Politica
Il Titanic di Giorgia Meloni: FdI naviga a vista tra gli iceberg tra faide interne e colpi bassi
Fratelli contro fratelli, e Giorgia Meloni sembra l’unica a non accorgersene. Dopo il caso Spano-Giuli, il mondo post-missino implode e mette a nudo tutte le fragilità della destra “monolitica” FdI

Fratelli d’Italia? Più che un partito, ormai sembra il set di una soap opera dove vecchie ruggini, vendette personali e faide ideologiche si intrecciano in un melodramma che nemmeno “Beautiful” oserebbe sognare. Il caso Spano-Giuli non ha solo scosso il Ministero della Cultura, ma ha fatto deflagrare tutto il variegato e fragile mondo post-missino. Un mondo dove i falchi conservatori e i cosiddetti “aperturisti” si scontrano senza esclusione di colpi, come ha ben messo in evidenza Annalisa Terranova, storica voce della destra, in un j’accuse su Facebook che sembra quasi una sceneggiatura da film tragicomico.
Il j’accuse di Annalisa Terranova: una destra ostaggio dei bigotti
Terranova non ha peli sulla lingua, e le sue parole colpiscono duro contro una certa parte della destra italiana: “La politica di FdI deve essere laica (non laicista) e libera dai diktat dei Provita&famiglia. Prima si chiarisce questo equivoco e meglio è…”. Insomma, per dirla chiaramente, basta agitare rosari e crocifissi come se fosse una fiera della superstizione. E per aggiungere una dose di pepe, aggiunge: “L’atteggiamento di avversione verso i gay e in generale verso gli Lgbtq+ lo trovo disgustoso e imbarazzante”. Un attacco frontale alla destra bigotta, quella che si infiamma con il “vannaccismo” e altre derive da salotto dell’Ottocento.
Giuli e Spano: i cattivi della nuova stagione di FdI
La faida esplode quando Alessandro Giuli, già finito nel mirino per il suo passato da “traditore” del Fronte della Gioventù, si ritrova travolto dalla nomina di Francesco Spano come capo di gabinetto al Ministero della Cultura. E qui c’è tutto il dramma: Spano, dichiaratamente gay e legato al Pd, è kryptonite pura per i “super-cattoliconi” come Mantovano e Fazzolari.
E così si innesca la guerra: un infiltrato “sinistroide e omosessuale” non può mettere piede nei pre-consigli dei ministri, dove si discutono questioni delicate che, secondo i falchi di FdI, non dovrebbero essere alla portata di chi non segue la retta via.
Le due morali della destra
E da questo marasma emerge una duplice morale. La prima, come scrive Annalisa Terranova, è che la favoletta della “Meloni è brava, ma è chi la circonda che è scarso” è stata sbugiardata una volta per tutte. Non c’è più spazio per il vittimismo: dopo due anni di disastri, dimissioni e rimpalli di responsabilità, anche la cara Sora Giorgia deve ammettere che ha avuto la sua bella fetta di colpe, a partire dalla scelta di mettere prima Sangiuliano e poi Giuli a capo del Ministero della Cultura. Il parere contrario di Fazzolari? Ovviamente ignorato.
La seconda morale? Forse ancora più amara: Fratelli d’Italia, quel partito che tutti immaginavano compatto come un monolite, è in realtà una polveriera. Vendette personali, odi antichi, correnti sotterranee: tutto pronto per esplodere. Era solo una questione di tempo prima che la bomba scoppiasse sotto la sedia di Giorgia Meloni. Il servizio di “Report” è stato solo la miccia, e le dimissioni di Spano la scintilla che ha acceso una guerra intestina che non si fermerà certo qui.
Giorgia, chi è il prossimo a saltare?
Con l’ennesimo scandalo esploso, viene da chiedersi: chi sarà il prossimo a fare le valigie? Dopo “Genny Delon” e Spano, il domino delle dimissioni potrebbe coinvolgere figure ben più alte. Anche la Ducetta della Garbatella, acclamata come un’eroina della destra, ora vede il suo castello crollare mattone dopo mattone, trascinato via dai mille rivoli di un partito che non sa più dove stia andando.
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Politica
Tajani sorride, i Berlusconi comandano: Forza Italia a Cologno fra consigli, statuti e voglia di rinnovamento
Antonio Tajani arriva a Cologno Monzese per un incontro “tra amici”, ma la regia politica di Forza Italia è ormai tutta nelle mani degli eredi del Cav. Pier Silvio parla di “rinnovamento”, e il segretario obbedisce: nuovo statuto, nuova comunicazione, stesso sorriso forzato.

«Parleremo di tutto, del futuro e anche di Forza Italia». Antonio Tajani prova a recitare il copione del leader saldo, mentre si presenta alla villa di Marina Berlusconi a Cologno Monzese. Lo accompagna il mantra di sempre: «Li conosco da quando sono ragazzi, questi incontri li abbiamo sempre fatti». Ma dietro le parole di circostanza, la fotografia è chiara: chi comanda davvero sono gli eredi del Cavaliere.
A tavola con lui ci sono Marina e Pier Silvio, veri azionisti politici e finanziari del partito – il loro credito verso Forza Italia sfiora i 90 milioni di euro – e Gianni Letta, garante della liturgia familiare. L’incontro era stato rinviato due settimane fa tra voci di malumori, ora torna come se nulla fosse: «Un incontro tra amici», dice Tajani, cercando di smussare i rumors su un partito percepito come troppo appiattito sugli alleati e incapace di ritagliarsi uno spazio proprio.
La realtà è che basta una frase di Pier Silvio Berlusconi per orientare la rotta: quando ha parlato di “rinnovamento”, Tajani ha eseguito. In pochi giorni è arrivato il nuovo statuto, è stato scelto Simone Baldelli come coordinatore della comunicazione e si è dato il via a un lifting silenzioso della catena di comando. Tutto senza clamori, ma con un messaggio inequivocabile: Forza Italia è un marchio di famiglia, e chi la gestisce in politica lo fa in affitto.
Intanto, le voci di insofferenza per il segretario crescono: la linea prudente di Tajani, fatta di piccoli compromessi e temi secondari come lo Ius scholae, convince poco i custodi del brand berlusconiano. «Ascolto i consigli che arrivano dagli amici», ripete lui, ma gli amici hanno appena deciso quali note dovrà suonare.
Per ora Tajani sorride e incassa. La regia resta a Cologno, la bacchetta pure.
Politica
Pier Silvio, lo sapevamo! E ora se ne accorge anche Elon Musk…
È bastato un sondaggio su X per confermare quello che in pochi osavano dire ad alta voce: l’aria attorno a Pier Silvio si è fatta politica. E i segnali, per chi li sa leggere, c’erano già tutti.

Che Pier Silvio Berlusconi si stia preparando al grande salto, lo diciamo da mesi. Altro che operazione estemporanea, altro che voce di corridoio estiva. Chi ha seguito davvero l’evoluzione di questo “uomo nuovo” della galassia berlusconiana — il figlio silenzioso, manageriale, quasi allergico ai riflettori — sa bene che certi segnali non arrivano mai per caso. Ora a certificare l’odore di politica è anche Andrea Stroppa, l’uomo-ombra di Elon Musk in Italia, che da X lancia l’endorsement più bizzarro dell’estate: “Pier Silvio in politica sarebbe positivo. E divertente”. In tempi normali, verrebbe da sorridere. Ma qui si parla della piattaforma social preferita dai potenti, e di un nome che, con tutto il suo low profile, fa tremare ancora qualche sismografo.
Stroppa, senza un partito né un programma, si spinge a dichiarare che un eventuale movimento guidato da Pier Silvio sarebbe già intorno al 15%. Con che base, non si sa. Ma il messaggio è chiaro: da oltreoceano l’ipotesi piace. E quando Musk fiuta qualcosa, anche solo per gioco, c’è sempre qualcuno che prende nota. A partire da chi ha interesse a vedere cambiare volto (e stile) al centrodestra.
Certo, ufficialmente Pier Silvio continua a dirsi estraneo alla politica. Ma intanto ha ripulito Mediaset, ha imposto una nuova linea editoriale, ha tagliato le unghie al trash di partito, ha ricostruito un’identità aziendale fatta di ordine e sobrietà. E ora viene celebrato da quelli che — a parole — odiano la “casta”, ma in fondo cercano proprio un nuovo principe ereditario a cui aggrapparsi.
Non serve che parli, per essere ascoltato. Non serve che si candidi, per fare paura. Pier Silvio c’è, eccome. E chi lo ha capito in tempo, oggi non ha bisogno di sondaggi per fiutare dove tira il vento.
Politica
Meloni sul Time: dalla fiamma al glamour, ora Giorgia conquista la copertina del magazine americano.
Giorgia Meloni è la nuova star del Time: “Figura interessante d’Europa”. Il profilo elogia la sua ascesa, il pragmatismo e la postura internazionale. Ma tra omissioni, ambiguità e scatti patinati, l’operazione profuma più di rebranding che di rivoluzione politica.

Altro che l’Italia degli spaghetti e mandolino: ora ci sono i tacchi, i dossier sottobraccio e le copertine patinate. Giorgia Meloni si prende il Time. E non un trafiletto laterale: la copertina. “Una delle figure più interessanti d’Europa”, scrive il magazine. Tradotto: la destra in tailleur è finalmente presentabile anche in salotto, purché non urli troppo.
Il ritratto firmato da Massimo Calabresi è lungo, curato, levigato. E racconta una Meloni capace di sorprendere: meno barricadera di quanto i suoi stessi elettori forse speravano, più atlantista di molti centristi in doppiopetto. Una premier che affascina Washington, piace a Bruxelles, si fa fotografare in posa riflessiva mentre promette riforme “presidenziali” con un occhio a Mattarella e l’altro a Trump.
Ma il punto non è chi l’ha intervistata. È chi ha scelto di dimenticare. Perché nel ritratto non c’è traccia di certi provvedimenti sgraziati, né delle leggi che strizzano l’occhio al voto nostalgico. Scompare magicamente il piglio muscolare sui migranti, l’offensiva contro la stampa, i sussurri autoritari che sanno tanto di passato che non passa mai. E il pragmatismo? Viene scambiato per democrazia, come se bastasse non salire su un balcone per essere Churchill.
Certo, l’articolo ricorda che Biden l’aveva presa con le molle. Ma oggi la benedice, come fanno Von der Leyen e i repubblicani Usa. Tutti affascinati da una leader che parla chiaro, cammina dritta e non fa troppe onde. In fondo, Meloni non rompe con Bruxelles: cerca solo di renderla un po’ più FdI-friendly. Altro che rivoluzione: è la normalizzazione del post-fascismo a colpi di selfie e parole misurate.
E se oggi il mondo applaude Giorgia, è anche perché fa comodo una destra “gestibile” nel cuore dell’Europa. Una che non alza la voce, ma tiene saldo il timone. E soprattutto non si vergogna di portare in copertina la fiamma del MSI, pur illuminata da un riflettore americano.
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