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Cronaca

La Cassazione apre la “scatola nera” dei trojan: la difesa ha diritto ai file di log

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’avvocato Salvatore Staiano: i file di log dei trojan devono essere accessibili alla difesa. Finora le Procure avevano negato l’accesso, ma ora cambia tutto. A rischio la tenuta di procedimenti come Rinascita-Scott, Petrolmafie e Carthago. E parte una rivoluzione silenziosa del processo penale digitale.

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    È solo un file. Nessuna voce, nessun volto, nessun grido registrato. Ma dentro quel file c’è tutto: orari, attivazioni, interruzioni, spostamenti, server. È il file di log, la “scatola nera” dei trojan informatici usati per le intercettazioni. E da oggi non è più un affare riservato alla Procura: la Cassazione ha stabilito che spetta anche alla difesa.

    Una decisione destinata a fare storia. O quantomeno a far tremare più di un’aula bunker. Perché quei file, finora tenuti lontani dagli avvocati, diventano ufficialmente materiale probatorio. E quindi accessibile. Il merito è dell’avvocato Salvatore Staiano, che ha ottenuto dalla terza sezione della Corte un verdetto che ha il sapore della sentenza-pilota.

    “La difesa ha diritto a controllare anche i file di log”, scrivono i giudici, equiparando quei dati alle tradizionali registrazioni audio. Tradotto: se l’intercettazione è valida solo se rispetta certi presupposti, la difesa deve poterli verificare. E per farlo, servono quei file. Punto.

    I log – spiega Staiano – sono il diario di bordo del captatore informatico: indicano quando è stato acceso, chi lo ha attivato, quando è stato sospeso, dove ha viaggiato la fonia, se è stata alterata o meno la sua sequenza. “Senza questi dati – ha sempre sostenuto il legale – come faccio a sapere se la prova è stata raccolta correttamente?”

    Per anni la risposta delle Procure è stata una sola: “Non hai diritto”. Una prassi consolidata, motivata dalla convinzione che quei dati fossero “esterni” alla captazione audio, quindi non soggetti all’obbligo di consegna. Ora però la Corte ribalta tutto: non solo hai diritto, ma il Pm è obbligato a consegnarli in tempo utile.

    Una rivoluzione che, sottolinea l’avvocato, non è una sfiducia verso i magistrati, ma una garanzia minima di trasparenza e legalità: “Altrimenti – ironizza – dovremmo dubitare anche del legislatore”.

    Ma il vero terremoto è quello che potrebbe abbattersi su una serie di processi monstre, a partire da Rinascita-Scott, Petrolmafie, Maestrale-Carthago, Imponimento e altri ancora, molti dei quali nel distretto giudiziario di Catanzaro. Se i file di log non sono stati messi a disposizione della difesa, o se il trojan è stato usato fuori dalle regole, le intercettazioni potrebbero essere dichiarate inutilizzabili. E in certi processi, senza quelle, resta ben poco.

    È un passaggio epocale anche da un punto di vista culturale: per anni la tecnologia ha imposto alla giustizia strumenti nuovi, ma senza riscrivere davvero le regole del gioco. Ora la Corte di Cassazione alza l’asticella del garantismo digitale.

    Quella che pareva una questione per smanettoni da aula bunker si trasforma in un cambio di paradigma. Non è solo giurisprudenza. È una pietra miliare nel diritto di difesa nell’era delle intercettazioni invisibili. E porta la firma di un avvocato che, tra un “ceffone” e un ricorso, non ha mai smesso di crederci.

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      Italia

      Napoli festeggia, ma qualcuno ha esagerato: auto rubate e smontate per lo scudetto

      Decine di vetture trafugate, smontate e riverniciate per i caroselli. Tra entusiasmo e criminalità, la celebrazione si è trasformata in un incubo per molti cittadini.

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        La notte prima della celebrazione del quarto scudetto del Napoli, mentre la città si preparava a bandiere, fuochi d’artificio e cori, un altro piano si metteva in moto nelle strade di San Giovanni a Teduccio e di altri quartieri. Decine di auto sono state rubate, tagliate a metà, riverniciate per poi essere usate per i caroselli. Uno spettacolo surreale, ma non per chi si è ritrovato senza macchina il giorno dopo. “Hanno preso l’auto di mia madre—racconta una testimone—l’hanno smontata e ridipinta, e poi l’hanno usata per girare in festa. Alla fine l’hanno riportata, ma è irrecuperabile. Dovremo pure pagare lo smaltimento!

        Da folklore a criminalità è un attimo…

        Se qualcuno aveva immaginato una festa fatta di gioia e appartenenza, c’è chi ha trasformato il momento in un delirio di caos e illegalità. Il deputato Francesco Emilio Borrelli tuona: “Questa non è goliardia, non è vandalismo. Questa è criminalità”. Numerosi cittadini hanno passato la notte nei commissariati, non per festeggiare, ma per denunciare i furti di auto e scooter. E i video condivisi online non lasciano dubbi. Macchine sfrecciano a velocità folli, con a bordo fino a dieci persone, mentre il centro storico e i quartieri periferici diventano piste improvvisate per acrobazie pericolose.

        La festa per Napoli si trasforma in incubo

        C’è chi ha riconosciuto la propria targa in un video su TikTok, chi ha ricevuto una telefonata inquietante: “Scendi, la tua macchina è là, ma è messa malissimo”. Anche il tecnico Luciano Spalletti ha vissuto un’esperienza simile e in un certo senso ha festeggiato anche lui. Gli hanno rubato l’auto, e il giorno dopo era diventata parte dei caroselli impazziti. Una parte di Napoli ha festeggiato con gioia e orgoglio, mentre un’altra ha subito furti, paura e danni irreparabili.

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          Politica

          Grillo torna in tv (da solo): dopo l’addio al M5S, prepara un docufilm e rispolvera la satira

          Beppe Grillo si prepara a tornare in scena. Non in politica, ma nel ruolo che conosce meglio: quello del comico. Dopo la rottura definitiva con Giuseppe Conte e la fine del suo ruolo da garante, il fondatore del M5S lavora a un docufilm. Pochi dettagli sul progetto, ma l’intenzione è chiara: voltare pagina. A modo suo

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            Beppe Grillo torna alle origini. Dopo anni passati a dettare la linea politica (o a sabotarla, secondo qualcuno), l’ex comico genovese è pronto a rientrare là dove tutto è cominciato: in tv, sul palco, davanti a un microfono, magari con le maniche rimboccate e una verità scomoda da urlare.

            Della politica, almeno per ora, non vuole più sentir parlare. Dopo mesi di frizioni con Giuseppe Conte, culminati nella rottura ufficiale e nell’estromissione dal Movimento 5 Stelle, Grillo ha deciso di cambiare registro. Sta lavorando – si mormora – a un docufilm. Non si sa ancora molto, se non che potrebbe mescolare materiale d’archivio dei suoi spettacoli storici e scene di vita privata, inedite e più intime. Un progetto che segna un distacco definitivo dal Movimento. E forse anche una rivendicazione simbolica: la sua voce, stavolta, senza filtri politici né contratti da 300mila euro.

            L’idea, raccontano persone a lui vicine, non è di lanciare nuovi partiti né sigle alternative. Niente cause legali per il simbolo, almeno per ora. Grillo vuole tornare a occuparsi delle sue “passioni”: il palco, la televisione, il blog. Ed è proprio lì, sul blog, che ha ricominciato a scrivere. Con toni meno incendiari del passato, ma con l’intenzione evidente di non sparire. “Quando sarà il momento, Beppe parlerà”, assicurano dal suo entourage. “Si è isolato, ma non è scomparso. E resta inarrestabile”.

            Il rapporto con Conte era andato in frantumi già da mesi. Grillo aveva accusato l’ex premier di aver svuotato il Movimento dei suoi valori fondanti, ironizzando – nemmeno troppo velatamente – sul crollo nei consensi e su una leadership che definiva “anonima”. Lo scontro era diventato insanabile dopo le europee, con punzecchiature pubbliche, sfoghi social e comunicati incrociati.

            La rottura definitiva è arrivata a ottobre, quando Conte ha annunciato la fine del contratto con Grillo, accusandolo di aver trasformato la sua attività di comunicazione in una forma di sabotaggio. Grillo ha contestato l’estromissione appellandosi allo Statuto, ma l’Assemblea del Movimento ha confermato la destituzione a dicembre. Da lì, il silenzio.

            Un silenzio solo apparente. Perché dietro le quinte, Grillo sta scrivendo un nuovo copione, e stavolta è uno show tutto suo. Forse un racconto autobiografico. Forse un ultimo assolo. O semplicemente il modo migliore per rientrare nel radar dell’opinione pubblica, senza passare dalla porta stretta della politica.

            Il finale, per ora, è sospeso. Ma nel dubbio, lui lo ha già recitato: “Casomai non vi rivedessi, buon pomeriggio, buona sera e buona notte”.

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              Mondo

              La calma canadese è finita? Ottawa prepara i piani per una guerra civile negli USA

              Il Canada, noto per la sua compostezza e le scuse preventive, sta prendendo molto sul serio l’ipotesi di un collasso sociale negli Stati Uniti. Piani di emergenza, gestione dei rifugiati, sicurezza al confine: Mark Carney si prepara a tutto. Ma è una reazione lucida o un attacco d’ansia geopolitica?

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                Dov’è finita la proverbiale calma canadese? Quel sangue freddo, quella cortesia da manuale che fa dire “scusa” anche se ti pestano un piede? Semplice: è evaporata al primo sentore che negli Stati Uniti, lì appena oltre il confine, possa scoppiare una guerra civile.

                Sembra fantascienza, eppure il governo di Ottawa guidato dal liberal Mark Carney ha messo in campo una serie di piani di emergenza degni di un film distopico: gestione di un’ondata di rifugiati, rinforzi alle forze di sicurezza e scenari militari in caso di conflitto armato a sud. Un’allerta silenziosa, ma concreta. Perché, anche se non lo dicono a voce alta, i canadesi temono l’effetto domino del caos americano.

                A fare paura non è un’invasione straniera, ma una possibile implosione interna degli Stati Uniti, tra polarizzazione politica, gruppi armati, scontri ideologici e l’intramontabile spettro di Donald Trump, che in certi ambienti pare già pronto ad annettere pure l’Alaska e mezza Columbia Britannica, se servisse.

                La risposta di Ottawa è pragmatica. Forse fin troppo. “Prevenire è meglio che curare” potrebbe sembrare lo slogan di un dentifricio, ma qui si applica al confine più lungo e (finora) più tranquillo del mondo. Che ora tranquillo non lo è più. Perché se il vicino inizia a urlare, tu controlli che le finestre siano chiuse e i documenti in ordine.

                Gli osservatori internazionali si dividono: c’è chi definisce i preparativi “sacrosanti” e chi invece parla di “allarmismo da bunker con vista sul Vermont”. E in effetti la domanda resta sospesa: si tratta di lucidità strategica o di paranoia diplomatica?

                Fatto sta che, dietro le quinte, il governo canadese di ha preso misure molto serie: simulazioni, logistica, ipotesi di corridoi umanitari e addestramento delle forze di sicurezza. Tutto senza fare troppo rumore. Che poi, per i canadesi, equivale a urlare.

                La verità? Nessuno può permettersi di ignorare il fatto che la stabilità americana è meno stabile del solito, e i sussulti politici a Washington fanno tremare anche le betulle di Ottawa. E così, mentre i cittadini continuano a bersi sciroppo d’acero sperando nella pace, qualcuno nei palazzi del potere sta già preparando piani B, C e D.

                Se alla fine tutto si risolverà in un nulla di fatto, meglio così. Ma se invece succede il peggio, il Canada non si farà trovare impreparato. Perché sarà anche gentile, ma non è stupido.

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