a pagamento? Neanche per sogno, basta sapere dove guardare
Aruba e Infocert introducono un costo per il rinnovo, ma esistono alternative gratuite: ecco come mantenere l’identità digitale senza mettere mano al portafoglio.

Lo Spid, strumento essenziale per accedere ai servizi digitali della Pubblica Amministrazione, si sta trasformando. Dopo anni di gratuità, infatti, alcuni provider iniziano a far pagare il rinnovo. Aruba ha aperto la strada, imponendo una tariffa di 5,98 euro all’anno a partire da maggio, mentre Infocert seguirà a luglio. Se non si vuole pagare per lo Spid, fortunatamente ci sono soluzioni. Il primo consiglio è cambiare gestore. Poste Italiane, che gestisce il 70% delle utenze, non ha annunciato l’introduzione di alcun costo, quindi chi ha attivato il servizio con loro può continuare a usarlo gratuitamente.
Il governo punta sulla Carta d’identità elettronica
Un’alternativa è la Carta d’Identità Elettronica (CIE), che il governo sta spingendo come sostituto dello Spid. La CIE è gratuita, consente di accedere agli stessi servizi ed è utilizzabile anche fuori dai confini italiani. E’ gestita dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato e per ora ha svolto un ruolo marginale (solo 52 milioni di accessi nel 2024 a fronte di 48,2 carte distribuite).
Spid: perchè questi cambiamenti?
Dietro al cambiamento, c’è la necessità di garantire la sostenibilità economica del sistema. I provider hanno chiesto al governo un supporto finanziario di 40 milioni di euro, che dovrebbe essere sbloccato a fine luglio. Su questo il ministro della Pubblica amministrazione, Zangrillo si sente di assicurare che i soldi saranno disponibili allo scoccare della scadenza della convenzione tra Stato e fornitori di Spid di fine luglio. Allo stesso tempo sottolinea che “…già esiste un’alternativa gratuita che consentirà di avere uno strumento tecnologico simile allo Spid e funzionerà oltre i confini del nostro paese“.
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Italia
Donna torna a casa e trova un tizio che dorme sul divano: “Non è quel che sembra, volevo solo fare un pisolino!”
A Jesolo, una donna rientra a casa e scopre un trentenne sconosciuto che ronfa pacifico sul suo divano. Lui si giustifica: “Pensavo fosse un Airbnb”. La polizia trova droga e contanti. Finale? Arrestato, ma poi torna libero. Tutto regolare.

Scene da commedia surreale, ma accadute realmente: Jesolo, provincia di Venezia, una signora rientra a casa dopo una giornata normale, magari pensando alla cena o al suo programma preferito su Rai 1. Invece trova un tizio sdraiato sul suo divano, beatamente addormentato. No, non è il fidanzato dimenticato, né un parente che ha sbagliato indirizzo. È un trentenne ghanese, entrato forzando una finestra, che ha deciso di prendersi un momento per sé. “Solo un riposino”, ha detto agli agenti. Come se fosse a casa sua. O al parco. O su una nuvola.
“Sembrava accogliente”: cronaca di un pisolino illegale
Secondo il Gazzettino, l’uomo avrebbe fatto irruzione nell’appartamento senza troppi complimenti, poi, sentendosi ispirato dallo stile dell’arredo (Ikea? Vintage? Shabby chic?), si sarebbe accomodato sul divano. Forse voleva testarne la qualità per una recensione su TripAdvisor. Peccato che la padrona di casa abbia rovinato l’idillio chiamando subito la polizia locale, che lo ha svegliato bruscamente e, sorpresa, ha trovato anche droga e contanti addosso al sonnolento viaggiatore.
“La porta era aperta”: difesa creativa e finale a sorpresa
Davanti al giudice Giulia Cauccia, il protagonista della siesta abusiva ha detto di aver trovato la porta aperta. Forse sperava che l’invito implicito fosse: “entra pure, togli le scarpe, e fai come a casa tua”. Ma no, la porta era chiusa, la finestra era stata forzata e il relax casalingo non era incluso. Nel frattempo, spuntano anche bonifici sospetti a sé stesso (un classico: se non ti fidi di nessuno, fidati di te). Il sospetto è che si tratti di denaro legato allo spaccio. Il giudice ha convalidato l’arresto, ma lo ha rimesso in libertà con obbligo di firma. Perché in fondo, che male c’è in un sonno profondo?
#CouchSquatter e la nuova frontiera del riposo creativo
La notizia ha già scatenato l’ironia sui social. C’è chi suggerisce di lasciare biscotti e latte accanto al divano, chi propone di installare l’antisonnellamento domestico, e chi ha creato il primo hashtag: #CouchSquatter. Venezia, culla del turismo… e del riposo illegale.
Sommario SEO:
A Jesolo, una donna rientra a casa e scopre un trentenne sconosciuto che ronfa pacifico sul suo divano. Lui si giustifica: “Pensavo fosse un Airbnb”. La polizia trova droga e contanti. Finale? Arrestato, ma poi torna libero. Tutto regolare.
Quando torni a casa e trovi il cuscino occupato (da uno che non conosci)
Scene da commedia surreale, ma accadute davvero: Jesolo, provincia di Venezia, una signora rientra a casa dopo una giornata normale, magari pensando alla cena o al suo programma preferito su Rai 1. Invece trova un tizio sdraiato sul suo divano, beatamente addormentato. No, non è il fidanzato dimenticato, né un parente che ha sbagliato indirizzo. È un trentenne ghanese, entrato forzando una finestra, che ha deciso di prendersi un momento per sé. “Solo un riposino”, ha detto agli agenti. Come se fosse a casa sua. O al parco. O su una nuvola.
“Sembrava accogliente”: cronaca del pisolino illegale
Secondo il Gazzettino, l’uomo avrebbe fatto irruzione nell’appartamento senza troppi complimenti, poi, sentendosi ispirato dallo stile dell’arredo (Ikea? Vintage? Shabby chic?), si sarebbe accomodato sul divano. Forse voleva testarne la qualità per una recensione su TripAdvisor. Peccato che la padrona di casa abbia rovinato l’idillio chiamando subito la polizia locale, che lo ha svegliato bruscamente e, sorpresa, ha trovato anche droga e contanti addosso al sonnolento viaggiatore.
“La porta era aperta”: difesa creativa e finale (quasi) a sorpresa
Davanti al giudice Giulia Cauccia, il protagonista della siesta abusiva ha detto di aver trovato la porta aperta. Forse sperava che l’invito implicito fosse: “entra pure, togli le scarpe, e fai come a casa tua”. Ma no, la porta era chiusa, la finestra era stata forzata e il relax casalingo non era incluso.
Nel frattempo, spuntano anche bonifici sospetti a sé stesso (un classico: se non ti fidi di nessuno, fidati di te). Il sospetto è che si tratti di denaro legato allo spaccio. Il giudice ha convalidato l’arresto, ma lo ha rimesso in libertà con obbligo di firma. Perché in fondo, che male c’è in un nap profondo?
Il meme è servito: #CouchSquatter e la nuova frontiera del riposo creativo
La notizia ha già scatenato l’ironia sui social. C’è chi suggerisce di lasciare biscotti e latte accanto al divano, chi propone di installare l’antisonnellamento domestico, e chi ha creato il primo hashtag: #CouchSquatter. Venezia, culla del turismo… e del riposo illegale.
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A Jesolo, una donna rientra a casa e scopre un trentenne sconosciuto che ronfa pacifico sul suo divano. Lui si giustifica: “Pensavo fosse un Airbnb”. La polizia trova droga e contanti. Finale? Arrestato, ma poi torna libero. Tutto regolare.
Quando torni a casa e trovi il cuscino occupato (da uno che non conosci)
Scene da commedia surreale, ma accadute davvero: Jesolo, provincia di Venezia, una signora rientra a casa dopo una giornata normale, magari pensando alla cena o al suo programma preferito su Rai 1. Invece trova un tizio sdraiato sul suo divano, beatamente addormentato. No, non è il fidanzato dimenticato, né un parente che ha sbagliato indirizzo. È un trentenne ghanese, entrato forzando una finestra, che ha deciso di prendersi un momento per sé. “Solo un riposino”, ha detto agli agenti. Come se fosse a casa sua. O al parco. O su una nuvola.
“Sembrava accogliente”: cronaca del pisolino illegale
Secondo il Gazzettino, l’uomo avrebbe fatto irruzione nell’appartamento senza troppi complimenti, poi, sentendosi ispirato dallo stile dell’arredo (Ikea? Vintage? Shabby chic?), si sarebbe accomodato sul divano. Forse voleva testarne la qualità per una recensione su TripAdvisor. Peccato che la padrona di casa abbia rovinato l’idillio chiamando subito la polizia locale, che lo ha svegliato bruscamente e, sorpresa, ha trovato anche droga e contanti addosso al sonnolento viaggiatore.
“La porta era aperta”: difesa creativa e finale (quasi) a sorpresa
Davanti al giudice Giulia Cauccia, il protagonista della siesta abusiva ha detto di aver trovato la porta aperta. Forse sperava che l’invito implicito fosse: “entra pure, togli le scarpe, e fai come a casa tua”. Ma no, la porta era chiusa, la finestra era stata forzata e il relax casalingo non era incluso.
Nel frattempo, spuntano anche bonifici sospetti a sé stesso (un classico: se non ti fidi di nessuno, fidati di te). Il sospetto è che si tratti di denaro legato allo spaccio. Il giudice ha convalidato l’arresto, ma lo ha rimesso in libertà con obbligo di firma. Perché in fondo, che male c’è in un nap profondo?
Il meme è servito: #CouchSquatter e la nuova frontiera del riposo creativo
La notizia ha già scatenato l’ironia sui social. C’è chi suggerisce di lasciare biscotti e latte accanto al divano, chi propone di installare l’antisonnellamento domestico, e chi ha creato il primo hashtag: #CouchSquatter. Venezia, culla del turismo… e del riposo illegale.
Italia
Barbara Berlusconi e il peso di un cognome: tra piercing, San Siro e la villa da 25 milioni
Barbara Berlusconi si confessa: “Il cognome è un fardello, ma anche un orgoglio”. La sfida del nuovo stadio, la tenacia da manager e la tenuta di Macherio pagata a rate

Barbara Berlusconi compirà quarant’anni quest’anno, eppure la luce riflessa del cognome che porta la accompagna come un’aureola a intermittenza. Figlia di Silvio, imprenditore, premier e icona pop (a modo suo), Barbara parla oggi con la consapevolezza di chi ha imparato a convivere con quel nome, anche quando brucia. “È stato un peso, ma più di tutto una responsabilità”, ammette. Un marchio che la segue ovunque: dalle aule di consiglio del Milan ai salotti più esclusivi della Scala, dove siede oggi come consigliera.
Ma la sua vera palestra, racconta, è stata la famiglia. Non facile stare accanto a Silvio: “Era un mondo complesso, e chi gli stava vicino doveva entrarci per forza”. Con un legame profondo eppure punteggiato da piccole ribellioni. Come quel piercing alla lingua che la figlia ha sfoggiato con aria da adolescente in rivolta: “Si arrabbiò. Ma l’ho fatto lo stesso”. Piccole sfide domestiche, tra un consiglio d’amministrazione e l’altro.
La politica? “Non fa per me”, taglia corto Barbara. Nessuna nostalgia per i palchi e i talk show, nessuna voglia di raccogliere la pesante eredità in quel campo minato. “Sono orientata su altro”, dice, come a dire che la tentazione di sedere sulle poltrone del potere proprio non l’ha mai sfiorata. E se in tanti la spingerebbero in Parlamento, lei declina con eleganza, preferendo il mondo dell’arte (ha una galleria a Milano) e la vita da madre di cinque figli.
Del padre conserva un’immagine dolce e generosa: “Era un uomo pieno di entusiasmo e ottimismo. Vedeva possibilità dove gli altri vedevano limiti e finiva per convincere anche te che quei limiti non esistevano”. Così l’ha visto sempre, anche nel calcio. Perché Silvio il Milan non lo considerava un semplice club, ma una filosofia. “Ha lasciato un’eredità emotiva, il Milan del cuore”, dice Barbara. Lei, nel 2011, è entrata nel cda rossonero. E poi da vicepresidente e ad, ha portato avanti la bandiera di famiglia. Oggi, invece, il suo sguardo è rivolto a un progetto che la appassiona da sempre: lo stadio al Portello.
Un’idea che aveva lanciato dieci anni fa e che ancora oggi la vede in prima linea, a difendere la necessità di un impianto moderno: “San Siro è fatiscente. Serviva uno stadio nuovo già vent’anni fa. Non riesco a capire perché il Comune abbia sempre messo i bastoni tra le ruote”. Il suo no alla ristrutturazione è secco: “Antieconomico”. E dietro queste parole si intuisce la stessa determinazione del padre: la capacità di sognare in grande, anche quando tutti ti danno dell’incosciente.
Nel frattempo, la vita privata è segnata da una decisione concreta: la villa di Macherio, la tenuta di famiglia, l’ha comprata a rate dopo la morte del Cavaliere. Un piccolo dettaglio che dice molto: “Vale tra i 24 e i 25 milioni”, dicono i beninformati. Un acquisto a colpi di bonifici, senza clamore, come a voler ribadire che Barbara è figlia di un impero, ma con i piedi ben piantati per terra.
Così si racconta oggi Barbara Berlusconi: la manager, la madre, la donna che conosce il peso di quel cognome e la sfida di tenerlo vivo – ma anche la libertà di farne, finalmente, ciò che vuole. Senza politica, senza fronzoli, e con la voglia ostinata di costruire qualcosa che sia davvero suo.
Italia
Quando il caldo colpisce (e il deodorante fallisce). Appello ai dipendenti: lavatevi!!
Odori sgradevoli e colleghi sudati: la Città Metropolitana di Mestre corre ai ripari con una circolare che invita tutti a rinfrescarsi… durante l’orario di lavoro!

A volte la convivenza lavorativa può diventare una vera prova di resistenza. Soprattutto quando il caldo si fa sentire e la cura dell’igiene personale viene presa un po’ troppo alla leggera. È quello che è successo nella sede della Città Metropolitana di Mestre. Il direttore generale, Nicola Torricella, si è visto costretto a inviare una circolare ufficiale. E cosa c’era scritto in quella circolare? Si invitava garbatamente tutti i dipendenti alla pulizia personale prima di iniziare la giornata lavorativa. Chi ha orecchie per intendere…intenda!
Capo qui c’è gente che puzza!!
Le segnalazioni di colleghi esasperati si sono accumulate a tal punto che l’amministrazione ha deciso di intervenire direttamente. Ha creato uno spogliatoio sotterraneo dove chi rientra dai cantieri – e chiunque ne senta il bisogno – potrà rinfrescarsi e lavarsi, senza che il tempo impiegato conti come pausa dal lavoro. La questione degli odori sgradevoli non è certo una novità. Studi scientifici hanno dimostrato che la chimica del sudore varia nel corso della vita e che gli adolescenti, per esempio, tendono a emanare odori più intensi rispetto ai neonati, grazie all’azione delle ghiandole sebacee. Quando il sebo si mescola al sudore, si crea quel particolare “muschio” che rende l’aria… decisamente poco invitante. Ma qui si stava parlando di adulti vaccinati…certe cose dovrebbero essere ovvie. Eppure…
Il caldo passa, certi odori…restano
Non tutti sanno che gli odori non sono solo una questione di fastidio. Possono influenzare il sonno e la qualità della vita, specialmente in ambienti poco ventilati. Ecco perché, che si tratti di un ufficio condiviso o della cameretta di un adolescente, aprire una finestra e investire in un buon deodorante potrebbe essere una soluzione tanto semplice quanto necessaria. Ma lavarsi è meglio! Insomma, il direttore di Mestre ha lanciato il messaggio chiaro: il caldo passa, ma certi odori restano. Meglio correre ai ripari, soprattutto se è tutto compreso nell’orario di lavoro!
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