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Politica

Giorgia Meloni da Mentana: meglio nana che incontinente!

In un’intervista su La7, Giorgia Meloni ha risposto con ironia alle battute di Enrico Mentana, ribadendo: “Incontinente, no… mi tengo le altre accuse!”.

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    L’intervista inizia con uno «scherzo» di Enrico Mentana agli spettatori. Il direttore del Tg di La7, parlando delle interviste pre-elettorali, accenna alle difficoltà di avere in studio la premier: «Ma abbiamo verificato che non ci fosse un problema con la nostra rete…». Poi, si volta: «Ed eccola qui». Giorgia Meloni è proprio lì, in studio. «Non c’è mai un problema tra me e le persone che non la pensano come me». Lei, dice, si è «limitata a ironizzare con alcuni conduttori, penso che sia un mio diritto. Non ce l’ho con i telespettatori». Insomma: «Se si vuole costruire il racconto del mostro, non si può pensare che io faccia il mostrino addomesticato».

    Il momento clou arriva quando Mentana tenta di arginare una Meloni molto tonica: «Presidente, non vorrei che si rigirasse a lei l’accusa di incontinenza che spesso si rivolge a me». Lei scoppia a ridere: «No, no… Io mi tengo tutte le altre accuse… nana… ma incontinente glielo lascio».

    Passando ai temi più seri, si parla dei flussi di immigrazione programmati. Mentana ricorda che il direttore di Bankitalia, Fabio Panetta, ha appena detto che sarebbe necessario un ingresso di immigrati regolari assai più alto di quello oggi previsto dalle stime Istat. Meloni ribatte: «Fermo restando che noi siamo il primo governo che ha fatto un decreto flussi triennale, quindi non di anno in anno, si figuri se non capisco questo problema. Però, i dati non dicono questo». La premier sottolinea che il sistema di monitoraggio ha rivelato dati «obiettivamente raccapriccianti». Ad esempio, la Campania ha richiesto 157mila migranti per posti di lavoro «in una regione che ha il 6% di aziende agricole in Italia». Al confronto, la Puglia, con il doppio delle aziende agricole, ha chiesto solo 20mila migranti: «Poi, hanno sottoscritto un contratto solo il 2,8% di queste persone». Per la premier, questo indica che «la criminalità organizzata si è infiltrata» nel sistema.

    Le parole di stima della premier per il capo dello Stato offrono a Mentana l’occasione per tornare alla richiesta di dimissioni venute dal leghista Claudio Borghi nel giorno della Festa della Repubblica. «Penso — dice Meloni — che sia un errore, particolarmente il 2 giugno. In quel giorno si dovrebbero evitare il più possibile le polemiche. Noi abbiamo fatto la nostra manifestazione alle 14 il primo di giugno proprio per evitare qualsiasi polemica». Tuttavia, Meloni critica anche la sinistra per le sue lezioni sul rispetto dei ruoli istituzionali. Mentana incalza: «Polemiche inaccettabili?». Meloni risponde: «Io non l’avrei fatto. È legittimo criticare ma sono contenta che Salvini abbia detto una parola chiara». E aggiunge: «Eviterei, e lo dico per le opposizioni, questo continuo tirare per la giacchetta il presidente della Repubblica, anche sulla riforma del premierato». Mentana scherza: «Mattarella ha un ottimo sarto, però non aiuta tirarlo per la giacchetta, e non penso che sia neanche rispettoso verso la figura del capo dello Stato».

    L’intervista tocca poi le guerre in corso, con Mentana che chiede se Putin stia cambiando atteggiamento verso l’Ucraina. Meloni risponde: «Penso che la campagna elettorale non aiuti. Ma c’è un punto che riguarda tanto l’Ucraina quanto il Medio Oriente. In Europa ci sono posizioni diverse ma c’è un punto su cui tutti siamo impegnati: la difesa della popolazione civile. La Russia ha ricominciato a bombardare sistematicamente le strutture civili. Noi dobbiamo aiutare Kiev soprattutto nella difesa aerea, e questo è il lavoro che fa l’Italia. Può la Nato attaccare la Russia nei luoghi da dove partono i missili? Ragionevolmente no, ma possiamo difendere il territorio ucraino».

    Insomma: «Se oggi si parla di diplomazia è perché prima abbiamo aiutato l’Ucraina, altrimenti ora avremmo una nazione invasa e una guerra più vicina»

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      Politica

      Matteo Salvini compra casa a Roma: nuovo appartamento mentre cresce l’attesa per le nozze con Francesca

      La coppia, insieme dal 2019, convive già a Roma ma continua a smentire nozze imminenti. Intanto Francesca, 32 anni, produttrice cinematografica e social media manager, resta la presenza più costante nella vita del ministro. Salvini, dopo la rottura con Elisa Isoardi, ha trovato stabilità e complicità al suo fianco.

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        Un appartamento nuovo, in una delle zone più prestigiose di Roma, a pochi passi dalla Farnesina. Matteo Salvini ha scelto di investire nella Capitale, segno che la sua vita privata e politica continua a gravitare intorno alla città. Con lui, come sempre, c’è Francesca Verdini, la compagna che dal 2019 è al suo fianco e che molti vedono già in abito bianco, nonostante le continue smentite del ministro su un matrimonio imminente.

        Francesca Verdini, nata a Firenze il 27 luglio 1992, è la figlia dell’ex parlamentare Denis Verdini e di Simonetta Fossombroni. Cresciuta soprattutto con il padre, ha due fratelli più grandi, Tommaso e Diletta. A 18 anni si è trasferita a Roma per studiare alla Luiss, dove si è laureata in Economia e Direzione di Imprese. Proprio il giorno della laurea aveva dedicato parole sentite ai genitori, agli amici e a Matteo: «Sono stati i fari, i remi e la nave nel mio maremoto».

        Il sogno di Francesca è sempre stato il cinema: nel 2017 ha fondato la società di produzione La Casa Rossa, di cui detiene il 95%. Parallelamente lavora a Mediaset come social media manager di Forum, continuando a muoversi tra televisione e cinema.

        L’incontro con Salvini, allora vicepremier nel governo gialloverde, è avvenuto poco dopo la rottura del leader leghista con Elisa Isoardi. Da quel momento la relazione è diventata stabile: Francesca ha costruito un rapporto sereno anche con i figli del compagno e la coppia è apparsa spesso insieme in pubblico, senza mai nascondersi.

        Il nuovo appartamento romano si aggiunge alle tappe di un percorso di coppia che ha resistito agli scandali politici e familiari. Il fratello di Francesca, Tommaso, è stato coinvolto nell’inchiesta Anas e ha patteggiato due anni per le vicende legate alle commesse pubbliche, ma lei ha sempre preferito restare lontana dalle polemiche. Oggi la figlia di Denis Verdini è la presenza discreta e costante accanto al ministro, tra un impegno politico e un set cinematografico. Le nozze, per ora, restano un’ipotesi. Ma l’acquisto della nuova casa conferma che la coppia guarda avanti.

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          Politica

          Scatti hard, ricatti e massoneria: il caso Cocci scuote Fratelli d’Italia a Prato e rischia di travolgere le Regionali toscane

          La Procura di Prato indaga da cinque mesi. Cocci ammette la foto inviata in chat e conferma il ruolo di segretario della loggia Sagittario, la stessa finita nell’inchiesta che ha portato alle dimissioni dell’ex sindaca Bugetti. Il Pd attacca: «Perché ha taciuto sulla sua affiliazione?»

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            Una vicenda di ricatti, scatti hard e massoneria rischia di far saltare i piani del centrodestra toscano in vista delle Regionali di ottobre. Al centro c’è Tommaso Cocci, 34 anni, avvocato e fratello dell’attore Marco, capogruppo di Fratelli d’Italia in Consiglio comunale a Prato fino al commissariamento di giugno. Doveva essere uno dei nomi forti della lista meloniana, ma ora la sua candidatura è appesa alle indagini della Procura.

            Tutto inizia a gennaio, con un adescamento online. Una foto privata inviata in chat viene usata come arma di ricatto: «Se ti candidi ti distruggiamo la vita», recitano le lettere anonime arrivate nelle settimane successive. Oltre all’immagine, sono state fatte circolare accuse pesanti: droga, comportamenti sessuali e legami con la massoneria. A marzo la segnalazione arriva ai pm, guidati dal procuratore Luca Tescaroli, che aprono un fascicolo per revenge porn ed estorsione.

            Cocci ha denunciato pubblicamente la trappola: «Un caso di revenge porn all’interno di un tentativo di estorsione». In un video sui social ha accusato gli autori di aver orchestrato «un’infamia che spinge le persone a gesti estremi». L’ombra del movente politico, interno allo stesso partito, resta sul tavolo: «Sospetto che ci sia la mano di un collega in competizione per le Regionali», avrebbe confidato agli inquirenti.

            Ma il caso si intreccia con un’altra vicenda che ha travolto la politica pratese: l’inchiesta della Dda fiorentina che a giugno ha portato alle dimissioni della sindaca Pd Ilaria Bugetti, accusata di corruzione. In entrambe le storie compare la loggia Sagittario, storicamente legata a Riccardo Matteini Bresci, imprenditore tessile e grande elettore locale, indagato per aver promesso pacchetti di voti. Cocci ammette di essere stato segretario della loggia, salvo precisare di essersi «messo in sonno» proprio a giugno.

            Il cortocircuito politico è evidente: FdI aveva usato per mesi l’arma della “questione massonica” contro il Pd, e ora si ritrova con il suo uomo di punta nella stessa rete di sospetti. Il Partito Democratico ha colto l’occasione per passare al contrattacco. «Perché Cocci non ha dichiarato subito la sua appartenenza alla loggia? – attacca il segretario provinciale Marco Biagioni – E se Fratelli d’Italia lo sapeva, perché ha coperto la notizia?».

            Intanto, la decisione sul futuro politico di Cocci è rimandata ai prossimi giorni. Il responsabile organizzativo FdI Giovanni Donzelli e la deputata pratese Chiara La Porta valutano se confermare la sua candidatura o puntare su un altro nome. Sullo sfondo resta un’inchiesta giudiziaria che promette di gettare nuove ombre su un voto già avvelenato.

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              Politica

              Meloni torna social dopo il silenzio d’agosto: selfie con cappellino patriottico e occhiali neri, parte la campagna per le Regionali

              Occhiali da sole, cappellino grigio con la scritta “Italia Original 1861” e un mezzo sorriso: Giorgia Meloni riaccende Facebook, Instagram e TikTok. Finite le ferie, comincia la maratona verso le Regionali di ottobre, dove il centrodestra rischia più di una scoppola.

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                Ferragosto con la figlia Ginevra, poi il silenzio. Nessuna foto di mare, nessuna passeggiata estiva, zero contenuti extra. Giorgia Meloni ha spento la macchina social per oltre due settimane, limitandosi alle uscite istituzionali. Ma adesso, con settembre alle porte e le Regionali in arrivo, la premier ha deciso che è tempo di riaccendere i motori della sua comunicazione digitale.

                Il ritorno avviene con un selfie. Occhiali scuri a coprire lo sguardo, cappellino grigio con la scritta “Italia Original 1861”, lo stesso anno dell’Unità del Paese, e l’immancabile mezzo sorriso studiato a metà tra il familiare e il rassicurante. Non un discorso, non un proclama: una foto asciutta, senza fronzoli, il primo post “non istituzionale” dalla metà di agosto.

                A Palazzo Chigi la chiamano “bestia in formato Meloni”, prendendo in prestito il termine che rese celebre la macchina social della Lega. In realtà, la premier ha costruito un suo modello: meno aggressivo di quello salviniano, ma capace di mescolare linguaggio diretto, immagini familiari e rimandi identitari. Un mix che, nelle ultime campagne elettorali, ha garantito risultati solidi.

                Ora, però, la sfida è più delicata. Ottobre porta in dote una tornata di Regionali che rischiano di trasformarsi in un boomerang. Alcuni sondaggi interni segnalano il rischio di cadute pesanti in zone considerate roccaforti, e i malumori nella coalizione non mancano. Da qui la necessità di occupare ogni spazio mediatico: televisione, stampa e, soprattutto, i social.

                Il messaggio del selfie è semplice: ci sono, riparto da qui. Con l’aggiunta del cappellino patriottico a ricordare le radici del partito e a strizzare l’occhio all’elettorato più fedele. Un simbolo da merchandising politico, buono per parlare tanto ai follower su Instagram quanto agli elettori di provincia che scrollano TikTok.

                Le vacanze sono finite, la tregua digitale pure. Meloni sa che ogni voto passa anche da uno scatto studiato e che, in un’epoca in cui il consenso si misura a colpi di like, la vera campagna si combatte a colpi di stories e reel.

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