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Mondo

Nella rete delle fake news: il 62% degli italiani c’è caduto. La maggior parte viene dalla Russia

Un recente studio dell’Istituto Noto Sondaggi per Repubblica rivela che il 62% degli italiani ha creduto a fake news nell’ultimo anno, mentre il 55% ha incontrato video manipolati con deep fake. La maggioranza individua nella Russia la fonte di queste operazioni politiche. Nonostante tutto, il 61% degli italiani si fida delle informazioni sui siti ufficiali più che dei social media.

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    Nell’ultimo anno, il 62% degli italiani ha realizzato di essere stato vittima di fake news, credendo vere notizie poi smentite. Inoltre, il 55% ha avuto a che fare con contenuti deep fake, video manipolati con l’aiuto dell’intelligenza artificiale che camuffano la voce di personaggi pubblici a loro insaputa.

    Obiettivi politici dietro le fake news

    Secondo uno studio dell’Istituto demoscopico Noto Sondaggi per Repubblica, la maggioranza degli italiani ritiene che queste manipolazioni abbiano obiettivi politici. In particolare, molti individuano nella Russia la probabile responsabile della diffusione di notizie artefatte.

    Recenti vittime illustri: Mattarella e Panetta

    Negli ultimi giorni, due figure di rilievo sono state vittime di false informazioni. Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è stato falsamente accusato di aver apposto il segreto di Stato sul caso di Ustica. Il Quirinale ha smentito categoricamente questa notizia.

    Il Governatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, è stato bersaglio di un deep fake che, attraverso l’intelligenza artificiale, ha manipolato immagini e video ricreando la sua voce.

    Consapevolezza crescente ma tardiva

    Anche se il 62% degli italiani ha riconosciuto almeno una volta una fake news e il 55% un video manipolato, il 59% di questi inizialmente ha creduto alla veridicità dei contenuti prima di capire che fossero falsi. C’è anche una quota non stimabile di persone che non si è mai accorta dell’inganno.

    I giovani e i social media: Facebook e Instagram in testa

    I più giovani (71%) sono quelli che temono maggiormente di essere caduti nella trappola delle fake news. Tra i social media, Facebook è il principale veicolo di fake e deep fake secondo più della metà degli italiani, seguito da Instagram.

    Gossip e politica: i temi delle fake news

    Il gossip (34%) e la politica (31%) sono i temi principali delle fake news. Tuttavia, per i deep fake, la politica è al primo posto (55%), seguita dall’economia (23%) e solo terzo il gossip. Le tecnologie dell’intelligenza artificiale sembrano quindi riservate a tematiche di maggiore rilevanza.

    Campagne di disinformazione: obiettivi di destabilizzazione

    Gli italiani sono consapevoli del potenziale destabilizzante di queste campagne di disinformazione, spesso ritenendo che dietro la diffusione di notizie false vi siano soggetti legati alla Russia con l’obiettivo di destabilizzare i Paesi europei.

    Affidabilità delle fonti ufficiali

    Una nota positiva emerge dal sondaggio: il 61% degli italiani ritiene che l’informazione sui siti ufficiali sia più attendibile rispetto a quella delle piattaforme social. Il problema non è il web in sé, ma chi controlla il flusso dei contenuti.

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      Mondo

      Trump, Capodanno e le telefonate ai bambini: quando anche un augurio diventa una campagna elettorale

      Durante una delle tradizionali telefonate festive, parlando con un bambino dalla Pennsylvania, il presidente si lascia andare al solito refrain sulle vittorie elettorali: “La Pennsylvania è fantastica, abbiamo vinto in Pennsylvania, anzi tre volte. Abbiamo vinto con una valanga di voti”. In realtà le vittorie sono state due, ma nella narrazione trumpiana ogni occasione è buona per trasformare un momento istituzionale in un palcoscenico politico.

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        Alla Casa Bianca, anche a a Capodanno, tutto diventa spettacolo. La tradizione delle telefonate ai bambini, nata per regalare un momento di magia e vicinanza, si è trasformata in uno dei tanti episodi in cui il presidente mostra, ancora una volta, come politica e comunicazione per lui siano un tutt’uno.

        Una telefonata che diventa un comizio

        Tra le varie chiamate arrivate alla Casa Bianca, spicca quella di un bambino dalla Pennsylvania. Trump lo saluta con tono affettuoso, ma subito piega la conversazione sul terreno che ama di più: il consenso. “La Pennsylvania è fantastica, abbiamo vinto in Pennsylvania, anzi tre volte. Abbiamo vinto con una valanga di voti”, dichiara raggiante. Un piccolo dettaglio stona: le vittorie reali sono due. Ma poco importa, perché ciò che conta è ribadire ancora una volta il mantra della forza elettorale.

        Il racconto prima del fatto

        È il tratto tipico del trumpismo: trasformare ogni occasione pubblica in un capitolo del grande racconto personale. Anche una telefonata a un bambino, nata per essere un momento di tenerezza istituzionale, diventa un’occasione per ribadire narrazioni, rivendicazioni, forza, vittoria. Gli americani ormai lo sanno: con Trump nulla è mai davvero “piccolo”, nemmeno il Natale.

        Tra rituale, propaganda e spettacolo

        Il risultato è un curioso cortocircuito: le telefonate che dovrebbero essere uno spazio di innocenza diventano uno spazio politico, pur senza perdere completamente quel tono informale e sorridente che resta parte del personaggio. E così, mentre i bambini sognano renne e regali, il presidente continua a parlare di voti, stati chiave e successi. Una scena perfettamente coerente con il suo modo di stare nel mondo: sempre al centro, sempre in campagna, sempre dentro la narrazione di se stesso.

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          Mondo

          Troppi ordini sbagliati, McDonald’s non si fida più dell’Intelligenza Artificiale!

          La sperimentazione di McDonald’s con l’intelligenza artificiale ha mostrato i limiti attuali della tecnologia nel settore della ristorazione rapida. Sebbene l’azienda abbia deciso di sospendere l’uso dell’Automated Order Taker, il futuro dell’automazione nei fast food continua a evolversi, con altri competitor che dimostrano il potenziale di queste soluzioni quando implementate correttamente.

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            McDonald’s ha abdicato e ha detto addio allAutomated Order Taker. Il colosso americano ha sospeso l’utilizzo del suo sistema di intelligenza artificiale per gli ordini drive-through, Automated Order Taker (AOT). La tecnologia, sviluppata in collaborazione con IBM ha generato troppi errori negli ordini, causando frustrazione tra i clienti e il personale.

            Scarsa precisione e ordini bizzarri

            L’AOT ha mostrato una precisione appena superiore all’80%, con un ordine su cinque sbagliato. Gli errori includevano combinazioni insolite come il bacon sul gelato e centinaia di nuggets non richiesti. La tecnologia inoltre ha faticato a capire dialetti e accenti diversi vista anche la multietnicità dei dipendenti del colosso del fast food, portando a ulteriori fraintendimenti.

            E così McDonald’s ritorna la passato

            Mason Smoot, che è Chief Restaurant Officer di McDonald’s in tutti gli Stati Uniti, ha deciso di porre fine alla partnership con IBM per l’AOT. La tecnologia è stata disattivata in tutti i ristoranti. Ma altri competitor di McDonald’s hanno ottenuto risultati migliori con soluzioni analoghe. Per esempio Wendy’s utilizza Google Cloud per gli ordini drive-through, con una precisione dell’86%. Carl’s Jr. e Taco John’s si affidano a Presto, con una percentuale di ordini corretti fino al 90%.

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              Mondo

              Jeffrey Epstein, le nuove foto choc: immagini seminudo accanto a quello che sembra il piede di un bambino riaccendono l’orrore

              Le immagini, diffuse con l’ultimo pacchetto di file federali, mostrano Jeffrey Epstein sorridente nella sua proprietà privata, in posa vicino a quello che sembra essere il piede di un minore. La foto, presumibilmente scattata nella villa sull’isola caraibica usata per gli abusi insieme a Ghislaine Maxwell, si aggiunge alle centinaia di documenti, elenchi di “massaggiatrici” e testimonianze che descrivono un sistema organizzato di sfruttamento sessuale di ragazze minorenni. Molti volti e nomi restano ancora oscurati.

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                Sono immagini che non aggiungono prove giuridiche decisive, ma riportano in primo piano l’orrore di un mondo costruito sull’abuso e sul potere. Nella nuova tranche di documenti desecretati sul caso Jeffrey Epstein, il Dipartimento di Giustizia statunitense ha diffuso alcune foto finora inedite: tra queste, una in particolare ha fatto il giro del web, quella in cui il finanziere pedofilo appare seminudo, seduto su un divano, con accanto quello che sembra il piede di un bambino. Un dettaglio che, da solo, basta a restituire il clima della famigerata isola privata dove per anni sarebbero avvenuti gli abusi.

                A torso nudo a pochi passi da un bambino

                Epstein è ritratto a torso nudo, in pantaloni della tuta bianchi, il maglione stretto tra le mani, un sorriso rilassato rivolto verso l’obiettivo. A pochi centimetri da lui si vede una gamba magra, con una piccola scarpa nera, che non arriva nemmeno al bordo del divano bianco. L’identità della persona accanto a lui non è chiara, e il volto – nelle immagini rese pubbliche – non compare. La foto è stata attribuita all’abitazione caraibica ribattezzata dai media “isola dei pedofili”, la stessa in cui Epstein e la sua complice Ghislaine Maxwell avrebbero organizzato per anni incontri e “massaggi” con ragazze spesso minorenni.

                Foto agghiaccianti

                Le nuove foto si affiancano a un enorme pacchetto di atti: la prima tranche di documenti federali, a lungo secretati, è stata caricata online in più blocchi, per un totale di centinaia di migliaia di pagine. Dentro ci sono elenchi, verbali, trascrizioni, immagini. Tra questi materiali figura anche la lista di 254 “massaggiatrici” e una documentazione che, secondo il vice procuratore generale, permette di identificare oltre 1.200 vittime, in gran parte con i nomi oscurati per ragioni di tutela.

                La stanza dei massaggi

                Le stanze della villa – in particolare la famigerata “stanza dei massaggi” – tornano così a popolare l’immaginario pubblico: lettini, olii, ambienti arredati per sembrare luoghi di relax, ma usati secondo le accuse come scenografia di un sistema strutturato di sfruttamento. Le testimonianze delle vittime, a partire da quella di Virginia Giuffre, riportano lo stesso schema: ragazze reclutate giovanissime, talvolta appena adolescenti, avvicinate con la promessa di occasioni, lavori o semplici “massaggi ben retribuiti”, poi trascinate in una spirale di dipendenza, paura e silenzio.

                Nuove carte e nuove accuse

                Le nuove carte ribadiscono come Epstein sapesse perfettamente di muoversi oltre il confine della legalità. In uno dei documenti desecretati si legge che, già nel 2002, avrebbe chiesto a una delle giovani quindicenni coinvolte quanti anni avesse, ricevendo una risposta chiara, e nonostante questo avrebbe continuato ad abusare di lei nella sua residenza di New York. Parallelamente l’avrebbe spinta a reclutare altre ragazze per “rapporti retribuiti”, trasformandola di fatto in una pedina del suo stesso sistema di tratta.

                La fotografia in cui appare rilassato, sorridente, accanto a quella piccola gamba è solo un fotogramma, ma riassume bene la distanza tra l’immagine pubblica del miliardario e il contesto in cui operava. Epstein era già stato condannato nel 2008 per aver sollecitato la prostituzione di una minorenne e inserito nel registro dei sex offenders, prima di essere nuovamente arrestato nel 2019 con l’accusa di traffico sessuale di minori. La sua morte in carcere, ufficialmente classificata come suicidio, ha lasciato irrisolte molte domande sui complici, sui clienti e sulle coperture che avrebbero reso possibile un sistema tanto esteso.

                La pubblicazione dei file, ordinata dopo lunghi bracci di ferro politici e giudiziari, non esaurisce quei punti interrogativi. Molte immagini, e numerosi documenti, restano infatti ancora coperti o parzialmente censurati. Sullo sfondo rimane la stessa domanda che accompagna il caso da anni: fino a che punto verrà resa pubblica la rete di nomi, relazioni e responsabilità che ha permesso a Jeffrey Epstein di agire indisturbato per così tanto tempo?

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