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Kamala Harris potrebbe davvero raccogliere l’eredità di Joe Biden e lottare alla pari contro Trump?

Joe Biden si ritira dalla corsa alla Casa Bianca, lasciando spazio a Kamala Harris, che potrebbe diventare la prima presidente donna e di colore degli Stati Uniti. Altri possibili candidati includono governatori e il segretario ai Trasporti Pete Buttigieg.

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    Joe Biden ha annunciato il suo ritiro dalla corsa alla Casa Bianca, appoggiando Kamala Harris per la nomination democratica. Harris, già prima donna e persona di colore a ricoprire il ruolo di vicepresidente, potrebbe diventare la prima presidente donna e di colore degli Stati Uniti. Nonostante le critiche per la sua performance come vice, Harris sta guadagnando terreno su temi chiave come l’aborto.

    Nata nel 1964 a Oakland, California, Kamala Harris ha avuto una carriera ricca e variegata. Laureata alla prestigiosa università Howard, è stata procuratrice di San Francisco e della California prima di ottenere un seggio al Senato nel 2016. Barack Obama, che la definì “la più bella procuratrice del Paese”, la considera una vecchia amica e un’alleata di valore.

    Come senatrice, Harris ha guadagnato notorietà per i suoi interrogatori incisivi durante le udienze dell’ex ministro della Giustizia Jeff Sessions, divenendo una figura prominente tra i democratici. La sua campagna presidenziale del 2020 non ebbe successo, ma si distinse come una delle principali rivali di Biden durante le primarie, mettendolo in difficoltà su temi di giustizia sociale e diritti civili.

    La campagna e l’ascesa

    Nonostante lo scontro con Biden, Harris è stata scelta come sua vice nel ticket democratico. La sua nomina è stata storica, rompendo tabù e aprendo la strada per molte donne. Tuttavia, Harris ha lottato per emergere dall’ombra di Biden, faticando a bucare lo schermo. Con i suoi 59 anni e la sua fermezza, Harris potrebbe però rappresentare una valida antitesi a Donald Trump.

    La vita personale

    Kamala Harris è una collezionista di sneaker Converse e si sveglia alle 6 del mattino per allenarsi. Tra i suoi libri preferiti ci sono “Native Son” di Richard Wright e “The Lion, the Witch and the Wardrobe” di C.S. Lewis. Il suo motto, un monito della madre, è: “Potrai essere la prima, ma assicurati di non essere l’ultima”. Harris ha infranto molti tabù e ora ha l’occasione di fare la storia come prima presidente donna e di colore degli Stati Uniti.

    Possibili contendenti

    Se Harris dovesse affrontare delle primarie, potrebbero scendere in campo alcuni governatori come Josh Shapiro (Pennsylvania), J.B. Pritzker (Illinois), Tony Evers (Wisconsin) e Andy Beshear (Kentucky). Altri nomi, come il governatore della California Gavin Newsom e la governatrice del Michigan Gretchen Whitmer, sono meno probabili, mentre il segretario ai Trasporti Pete Buttigieg potrebbe essere un’opzione.

    Harris ha l’occasione della vita e potrebbe sfruttare questo momento per consolidare la sua posizione e aspirare alla presidenza, segnando un nuovo capitolo nella storia americana.

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      Mondo

      Papa Leone tra Chicago e i Blues Brothers: il documentario che svela il lato pop, americano e sorprendente del Pontefice

      Il nuovo documentario prodotto dal Dicastero della Comunicazione mostra un Leone XIV inedito: un ragazzo del South Side che parlava con le gang, amava le Ford e cantava Elton John. Una storia pop e profondamente spirituale che cambia il modo di immaginare un Papa.

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        Il Vaticano che incontra i Blues Brothers. È questa la sensazione guardando Leo from Chicago, il documentario che racconta il passato americano di Leone XIV e che, per molti, è già un piccolo cult. La skyline della Windy City, le highway illuminate, la prima pagina del Chicago Sun Times con il titolo «Da Pope!» e un ragazzino del South Side che nessuno avrebbe mai immaginato sul trono di Pietro.

        Il film parte da lì, da Dolton, sobborgo operaio in cui il futuro Papa cresceva tra biciclette, partite di baseball e l’odore della pizza ai peperoni. Il fratello Louis ricorda ancora quando una gang provò a portargli via le bici. «Lascia parlare me», disse Rob, come lo chiamavano allora. Bastarono due parole e finirono tutti amici. Era già un mediatore nato.

        Un Papa con le scarpe sporche di terra americana
        Il documentario mescola immagini d’archivio e aneddoti familiari che trasformano Leone XIV in un protagonista da cinema indipendente: la madre che recita il rosario all’alba, il seminterrato trasformato dai fratelli in una “chiesa fai da te”, lui che preparava l’altare sopra l’asse da stiro e conosceva già le preghiere in latino. A scuola una suora gli disse: «Diventerai Papa». Risero tutti. Non lei.

        C’è poi il lato pop: le Ford aggiustate a mano, il tifo sfegatato per i White Sox, la passione per The Blues Brothers, tanto che c’è una foto in cui indossa gli stessi occhiali scuri di Belushi e Aykroyd. E i panini giganti, la pizza “poperoni”, le canzoni di Neil Diamond cantate al seminario come in un musical improvvisato.

        Dal South Side al mondo
        Il ritratto che emerge è quello di un uomo normale e fuori dal comune allo stesso tempo. Un giovane che avrebbe potuto fare carriera nell’accademia, e che invece scelse la missione. «Volevo stare con gli ultimi», raccontano gli amici. Così partì per il Perù, vivendo per decenni tra le comunità più povere.

        Poi Roma, il Dicastero dei vescovi, il cardinalato e infine la Sistina. Una scalata inattesa per un uomo che non ha mai cercato il centro della scena. Proprio per questo, forse, ci è finito.

        Un Papa che parla la lingua del popolo
        Il documentario riesce a far convivere due anime: quella spirituale e quella quotidiana, quella intellettuale e quella pop, quella del pastore e quella del ragazzo americano che guidava attraverso Chicago cantando Elton John.

        È questo contrasto, così cinematografico e vero, a rendere Leone XIV il Papa più pop degli ultimi anni: uno che potrebbe benissimo entrare in scena dicendo “Siamo in missione per conto di Dio”, e nessuno si stupirebbe.

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          Mondo

          Terrassa (Spagna) sospende le adozioni dei gatti neri: una misura per proteggerli dagli abusi di Halloween

          Il comune catalano ha vietato temporaneamente le adozioni di gatti neri tra il 1° ottobre e il 10 novembre per evitare che vengano usati in rituali o atti superstiziosi. Una decisione simbolica, ma anche educativa, per promuovere un’adozione responsabile.

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          gatto nero

            A Terrassa, cittadina catalana a una trentina di chilometri da Barcellona. L’autunno di quest’anno porta con sé una misura insolita: niente adozioni di gatti neri dal 1° ottobre al 10 novembre. Il provvedimento, emanato dal Centre d’Atenció d’Animals Domèstics (CAAD) del comune, mira a evitare che gli animali vengano coinvolti in riti superstiziosi o messinscene legate ad Halloween, una festa che, con la sua crescente popolarità in Europa, porta con sé anche una scia di miti e false credenze.

            La decisione non nasce da un’emergenza specifica – le autorità locali hanno precisato che non ci sono stati casi documentati di maltrattamenti o sacrifici rituali – ma da un’attenta osservazione di un fenomeno ricorrente: un aumento improvviso delle richieste di adozione di gatti neri proprio nelle settimane a ridosso della festa del 31 ottobre. Una coincidenza che ha insospettito i responsabili del centro, preoccupati che non tutte le intenzioni fossero genuine.

            Un animale vittima di superstizioni secolari

            Il gatto nero, da secoli, è al centro di leggende e superstizioni contrastanti. Nella tradizione occidentale medievale era associato alla stregoneria e alla sfortuna, un simbolo di presagi oscuri che ancora oggi sopravvive nell’immaginario collettivo. Al contrario, in Paesi come il Giappone e la Scozia, l’animale è considerato portatore di prosperità e fortuna, soprattutto per le giovani donne in cerca d’amore o per chi intraprende un nuovo viaggio.

            Con l’avvento della cultura pop e la diffusione globale di Halloween, il gatto nero è diventato uno dei simboli visivi più ricorrenti della festività. Misterioso, elegante e inquietante al punto giusto. Ma dietro il fascino estetico si nasconde anche il rischio che l’animale venga ridotto a semplice oggetto scenico, adottato per completare un travestimento o allestire un set fotografico, per poi essere abbandonato subito dopo.

            Una pausa per riflettere sull’adozione consapevole

            Il consiglio comunale di Terrassa ha chiarito che la sospensione delle adozioni non è un divieto assoluto, ma una precauzione temporanea. Le richieste potranno comunque essere valutate, a condizione che gli operatori del CAAD verifichino la serietà e l’affidabilità del richiedente. In pratica, sarà necessario un colloquio approfondito e una revisione del “curriculum” dell’adottante, per assicurarsi che il gatto venga accolto in un ambiente sicuro e stabile.

            “Vogliamo sensibilizzare la cittadinanza sul significato dell’adozione,” ha spiegato un portavoce del centro, “che non deve essere dettata da motivi estetici o stagionali, ma da un autentico impegno verso l’animale. I gatti neri, purtroppo, sono spesso i meno adottati e i più discriminati nei rifugi.”

            Halloween tra mito e responsabilità

            La scelta del comune catalano si inserisce in una più ampia riflessione sulla responsabilità etica verso gli animali domestici. Negli ultimi anni, anche in altri Paesi, rifugi e associazioni hanno introdotto misure simili nel periodo di Halloween. Negli Stati Uniti, ad esempio, alcune organizzazioni per la protezione animale limitano da tempo le adozioni di gatti neri a fine ottobre. Temendo che possano essere oggetto di maltrattamenti o superstizioni.

            L’ordinanza di Terrassa è stata accolta con ampio consenso da parte delle associazioni animaliste spagnole, che la considerano un gesto di buon senso più che una misura repressiva. L’obiettivo è duplice: proteggere gli animali e invitare i cittadini a riflettere sul valore dell’adozione come atto di amore e responsabilità.

            In un mondo in cui l’immagine conta spesso più della sostanza, anche un piccolo provvedimento come questo diventa un messaggio potente. I gatti neri non sono portatori di sventura, ma creature straordinarie e affettuose come qualunque altro animale. E meritano di essere amati per tutta la vita, non solo per una notte di Halloween.

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              Mondo

              Giulia Sarkozy compie 14 anni tra le lacrime: Carla Bruni le dedica un messaggio commovente alla vigilia dell’arresto di Nicolas

              In un clima sospeso tra tenerezza e inquietudine, la famiglia Sarkozy si riunisce per celebrare Giulia. Carla Bruni affida ai social un messaggio pieno d’amore, mentre Nicolas si prepara alla prigione della Santé.

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                Un compleanno diverso da tutti gli altri. Domenica 19 ottobre, Giulia Sarkozy, figlia di Carla Bruni e Nicolas Sarkozy, ha compiuto 14 anni, ma la festa si è svolta in un clima difficile: a sole 48 ore dall’arresto del padre, condannato a cinque anni per associazione a delinquere nel caso dei finanziamenti libici.

                La cena si è tenuta al ristorante stellato del Four Seasons Hôtel George V di Parigi, dove la famiglia si è riunita per trascorrere insieme le ultime ore di normalità. Oltre a Carla e Nicolas erano presenti i tre figli maggiori dell’ex presidente — Pierre, Jean e Louis — e Aurélien Enthoven, il figlio che Bruni ha avuto dal filosofo Raphaël Enthoven.

                Durante la serata, tra luci soffuse e silenzi più lunghi del solito, Giulia ha ricevuto una sorpresa: una fotografia pubblicata dalla madre sui social, accompagnata da parole dolci e intense. Nell’immagine, la ragazza posa accanto alla sua cavalla Valentine, la sua più grande passione.

                «Buon compleanno alla più meravigliosa delle figlie — ha scritto Carla Bruni —. Quest’anno non è un compleanno facile, ma tu sei così forte e coraggiosa. Grazie di esistere, Giulia mia, è una felicità essere tua madre.»

                Un messaggio semplice, ma che racchiude tutta la tensione di questi giorni. Per Sarkozy, che si è detto «pronto alla prova», quella cena è stata l’ultima serata in famiglia prima di entrare alla Maison de la Santé, il carcere parigino dove sconterà la pena.

                Nonostante l’atmosfera malinconica, Giulia ha ricevuto centinaia di messaggi d’affetto. Tra i primi a scriverle, la top model Linda Evangelista e la fotografa Mae Photography, che le ha dedicato un post: «Buon compleanno mia Giu, resta come sei, sei una persona incredibile».

                Serena ma consapevole, la giovane ha ricondiviso alcuni auguri sul suo profilo, ringraziando con cuori e sorrisi. Da sempre legata all’equitazione, trascorre gran parte del tempo con la madre, lontana dai riflettori, anche se la notorietà dei genitori la accompagna fin da piccola.

                Carla Bruni, che negli ultimi giorni ha scelto il silenzio, ha voluto però mostrare una forza calma, quella che da anni caratterizza la sua figura di moglie e madre. E nel messaggio a Giulia, più che malinconia, c’è un filo di speranza: l’idea che anche nei momenti più bui, l’amore possa restare la sola, vera certezza.

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