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Cronaca

Arriva la classifica Istat dei più tristi d’Italia: primi in classifica i pugliesi!

Secondo il report “Bes” (benessere, equo e sostenibile) dell’Istat, pubblicato lo scorso 17 aprile, solo il 2,6% dei pugliesi risulterebbe soddisfatto del proprio stato d’animo.

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    L’Istat a volte è proprio imprevedibile. Una ricerca realizzata dall’Istituto nazionale di statistica, ha indagato lo stato di felicità degli italiani nel tempo libero- Risultato: un pugliese su dieci “è triste”.

    Altro che ‘pasticciotto’…

    Secondo il report “Bes” (benessere, equo e sostenibile) dell’Istat, pubblicato lo scorso 17 aprile, solo il 2,6% dei pugliesi risulterebbe soddisfatto del proprio stato d’animo. Premetto che non sono pugliese ma mentre scrivo penso ai miei amici e conoscenze pugliesi e mi viene da ridere se provo solo ad accostare loro al concetto di infelicità. Ma vediamo meglio quali sono valori presi in esame da Istat per realizzare questa indagine. I pugliesi sarebbero tra i più infelici d’Italia sotto diversi aspetti economici e sociali. Il 13,3% del totale degli intervistati dice di essere poco o molto poco contento delle proprie condizioni. Quelli invece molto felici sarebbero il 44%. La media del voto che i pugliesi assegnerebbero alla propria esistenza è di 7,1%, solo un pelo sopra la Campania che addirittura farebbe peggio.

    Pulcinella e Totò ultimi

    Proseguendo nelle categorie oggetto di studio, dai 14 anni in su in Puglia si definisce molto soddisfatto solo il 10,3% degli intervistati. Il 50,1% lo è abbastanza, poco il 27,9% e per nulla soddisfatto l’8,8%. Il dato più basso d’Italia. Fanno meglio solo gli ‘insoddisfatti’ della Sicilia (8,5%) e delle Marche (7,2%). Sul fronte economico l’8% delle famiglie pugliesi valuta la situazione economica attuale molto migliorata rispetto al 2023. Leggermente migliorata il 7,6% delle famiglie, resta invariata per il 59,9% e lievemente peggiorata per il 24,4%.

    Famiglie più soddisfatte al nord

    Restando in ambito economico, ma guardando sempre alla soddisfazione individuale, l’Istat certifica che a livello nazionale è soddisfatto solo il 2,6% degli italiani. Abbastanza soddisfatto il 51,5%, poco soddisfatto il 33,9% e per nulla soddisfatto il 9%. Per la soddisfazione della propria vita nelle relazioni familiari si passa dal 41% della provincia di Bolzano fino al 25,7% della Puglia. Un dato in contro tendenza risulta quello relativo alla felicità rispetto alla zona abitativa. In Puglia nella media si è più felici in città. Statistiche in controtendenza rispetto al sentimento comune nel resto d’Italia. Nel 2023 la quota di persone soddisfatte, che nel 2022 era cresciuta soprattutto tra i giovanissimi, aumenta anche tra i 25-34enni (48,6%), +3,5 punti rispetto al 2022.

    A livello nazionale la soddisfazione durante il tempo libero e nelle relazioni amicali è stabile soprattutto tra le persone di 60-64 anni. Segnali positivi arrivano per la soddisfazione economica personale (59,4%), +2,4 punti percentuali rispetto al 2022. Così come per la soddisfazione lavorativa (80,0%) tra gli occupati, +2,1 punti percentuali rispetto al 2022. Pesa naturalmente la differenza tra il Mezzogiorno e il Nord del Paese. In provincia di Bolzano solo il 9% dei residenti è scontento. In Puglia lo è il 13,3% della popolazione.

    In Europa ce la caviamo così così

    Il distacco più evidente tra Italia e il resto dell’Unione Europea lo si rincontra nel settore Benessere economico. Un ambito in cui pesa la grave deprivazione materiale e sociale (4,5% in Italia contro il 6,7% nell’Ue). Altro leggero vantaggio lo troviamo nel sovraccarico del costo dell’abitazione (6,6% in Italia e 8,7% nell’Ue). Ma tutti gli altri indicatori disponibili invece, descrivono una condizione italiana peggiore della media europea.

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      Storie vere

      Clausura a luci rosse: suora beccata online, la badessa la richiama e finisce rimossa

      Una suora sorpresa su siti erotici, una badessa che invita alla castità, una lettera anonima al Vaticano e dodici religiose in fuga. A Vittorio Veneto le suore di clausura si sono divise tra obbedienza e ribellione, tra convento e villa segreta. Ma il convento, ora, non è più lo stesso.

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        C’era una volta un convento silenzioso, raccolto tra le colline venete, dove dodici monache di clausura vivevano nella quiete, tra litanie e rosari. Fino a quando il diavolo — o forse solo la connessione internet — non ci mise la coda. E a Vittorio Veneto scoppiò il finimondo tra le suore.

        A raccontare l’ultima novena della discordia è una delle religiose fuggite: «Una delle consorelle era stata scoperta dalla badessa Aline su siti erotici. L’aveva invitata con delicatezza a rispettare il voto di castità. Ma da lì — guarda un po’ — è partita la lettera anonima al Papa», spiega oggi, con voce non proprio da confessionale.

        La famosa missiva, indirizzata a Papa Francesco e firmata da quattro sorelle, accusava suor Aline di autoritarismo e gestione dispotica. Peccato che, secondo la versione delle “fuggiasche”, la questione sarebbe iniziata per tutt’altri motivi. Ovvero, per la voglia repressa di una sorella un po’ troppo curiosa.

        Suor Aline, per molti un punto di riferimento spirituale e disciplinare, è stata rimossa dal Vaticano dopo l’esplosione del caso. Al suo posto è arrivata suor Martha Driscoll. Ma a quel punto, il clima dentro il convento era già da apocalisse: tensioni, ispezioni, sguardi storti nei corridoi e, dicono, pure qualche porta sbattuta più forte del dovuto.

        Così, dodici suore hanno preso il velo (metaforicamente) e se ne sono andate. Ora vivono in una villa segreta, donata da un benefattore devoto e, immaginiamo, discretamente incuriosito. Temono “ritorsioni”, dicono. Non si sa da chi, ma si sa che preferiscono mantenere l’anonimato, anche se ormai — nel paese — il convento è diventato la nuova telenovela del dopomessa.

        «Invece di affrontare le criticità, è stata rimossa la badessa. E tutti i soldi sono rimasti nel monastero», raccontano. Le suore in fuga vivono oggi con uno stipendio, una pensione e qualche offerta della comunità. Ma la vera eredità, quella che arde tra incensi e pettegolezzi, è un convento spaccato in due.

        Una sola certezza rimane: anche tra le mura della clausura, le passioni umane battono più forte del silenzio. E dove non arrivano gli spiriti santi, arriva la fibra ottica.

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          Mondo

          Trump contro Rosie O’Donnell: “Le revocherò la cittadinanza”. Ma lei replica: “È un vecchio pericoloso e senza anima”

          Rosie O’Donnell, in esilio volontario in Irlanda dopo la seconda elezione di Trump, è finita nel mirino del presidente che ora vuole toglierle la cittadinanza. La replica dell’attrice è durissima: “Ha la demenza, è un truffatore senza empatia”

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            Donald Trump non dimentica e, soprattutto, non perdona. Nel mirino del presidente Usa finisce ancora una volta Rosie O’Donnell, attrice e comica americana che da oltre vent’anni lo attacca pubblicamente. Questa volta, però, l’ex conduttrice di “The View” è diventata bersaglio di una minaccia senza precedenti: la revoca della cittadinanza.

            “Dal momento che Rosie O’Donnell non è nel migliore interesse del nostro Grande Paese – ha scritto Trump su Truth Social – sto seriamente prendendo in considerazione l’idea di toglierle la cittadinanza. È una minaccia per l’umanità e dovrebbe restare nella meravigliosa Irlanda, se la vogliono. Dio benedica l’America!”.

            L’affondo arriva a pochi mesi dall’insediamento per il secondo mandato alla Casa Bianca. La faida tra Trump e O’Donnell, una delle più note e longeve della cultura pop americana, risale al 2006. All’epoca Rosie lo aveva attaccato in diretta tv per la sua “mancanza di bussola morale”, dando inizio a un botta e risposta feroce e mai sopito.

            Dopo la seconda elezione di Trump, O’Donnell si è trasferita in Irlanda, dove vive oggi, lontana dai riflettori politici statunitensi ma sempre pronta a commentare. E infatti non ha perso tempo nel rispondere: “Trump è un truffatore, un criminale e un bugiardo che danneggia la nostra nazione per servire se stesso – ha scritto sui social –. È un vecchio pericoloso, senz’anima, con la demenza, privo di empatia e compassione. Per questo ho lasciato l’America. Sono in opposizione diretta a tutto ciò che rappresenta”.

            La minaccia di revocare la cittadinanza, però, sembra destinata a rimanere solo uno sfogo social. Come ricordano diversi giuristi americani, la cittadinanza per nascita è protetta dal XIV emendamento della Costituzione e non può essere revocata arbitrariamente, a meno di rinuncia volontaria o frode documentale comprovata.

            Eppure l’episodio alimenta le crescenti tensioni tra politica e libertà di espressione negli Stati Uniti. Trump, più che punire un’avversaria, sembra voler lanciare un messaggio: chi lo ostacola pubblicamente, anche dall’estero, rischia di finire nel tritacarne mediatico e istituzionale. Rosie, come sempre, incassa e rilancia.

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              Italia

              Sigarette più care con la proposta Ue: un euro in più a pacchetto e l’allarme dei tabaccai italiani

              In arrivo una stretta fiscale senza precedenti: accise fino al +1.090% sui sigari. La Uit parla di misura «scellerata», che metterà in ginocchio le rivendite e farà esplodere il mercato illegale. Chiesto l’intervento urgente del governo.

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                Un aumento di un euro a pacchetto. È questo l’effetto immediato che potrebbe avere il nuovo piano della Commissione europea sulla tassazione del tabacco, in agenda per il prossimo 16 luglio. La stretta fiscale – ancora in fase di bozza – punta a incrementare le accise su tutti i prodotti da fumo per finanziare una parte del bilancio comunitario. Ma in Italia il progetto ha già fatto infuriare i tabaccai, che parlano di una misura «scellerata» e «devastante».

                Secondo le anticipazioni trapelate da Bruxelles, l’incremento delle accise sarà tutt’altro che simbolico: si parla di +139% sulle sigarette, +258% sul tabacco trinciato, addirittura +1.090% sui sigari. Tradotto in cifre: un pacchetto medio potrebbe costare ben oltre un euro in più. Un impatto che non solo peserebbe direttamente sulle tasche dei consumatori, ma produrrebbe anche un effetto inflattivo stimato dello 0,5%.

                La Uit – Unione italiana tabaccai – non usa mezzi termini: «È una proposta che rischia di mettere in ginocchio migliaia di rivendite italiane, soprattutto nelle aree più fragili del Paese. Senza contare l’aumento incontrollato del contrabbando, che già oggi rappresenta una fetta consistente dei consumi». Il presidente Pasquale Genovese ricorda come simili rincari, in passato, abbiano avuto l’unico effetto di far esplodere il mercato nero e ridurre il gettito fiscale.

                La rete delle rivendite, composta da oltre 50mila esercizi in Italia, è già in forte sofferenza. In molti piccoli comuni e quartieri periferici, le tabaccherie rappresentano spesso l’unico presidio commerciale attivo. «Una misura del genere – ribadisce Genovese – non tiene conto della realtà economica che viviamo. È un attacco diretto alla nostra sopravvivenza». La Uit chiede ora un intervento urgente del governo italiano per contrastare la proposta a Bruxelles e lancia un appello a tutte le sigle di categoria per un fronte compatto. La sensazione? La miccia è accesa, e l’esplosione potrebbe non farsi attendere.

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