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Altro che Mafia, ecco le organizzazioni criminali più temute al mondo

Un breve tour nella vita delle più temute e famose cosche del 2024, esplorando l’intricata trama delle loro operazioni, i miti che circondano la loro eredità e la cruda realtà del loro impatto sulle comunità di tutto il mondo.

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    L’oscuro mondo delle organizzazioni criminali ha da sempre affascinato e terrorizzato le società di tutto il mondo. Dalla spietata Mafia siciliana, immortalata in innumerevoli film, all’elusiva Yakuza, con le sue tradizioni ben radicate e le sue imprese moderne, queste organizzazioni esercitano un potere che spesso mette in discussione il sistema stesso della legge e del diritto. E, là dove manca un tessuto culturale solido, attirano sempre più giovani desiderosi di emulare gesta e guadagnare velocemente molti soldi anche a costo di uccidere. Di seguito un breve tour nella vita delle più temute e famose cosche e organizzazioni dagli anni ’70 ai giorni nostri. Alla scoperta dell’intricata trama delle loro operazioni e dei miti che circondano la loro eredità. Ma soprattutto della cruda realtà del loro impatto sulle comunità di tutto il mondo.

    Brigate Rosse, Italia

    Qualcuno non le conosce e ne ha solo sentito parlare, qualcuno se le è pure dimenticate. Alcuni piangono in famiglia le loro numerose vittime. Di certo per una intera generazione le Brigate Rosse hanno segnato la cronaca delle loro giornate dagli anni ’70 agli anni ’90. Le Br sono emerse come una forza temibile fra gli anni ’70 e ’80, mescolando ideologia politica e tattiche spietate. La loro campagna di rapimenti, omicidi e rapine era guidata da un programma che aveva come obiettivo di sconvolgere il sistema statale italiano e provocare una risposta rivoluzionaria. Il rapimento e l’assassinio del Presidente del Consiglio Aldo Moro nel 1978 segnò l’apice della loro infamia, lasciando una cicatrice nella coscienza della nazione.

    Hells Angels, USA

    Fondato a metà del XX secolo, gli Hells Angels sono diventati iconici nella cultura motociclistica americana. Ma al di là del folklore sotto le giacche di pelle e i motori rombanti si nasconde una storia segnata dal traffico di droga, da scontri violenti e da un’inflessibile fedeltà al club. Nonostante affermino di non essere un’organizzazione criminale, le attività illegali hanno segnato la loro reputazione.

    Vice Lords, USA

    I Vice Lords sono una delle bande più antiche e influenti di Chicago. Hanno radici in un centro di detenzione giovanile alla fine degli anni ’50. Da uno sforzo collettivo per proteggere i propri membri, si sono evoluti in una sofisticata rete criminale impegnata in estorsioni, riciclaggio di denaro e crimini violenti. La loro notorietà crebbe con il tempo, portando a un’indagine federale che mise in luce molti atti criminali compiuti anche senza alcun motivo apparente ma solo per agire con violenza a tutto ciò che li provocava.

    Fratellanza Ariana, USA

    La Fratellanza Ariana è una delle gang più temute nel sistema penale americano, nota per la sua violenza e il contrabbando di droga. Nata nel sistema carcerario statunitense, questa banda ha consolidato la sua fama attraverso atti di violenza e sfruttamento dei detenuti. La loro infamia è diventata un tema affascinante per i media popolari. E anche per molti sceneggiati e docufilm.

    Los Zetas, Messico

    Inizialmente formati da soldati messicani disertori, i Los Zetas nel corso degli anni si sono distinti per la loro brutalità e disciplina militare. Sono noti per le loro operazioni di traffico di droga e di esseri umani, mantenendo un regime di terrore caratterizzato da decapitazioni ed esecuzioni memori delle loro scorribande sotto i vestiti militari. Nonostante la cattura o l’uccisione dei leader originari, rimangono ancora uno dei cartelli messicani più temibili.

    Cartello di Sinaloa, Messico

    Il Cartello di Sinaloa è sinonimo di traffico di droga, noto per il suo commercio di cocaina, eroina e metanfetamine negli Stati Uniti. Sotto la guida di “El ChapoGuzman, è stato nominato dalla DEA come la più attiva organizzazione di narcotraffico. Nonostante l’incarcerazione di El Chapo, il cartello continua a operare con una resilienza impressionante.

    Barrio Azteca, USA

    Il Barrio Azteca è emerso dal sistema carcerario del Texas, diventando una forza formidabile nel mondo del narcotraffico. La loro lealtà e spietatezza li ha resi preziosi per il Cartello di Juarez. Il loro portfolio criminale include rapimenti, furti d’auto e omicidi su commissione.

    Mara Salvatrucha (MS-13), USA

    La Mara Salvatrucha, o MS-13, è conosciuta per la sua estrema violenza. Originariamente formata per proteggere gli immigrati salvadoregni a Los Angeles, oggi è coinvolta in furti, traffico di esseri umani e prostituzione minorile. La loro reputazione li rende una delle bande più temute al mondo.

    Latin Kings, USA

    I Latin Kings sono nati come movimento di cambiamento sociale a Chicago, ma si sono evoluti in un’organizzazione criminale strutturata. La loro storia racconta una trasformazione da gruppo che lottava per i diritti dei latino-americani seguiti da molti giovani a organizzazione coinvolta in varie attività criminali.

    Bloods and Crips, USA

    La faida tra i Bloods e i Crips è una leggenda nella storia di Los Angeles. Fondata nel 1969, la rivalità tra queste bande ha definito il panorama criminale della città, con entrambe le fazioni che si contendono la supremazia attraverso violenza, traffico di droga e estorsioni. Nel 2015 Herbert C. Covey ha scritto un libro mai tradotto in italiano “Crips and Bloods: A Guide to an American Subculture“.

    Mungiki, Kenya

    Il Mungiki, nato in Kenya, combina una fiera salvaguardia della cultura con una spietata attività criminale. Questo gruppo ha attratto giovani promettendo un ritorno ai valori tradizionali, ma è anche coinvolto in estorsioni, omicidi e una posizione militante contro l’influenza occidentale.

    Cartello di Medellín, Colombia

    Guidato dal famigerato Pablo Escobar, da almeno 50 anni è il simbolo, insieme alla mafia e alla ndrangheta delle organizzazioni criminali più diffuse e pericolose. Il Cartello di Medellín era responsabile di gran parte della cocaina che entrava negli Stati Uniti negli anni ’80. Gli audaci sforzi di Escobar per mantenere il controllo hanno segnato un capitolo oscuro della storia della Colombia.

    Triade, Cina

    La Triade cinese è una rete criminale complessa con roccaforti a Hong Kong, Macao e Taiwan. Le loro operazioni includono contrabbando, omicidio e crimini sofisticati, riflettendo i cambiamenti della società e dell’economia.

    Yakuza, Giappone

    La Yakuza, con radici antiche che risalgono al 1600, è un pilastro della malavita giapponese. I membri aderiscono a un rigido codice di condotta e sono noti per i loro tatuaggi che simboleggiano il loro impegno. Le loro attività includono traffico di prostituzione, strozzinaggio e traffico di armi.

    Mafia Siciliana, Italia

    La mafia siciliana, o Cosa Nostra, è una leggenda nel mondo del crimine organizzato. Con una storia resa famosa da film come “Il Padrino“, è nota per la violenza e le guerre tra clan. Le loro attività criminali includono estorsione, racket e gestione di giri di prostituzione. Ma sintetizzare il perché e come agisce la mafia siciliana ci vorrebbero pagine e pagine con la certezza di non riuscire mai a scrivere l’ultima parola.

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      Mondo

      Cina, stretta sui social: stop a pessimismo, troll e contenuti negativi

      Il governo lancia una campagna di due mesi per limitare messaggi che diffondono sconforto e rabbia online

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      cultura Sang

        La Cina ha deciso di lanciare una nuova campagna contro i contenuti considerati troppo negativi diffusi su internet. Lunedì l’Amministrazione del Cyberspazio cinese ha annunciato un’iniziativa di due mesi per “fermare chi incita emozioni pessimistiche e sentimenti maligni” nelle piattaforme online.

        L’operazione non riguarda solo i social network più diffusi, ma anche i servizi di video brevi, le piattaforme di live streaming usate per l’e-commerce e perfino i commenti pubblicati sotto articoli o video.

        Alcuni divieti, come quello contro la violenza o le minacce, sono comuni in molti Paesi. Ma Pechino vuole andare oltre: l’obiettivo è limitare anche chi diffonde messaggi che parlano di “vita senza speranza”, “studio inutile” o “impegno sprecato”. Si tratta di pensieri legati alla cosiddetta cultura Sang, una tendenza nata tra i giovani cinesi che esprime stanchezza, sfiducia e rassegnazione.

        Una sfida sociale ed economica

        La cultura Sang ha preso piede negli ultimi anni per vari motivi: il costo della vita sempre più alto nelle grandi città, le difficoltà a trovare lavori soddisfacenti anche per i laureati, la crescita economica più lenta rispetto al passato. Tutto questo alimenta la sensazione che “non valga la pena lottare”.

        Secondo le autorità, i social network contribuiscono a rafforzare questi sentimenti perché mostrano agli utenti contenuti simili a quelli che già guardano. In questo modo chi segue video e post “depressi” finisce per rimanere chiuso in un tunnel di pessimismo.

        Per questo la nuova campagna punta a bloccare chi “si denigra in modo eccessivo, esagera la tristezza o promuove la stanchezza esistenziale, inducendo altri a imitarla”.

        Anche troll e fake news nel mirino

        Il governo vuole colpire anche i troll, cioè gli utenti che organizzano attacchi online contro altri. Il documento ufficiale cita il caso di chi sfrutta film, talk show o eventi sportivi per spingere i fan a lanciarsi in insulti e denunce di massa contro i rivali.

        Nella lista nera entrano pure i contenuti generati dall’intelligenza artificiale che mostrano scene violente, così come la diffusione di teorie del complotto e notizie false.

        Le piattaforme che ospiteranno post vietati rischiano multe e dovranno effettuare una “rettifica”: non solo scuse formali, ma l’impegno concreto a cambiare regole e strumenti per impedire che gli errori si ripetano.

        Non è la prima volta

        Non si tratta di una novità assoluta. Secondo dati raccolti da The Register, questa è almeno la quinta campagna di questo tipo dal 2021. Ciò fa pensare che le precedenti non abbiano avuto un’efficacia duratura.

        Tuttavia il messaggio politico è chiaro: la Cina vuole mantenere il controllo sul clima emotivo della sua rete, limitando i discorsi di scoraggiamento e rafforzando una narrazione positiva.

        Resta da capire se questo intervento servirà davvero a migliorare l’umore collettivo o se finirà per alimentare nuove critiche, magari proprio di quel pessimismo che Pechino vuole mettere a tacere.

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          Mondo

          Pete Hegseth, il generale del botox: “Vuole un esercito a sua immagine”. E mentre predica disciplina, si liscia le rughe

          Il 45enne ex volto di Fox News, noto per le sue crociate contro “soldati grassi e trascurati”, avrebbe ceduto al bisturi soft per rifinire la sua immagine. “È ossessionato dal corpo e dall’idea di forza”, racconta una fonte interna. Intanto il Dipartimento della Difesa attacca la stampa ma non smentisce.

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            L’unica guerra vinta, finora, sembra quella contro le rughe. Pete Hegseth, 45 anni, ex anchorman di Fox News e oggi capo del Pentagono nell’amministrazione Trump, è finito nel mirino del Daily Mail per un presunto trattamento estetico a base di botox. Le immagini pubblicate dal quotidiano britannico mostrano il segretario della Difesa prima e dopo un ciclo di iniezioni che, dicono i bene informati, risalirebbe a circa un mese fa.

            Niente conferme ufficiali dal Dipartimento della Difesa, che ha definito “spazzatura” l’articolo, ma le foto parlano chiaro: pelle più liscia, fronte immobile, linee d’espressione sparite. E così, mentre il mondo osservava le crisi in Ucraina e Medio Oriente, il guerriero dell’America si sarebbe concesso un blitz di vanità.

            Hegseth, veterano dell’Iraq e volto simbolo della destra trumpiana, aveva da poco invocato “standard fisici più duri” per le forze armate, criticando “i soldati grassi, i tatuaggi e la cultura del disimpegno”. Un approccio militare e morale che sembra cozzare con il suo nuovo volto di cera.

            Una fonte interna al Pentagono, citata dal Daily Mail, racconta un retroscena gustoso: “È tutta una questione di ego per Pete. È sempre stato pieno di sé, ma ultimamente il suo ego è alle stelle. È ossessionato dal suo corpo e ora vuole creare un esercito a sua immagine”.

            Hegseth non è nuovo alle polemiche. Ex opinionista tv e autore di bestseller patriottici, ha costruito la propria carriera sulla retorica dell’uomo forte, il patriota puro, l’americano che non cede al politically correct. Ora, però, l’eroe del fitness patriottico deve fronteggiare una nuova accusa: quella di essersi arreso alla più borghese delle debolezze, il bisturi.

            Per qualcuno, la trasformazione estetica è solo un dettaglio. Per altri, è la metafora perfetta del nuovo Pentagono: duro con gli altri, morbido con se stesso.

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              Quando la politica imita la TV: perché Putin crede che Trump e Civil War segneranno la fine dell’impero americano

              Tra fiction e geopolitica, il Cremlino vede nel ritorno di Trump alla Casa Bianca e nel film distopico di Alex Garland che (in Italia chiunque può vedere su Amazon Prime) il preludio a una disgregazione degli Stati Uniti. Un’analisi che intreccia la realtà e la fantasia per sostenere l’idea di un impero al tramonto.

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                Può un film distopico che in Italia tutti possono vedere su Amazon Prime influenzare la politica del mondo intero? La risposta potrebbe sembrare no, ma non per Vladimir Putin. In Russia, Civil War, il film diretto da Alex Garland, è stato accolto come molto più di un’opera di intrattenimento: è stato interpretato come una rappresentazione concreta del declino dell’impero americano, una visione che, agli occhi del Cremlino, si intreccia perfettamente con la rielezione di Donald Trump.

                Un futuro distopico

                La trama del film, ambientata in un futuro distopico, segue un gruppo di giornalisti in un’America devastata dalla guerra civile, dove odio, intolleranza e disuguaglianza dilagano senza controllo. Garland dipinge un quadro terribilmente realistico di un Paese in frantumi, incapace di affrontare le sue crisi interne e divorato dalla violenza. L’opera, concepita come una metafora critica, in Russia è stata vista come una previsione di ciò che potrebbe realmente accadere.

                Non è solo un film

                Per il Cremlino, Civil War non è solo un film, ma un modo per analizzare e interpretare le fragilità americane. Non a caso, il titolo è stato tradotto in russo con un’enfasi particolare sulla “fine di un impero”, e il messaggio del film è stato adattato alla narrativa politica locale. Secondo molti osservatori russi, l’America di oggi rispecchia fin troppo bene quella immaginata da Garland: un Paese polarizzato, segnato da tensioni razziali, disuguaglianze economiche e un sistema politico sempre più paralizzato dai conflitti interni.

                Il collasso di una superpotenza

                In questo contesto, la rielezione di Trump alla presidenza degli Stati Uniti è vista da Mosca come l’elemento che potrebbe accelerare il collasso di questa superpotenza. Non si tratta di simpatia o di un’alleanza strategica con l’ex presidente americano. Al contrario, Putin e il suo entourage sembrano essere pienamente consapevoli del fatto che Trump non sarà un leader facile con cui trattare, né tanto meno un amico della Russia. Ma proprio per questo motivo, lo considerano il leader ideale per alimentare ulteriormente le divisioni interne agli Stati Uniti.

                Il suo peggior nemico

                Secondo questa visione, Trump non è il salvatore dell’America, ma il suo peggior nemico. La sua retorica divisiva, il suo stile di governo imprevedibile e la sua tendenza a sfidare le istituzioni democratiche sono considerati il catalizzatore perfetto per portare l’America più vicina al baratro. E in un mondo in cui il cinema spesso anticipa o rispecchia le ansie della realtà, Civil War diventa una lente attraverso cui il Cremlino osserva e spera di capire l’evoluzione del nemico numero uno.

                Trump non è visto come un alleato della Russia

                Mikhail Zygar, giornalista russo in esilio, ha descritto con lucidità questa strategia in una sua analisi: “Trump non è visto come un alleato della Russia, ma come un’arma contro l’America stessa. La sua rielezione è considerata un’opportunità per alimentare il caos e accelerare la disgregazione degli Stati Uniti”.

                La lettura russa di Civil War non è casuale. Il film, con la sua rappresentazione spietata di un’America che implode sotto il peso delle sue contraddizioni, risuona profondamente in un Paese che da sempre guarda agli Stati Uniti come a un rivale da superare. Il Cremlino ha trasformato questa opera cinematografica in una sorta di mappa geopolitica: una guida simbolica alle fragilità americane e un modo per rafforzare la propria narrativa di un Occidente in declino.

                Ma quanto di questa visione è realtà e quanto è solo un desiderio proiettato? L’America è davvero sull’orlo di un collasso simile a quello immaginato da Garland, o il Cremlino esagera deliberatamente per alimentare la sua propaganda interna? Quello che è certo è che il ritorno di Trump alla Casa Bianca promette di portare nuove sfide, non solo per gli Stati Uniti ma per l’intero equilibrio globale.

                E mentre Civil War continua a essere trasmesso come un avvertimento distopico, per Putin e il suo entourage è qualcosa di più: una possibile profezia che attendono con impazienza di vedere avverarsi. Forse Hollywood non cambierà il mondo, ma l’idea che possa farlo rende il gioco geopolitico ancora più interessante, e decisamente inquietante.

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