Connect with us

Cronaca

Mistero sul naufragio del Bayesian: documenti segreti e spionaggio internazionale sul relitto del mega yacht affondato a Porticello

Un incidente sospetto, la morte di personaggi di spicco e un relitto che potrebbe contenere informazioni scottanti. I servizi segreti di mezzo mondo puntano gli occhi sulle casseforti del tycoon britannico Mike Lynch.

Avatar photo

Pubblicato

il

    A più di un mese dal naufragio del Bayesian, il mistero si infittisce. Cosa si nasconde sul fondo del mare, a cinquanta metri di profondità davanti alla costa di Porticello, dove giace il relitto del veliero più grande del mondo? Un incidente che ha portato alla morte del magnate britannico Mike Lynch e di altre sei persone, tra cui il presidente della Morgan Stanley International Jonathan Bloomer e sua moglie, sembra nascondere molto più di quanto appaia. Non solo un semplice disastro marittimo: il recupero dell’imbarcazione potrebbe rivelare informazioni sensibili che fanno gola a molti.

    Hard disk super-crittografati e documenti riservati: una spy story in fondo al mare

    Secondo fonti vicine al caso, all’interno delle casseforti a tenuta stagna del Bayesian si troverebbero due hard disk contenenti dati altamente classificati, tra cui codici di accesso e informazioni di rilevanza strategica per alcuni governi. La loro presenza a bordo del mega yacht di Lynch, fondatore di Darktrace, una delle più avanzate aziende di cybersecurity, solleva interrogativi inquietanti. E se quei documenti fossero davvero tanto preziosi? Perché Lynch si trovava in Sicilia con informazioni tanto delicate? E, soprattutto, chi potrebbe essere interessato a quei dati?

    La caccia al relitto: sub e sorveglianza armata

    L’operazione di recupero è appena iniziata, ma già si avvertono le tensioni. I sub incaricati dei rilievi preliminari hanno richiesto una sorveglianza armata durante le operazioni, temendo che i contenuti delle casseforti possano attirare l’attenzione di governi stranieri, in particolare di Russia e Cina. Che tipo di informazioni avrebbe potuto accumulare Lynch nei suoi hard disk? Quali segreti si celano tra i flutti di Porticello?

    Indagini e sospetti: l’ombra del sabotaggio

    La Procura di Termini Imerese ha già iscritto nel registro degli indagati tre membri dell’equipaggio con l’accusa di omicidio colposo plurimo e naufragio colposo. Tra loro, il comandante James Cutfield, l’ufficiale di macchina Tim Parker Eaton e il marinaio Matthew Griffith. Ma l’ipotesi di una catena di errori umani sembra troppo semplice per un incidente dalle dinamiche così controverse. Un’inchiesta che non esclude il sabotaggio e che potrebbe portare a nuove clamorose rivelazioni.

    Il ruolo di Lynch: tycoon e pedina dello spionaggio?

    Mike Lynch non era solo un tycoon: il suo coinvolgimento in progetti di cybersicurezza e la sua collaborazione con agenzie di intelligence occidentali lo rendevano un uomo chiave, portatore di segreti che potrebbero destabilizzare interi scenari geopolitici. Non sorprende che governi come quello russo e cinese, sempre in cerca di informazioni strategiche, siano interessati a quanto custodito sul Bayesian. Se le teorie fossero confermate, il naufragio di Porticello rischierebbe di diventare molto più di una tragedia personale e finanziaria: un vero e proprio caso internazionale.

    Un finale ancora da scrivere

    Mentre gli occhi del mondo sono puntati su questo relitto, il destino del Bayesian e dei suoi segreti resta avvolto nell’ombra. Il recupero dell’imbarcazione potrebbe portare alla luce informazioni che farebbero tremare molti potenti. In gioco non c’è solo la verità su un disastro in mare, ma l’equilibrio di un mondo sempre più dominato da informazioni e tecnologia. Resta solo da vedere chi riuscirà a mettere le mani per primo su quel prezioso carico.

      SEGUICI SU INSTAGRAM
      INSTAGRAM.COM/LACITYMAG

      Cronaca

      Gintoneria, nuovi dettagli nell’inchiesta: spuntano un’influencer e un giornalista di gossip nelle notti di coca, escort e privè milanesi

      La Procura di Milano aggiunge nuovi tasselli al caso Gintoneria: nei documenti compaiono un’influencer e un giornalista televisivo esperto di gossip. Secondo gli atti, Davide Lacerenza avrebbe offerto almeno 30 grammi di cocaina alla prima e ceduto una riga da 20 centimetri al secondo, oltre a quattro escort mandate a casa sua. Nessuno dei due risulta indagato. L’inchiesta ruota attorno al giro di droga e prostituzione che ha già portato ai patteggiamenti di Lacerenza e Stefania Nobile.

      Avatar photo

      Pubblicato

      il

      Autore

        L’inchiesta sulla Gintoneria non smette di aggiungere capitoli. E l’ultimo, emerso dall’avviso di conclusione indagini della Procura di Milano, apre un nuovo fronte che coinvolge due volti noti del mondo pop: un’influencer molto seguita e un giornalista esperto di gossip e televisione. Entrambi citati nei verbali, ma senza alcuna iscrizione nel registro degli indagati.

        L’influencer e la notte del 7 maggio
        Secondo quanto riportato negli atti, Davide Lacerenza avrebbe offerto all’influencer “almeno 30 grammi di cocaina”. La donna, stando ai documenti, l’avrebbe assunta. La sostanza risulterebbe “preparata insieme ad Ariganello”, il nome ricorrente nel fascicolo. Tutto sarebbe avvenuto nella notte del 7 maggio 2024, in un clima che gli inquirenti descrivono come quello di un privè in cui droga e frequentazioni ruotavano nello stesso circuito.

        Il giornalista e la riga da 20 centimetri
        Un altro episodio riguarda la notte tra il 5 e il 6 maggio 2024, sempre all’interno del privè La Malmaison. Qui Lacerenza avrebbe ceduto a un “noto giornalista di gossip e tv” una quantità non precisata di cocaina, con la dicitura che spicca negli atti: “almeno una riga da 20 centimetri”. A questo si aggiunge un ulteriore elemento: quattro escort, presenti nel privè, sarebbero state inviate direttamente a casa del giornalista. Anche in questo caso, nessuna contestazione formale nei suoi confronti.

        Il contesto: il giro della Gintoneria
        Questi nuovi dettagli si inseriscono in un’inchiesta più ampia, quella sul presunto giro di droga e prostituzione legato alla Gintoneria di Milano. Il 22 ottobre scorso sono arrivati i patteggiamenti: 4 anni e 8 mesi per Davide Lacerenza e 3 anni per Stefania Nobile, figlia di Wanna Marchi. Una vicenda che ha intrecciato nightlife, volti noti, locali privè e un sottobosco che ora la Procura sta ricostruendo voce per voce.

        Un mosaico che continua a espandersi
        La presenza nei verbali di figure pubbliche, pur non indagate, accende inevitabilmente i riflettori su dinamiche finora rimaste nell’ombra. E mentre gli atti continuano a emergere, il caso Gintoneria si conferma uno dei racconti più complessi e controversi della Milano notturna, dove droga, lusso e relazioni incrociate compongono un mosaico che la Procura sembra intenzionata a completare fino all’ultima tessera.

          Continua a leggere

          Cronaca

          Gratteri contro tutti tra riforma della giustizia e attacchi mediatici: «Il mio padrone deve ancora nascere»

          Il procuratore di Napoli risponde alle critiche sulla gestione delle ingiuste detenzioni e ribadisce la propria indipendenza politica. E sul sostegno alle inchieste antimafia dice: «LaC mi è stata vicino per 7 anni anche quando non conveniva e in Calabria c’erano poteri più forti della giustizia»

          Avatar photo

          Pubblicato

          il

          Autore

            «Io stimo e rispetto le persone che pensano il contrario di quello che penso io. Però devono avere spina dorsale e coerenza, guardare negli occhi e dire esattamente quello che pensano». Nicola Gratteri, procuratore di Napoli e già procuratore di Catanzaro, autore di numerosi libri e di conduttore di un fortunato format su La7, “Lezioni di mafie”, è il magistrato più popolare d’Italia. Ospite del talk di LaC Tv Perfidia, condotto da Antonella Grippo, per un’intervista esclusiva, è corteggiato dalle tv e dai giornali e, allo stesso tempo, fortemente osteggiato da una pletora di detrattori (a loro volta sostenuti da altre tv e giornali) è abituato a stare al centro della tempesta.

            Mai i nembi sono stati ostili e minacciosi come in questo periodo. Il nervo scoperto è quello del prossimo referendum sulla riforma costituzionale della giustizia. I sostenitori del Sì (Camere penali e sostenitori del governo in primis) premono perché la riforma passi: separazione delle carriere per giudici e pm, sorteggio per eleggere i componenti togati del Consiglio superiore della magistratura, la creazione di un’Alta corte disciplinare. I sostenitori del No (la stragrande maggioranza dei magistrati, le opposizioni) ritengono questa riforma punitiva e pericolosa per l’indipendenza della magistratura. In prima linea per promuovere il No c’è Nicola Gratteri.

            Gli attacchi

            In un momento storico in cui il governo fa a spallate con la magistratura, Gratteri è più scomodo che mai e gli attacchi nei suoi confronti si sono moltiplicati, anche da parte di coloro che un tempo chiedevano interviste e si dichiaravano suoi amici. «Se tu vieni e ti raccomandi perché io ti rilasci un’intervista – racconta il procuratore, ospite del format Perfidia andato in onda ieri sera – e io per stanchezza te la rilascio, e poi ti senti grande a scrivere questo – Gratteri mostra una pagina del Il Giornale con il titolo “Il voltafaccia di Gratteri sul sorteggio al Csm” – pensando di mettermi in difficoltà, ti sbagli. Perché molti di questi giornali messi assieme non arrivano a 600 copie».

            «La rete che mi è stata vicina»

            Oggi Nicola Gratteri, dicevamo, è il frontman della campagna per il No al referendum. Una grossa mano per l’Associazione nazionale magistrati che non conta volti noti del suo calibro. Il procuratore sostiene la battaglia perché ci crede fortemente, non certo per particolare attaccamento all’Anm che, lo ha detto durante l’assemblea generale dell’Associazione, non gli è mai stata particolarmente vicina nei momenti più difficili della sua carriera. A stargli vicino sono state testate come LaC News24, che lo hanno sostenuto «anche in momenti in cui non gli conveniva».

            Parole sue. «Nel momento in cui certi poteri erano più forti della giustizia in Calabria, questa rete, e altre reti, hanno riportato quello che vedevano. Perché questa rete mandava ogni giorno in conferenza stampa e nelle udienze un giornalista. Ha seguito tutte le udienze (con molta probabilità si riferisce al processo Rinascita Scott, ndr), riportando anche le ragioni dell’altra parte, giustamente. Quindi io ringrazio tutta questa rete, e tutta la stampa calabrese, che ha descritto ciò che è accaduto dal 2016, per sette anni»

            «Catanzaro è sotto la media nazionale per ingiuste detenzioni»

            La conduttrice Antonella Grippo i detrattori glieli piazza tutti in rassegna (stampa). Prendiamo il Foglio che punta il dito contro le ingiuste detenzioni in Calabria: “L’onda lunga di Gratteri. Dal 2018 al 2024 pagati 78 milioni per le ingiuste detenzioni in Calabria”. È uno degli argomenti di punta ogni volta che si vuole screditare il magistrato di Gerace.

            Abituato a questa croce, Gratteri spiega, per l’ennesima volta: «In Calabria ci sono dieci procure alle quali corrispondono dieci tribunali dove i giudici emettono le ordinanze di custodia cautelare, dove il Riesame controlla la legittimità e la fondatezza dell’ordinanza di custodia cautelare. Non c’è solo il pm», dice Gratteri che ricorda che ci sono tre gradi di giudizio e «in genere si pensa che l’ultimo giudice ha ragione». «Io mi sono fatto mandare gli atti degli ultimi sette anni, della gestione Gratteri, diciamo così, sulla Procura di Catanzaro». Il risultato, dice il procuratore è che «in base agli arrestati, ai condannati e agli assolti, la Procura di Catanzaro è sotto la media nazionale per ingiuste detenzioni. Quindi non capisco dov’è la notizia, dov’è lo scandalo se la gestione Gratteri è sotto la media nazionale per le ingiuste detenzioni».

            L’accusa di bluff sulle maxi operazioni

            E anche sul fronte delle maxi operazioni, prima fra tutte Rinascita Scott, Gratteri rimanda al mittente le critiche, anche recenti. «Il narrato è che tutte le indagini fatte da Gratteri sono un bluff. Allora spiegatemi – dice il procuratore – perché camminando per la provincia di Vibo andate più veloci perché nelle strade ci sono meno macchine per quanta gente è in galera. Spiegatemi perché in provincia di Vibo ci sono circa 40 persone al 41bis.

            Ci sono già le sentenze definitive in Cassazione di processi importanti celebrati su Vibo. Questa narrazione del bluff comincia a essere smentita dai fatti». Eppure questo non ha impedito alle camere penali di gridare al bluff appena un’ora dopo che era uscita l’ordinanza riassuntiva della retata di Rinascita: 5000 pagine delle quali 450 solo di capi di imputazione. «Almeno – scherza Gratteri – prendevi 48 ore per leggere le carte».

            «Nessun pregiudizio accusatorio»

            All’attacco del procuratore, di recente, si è rilanciato anche l’ex governatore della Calabria Mario Oliverio che più di un processo ha dovuto affrontare nell’era Gratteri. Ne è uscito fino a ora assolto, anche se le contestazioni a suo carico proseguono anche nel dopo Gratteri. Ma Oliverio accusa il procuratore di avergli stroncato la carriera politica.
            Antonella Grippo, nelle vesti di provocatrice, ricorda all’ospite che la Cassazione parlò di “pregiudizio accusatorio” nei confronti del politico.

            «Io non ho pregiudizio accusatorio – risponde Gratteri – noi abbiamo fatto quello che abbiamo fatto in base alle intercettazioni telefoniche, alle dichiarazioni e ai verbali assunti… Io non ce l’ho il pregiudizio accusatorio. Ma noi abbiamo visto anche delle foto, ascoltato le intercettazioni di qualcuno che si preoccupava di andare a Roma e che poi è sceso a Reggio Calabria in consiglio regionale…». «È bene – dice Gratteri – che si leggano le carte su ciò che accadeva a Catanzaro, a Crotone…».

            L’affaire Falcone: «Non era un’intervista ma il contenuto era autentico»

            E torniamo al Foglio e agli attacchi sulla cosiddetta “finta intervista a Falcone su Repubblica” letta nel corso della trasmissione Di Martedì che, ha più volte spiegato il procuratore di Napoli, «me l’hanno mandata persone serie». Altro argomento, questo, al quale si sono avvinghiati i detrattori del procuratore. «Rispetto a tutto quello che ho letto, l’unica cosa non vera – dice Gratteri – è che si trattava di una intervista. Non si trattava di un’intervista. Infatti io la settimana dopo ho spiegato che il contenuto di quello che io ho letto è vero. Perché l’8 maggio 1992 all’Istituto di Gonzaga dei gesuiti di Palermo, Falcone interviene sul punto (la separazione delle carriere, ndr) e ripete quello che io ho detto a Di Martedì». Insomma, cambiano le circostanze (non un’intervista a Repubblica ma un intervento dai gesuiti) ma Falcone, nella sostanza, quelle cose ha detto.

            «Odio e paura verso la mia credibilità»

            Ma a cosa è servito questo piccolissimo inciampo? A far emergere «falsità, attacchi gratuiti dove emerge il livore, l’odio nei miei confronti, dove non c’è serenità nei miei confronti ma odio e paura della mia credibilità e visibilità. Ma non sanno che la mia serietà, la mia credibilità passa da un’intera vita dedicata al lavoro, rinunciando a tutto».
            Ma non solo. L’episodio su Falcone, ricorda Antonella Grippo, che un po’ intervista e un po’ pontifica, ci insegna che bisogna laicizzare il dibattito pubblico senza inginocchiarsi al santino di turno prostrandosi all’ipse dixit come fosse Vangelo. Anche perché «30 anni fa c’era un altro sistema».

            «Il mio padrone deve ancora nascere»

            E a chi vuole tirare Nicola Gratteri a destra o a sinistra, a chi vuole intrupparlo nel Pd o definirlo fascista, il procuratore di Napoli, semplicemente, risponde: «La mia storia di uomo e di magistrato si è sempre distinta per non essere né di destra né di sinistra né di centro. Mi sono costruito una vita per dire esattamente quello che penso, di qualsiasi argomento, di chiunque e guardandolo negli occhi». I detrattori si mettano d’accordo. Che sia il magistrato che parlando con un indagato ha definito Gratteri fascista, o che sia il Pd che non lo ha mai votato quando ha fatto domanda per procuratore aggiunto di Reggio Calabria, procuratore di Reggio Calabria, procuratore di Catanzaro, procuratore nazionale antimafia e procuratore di Napoli. Gratteri ci ricorda che sono stati i parlamentari di destra nel Csm a votarlo a procuratore di Napoli, quelli stessi con in quali oggi sta ingaggiando una battaglia perché non passi la loro riforma costituzionale sulla magistratura. «Il mio padrone – ride Gratteri – deve ancora nascere».

            Ma dov’è la destra, dov’è la sinistra…

            E sul tema destra-sinistra il magistrato si lancia anche in una analisi politica: «Se si studia la storia da Tangentopoli ad oggi, per me è anacronistico parlare di destra o di sinistra. Se tu studi oggi Fratelli d’Italia come fai a dire che è destra rispetto ad Almirante o a Fini? Come fai oggi a dire che il Pd è sinistra? Io da decenni sento dire “dobbiamo tornare alle periferie”, ma, anche per sbaglio, una foto della periferia non l’ho mai vista». Non le manda a dire Gratteri e questa non è una novità. Però assicura che con lui si possa fare altrettanto. Però non di nascosto, come pare che stiano facendo molti in questo periodo, ma «con spina dorsale e coerenza».

              Continua a leggere

              Cronaca Nera

              Caso Yara, la difesa di Bossetti ottiene i tracciati del Dna: dopo sei anni arrivano i dati grezzi e riparte la caccia all’identità di “Ignoto 1”

              Gli avvocati di Bossetti hanno ricevuto i tracciati delle analisi genetiche raccolti in Val Brembana durante l’inchiesta sull’omicidio di Yara Gambirasio. Si tratta di dati mai entrati nel fascicolo dibattimentale e ora riconosciuti come “potenzialmente nuovi”. La difesa prepara una revisione.

              Avatar photo

              Pubblicato

              il

              Autore

                Dopo anni di richieste rimaste senza risposta, la difesa di Massimo Bossetti ha finalmente ottenuto copia dei tracciati del Dna raccolti durante l’inchiesta sull’omicidio di Yara Gambirasio. Un hard disk capiente, consegnato questa mattina all’avvocato Claudio Salvagni, contiene gli elettroferogrammi e i grafici ad alta definizione prodotti nel corso di quella che è stata definita l’indagine genetica più vasta della storia italiana. I dati riguardano il profilo genetico della vittima e quelli, in forma anonima, delle migliaia di campioni prelevati in Val Brembana alla ricerca dell’identità di “Ignoto 1”.

                Il materiale comprende anche le immagini fotografiche dei reperti analizzati dal Ris di Parma e le caratterizzazioni genetiche anonime effettuate nel corso dell’inchiesta. Documenti che lo stesso Tribunale definisce “non acquisiti al fascicolo dibattimentale” e dotati del carattere di “potenziale novità della prova”, un passaggio formale che potrebbe assumere un peso importante nell’eventuale richiesta di revisione.

                Per Salvagni, l’obiettivo è chiaro: individuare elementi che possano rimettere in discussione la condanna all’ergastolo di Bossetti, diventata definitiva nel 2018. “Le stringhe – spiega all’Adnkronos – riempiono 70 pagine fronte-retro stampate su fogli A3. È una mole enorme di dati grezzi. Saranno necessari mesi di lavoro per uno screening completo e per capire se tra queste sequenze si nascondono elementi utili a dimostrare l’innocenza di Massimo Bossetti”.

                Non si tratta dell’accesso ai reperti fisici — un nodo che resta ancora aperto dopo il rigetto delle precedenti richieste — ma delle tracce numeriche prodotte all’epoca della maxi-inchiesta, conservate per anni e oggi rese disponibili. Secondo la difesa, il pacchetto di informazioni potrebbe consentire nuove verifiche tecniche su un Dna che, nel processo, ha rappresentato il perno dell’accusa e della condanna.

                A distanza di quattordici anni dalla scomparsa di Yara, la vicenda giudiziaria continua dunque a muoversi tra atti, ricorsi e controanalisi. Con l’arrivo dei tracciati, la partita sembra appena riaperta, almeno sul piano tecnico-scientifico. Resta ora da capire se il lavoro dei consulenti porterà davvero elementi tali da sostenere un’istanza di revisione del processo.

                  Continua a leggere
                  Advertisement

                  Ultime notizie

                  Lacitymag.it - Tutti i colori della cronaca | DIEMMECOM® Società Editoriale Srl P. IVA 01737800795 R.O.C. 4049 – Reg. Trib MI n.61 del 17.04.2024 | Direttore responsabile: Luca Arnaù