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A Disneyland 14mila dipendenti in sciopero. È la prima volta nella storia del parco divertimenti

Migliaia di lavoratori dei parchi a tema e dei resort Disney in California, negli Stati Uniti, hanno votato a favore di uno sciopero generale in risposta alla sospensione sulle trattative sindacali

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    Disneyland Paris è il luogo dove i sogni dei bambini diventano realtà. Tuttavia, per molti dei dipendenti che lavorano dietro le quinte, la vita quotidiana è tutt’altro che da sogno.

    Le proteste dei dipendenti

    Negli ultimi giorni, striscioni sindacali e slogan di protesta hanno sostituito i personaggi in costume e la musica festosa. I lavoratori del parco divertimenti, principale destinazione turistica europea, sono in sciopero, rivendicando migliori condizioni di lavoro e salari più equi. In California, anche i lavoratori dei parchi a tema e dei resort Disney hanno votato a favore di uno sciopero generale dopo che le trattative sindacali si sono arenate ad aprile.

    I lavoratori coinvolti

    La decisione di scioperare è stata presa con una netta maggioranza. Una coalizione di quattro sindacati, rappresentante di 14.000 lavoratori tra cui operatori di giostre, commessi, custodi e altri dipendenti, ha votato per l’azione.

    Rapporti tesi con l’azienda

    I rapporti tra le parti sono tesi da settimane. Il 10 giugno, alcuni lavoratori Disney hanno presentato un’accusa di pratica sindacale sleale contro l’azienda, ora sotto indagine del National Labor Relations Board. Centinaia di lavoratori hanno protestato fuori dal parco con cartelli e spille che mostrano il pugno guantato di Topolino in segno di sfida, chiedendo una paga equa.

    Le richieste degli scioperanti

    Gli scioperanti chiedono un aumento salariale di 200 euro al mese, il raddoppio dello stipendio la domenica e orari di lavoro più ragionevoli. “Alcuni di noi sono a pezzi”, hanno dichiarato i lavoratori attuali ed ex dipendenti sui social media.

    Agathe Guittet, ex truccatrice, ha descritto l’ambiente di lavoro come tossico, con orari che cambiavano continuamente, mancanza di personale e turni nei fine settimana senza retribuzione aggiuntiva. “Ti rendi conto che questo lavoro ti sta distruggendo e i tuoi superiori se ne fregano”, ha scritto su Twitter.

    Una crepa nella facciata Disney

    Nonostante la tendenza francese a scioperare, Disneyland Paris non è stato teatro di frequenti azioni sindacali. L’ultimo grande sciopero risale al 1999 per una controversia salariale. In merito allo sciopero attuale, i dipendenti hanno parlato di “ultima risorsa dopo una risposta insufficiente (e per alcuni insultante) da parte della direzione”.

    Secondo quanto riferito, Disney avrebbe offerto di consegnare ai dipendenti il bonus di fine anno in rate mensili insieme a un bonus una tantum di 125 euro a maggio.

    La risposta della Disney

    Un portavoce di Disneyland Paris ha dichiarato che la direzione ha anticipato le trattative annuali con i sindacati da ottobre ad agosto. “Negli ultimi 12 mesi, la maggior parte dei dipendenti ha visto aumentare i propri stipendi tra il 9 e il 12 per cento e ha beneficiato anche di bonus”, ha aggiunto il portavoce.

    L’anno scorso, i ricavi di Disneyland Paris hanno raggiunto un livello record di 2,4 miliardi di euro grazie all’abolizione delle restrizioni Covid-19 e al nuovo parco a tema supereroi Marvel. Il parco ha registrato un utile operativo di 47 milioni di euro, una gradita sorpresa per un settore che raramente registra profitti.

    La voce dei dipendenti

    I dipendenti in sciopero dicono di volere semplicemente la loro parte: “Siamo noi a creare la magia, ma non ne beneficiamo”.

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      Mondo

      Troppi ordini sbagliati, McDonald’s non si fida più dell’Intelligenza Artificiale!

      La sperimentazione di McDonald’s con l’intelligenza artificiale ha mostrato i limiti attuali della tecnologia nel settore della ristorazione rapida. Sebbene l’azienda abbia deciso di sospendere l’uso dell’Automated Order Taker, il futuro dell’automazione nei fast food continua a evolversi, con altri competitor che dimostrano il potenziale di queste soluzioni quando implementate correttamente.

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        McDonald’s ha abdicato e ha detto addio allAutomated Order Taker. Il colosso americano ha sospeso l’utilizzo del suo sistema di intelligenza artificiale per gli ordini drive-through, Automated Order Taker (AOT). La tecnologia, sviluppata in collaborazione con IBM ha generato troppi errori negli ordini, causando frustrazione tra i clienti e il personale.

        Scarsa precisione e ordini bizzarri

        L’AOT ha mostrato una precisione appena superiore all’80%, con un ordine su cinque sbagliato. Gli errori includevano combinazioni insolite come il bacon sul gelato e centinaia di nuggets non richiesti. La tecnologia inoltre ha faticato a capire dialetti e accenti diversi vista anche la multietnicità dei dipendenti del colosso del fast food, portando a ulteriori fraintendimenti.

        E così McDonald’s ritorna la passato

        Mason Smoot, che è Chief Restaurant Officer di McDonald’s in tutti gli Stati Uniti, ha deciso di porre fine alla partnership con IBM per l’AOT. La tecnologia è stata disattivata in tutti i ristoranti. Ma altri competitor di McDonald’s hanno ottenuto risultati migliori con soluzioni analoghe. Per esempio Wendy’s utilizza Google Cloud per gli ordini drive-through, con una precisione dell’86%. Carl’s Jr. e Taco John’s si affidano a Presto, con una percentuale di ordini corretti fino al 90%.

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          Mondo

          Jeffrey Epstein, le nuove foto choc: immagini seminudo accanto a quello che sembra il piede di un bambino riaccendono l’orrore

          Le immagini, diffuse con l’ultimo pacchetto di file federali, mostrano Jeffrey Epstein sorridente nella sua proprietà privata, in posa vicino a quello che sembra essere il piede di un minore. La foto, presumibilmente scattata nella villa sull’isola caraibica usata per gli abusi insieme a Ghislaine Maxwell, si aggiunge alle centinaia di documenti, elenchi di “massaggiatrici” e testimonianze che descrivono un sistema organizzato di sfruttamento sessuale di ragazze minorenni. Molti volti e nomi restano ancora oscurati.

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            Sono immagini che non aggiungono prove giuridiche decisive, ma riportano in primo piano l’orrore di un mondo costruito sull’abuso e sul potere. Nella nuova tranche di documenti desecretati sul caso Jeffrey Epstein, il Dipartimento di Giustizia statunitense ha diffuso alcune foto finora inedite: tra queste, una in particolare ha fatto il giro del web, quella in cui il finanziere pedofilo appare seminudo, seduto su un divano, con accanto quello che sembra il piede di un bambino. Un dettaglio che, da solo, basta a restituire il clima della famigerata isola privata dove per anni sarebbero avvenuti gli abusi.

            A torso nudo a pochi passi da un bambino

            Epstein è ritratto a torso nudo, in pantaloni della tuta bianchi, il maglione stretto tra le mani, un sorriso rilassato rivolto verso l’obiettivo. A pochi centimetri da lui si vede una gamba magra, con una piccola scarpa nera, che non arriva nemmeno al bordo del divano bianco. L’identità della persona accanto a lui non è chiara, e il volto – nelle immagini rese pubbliche – non compare. La foto è stata attribuita all’abitazione caraibica ribattezzata dai media “isola dei pedofili”, la stessa in cui Epstein e la sua complice Ghislaine Maxwell avrebbero organizzato per anni incontri e “massaggi” con ragazze spesso minorenni.

            Foto agghiaccianti

            Le nuove foto si affiancano a un enorme pacchetto di atti: la prima tranche di documenti federali, a lungo secretati, è stata caricata online in più blocchi, per un totale di centinaia di migliaia di pagine. Dentro ci sono elenchi, verbali, trascrizioni, immagini. Tra questi materiali figura anche la lista di 254 “massaggiatrici” e una documentazione che, secondo il vice procuratore generale, permette di identificare oltre 1.200 vittime, in gran parte con i nomi oscurati per ragioni di tutela.

            La stanza dei massaggi

            Le stanze della villa – in particolare la famigerata “stanza dei massaggi” – tornano così a popolare l’immaginario pubblico: lettini, olii, ambienti arredati per sembrare luoghi di relax, ma usati secondo le accuse come scenografia di un sistema strutturato di sfruttamento. Le testimonianze delle vittime, a partire da quella di Virginia Giuffre, riportano lo stesso schema: ragazze reclutate giovanissime, talvolta appena adolescenti, avvicinate con la promessa di occasioni, lavori o semplici “massaggi ben retribuiti”, poi trascinate in una spirale di dipendenza, paura e silenzio.

            Nuove carte e nuove accuse

            Le nuove carte ribadiscono come Epstein sapesse perfettamente di muoversi oltre il confine della legalità. In uno dei documenti desecretati si legge che, già nel 2002, avrebbe chiesto a una delle giovani quindicenni coinvolte quanti anni avesse, ricevendo una risposta chiara, e nonostante questo avrebbe continuato ad abusare di lei nella sua residenza di New York. Parallelamente l’avrebbe spinta a reclutare altre ragazze per “rapporti retribuiti”, trasformandola di fatto in una pedina del suo stesso sistema di tratta.

            La fotografia in cui appare rilassato, sorridente, accanto a quella piccola gamba è solo un fotogramma, ma riassume bene la distanza tra l’immagine pubblica del miliardario e il contesto in cui operava. Epstein era già stato condannato nel 2008 per aver sollecitato la prostituzione di una minorenne e inserito nel registro dei sex offenders, prima di essere nuovamente arrestato nel 2019 con l’accusa di traffico sessuale di minori. La sua morte in carcere, ufficialmente classificata come suicidio, ha lasciato irrisolte molte domande sui complici, sui clienti e sulle coperture che avrebbero reso possibile un sistema tanto esteso.

            La pubblicazione dei file, ordinata dopo lunghi bracci di ferro politici e giudiziari, non esaurisce quei punti interrogativi. Molte immagini, e numerosi documenti, restano infatti ancora coperti o parzialmente censurati. Sullo sfondo rimane la stessa domanda che accompagna il caso da anni: fino a che punto verrà resa pubblica la rete di nomi, relazioni e responsabilità che ha permesso a Jeffrey Epstein di agire indisturbato per così tanto tempo?

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              Mondo

              Epstein, pubblicati i file: oltre 1.200 vittime identificate. I democratici accusano: “Documenti censurati”. Ecco le foto!

              Dopo mesi di pressioni politiche, il Dipartimento di Giustizia americano ha iniziato a diffondere i documenti segreti sul caso Epstein. Il vice procuratore generale parla di almeno 1.200 vittime identificate, anche se in gran parte anonime. Spuntano foto, contatti, riferimenti e una lunga agenda: materiale che non prova automaticamente reati di terzi, ma riapre interrogativi su anni di abusi e complicità taciute. Intanto i democratici attaccano: “Pubblicazione incompleta e censurata”.

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                Il caso Epstein torna a scuotere gli Stati Uniti e mezzo mondo. Il Dipartimento di Giustizia ha iniziato a pubblicare parte dei documenti finora segreti legati alle indagini sul finanziere condannato per abusi sessuali e morto in carcere nel 2019. Non tutti gli atti, ma oltre 300.000 pagine: un archivio enorme, atteso da anni, che racconta la rete di vittime, complicità e contatti costruita nel tempo.

                Oltre 1.200 vittime, ma molti nomi restano oscurati

                Il vice procuratore generale ha confermato che sono state individuate più di 1.200 vittime, anche se la maggior parte dei nomi resta coperta per ragioni di privacy. Tra i materiali pubblicati compaiono elenchi, agende, verbali, corrispondenze e un documento con 254 “massaggiatrici”. Molti dettagli sono censurati, e proprio su queste oscurature i democratici americani hanno già sollevato critiche: “Pubblicazione incompleta, molti documenti fondamentali sono ancora coperti”, accusano.

                Agende, foto e contatti dell’élite globale

                Dentro il materiale emergono frammenti che riaccendono dubbi e curiosità. Tra le immagini circolate, una in particolare ha attirato l’attenzione: Bill Clinton sorridente in una vasca idromassaggio accanto a una donna il cui volto è stato oscurato per proteggerne la privacy. Non significa automaticamente che l’ex presidente abbia commesso reati, ma alimenta le domande di chi sospetta da sempre la vicinanza tra Epstein e parte dell’élite americana. Nei documenti compaiono anche contatti legati all’universo Trump, inclusi Ivana e Ivanka, senza prove di comportamenti illeciti.

                Molti italiani figurano tra gli interlocutori di Epstein: tra i nomi ricordati, Flavio Briatore e Giuseppe Cipriani, accanto a personalità del mondo dello spettacolo, della finanza e della cultura internazionale, da Mick Jagger al premio Nobel per la pace e sopravvissuto all’Olocausto Elie Wiesel. In una fotografia compare anche Michael Jackson. Ancora una volta: nomi e presenze non equivalgono automaticamente a responsabilità penali, ma mostrano quanto fosse penetrante la rete di relazioni di Epstein.

                Gli atti sugli abusi: un sistema costruito per anni

                Tra i documenti declassificati non ci sono solo foto e nomi. Ci sono ricostruzioni precise che riguardano gli abusi e la tratta sessuale minorile. In più parti si racconta come, tra il 1999 e il 2007, con la partecipazione di Ghislaine Maxwell e altri complici, Epstein abbia abusato di numerose ragazze minorenni, reclutate, intimidite, costrette al silenzio. In alcuni atti viene chiarito come Epstein sapesse perfettamente di commettere reati, e come abbia incentivato alcune vittime a reclutare altre ragazze in cambio di denaro.

                Il sito è andato in tilt

                Il sito del Dipartimento di Giustizia, intanto, è stato sovraccarico per ore: “Sei in fila”, recitava la schermata di accesso, segno di un interesse globale che non accenna a diminuire.

                Ora resta da capire cosa emergerà dai documenti ancora coperti, quali altri materiali verranno pubblicati, e se questa nuova ondata di informazioni potrà portare a nuove indagini, nuovi nomi, nuovi capitoli giudiziari. Per ora, resta un gigantesco archivio che racconta un sistema di violenza, potere e silenzi. E dimostra quanto la storia di Jeffrey Epstein non sia ancora finita.

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