Connect with us

Cronaca

Stai pagando un mutuo casa? Arriva il bonus

Il bonus è stato ideato per favorire chi ha acquistato una casa, o è in procinto di farlo, utilizzando un mutuo bancario.

Avatar photo

Pubblicato

il

    Il bonus è stato ideato per favorire chi ha acquistato una casa, o è in procinto di farlo, utilizzando un mutuo bancario. Ecco come funziona la misura e a chi spetta. Praticamente si tratta di un rimborso Irpef fino a 760 euro ma è necessario che il mutuo casa sia stato stipulato non più di un anno prima dell’acquisto dell’abitazione messa a garanzia.

    Bonus solo per chi è proprietario. Non fate i furbi…

    La misura prevede la detrazione sugli interessi passivi del prestito ipotecario. E destinata al proprietario dell’immobile, firmatario del contratto di mutuo e residente nell’abitazione. Il bonus viene meno se si cambia la residenza dopo aver fruito in una prima battuta della detrazione.

    Due strade, uno stesso risultato

    Per utilizzare il bonus casa stabilito dal Governo l’acquisto della casa deve avvenire entro 12 mesi la sottoscrizione del mutuo. Inoltre la stipula del contratto del mutuo con l’acquisto dell’immobile deve avvenire nei 12 mesi successivi. Altro elemento necessario affinché si possa ottenere il bonus mutui 2024 è che entro un anno dall’acquisto, l’acquirente destini l’immobile ad abitazione principale per se stesso e la sua famiglia. Quindi ci vada a risiedere. In caso contrario la detrazione non verrà concessa. Gli interessi che possono essere portati in detrazione della dichiarazione dei redditi con questa nuova misura sono quelli corrisposti ogni anno all’istituto di credito attraverso il pagamento delle rate. Questa parte di interessi può essere portata in detrazione fino a un massimo di 4mila euro. Somma che dà diritto alla cifra massima di 760 euro di rimborso Irpef.

    Benefit per l’affitto e gli interessi sul mutuo prima casa

    L’Agenzia delle Entrate ha introdotto altre novità con la legge di Bilancio 2024 (Legge n. 213/2023) e con il decreto Anticipi (Dl n. 145/2023). La circolare numero 5/E illustra, oltre alle nuove misure per il welfare aziendale, anche i “bonus” esentasse. Ovvero non solo le somme erogate o rimborsate dai datori di lavoro ai dipendenti per il pagamento delle utenze domestiche, ma anche quelle per l’affitto e per gli interessi sul mutuo della prima casa. Il limite entro cui riconoscere beni e servizi esenti da imposte, normalmente fissato a 258,23 euro, sale a 1.000 euro, con un innalzamento fino a 2mila euro per i dipendenti con figli a carico.

    Aiuti anche per luce, acqua e gas

    Tra i benefit rientrano quindi le somme per il pagamento delle utenze domestiche (energia elettrica, acqua e gas), e anche quelle per l’affitto o gli interessi sul mutuo dell’abitazione principale del lavoratore. La misura spetta anche se il contratto di affitto o il mutuo sono intestati al coniuge o a un altro familiare del lavoratore dipendente. L’agevolazione prevede oltre alle detrazioni sugli interessi del finanziamento sottoscritto per l’acquisto, anche la detrazione delle spese e degli oneri accessori legati al prestito bancario.

    E per i genitori separati?

    Questo vantaggio fiscale si estende anche ai genitori separati che, pur non risiedendo più nell’immobile precedentemente adibito ad abitazione principale dal nucleo familiare, mantengono il diritto alla detrazione per gli interessi passivi del mutuo se uno dei due continua a risiedere nell’abitazione. Inviata la domanda sarà l’Agenzia delle Entrate che provvederà a valutare la richiesta ed eventualmente ad approvare il beneficio fiscale.

      SEGUICI SU INSTAGRAM
      INSTAGRAM.COM/LACITYMAG

      Cose dell'altro mondo

      L’orrore in Kenya non si ferma: nuove fosse comuni della setta del digiuno, Mackenzie accusato di genocidio

      Il predicatore Paul Mackenzie, a processo insieme a 29 coimputati, avrebbe convinto i fedeli a lasciarsi morire di fame per “raggiungere Gesù”. Le vittime accertate sono oltre 400, ma la Croce Rossa teme che possano essere almeno 610.

      Avatar photo

      Pubblicato

      il

      Autore

        In Kenya l’orrore continua a riaffiorare dalla terra. Nell’entroterra di Malindi, nella foresta di Shakahola, la Direzione delle indagini criminali ha portato alla luce nuove fosse comuni con decine di corpi senza vita. Tutti riconducibili alla “setta del digiuno”, fondata e guidata dal predicatore Paul Mackenzie, già sotto processo insieme a 29 complici.

        Le cifre sono impressionanti: oltre 400 le vittime accertate finora, di cui quasi la metà bambini. Ma secondo la Croce Rossa del Kenya, che assiste i familiari e monitora le ricerche, il bilancio potrebbe salire fino a 610 persone. Un massacro silenzioso, consumato lontano dalle città, che oggi scuote il Paese e la comunità internazionale.

        Il meccanismo era sempre lo stesso: Mackenzie convinceva i suoi adepti che digiunare fino alla morte fosse l’unico modo per “vedere Gesù in paradiso”. Un’ossessione alimentata da prediche infuocate, registrazioni e riti collettivi che trasformavano la foresta in un campo di annientamento.

        Alcuni sopravvissuti, ora sotto protezione, hanno raccontato scenari da incubo. Minori costretti ad assistere all’agonia dei genitori, a scavare fosse e seppellire i corpi. Famiglie intere convertite dall’islam al cristianesimo per seguire i precetti del pastore, che prometteva salvezza eterna in cambio della vita terrena. «Mio padre diceva che non poteva più mangiare perché Gesù lo stava chiamando», ha raccontato una testimone davanti agli investigatori.

        Sull’uomo pendono accuse pesantissime: omicidio di massa, terrorismo, abuso su minori, fino al capo d’imputazione di genocidio. Le autorità keniane hanno avviato un processo che si annuncia lungo e complesso, ma che dovrà fare i conti con centinaia di famiglie distrutte e con una comunità segnata per sempre.

        Il caso di Shakahola è già stato definito “il più grande massacro rituale della storia recente dell’Africa orientale”. E mentre gli scavi continuano e i corpi riaffiorano dal terreno, resta una domanda inquietante: come è stato possibile che una predicazione delirante abbia potuto trascinare nella morte centinaia di persone, nel silenzio e nell’indifferenza generale, fino a quando era ormai troppo tardi?

          Continua a leggere

          Mondo

          Trump e quel livido viola sulla mano: mistero sulla salute del presidente tra gonfiori, trucco e smentite

          La Casa Bianca parla di semplici “strette di mano” e di aspirina, ma il gonfiore alle caviglie e la diagnosi di insufficienza venosa alimentano nuove speculazioni sulla resistenza fisica del presidente più discusso del mondo.

          Avatar photo

          Pubblicato

          il

          Autore

            Donald Trump, 79 anni, non è nuovo a polemiche, ma questa volta non c’entrano né la politica né i comizi incendiari. Stavolta al centro dell’attenzione c’è un dettaglio fisico: un livido viola, vistoso, comparso sulla mano destra del presidente. L’ematoma, immortalato dai fotografi durante l’incontro con il presidente sudcoreano Lee Jae Myung nello Studio Ovale, ha immediatamente fatto il giro del mondo.

            Trump di solito copre le imperfezioni con un velo di fondotinta: stavolta, però, il segno era troppo evidente per passare inosservato. Una macchia che ha alimentato il tam tam sui social e che ha risvegliato vecchi sospetti sulla sua salute.

            La portavoce della Casa Bianca, Caroline Leavitt, si è affrettata a minimizzare: «Si tratta solo di una lieve irritazione dei tessuti molli, causata da frequenti strette di mano e dall’uso quotidiano di aspirina». Una spiegazione ribadita anche dal suo medico personale, il dottor Ronny Jackson, che ha assicurato: «Il presidente gode di buona salute».

            Eppure il livido non è l’unico segnale che fa discutere. Già il mese scorso la stessa Casa Bianca aveva rivelato che a Trump è stata diagnosticata una “insufficienza venosa cronica”, responsabile del gonfiore alle caviglie. Una condizione che di certo non mette a rischio immediato la vita, ma che per l’opinione pubblica suona come un campanello d’allarme: soprattutto per un uomo che ha appena riconquistato lo Studio Ovale e che si presenta come simbolo di forza e resistenza.

            Nelle foto trapelate, oltre al livido sulla mano, spiccano i piedi gonfi nelle scarpe lucide. I detrattori ne fanno motivo di ironia, i sostenitori parlano invece di “attacchi strumentali”. Ma l’immagine resta: quella di un leader che non riesce più a mascherare i segni del tempo, nonostante il fondotinta e la retorica muscolare.

            Per i suoi avversari,non è più l’uomo in grado di reggere la pressione di un secondo mandato. Per i suoi fan, invece, il livido è solo un dettaglio: “anche gli eroi stringono mani e portano cicatrici”. La verità, come spesso accade con Trump, resta sospesa tra propaganda, ombre e immagini che parlano da sole.

              Continua a leggere

              Italia

              Targa polacca per risparmiare sull’RC. Conviene? Un escamotage a rischio

              Boom di targhe polacche su motorini e auto: servono ad aggirare le assicurazioni. Una scelta molto rischiosa.

              Avatar photo

              Pubblicato

              il

              targhe polacche

                Sono sempre di più i veicoli che circolano con targa polacca: un trucco per abbattere i costi dell’assicurazione, ma che può avere conseguenze inaspettate.

                Il fenomeno dell’utilizzo delle targhe polacche per motorini e auto in Italia è diventato sempre più diffuso. In particolare in città come Napoli e in genere al Sud Italia. Delle 53 mila targhe straniere in Italia ben 35 mila, infatti, sono solo a Napoli. Una tendenza che è alimentata dai costi elevati delle assicurazioni. Del resto Napoli, dopo Prato è la città dove l’assicurazione Rc auto è la più costosa. Un esempio? L’Rc di un motorino nel capoluogo campano annualmente può superare i 1.500 euro annui di spesa. Con l’utilizzo di una targa straniera il costo si può ridurre fino a un quinto.

                Come si fa in pratica

                Il trucco consiste nel registrare il proprio veicolo come esportato in Polonia attraverso una procedura che coinvolge la radiazione del veicolo in Italia e la successiva immatricolazione in Polonia. Una volta ottenuta la nuova immatricolazione, il proprietario stipula un contratto di noleggio con una società intestataria polacca, consentendo di pagare tariffe assicurative significativamente inferiori rispetto a quelle italiane. Un giochino semplice semplice. Si pagano circa 600-800 euro il primo anno che diventano 300-350 euro per gli anni successivi. La pratica è consentita dalle normative italiane, come Giuseppe Guarino, Segretario Nazionale Studi di Unasca (Unione Nazionale Autoscuole e Studi di Consulenza Automobilistica). “Le agenzie di pratiche auto applicano le norme che consentono queste procedure“.

                Risparmio ma con quali rischi?

                Questa pratica comporta serie conseguenze. In caso di incidente, la nuova compagnia assicurativa polacca potrebbe non pagare o farlo con ritardi significativi. Inoltre, il proprietario perde il controllo diretto del veicolo, non potendo più venderlo o disporne liberamente. Se la società intestataria del veicolo fallisse, tutti i veicoli registrati con essa verrebbero confiscati, causando ulteriori complicazioni per gli ex proprietari. Insomma è necessario valutare molto bene se conviene risparmiare ma rischiare complicazioni anche penali oltre che amministrative.

                Italia tra i paesi più cari

                Questa pratica evidenzia un problema più ampio: i costi elevati delle assicurazioni in Italia. L’IVASS ha rilevato che gli italiani pagano il 27% in più rispetto alla media europea per assicurare i propri veicoli, con un aumento dei prezzi superiore all’inflazione negli ultimi anni. Questo fenomeno potrebbe essere un catalizzatore per l’aumento degli evasori assicurativi, con milioni di veicoli che circolano senza l’assicurazione obbligatoria. Nel nostro Paese, infatti, per assicurare un veicolo si paga il 27% in più rispetto alla media degli altri Paesi europei e nell’ultimo anno i prezzi sono saliti del 7,5%, un valore maggiore dell’inflazione.

                  Continua a leggere
                  Advertisement

                  Ultime notizie

                  Lacitymag.it - Tutti i colori della cronaca | DIEMMECOM® Società Editoriale Srl P. IVA 01737800795 R.O.C. 4049 – Reg. Trib MI n.61 del 17.04.2024 | Direttore responsabile: Luca Arnaù