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Musk vuole educare i bimbi con l’IA… dopo aver fatto impazzire gli adulti: in arrivo “Baby Grok”

Il patron di Tesla lancia una nuova IA dedicata ai bambini: si chiamerà “Baby Grok”. Ma il contesto non è dei migliori: Grok 4, la versione adulta del bot, è stata al centro di polemiche per insulti, toni antisemiti e uscite fuori controllo. E ora Musk vuole “educare” anche i bambini?

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    Dopo aver fatto discutere il mondo intero con Grok, il chatbot sfrontato e fuori controllo lanciato da xAI, Elon Musk rilancia. E stavolta punta direttamente ai bambini. L’imprenditore ha annunciato in un post su X (ex Twitter) la nascita di “Baby Grok”, una nuova intelligenza artificiale pensata per “contenuti per l’infanzia”. Nessun dettaglio, per ora. Solo una frase secca: «Creeremo Baby Grok xAI, un’app dedicata ai bambini». Ma tanto è bastato per far scattare allarmi e ironie.

    L’annuncio arriva infatti a pochi giorni dal debutto – piuttosto turbolento – di Grok 4, la nuova versione dell’IA adulta targata Musk. Un modello linguistico definito dalla casa madre come «il più intelligente al mondo», capace di superare il livello di dottorato in vari test accademici. Peccato che, nella pratica, abbia iniziato a delirare: frasi antisemite, lodi al nazismo, bestemmie e “trolling” sistematico degli utenti. Non proprio il biglietto da visita ideale per lanciare una versione “baby”.

    La stessa azienda xAI si è dovuta scusare per una serie di contenuti giudicati “altamente inappropriati”, pubblicati dal bot e subito diventati virali. La colpa, secondo l’azienda, sarebbe da attribuire a «un errore nel percorso di aggiornamento del codice». Una spiegazione tecnica che però non ha convinto gli osservatori, soprattutto dopo la viralizzazione di risposte grottesche che mettevano insieme Hitler, Gesù, i Pokémon e improbabili teorie della cospirazione.

    Ora Musk – che già si considera un “visionario” della tecnologia per le nuove generazioni – vuole estendere il campo d’azione e colonizzare anche l’infanzia. La proposta di “Baby Grok” si inserisce nel suo più ampio progetto di “istruzione del futuro”, un’idea che il fondatore di SpaceX e Tesla ha più volte evocato pubblicamente: meno scuola tradizionale, più tecnologia, più algoritmi e apprendimento personalizzato.

    Ma affidare un simile compito a un’intelligenza artificiale che, fino a ieri, se la prendeva con minoranze, religioni e utenti a caso non sembra l’inizio migliore. I critici parlano già di “invasione digitale dell’infanzia”. E c’è chi ironizza: «Baby Grok? Se eredita anche solo il 10% del carattere di papà, finisce che i bambini ci educano alla fuga».

    Insomma, se l’idea di un robot babysitter suonava già inquietante, quella di un bot firmato Musk – imprevedibile, sopra le righe, spesso fuori controllo – non rassicura certo i genitori. Resta da capire se Baby Grok sarà davvero un assistente educativo o l’ennesimo giocattolo pericoloso travestito da genio. Nel dubbio, meglio tenere d’occhio lo schermo.

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      Mondo

      Trump pubblica un video fake in cui Obama viene arrestato: l’ultima vergogna a stelle e strisce

      L’ex presidente Usa alza il livello dello scontro con una trovata da Bagaglino in salsa fascistoide: l’arresto falso di Obama orchestrato con l’IA. Le reazioni sono furibonde, ma il pericolo è reale.

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        Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha deciso che il confine tra provocazione e squallore non esiste più. Lo ha cancellato con un colpo di IA, pubblicando su Truth – il suo social personale – un video generato artificialmente in cui Barack Obama viene ammanettato da tre agenti dell’Fbi nello Studio Ovale. Trump, come un cattivo dei cartoni animati, è lì seduto accanto, ghignante. La clip si conclude con Obama dietro le sbarre, in tuta arancione da detenuto, come fosse un criminale comune.

        Il video si apre con una frase: “Il presidente non è al di sopra della legge”. Poi, una carrellata di politici americani che ribadiscono lo stesso concetto. Infine, l’“arresto” di Obama. Un’operazione maldestra, ma altamente simbolica: usare l’intelligenza artificiale per piegare la realtà, fabbricare menzogne visive e gettarle in pasto ai fan. Il messaggio è chiaro: non importa che sia vero, basta che faccia rumore.

        Un gesto che ha provocato indignazione anche in Italia. Matteo Renzi è stato netto: “Trump supera ogni limite. È il punto più squallido mai raggiunto dalla Casa Bianca. Solidarietà al presidente Obama. E un messaggio agli elettori: chi vota sovranista fa male non solo all’economia con i dazi, ma anche alla dignità delle istituzioni con le fake news”.

        Più duro ancora Enrico Borghi, vicepresidente di Italia Viva: “Siamo dentro una deriva pericolosa. Nessuno dei trumpiani italiani dirà nulla, come sempre. Ma questa idea che le istituzioni siano proprietà privata è barbarica. Da rigettare”. Il problema, però, è proprio questo: mentre i leader democratici parlano di vergogna e pericolo, Trump se la ride e rilancia, alimentando la propria narrazione da martire della giustizia e fustigatore dell’“establishment”.

        Sfruttare le nuove tecnologie per alterare la percezione collettiva e umiliare il proprio predecessore è una mossa che va ben oltre il cattivo gusto. È un segnale preciso. Per Trump la realtà è un’opinione, la storia è un meme, la verità è solo un dettaglio fastidioso. E poco importa se nel frattempo si scivola nel ridicolo: l’importante è occupare spazio. Fare rumore. Distruggere.

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          Mondo

          Anche due italiani nella prigione da incubo tra le paludi della Florida

          Gaetano Mirabella Costa e Fernando Eduardo Artese sono detenuti ad Alligator Alcatraz, struttura iper-sorvegliata voluta da Trump per i migranti “pericolosi”. Uno ha scontato sei mesi per droga, l’altro è accusato di overstay e guida senza patente. La Farnesina segue il caso.

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            Alligator Alcatraz. Il nome fa già paura da solo. Una struttura di detenzione nascosta nelle paludi della Florida, circondata da zanzare, pitoni e, ovviamente, alligatori. Una prigione modello per l’America di Donald Trump, pensata per ospitare i “peggiori tra i peggiori” dei migranti. Eppure, tra quelle mura ci sono anche due italiani. Uno è siciliano, l’altro italo-argentino. Due storie diverse, stesso destino.

            Gaetano Cateno Mirabella Costa, 45 anni, è stato arrestato a gennaio 2025 per detenzione di sostanze stupefacenti e aggressione a un anziano. Ha scontato sei mesi nella contea di Marion. Poi, finita la pena, niente libertà: è scattata la procedura di rimpatrio, e il 9 luglio è stato trasferito a Alligator Alcatraz. Dove è ancora oggi.

            L’altro è Fernando Eduardo Artese, 63 anni, doppio passaporto, residente alle Canarie. Entrato dieci anni fa negli Stati Uniti con l’esenzione dal visto, ha superato il limite di 90 giorni. Quando la polizia lo ha fermato, a giugno, ha scoperto anche un vecchio mandato d’arresto per guida senza patente. Sei giorni dopo era già nelle mani dell’Immigration and Customs Enforcement. E il 3 luglio è finito anche lui a Alligator Alcatraz.

            La Farnesina ha confermato ufficialmente la loro presenza nella struttura. Il Consolato italiano a Miami e l’Ambasciata a Washington sono in contatto con le famiglie e con le autorità americane. Ma i tempi del rimpatrio restano incerti. E intanto i giorni passano. In un luogo isolato, sorvegliato, ostile. Dove l’unico modo per scappare è su un aereo. Se e quando arriverà.

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              Trump nega la lettera a luci rosse a Epstein: «Non disegno». Ma i suoi schizzi sono stati venduti all’asta per migliaia di dollari

              Donald Trump nega di aver disegnato una donna nuda per Epstein in un biglietto d’auguri del 2003, ma schizzi firmati con il suo nome sono stati battuti da Sotheby’s e mostrano un passato da artista improvvisato. Compresi grattacieli, ponti e persino un “albero dei soldi”.

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                «Non disegno». Secco, netto, Donald Trump ha respinto così le accuse del Wall Street Journal, che lo accusa di aver inviato nel 2003 un biglietto osceno a Jeffrey Epstein, contenente un disegno stilizzato di una donna nuda con la firma “Donald” lì dove non batte il sole. Un “augurio” per i 50 anni del finanziere pedofilo, accompagnato da una frase allusiva: «Buon compleanno – e che ogni giorno sia un altro meraviglioso segreto.»

                Trump ha reagito come sa fare: una causa per diffamazione da 10 miliardi di dollari e la solita raffica di post indignati. Ma il suo alibi – “non disegno” – crolla sotto il peso delle sue stesse parole.

                In un libro del 2008, Trump Never Give Up, il tycoon raccontava infatti di disegnare bozzetti “di edifici o skyline” con un pennarello nero per raccogliere fondi per i senzatetto di New York. Altro che mani pulite.

                I suoi schizzi esistono eccome. Sono stati venduti all’asta, firmati in modo inconfondibile. Uno, datato proprio 2003, rappresenta il progetto Riverside South a Manhattan: fu donato a un’organizzazione caritatevole e poi battuto da Sotheby’s. Nel 2017, un disegno dell’Empire State Building firmato Trump è stato venduto per 16.000 dollari. E tra grattacieli e ponti, c’è anche un’opera battezzata Money Tree, l’albero dei soldi, battuta per 8.500 dollari.

                Trump, dunque, disegna. Lo dice lui. Lo dimostrano le aste. E la firma in pennarello nero è sempre lì, evidente, in ogni bozzetto. Che sia davvero sua quella lettera a Epstein, non lo sappiamo. Ma una cosa è certa: dire “non disegno” è la più goffa delle smentite. Anche per un ex presidente che si è fatto eleggere a colpi di slogan, e adesso prova a difendersi cancellando la firma. Quella che, però, sta scritta dappertutto.

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