Connect with us

Cronaca

Le tre mani di Fassino e uno Chanel da 130 euro

Cosa rischia l’ex ministro Piero Fassino per l’accusa di furto di un profumo? Se lo stanno chiedendo in tanti. Forse troppi. Di sicuro se lo chiederà la Procura di Civitavecchia.

Avatar photo

Pubblicato

il

    Cosa rischia l’ex ministro Piero Fassino per l’accusa di furto di un profumo? Se lo stanno chiedendo in tanti. Forse troppi. Di sicuro se lo chiederà la Procura di Civitavecchia a cui è stato attribuito il caso che ha coinvolto l’ex ministro presso il duty free di Fiumicino qualche giorno fa, dopo la denuncia per il furto di un flacone di Chanel da 130 euro.

    Con la boccetta in mano…

    Piero Fassino, accusato di furto per aver messo una boccetta di profumo non ancora pagata in tasca al duty free di Fiumicino, potrebbe affrontare diverse possibilità legali in base allo sviluppo dell’inchiesta. Il ventaglio di possibilità è ampio. Dall’assoluzione nel merito fino alla condanna per furto aggravato, passando per il decreto penale di condanna e il colpo di spugna “per tenuità del fatto”.

    Archiviazione dell’indagine

    Se il video dimostrasse la veridicità della sua versione o se il fatto venisse considerato di particolare tenuità, l’indagine potrebbe essere archiviata. Questo potrebbe essere una ipotesi visto che Fassino è un individuo incensurato e ha immediatamente manifestato l’intenzione di pagare il profumo.
    Ma potrebbe scattare l’accusa di furto. Se il procuratore ritenesse che Fassino abbia agito con astuzia per rubare il profumo, potrebbe essere accusato di furto. In questo caso, il procuratore potrebbe chiedere un decreto penale di condanna, che prevede una pena pecuniaria alla quale Fassino potrebbe opporsi. Oppure il procuratore potrebbe chiedere il rinvio a giudizio, dando a Fassino la possibilità di patteggiare, di essere giudicato con rito abbreviato (con una riduzione di un terzo della condanna potenziale) o con rito ordinario.

    Tutto dipende dalle prove

    Le ipotesi di patteggiamento o di giudizio con rito abbreviato o ordinario sembrano remote, ma tutto dipenderà dalle prove raccolte e dalle decisioni del procuratore. Tra i numerosi casi che hanno coinvolto personaggi dello spettacolo in processi per furto, uno dei più celebri ha interessato l’attrice Winona Ryder. Fu fermata il 12 dicembre 2001 per taccheggio in uno dei grandi magazzini a Beverly Hills. Nella borsa le trovarono analgesici e una serie di articoli d’abbigliamento per un totale di oltre 4mila dollari. L’attrice di “Edward mani di forbice” fu condannata a tre anni di libertà vigilata, al pagamento di quasi 10.000 dollari di multe, a 480 ore di volontariato e a un trattamento di consulenza psichiatrica per cleptomania.

      SEGUICI SU INSTAGRAM
      INSTAGRAM.COM/LACITYMAG

      Italia

      Arriva il bonus donne 2025: un incentivo per favorire l’occupazione femminile

      Fino a 650 euro di agevolazioni e contributi mirati per le aziende che assumono forza lavoro femminile.

      Avatar photo

      Pubblicato

      il

        Nel panorama delle agevolazioni per il mercato del lavoro, il bonus donne 2025 è un incentivo significativo per promuovere l’occupazione femminile e incentivare le imprese a puntare su lavoratrici in condizioni di svantaggio. Dopo un periodo di incertezze e ritardi burocratici, il Ministero del Lavoro e il Mef hanno finalmente firmato i decreti attuativi. Via libera quindi all’esonero contributivo destinato ai datori di lavoro che assumono donne e giovani under 35.

        Come funziona e chi può beneficiare del bonus

        L’agevolazione riguarda le imprese private che, entro il 31 dicembre 2025, assumono donne con contratti a tempo indeterminato. Per queste assunzioni, le aziende potranno beneficiare di un esonero totale dal versamento dei contributi previdenziali per un massimo di 24 mesi. Il suo valore può arrivare fino a 650 euro al mese per ogni lavoratrice assunta. L’incentivo si applica esclusivamente agli oneri previdenziali e non comprende i premi e i contributi destinati all’Inail. Tuttavia, l’aliquota utilizzata per calcolare le prestazioni pensionistiche della lavoratrice rimane invariata, garantendo così la continuità nei diritti previdenziali. Per poter accedere al bonus, le assunzioni devono determinare un incremento occupazionale netto, ovvero un effettivo aumento del numero di lavoratori rispetto alla media dei 12 mesi precedenti. Anche nel caso di contratti part-time, il calcolo tiene conto delle ore lavorate rispetto al tempo pieno.

        La novità del “doppio binario”

        Uno degli aspetti più innovativi dell’incentivo è l’introduzione del cosiddetto “doppio binario”, ovvero un sistema differenziato che distingue le imprese. Quelle situate nel resto d’Italia possono usufruire dell’agevolazione per assunzioni effettuate dal 1° settembre 2024 fino al 31 dicembre 2025. Le imprese operanti nelle regioni della Zona Economica Speciale (ZES) (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna), invece, stanno facendo domanda già dal 31 gennaio 2025.

        Nelle regioni del Mezzogiorno, inoltre, l’esonero contributivo è riconosciuto anche per l’assunzione di donne disoccupate da almeno 6 mesi, ampliando così la platea di beneficiarie rispetto al requisito generale di 24 mesi di disoccupazione valido per il resto del Paese. Ci sono alcune esclusioni importanti. L’incentivo non si applica ai contratti di lavoro domestico, quindi a colf, badanti e baby sitter, né ai contratti di apprendistato. Inoltre, l’agevolazione non è cumulabile con altri esoneri contributivi. E’ compatibile, invece, con la maxi-deduzione fiscale del 120% sulle nuove assunzioni, permettendo alle imprese di ottenere un doppio vantaggio economico.

        L’obiettivo del bonus

        Questo incentivo all’assunzione nasce con l’intento di incentivare l’ingresso e la stabilizzazione delle donne nel mondo del lavoro, contrastando la disoccupazione femminile e favorendo una maggiore equità occupazionale. Le risorse stanziate dal governo evidenziano l’importanza strategica della misura. Sono stanziati 7,1 milioni di euro per il 2024, 107,3 milioni di euro per il 2025, 208,2 milioni di euro per il 2026, e 115,7 milioni di euro per il 2027. L’investimento è significativo e punta a sostenere la crescita economica attraverso un maggiore coinvolgimento delle donne nel mercato del lavoro.

        In attesa della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale

        Sebbene i decreti attuativi siano stati firmati, per l’operatività effettiva dell’incentivo è ancora necessario il parere della Corte dei Conti, a cui seguirà la pubblicazione ufficiale in Gazzetta Ufficiale. Solo allora le imprese potranno iniziare a presentare le domande per ottenere l’esonero contributivo.

          Continua a leggere

          Mondo

          I dazi di Trump fanno scappare i coniglietti Lindt: la cioccolata svizzera rischia di diventare americana

          La minaccia dei dazi fino al 39% costringe Lindt a studiare un piano da 10 milioni di dollari per spostare la fabbricazione dei suoi simboli pasquali oltreoceano. L’annuncio scuote la Svizzera e alimenta i timori che la tradizione dei dolci di stagione perda la sua anima europea.

          Avatar photo

          Pubblicato

          il

          Autore

            I coniglietti dorati con il fiocco rosso, icona della Pasqua svizzera, potrebbero presto avere un passaporto americano. Colpa della politica commerciale del presidente Usa Donald Trump, che minaccia di innalzare i dazi sull’importazione dei prodotti europei fino al 39%. Una mossa che mette in seria difficoltà Lindt & Sprüngli, il colosso del cioccolato. Che da decenni lega la propria immagine al coniglietto di cioccolato più famoso al mondo.

            Secondo quanto riportato da Bloomberg, l’azienda starebbe valutando di spostare la produzione dei suoi prodotti stagionali. Non solo i coniglietti pasquali ma anche i Babbo Natale di cioccolato, dagli stabilimenti tedeschi a impianti situati direttamente negli Stati Uniti. Un investimento stimato in circa 10 milioni di dollari, che servirebbe ad aggirare le tariffe punitive e a mantenere competitivo il prezzo al consumo.

            Lindt, da parte sua, non ha confermato apertamente il progetto. Ma un portavoce ha spiegato: «Stiamo lavorando costantemente per rendere la nostra produzione e le nostre catene di approvvigionamento più efficienti, tenendo conto dell’attuale situazione tariffaria. Questo include la verifica di quali prodotti vengono fabbricati, in quali siti produttivi e per quali mercati».

            Il problema è duplice. Da un lato i dazi del 15% già imposti all’Unione Europea, che rischiano di salire vertiginosamente. Dall’altro il rincaro del cacao, che nei primi sei mesi del 2025 ha registrato un +16%. Una combinazione esplosiva che potrebbe far lievitare i prezzi al dettaglio e rendere proibitivi i dolci pasquali per milioni di consumatori.

            Eppure, il mercato americano è troppo importante per essere messo a rischio. Negli Stati Uniti, primo consumatore mondiale di cioccolato, Lindt ha registrato un giro d’affari da 843 milioni di dollari nel 2024, con una crescita annua del 4,9%. Un successo che l’azienda non intende perdere a causa delle tensioni commerciali.

            Non solo: nei piani di riorganizzazione c’è anche lo spostamento della produzione destinata al Canada da Boston a stabilimenti europei, per schivare i dazi di ritorsione decisi da Ottawa contro Washington.

            Un puzzle globale che rischia di trasformare la geografia del cioccolato: le tavolette Lindor resteranno prodotte solo in Svizzera, la Francia continuerà a ospitare il polo dell’Excellence, e l’Italia conserverà il primato delle creazioni alla nocciola. Ma i coniglietti pasquali, per sopravvivere, potrebbero dover attraversare l’Atlantico. Con buona pace della tradizione elvetica.

              Continua a leggere

              Mondo

              Germania, cala la sete di birra: consumi giù del 35% in trent’anni

              Dai 126 litri a persona nel 2000 agli 88 di oggi: la bevanda simbolo del Paese non è più un rito quotidiano. La spinta delle analcoliche non basta a compensare il calo.

              Avatar photo

              Pubblicato

              il

              Autore

              birra

                La Germania, patria per eccellenza della birra, sta vivendo un cambiamento epocale nei consumi. Negli ultimi trent’anni il consumo pro capite è crollato del 35% e nei primi mesi del 2025 la produzione ha registrato un ulteriore calo del 6,3%. Numeri che fotografano una crisi strutturale per un settore che da secoli rappresenta un pilastro dell’identità culturale ed economica del Paese.

                Il caso del birrificio Lang-Bräu, costretto a chiudere nel 2025 dopo 172 anni di attività nel nord della Baviera, è solo uno degli esempi più simbolici. Secondo Bloomberg, solo tra il 2023 e il 2024 hanno abbassato la saracinesca 52 aziende brassicole, su un totale di circa 1.500 attive in Germania. A incidere sono soprattutto i costi di produzione, cresciuti in media del 6% all’anno, come calcolato dalla società di consulenza Roland Berger. Spese che i produttori non riescono a ribaltare interamente sul prezzo finale, vedendo così erodere progressivamente i margini di guadagno.

                Se nel 2000 un cittadino tedesco beveva in media 126 litri di birra all’anno, oggi la cifra è scesa a 88. Un calo che non dipende soltanto dai rincari, ma anche da un mutamento culturale. Le nuove generazioni, in particolare la Gen Z, consumano meno alcol, spinti da una maggiore attenzione alla salute e da disponibilità economiche più limitate. Così la birra non è più la compagna quotidiana delle serate, ma diventa piuttosto un consumo occasionale.

                Per rispondere a questa trasformazione, molti produttori hanno puntato sulle birre analcoliche. Un segmento in forte crescita, ma che al momento resta marginale e accessibile soprattutto ai grandi marchi capaci di investire in nuove linee produttive. Secondo i dati Eurostat, nel 2024 i Paesi dell’Unione europea hanno prodotto complessivamente 34,7 miliardi di litri di birra. 32,7 miliardi con più dello 0,5% di alcol e circa 2 miliardi tra birre analcoliche o a bassissimo tenore alcolico. La Germania rimane al primo posto in Europa, con oltre il 22% della produzione totale: circa 7,2 miliardi di litri, in larghissima parte di tipo tradizionale.

                La sfida per il settore è chiara: rinnovarsi senza tradire la propria storia. Per i piccoli birrifici indipendenti, però, la strada appare sempre più in salita. La bevanda simbolo dell’Oktoberfest continua a resistere nei numeri assoluti, ma l’epoca d’oro in cui la birra scandiva la vita quotidiana dei tedeschi sembra ormai alle spalle.

                  Continua a leggere
                  Advertisement

                  Ultime notizie

                  Lacitymag.it - Tutti i colori della cronaca | DIEMMECOM® Società Editoriale Srl P. IVA 01737800795 R.O.C. 4049 – Reg. Trib MI n.61 del 17.04.2024 | Direttore responsabile: Luca Arnaù