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Cronaca

Roma blindata per Francesco: 170 delegazioni, leader da tutto il mondo e un assente eccellente

Sabato mattina la Basilica di San Pietro sarà il cuore del mondo. Attesi decine di migliaia di fedeli e oltre 170 delegazioni da ogni angolo del globo. Presenti i reali di Spagna e Belgio, i capi di Stato di Germania, Portogallo, Polonia, Argentina, Austria e Regno Unito. Ci sarà anche la comunità islamica con l’Imam della Grande moschea. Assente Vladimir Putin. La Cina resta in silenzio.

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    Roma si prepara all’evento più delicato e solenne del decennio: i funerali di Papa Francesco, in programma sabato mattina in Piazza San Pietro. Un evento senza precedenti nella storia della diplomazia vaticana e mondiale. Non solo per la portata spirituale, ma per il peso geopolitico che porta con sé: 170 delegazioni internazionali, decine di capi di Stato e di governo, monarchi, esponenti religiosi di ogni confessione.

    A confermarlo è il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, che ha presieduto martedì pomeriggio un vertice sulla sicurezza a palazzo Valentini. “Ci aspettiamo circa 170 delegazioni variamente articolate”, ha dichiarato. “Ci siamo attenuti a questa previsione massima, in linea con i casi precedenti. Ora attendiamo le conferme”.

    Il cuore della città sarà presidiato come in occasione di un G7, forse di più. Decine di migliaia di pellegrini sono attesi a Roma da ogni regione d’Italia e da tutto il mondo. Tra voli internazionali, treni speciali e pullman organizzati dalle diocesi, la Capitale sarà letteralmente assediata. L’area intorno al Vaticano sarà completamente blindata, e i servizi di intelligence sono in allerta massima per garantire la sicurezza di una cerimonia che vedrà riuniti sotto lo stesso cielo leader che raramente si sono ritrovati nella stessa piazza.

    Il primo a confermare la sua presenza è stato Javier Milei, presidente dell’Argentina, il Paese natale di Bergoglio. Milei, che in passato aveva criticato aspramente il Papa, partirà giovedì sera da Buenos Aires accompagnato da una folta delegazione, tra cui sua sorella Karina, segretario generale della Presidenza.

    L’Europa risponderà compatta. Dalla Spagna arriveranno Re Felipe VI e la regina Letizia; dal Belgio i sovrani Filippo e Matilde. Ci sarà anche il presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier, affiancato dal cancelliere Olaf Scholz. Presenti anche il presidente austriaco Van der Bellen con la moglie, e la delegazione portoghese al completo, guidata dal presidente Marcelo Rebelo de Sousa, il premier Luís Montenegro, il ministro degli Esteri e il presidente del Parlamento.

    Il Regno Unito sarà rappresentato dal primo ministro Keir Starmer, mentre la Polonia ha dichiarato il lutto nazionale per sabato: il presidente Andrzej Duda guiderà la delegazione ufficiale.

    Ci sarà anche l’altra faccia della religione. A parlare sarà il silenzio rispettoso dell’Islam italiano, rappresentato ufficialmente da Nader Akkad, Imam della Grande Moschea di Roma. “Come Imam, come Centro islamico culturale e come comunità musulmana – ha detto – saremo presenti per rendere omaggio a una figura che ha ispirato milioni di persone con un messaggio di amore, pace e fraternità”.

    Assente, e non per caso, Vladimir Putin. A confermarlo è stato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov: “Il presidente non ha in programma di partecipare”. Il gelo tra il Vaticano e Mosca, iniziato con la guerra in Ucraina e mai risolto, resta totale. L’assenza non sorprende, ma pesa. Così come il silenzio della Cina: il portavoce del ministero degli Esteri ha dichiarato di non avere “informazioni” sulla partecipazione di una delegazione. Un non detto eloquente, considerata la delicatezza dei rapporti tra la Santa Sede e Pechino, che non riconosce il Vaticano come Stato sovrano e mantiene relazioni ufficiali solo con Taiwan.

    In attesa che il corteo solenne attraversi Piazza San Pietro, la macchina organizzativa lavora senza sosta. La Capitale sarà sorvegliata da oltre 5.000 uomini delle forze dell’ordine, con snodi di controllo nei principali accessi alla città. Previsti blocchi temporanei del traffico, divieti di sosta, misure speciali nei trasporti pubblici e bonifiche anti-esplosivo nei punti sensibili.

    Sarà il Papa di tutti, quello dei poveri, dei migranti, della pace, a unirsi per un’ultima volta a una folla composta da credenti e laici, potenti e sconosciuti, ammiratori e critici. E il mondo intero, sabato, dovrà fermarsi per ascoltare il suo silenzio.

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      Cronaca Nera

      Omicidio Meredith, parla Mignini: «Una nuova pista, un nome mai emerso». E riapre il caso di Amanda Knox e Raffaele Sollecito

      Giuliano Mignini rivela di aver trasmesso alla Procura un nome inedito. L’ex magistrato non assolve Knox e Sollecito: «Erano gli unici presenti. Circostanze fortunate per loro». Mentre la nuova pista prende forma, tornano dubbi, ferite e domande su uno dei casi più mediatici della cronaca italiana.

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        Diciotto anni dopo, il caso Meredith Kercher torna a farsi sentire come un eco che non si spegne mai. A riaccendere la miccia è Giuliano Mignini, il magistrato che coordinò le indagini sull’omicidio della studentessa inglese uccisa a Perugia nel 2007. Una dichiarazione, una suggestione, e il fascicolo rientra nell’immaginario di un Paese che quel delitto non l’ha mai davvero archiviato.

        Mignini parla di una nuova informazione arrivata di recente: «Una fonte che ritengo affidabile mi ha fatto il nome di un individuo, mai preso in considerazione prima d’ora. Una persona che potrebbe essere implicata nell’omicidio e che scappò all’estero pochi giorni dopo il delitto». Una frase che pesa, perché arriva da chi quella storia l’ha vissuta dall’interno. E perché, per la prima volta, si cita un potenziale nuovo protagonista.

        La Procura di Perugia, per ora, non conferma l’apertura di un nuovo fascicolo. Ma Mignini specifica: «Ci sono elementi che potrebbero far pensare che questa persona abbia un qualche coinvolgimento nella vicenda. Ho segnalato la cosa alla Procura di Perugia». Poi un retroscena: «Se avessi conosciuto certi particolari all’epoca, avrei sicuramente approfondito. Purtroppo, per anni, chi sapeva non ha parlato per paura».

        Nel frattempo, la storia resta segnata dalla condanna di Rudy Guede — oggi libero — e dall’assoluzione di Amanda Knox e Raffaele Sollecito dopo un percorso giudiziario infinito. Una conclusione che Mignini non ha mai considerato soddisfacente. «Le circostanze sono state fortunate per loro», osserva. E aggiunge: «Sicuramente Knox e Sollecito pensano di aver “stravinto” ma la realtà è ben diversa. Bastava che l’avvocato Biscotti non chiedesse il rito abbreviato per Guede e la condanna sarebbe stata certa anche per loro».

        Non un’accusa esplicita, ma un’ombra che torna. «Sono stati assolti con formula dubitativa», ricorda l’ex pm. «Gli unici presenti sul luogo del delitto erano con certezza conclamata Amanda Knox e quasi certamente Raffaele Sollecito. Il dubbio è su quello che hanno fatto. Hanno partecipato o sono stati solo spettatori?». Una domanda che sembra avere perso i confini del processo per diventare terreno di memoria, convinzioni personali, ferite istituzionali.

        Diciotto anni dopo, Meredith Kercher resta al centro di una storia giudiziaria che continua a interrogare più che a rassicurare. E nell’Italia che osserva questi ritorni, c’è una sensazione sospesa: come se il tempo avesse provato a chiudere una porta che qualcuno, ancora oggi, non riesce a sigillare.

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          Politica

          Nuovo amore per Maria Elena Boschi: dopo Berruti arriva l’avvocato Roberto Vaccarella. Prima fuga romantica a New York

          Avvistati a Capalbio e pronti per un viaggio insieme negli Stati Uniti, Boschi e Vaccarella sembrano intenzionati a vivere questo nuovo legame lontano dal clamore. Per la deputata di Italia Viva si apre una nuova fase sentimentale: discreta, sorridente e con il passo leggero di chi ricomincia.

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            Archiviata una storia lunga e mediatica, se ne apre un’altra, più silenziosa ma non per questo meno intensa. Maria Elena Boschi sembra aver ritrovato il sorriso accanto a Roberto Vaccarella, avvocato penalista e fratello di Elena, da anni compagna del presidente del CONI Giovanni Malagò.

            Dopo cinque anni con l’attore Giulio Berruti — relazione intensa, raccontata e spesso sotto i riflettori — l’ex ministra di Italia Viva sceglie oggi un passo diverso. Meno esposizione, più vita reale. La notizia è circolata nelle ultime ore dopo le indiscrezioni sui primi avvistamenti a Capalbio, poi confermati da più fonti. Passeggiate, cene riservate, niente ostentazione.

            A questo si aggiunge un dettaglio che racconta bene l’evoluzione del rapporto: i due sarebbero pronti a partire per New York per la loro prima vacanza a due. Un viaggio simbolico, di quelli che segnano il passaggio da conoscenza promettente a coppia ufficiale. E chi conosce Boschi racconta di una serenità nuova, più matura, più protetta.

            La parabola è chiara: dalle copertine alla discrezione, dall’amore cinematografico a una relazione che sembra preferire il passo lento e gli occhi bassi sulle cose piccole. Il resto, al momento, resta fuori dall’inquadratura. Nessun annuncio, nessuna foto insieme, nessuna conferma social.

            Per lei è un ritorno a una normalità voluta, dopo anni in cui la vita privata è stata materia di dibattito pubblico. Oggi la narrazione cambia: c’è spazio per un sorriso nelle vie del centro, per un viaggio programmato con calma, per un tempo personale che non chiede applausi.

            Se son rose fioriranno, dice il proverbio. Qui, per ora, c’è un bocciolo custodito, e la scelta precisa di lasciarlo crescere senza fretta. In un mondo che corre, Maria Elena Boschi — almeno sul fronte del cuore — sembra aver deciso di fermarsi dove il ritmo è più umano. E di ripartire, stavolta, solo quando sarà il momento.

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              Politica

              “Cerchiamo di non dare notizie sulla villa di Giorgia Meloni”: il messaggio di Ghiglia e il caso privacy che agita Palazzo Chigi

              La vicenda nasce dall’interrogazione di Italia Viva sui lavori dell’abitazione della premier. Nei messaggi agli uffici, il componente del Garante Privacy chiedeva se fosse possibile “coprire” alcuni dati. In aula, il governo respinse la richiesta di dettagliare i fornitori per motivi di riservatezza.

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                Quando un messaggio diventa un caso politico, il confine tra diritto alla privacy e trasparenza pubblica si fa sottile. È il cuore della storia ricostruita da “Report”, che punta i riflettori su Agostino Ghiglia, componente dell’Autorità garante per la Privacy in quota Fratelli d’Italia, e sul suo intervento a tutela della premier Giorgia Meloni.

                Il messaggio agli uffici
                Il programma di inchiesta riporta una comunicazione interna di Ghiglia, risalente ai primi giorni del 2025, in cui il componente dell’Autorità chiede di approfondire l’interrogazione parlamentare presentata da Francesco Bonifazi e Maria Elena Boschi. Il tema era la villa acquistata dalla presidente del Consiglio per 1,1 milioni di euro nella zona del Torrino, a Roma. Il messaggio è netto: «Cercatemi interrogazione Bonifazi. Approfondiamo se è suo diritto ad avere risposta a tutte le domande, in dettaglio. O se qualcosa si può coprire in termini di protezione dati, al netto della trasparenza e dell’interesse pubblico. Urgente».

                Le interrogazioni e la linea del governo
                Secondo “Report”, quell’indicazione puntava a verificare se fosse possibile limitare la quantità di informazioni fornite. Una strategia che si riflette poi nella risposta dell’esecutivo: in aula il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, rifiuta di comunicare l’elenco dei fornitori impegnati nei lavori di ristrutturazione della villa, richiamando la tutela della riservatezza. «Verrebbe meno l’aspettativa di privacy», spiegò.

                La cronologia del trasferimento
                Il dossier sulla residenza della premier era già emerso mesi prima delle Europee del 2024, quando Meloni lasciò l’abitazione messa a disposizione in comodato dal senatore di Fratelli d’Italia Giovanni Satta per trasferirsi nella nuova casa. L’acquisto, perfezionato nel gennaio 2025 senza mutuo, riguardava una villa “chiavi in mano”, come la stessa premier aveva puntualizzato, chiamandosi fuori da eventuali domande su precedenti abusi edilizi e specificando che ogni responsabilità era prevista nel contratto di compravendita.

                Il nodo politico: privacy o opacità?
                Il caso apre una riflessione: fino a che punto la riservatezza può legittimare il silenzio della pubblica amministrazione quando si parla di figure istituzionali? Da un lato il diritto alla privacy, dall’altro il principio di trasparenza legato alla gestione della cosa pubblica. Una tensione che torna ciclicamente, soprattutto quando si intrecciano ruoli di governo, interrogazioni parlamentari e controlli istituzionali.

                Se per alcuni si tratta di legittima tutela della sicurezza e della privacy di una figura apicale, per altri è un precedente delicato. Nel mezzo, ancora una volta, l’equilibrio sottile che separa ciò che i cittadini hanno il diritto di sapere e ciò che resta nelle stanze dei palazzi romani.

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