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Questi americani!!! C’è chi aiuta gli hacker nordcoreani a rubare dati e milioni di dollari

Un giro d’affari da milioni di dollari alimenta il regime di Pyongyang, grazie alla complicità di cittadini statunitensi che facilitano il lavoro dei cybercriminali in cambio di denaro.

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    Gli hacker nordcoreani sono tra i più abili e creativi nel mettere a segno attacchi informatici contro le aziende occidentali. Dopo il furto di 1,5 miliardi di dollari in criptovalute ai danni di Bybit, gruppi come Famous Chollima continuano a infiltrarsi nelle società statunitensi, spesso con l’aiuto di cittadini americani compiacenti. Il reclutamento avviene sui social network, dove i nordcoreani cercano persone in difficoltà finanziaria, disposte a tutto pur di guadagnare denaro. Attraverso piattaforme come TikTok, LinkedIn e raccolte fondi online, offrono loro compensi significativi per svolgere mansioni che vanno ben oltre il supporto logistico.

    Il prezzo della collaborazione

    Il compito principale di questi cittadini americani è fornire un accesso sicuro ai lavoratori nordcoreani, ospitando nei propri spazi laptop aziendali, collegati da remoto alla Corea del Nord, ma con un IP statunitense per evitare sospetti. Inoltre, devono gestire la burocrazia, falsificare documenti e persino presentarsi fisicamente quando richiesto dalle aziende. Secondo un’inchiesta del Wall Street Journal, una cittadina americana di nome Christina Chapman ha guadagnato 120.000 euro in quattro anni, facilitando l’assunzione di lavoratori nordcoreani. Il giro d’affari ha portato quasi 17 milioni di dollari nelle casse del regime. Una volta scoperta, ha perso tutto e ora rischia fino a nove anni di carcere. Chapman non cercava nemmeno di nascondere la sua attività. Su TikTok, mostrava una vera e propria “laptop farm”, una distesa di computer utilizzati dai cybercriminali nordcoreani. Su ogni schermo, un post-it indicava il nome del lavoratore e l’azienda americana per cui “lavorava”.

    Come vengono infiltrate le aziende

    Grazie al lavoro da remoto, è facile per gli hacker nordcoreani infiltrarsi nelle società occidentali. Inoltrano centinaia di curriculum, utilizzano documenti trafugati e modificano il loro aspetto con l’intelligenza artificiale durante i colloqui online. Spesso i dispositivi non vengono tenuti negli Stati Uniti, ma spediti in Russia o Cina, dove i nordcoreani possono navigare indisturbati senza destare sospetti. Alcuni riescono a operare per anni senza essere scoperti, mentre altri vengono licenziati rapidamente.

    Cui prodest?

    I dispositivi utilizzati nelle “farm” contengono software avanzati capaci di aggirare le difese aziendali, permettendo ai cybercriminali di rubare dati sensibili, registrare riunioni e accedere a informazioni riservate. L’obiettivo principale? Spionaggio e riciclaggio di denaro, ma anche il finanziamento del regime di Kim Jong-un, che utilizza queste risorse per sviluppare armi e tecnologie avanzate. Un giro d’affari oscuro e pericoloso, che mostra quanto la complicità interna possa amplificare le minacce informatiche globali. Le aziende occidentali devono rafforzare la sicurezza, mentre le autorità statunitensi cercano di spezzare la rete di connivenza che alimenta il regime nordcoreano.

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      Vannacci elogia Putin e sdogana Mussolini: comizio da Bagaglino nel cuore dell’estate

      Roberto Vannacci non si smentisce: in una sola serata riesce a riabilitare Mussolini, difendere Putin, minimizzare l’omicidio di Navalny e provocare Elly Schlein. Ma a preoccupare più dei contenuti, è l’applauso del pubblico. Un’Italia che ride di queste “boutade” rischia di non accorgersi del buco nero in cui sta scivolando.

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        C’è un limite oltre il quale si entra nel grottesco. E poi c’è Roberto Vannacci, che il limite lo scavalca con passo marziale e lo seppellisce di dichiarazioni sconcertanti. Sul palco di La Zanzara, a Marina di Pietrasanta, il vicesegretario della Lega ha offerto uno spettacolo indegno anche per il Bagaglino.

        In rapida successione ha affermato che “tra Putin e Zelensky scelgo Putin, governa con il sostegno dei russi, ci sono sempre state le elezioni”. Ha insinuato che sulla morte di Navalny “non ci sono prove oggettive”. Ha difeso il direttore d’orchestra Gergiev (“anche se è russo ha diritto a dirigere”) e ha persino detto che “nessuno deve toccargli niente” in merito al sequestro dei suoi beni.

        Poi, come se non bastasse, ha riaperto il solito siparietto da revisionismo spicciolo: “Tra Churchill e Mussolini scelgo Churchill, ma il Duce ha fatto cose buone: l’Inps, l’Agro Pontino, Latina”. Il tutto condito dalla solita retorica stanca sul fascismo: “È finito 80 anni fa, chi fa il saluto romano oggi non è fascista”. Certo. E chi promuove queste idee non è pericoloso, solo “francamente alternativo”, vero?

        La ciliegina finale: “Passerei l’ultima notte con Elly Schlein per farle un dispetto”. Più che una provocazione, una caduta di stile. Sessismo travestito da umorismo da caserma.

        Ma la vera notizia è un’altra: il pubblico ride. Applaude. Filma e rilancia. In un Paese normale, parole simili provocherebbero reazioni durissime. Invece, in Italia, c’è chi lo applaude e chi gli affida perfino un seggio europeo.

        Vannacci non è un outsider folkloristico. È un pezzo di establishment politico che cavalca ignoranza, revisionismo e autoritarismo. E lo fa con il sorriso complice di chi sa che ormai la vergogna non è più necessaria. L’orrore si può dire, perfino applaudire.

        E così, tra una battuta e un proclama, ci si ritrova con un generale che banalizza le dittature, gioca con i simboli del fascismo e fa l’occhiolino ai peggiori autocrati del pianeta. Ma guai a chiamarlo per quello che è: fascista no, per carità. Lui è solo “patriottico”.

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          Trump pubblica un video fake in cui Obama viene arrestato: l’ultima vergogna a stelle e strisce

          L’ex presidente Usa alza il livello dello scontro con una trovata da Bagaglino in salsa fascistoide: l’arresto falso di Obama orchestrato con l’IA. Le reazioni sono furibonde, ma il pericolo è reale.

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            Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha deciso che il confine tra provocazione e squallore non esiste più. Lo ha cancellato con un colpo di IA, pubblicando su Truth – il suo social personale – un video generato artificialmente in cui Barack Obama viene ammanettato da tre agenti dell’Fbi nello Studio Ovale. Trump, come un cattivo dei cartoni animati, è lì seduto accanto, ghignante. La clip si conclude con Obama dietro le sbarre, in tuta arancione da detenuto, come fosse un criminale comune.

            Il video si apre con una frase: “Il presidente non è al di sopra della legge”. Poi, una carrellata di politici americani che ribadiscono lo stesso concetto. Infine, l’“arresto” di Obama. Un’operazione maldestra, ma altamente simbolica: usare l’intelligenza artificiale per piegare la realtà, fabbricare menzogne visive e gettarle in pasto ai fan. Il messaggio è chiaro: non importa che sia vero, basta che faccia rumore.

            Un gesto che ha provocato indignazione anche in Italia. Matteo Renzi è stato netto: “Trump supera ogni limite. È il punto più squallido mai raggiunto dalla Casa Bianca. Solidarietà al presidente Obama. E un messaggio agli elettori: chi vota sovranista fa male non solo all’economia con i dazi, ma anche alla dignità delle istituzioni con le fake news”.

            Più duro ancora Enrico Borghi, vicepresidente di Italia Viva: “Siamo dentro una deriva pericolosa. Nessuno dei trumpiani italiani dirà nulla, come sempre. Ma questa idea che le istituzioni siano proprietà privata è barbarica. Da rigettare”. Il problema, però, è proprio questo: mentre i leader democratici parlano di vergogna e pericolo, Trump se la ride e rilancia, alimentando la propria narrazione da martire della giustizia e fustigatore dell’“establishment”.

            Sfruttare le nuove tecnologie per alterare la percezione collettiva e umiliare il proprio predecessore è una mossa che va ben oltre il cattivo gusto. È un segnale preciso. Per Trump la realtà è un’opinione, la storia è un meme, la verità è solo un dettaglio fastidioso. E poco importa se nel frattempo si scivola nel ridicolo: l’importante è occupare spazio. Fare rumore. Distruggere.

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              Musk vuole educare i bimbi con l’IA… dopo aver fatto impazzire gli adulti: in arrivo “Baby Grok”

              Il patron di Tesla lancia una nuova IA dedicata ai bambini: si chiamerà “Baby Grok”. Ma il contesto non è dei migliori: Grok 4, la versione adulta del bot, è stata al centro di polemiche per insulti, toni antisemiti e uscite fuori controllo. E ora Musk vuole “educare” anche i bambini?

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                Dopo aver fatto discutere il mondo intero con Grok, il chatbot sfrontato e fuori controllo lanciato da xAI, Elon Musk rilancia. E stavolta punta direttamente ai bambini. L’imprenditore ha annunciato in un post su X (ex Twitter) la nascita di “Baby Grok”, una nuova intelligenza artificiale pensata per “contenuti per l’infanzia”. Nessun dettaglio, per ora. Solo una frase secca: «Creeremo Baby Grok xAI, un’app dedicata ai bambini». Ma tanto è bastato per far scattare allarmi e ironie.

                L’annuncio arriva infatti a pochi giorni dal debutto – piuttosto turbolento – di Grok 4, la nuova versione dell’IA adulta targata Musk. Un modello linguistico definito dalla casa madre come «il più intelligente al mondo», capace di superare il livello di dottorato in vari test accademici. Peccato che, nella pratica, abbia iniziato a delirare: frasi antisemite, lodi al nazismo, bestemmie e “trolling” sistematico degli utenti. Non proprio il biglietto da visita ideale per lanciare una versione “baby”.

                La stessa azienda xAI si è dovuta scusare per una serie di contenuti giudicati “altamente inappropriati”, pubblicati dal bot e subito diventati virali. La colpa, secondo l’azienda, sarebbe da attribuire a «un errore nel percorso di aggiornamento del codice». Una spiegazione tecnica che però non ha convinto gli osservatori, soprattutto dopo la viralizzazione di risposte grottesche che mettevano insieme Hitler, Gesù, i Pokémon e improbabili teorie della cospirazione.

                Ora Musk – che già si considera un “visionario” della tecnologia per le nuove generazioni – vuole estendere il campo d’azione e colonizzare anche l’infanzia. La proposta di “Baby Grok” si inserisce nel suo più ampio progetto di “istruzione del futuro”, un’idea che il fondatore di SpaceX e Tesla ha più volte evocato pubblicamente: meno scuola tradizionale, più tecnologia, più algoritmi e apprendimento personalizzato.

                Ma affidare un simile compito a un’intelligenza artificiale che, fino a ieri, se la prendeva con minoranze, religioni e utenti a caso non sembra l’inizio migliore. I critici parlano già di “invasione digitale dell’infanzia”. E c’è chi ironizza: «Baby Grok? Se eredita anche solo il 10% del carattere di papà, finisce che i bambini ci educano alla fuga».

                Insomma, se l’idea di un robot babysitter suonava già inquietante, quella di un bot firmato Musk – imprevedibile, sopra le righe, spesso fuori controllo – non rassicura certo i genitori. Resta da capire se Baby Grok sarà davvero un assistente educativo o l’ennesimo giocattolo pericoloso travestito da genio. Nel dubbio, meglio tenere d’occhio lo schermo.

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