Storie vere
L’importanza (e anche la “sfiga”…) di chiamarsi Trump. Quando un cognome è una iattura!
Vi siete mai chiesti che vita si può condurre quando il proprio nome rimanda inequivocabilmente a quello di un personaggio sulla bocca di tutti? Come quella di un 76enne torinese, visto di recente in tv, che di cognome fa… Trump!

«Mi chiamo Trump, Franco Trump e vivo a Torino. Con questo cognome mi prendono in giro dalle medie, ho fatto politica con la Dc». E’ quello che racconta quest’uomo, di età più o meno simile a quella del rieletto presidente USA. Lui chiede a tutti di pronunciare il suo cognome con la «u», all’italiana, anche per evitare imbarazzi e sfottò. Insieme a lui, nella sua medesima zona vivono altri 3 Trump: il figlio di Franco, Alberto, e due nipoti. Un cognome davvero inusuale in Piemonte, diventato ancora più bizzarro dalle elezioni americane di 8 anni fa.
Lui e la Litizzetto frequentano il medesimo panettiere
L’uomo è stato di recente ospite del programma di Fabio Fazio Che tempo che fa, nello spazio dedicato a Luciana Littizzetto, la domenica sera. Compaesano a tutti gli effetti di Lucianina che, per presentarlo, proclama: «Questa sera ci sarà un ospite eccezionale. Abbiamo l’inno americano? Qui abbiamo la persona più famosa della settimana, Mr. Trump». A quel punto l’uomo ha fatto il suo ingresso in studio. «L’ho conosciuto in panetteria» ha dichiarato la comica torinese.
In balia della derisione
La parola passa al signor Franco che racconta: «Mi ricordo che nel 2016 andai ad un evento al Circolo dei Lettori, c’erano dei giornalisti che criticarono l’allora candidato dei Repubblicani per tutto il tempo, alla fine mi avvicinai a loro e dissi: «Avete parlato tutta la sera male di me, sono offeso», si misero tutti a ridere. Con questo cognome, comunque, mi prendono in giro fin dai tempi delle medie. Oggi, poi, con gli amici di infanzia, siccome ci sono un Franco e un Franchino, io sono rimasto Trump».
Ricerche del caso
L’uomo ha anche provato a fare qualche ricerca sull’origine del suo cognome: «Da quel che ho potuto capire arriva dalla Svezia, poi nei primi dell’800 alcuni Trump sono andati in Inghilterra e qualcuno in Germania, dal ramo tedesco arriva il nonno di Donald, forse siamo parenti alla lontanissima». Va detto che Mary, la madre di Trump – quello famoso a stelle & strisce – è scozzese. Ed oltre al cognome c’è un altro punto in comune con l’omonimo americano: la politica. «Il primo lavoro l’ho fatto grazie alla Democrazia Cristiana, ma non per calci nel sedere. Ho mandato un centinaio di curriculum, escludendo gli estremisti di destra e di sinistra», racconta.
Schierato con la Democrazia Cristiana in una zona “rossa”
«Mi arrivò la risposta della Dc e da lì iniziai con il ruolo di segretario del comitato provinciale, ero appena laureato, fu un’esperienza importante». Poi, sulla scia di Donald, arriva anche la discesa in campo. «Mi candidai e elezioni comunali di Grugliasco, nel 1974 con la Democrazia Cristiana. All’epoca, come anche oggi, quella era una zona considerata come una sorta di “Stalingrado della sinistra” e quindi la Dc faceva fatica a fare le liste, chiesero a me e dissi di si, presi una cinquantina di preferenze».
Distante 1000 anni luce da The Donald
In fatto di idee politiche, il Trump torinese ci tiene a sottolineare la totale distanza da quello americano: «Non condivido niente, anche se alle elezioni non avrei votato né lui né Harris. È incredibile che un paese del genere riesca ad esprimere solo due personaggi di questo tipo».
Signor Sindaco, così non va bene…
Per rendere la sua partecipazione allo show di Fazio ancora più contestuale… ad un certo punto Luciana Littizzetto gli ha chiesto cosa avrebbe fatto per la città di Torino, nel caso in cui ne fosse diventato “presidente”. Pronta e molto concreta la sua risposta: «Per prima cosa farei mettere a posto la scala mobile di Pozzostrada che sono tre anni che non funziona». Una tirata d’orecchie per il Sindaco Lo Russo: prendi e porta a casa…
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Storie vere
Alla faccia dell’errore giudiziario. Storia di Sandra: 43 anni in carcere da innocente
Dopo 43 anni di prigione per un omicidio che non aveva commesso, Sandra Hemme, 64 anni, è stata finalmente dichiarata innocente e liberata. Il caso della donna incarcerata ingiustamente per più tempo negli Stati Uniti.

“Vittima di un’ingiustizia”. Con queste parole il giudice Ryan Horsman ha dichiarato innocente la 64enne Sandra Hemme, scarcerata dalla prigione di Chillicothe, in Missouri, dopo aver scontato 43 anni dell’ergastolo a cui era stata condannata per un omicidio che non aveva commesso, quello della bibliotecaria Patricia Jeschke, uccisa nel 1980 a St. Joseph, nel Missouri. A supporto della sua innocenza, rivela la CNN, le prove presentate dall’avvocato della donna, Sean O’Brien, prove che secondo il giudice hanno dimostrato l’estraneità della donna all’omicidio e quindi la sua innocenza. Nonostante questo, per mesi il procuratore generale repubblicano Andrew Bailey si è opposto alla scarcerazione di Hemme.
Più volte il procuratore generale ha presentato istanze in tribunale cercando di tenere in prigione la donna per scontare condanne per aggressioni avvenute in carcere nei decenni passati. Ma il giudice Horsman il 14 giugno scorso ha stabilito che “la totalità delle prove supporta l’accertamento dell’effettiva innocenza” di Hemme rispetto alla condanna per omicidio. L’8 luglio una Corte d’appello statale ha stabilito che la donna dovesse essere liberata e il 9 luglio Horsman ha stabilito che Hemme dovesse essere rilasciata per tornare a casa con sua sorella.
Sandra Hemme: un incubo lungo 43 anni
Secondo il suo team legale dell’Innocence Project, Hemme è stata la donna incarcerata ingiustamente da più tempo negli Stati Uniti. Un’incredibile ingiustizia, durata quattro decenni, che finalmente ha trovato un epilogo positivo.
La storia di Sandra Hemme è quella di una battaglia lunga e dolorosa. Incarcerata all’età di 21 anni, la sua vita è stata segnata dalla privazione della libertà, dagli errori giudiziari e dall’incessante lotta per dimostrare la propria innocenza. Le nuove prove presentate dal suo avvocato, Sean O’Brien, hanno finalmente convinto la corte della sua estraneità al delitto, portando alla sua liberazione.
Il percorso di liberazione
Nonostante la chiarezza delle nuove prove, la strada verso la libertà non è stata facile per Hemme. Il procuratore generale Andrew Bailey ha cercato in ogni modo di mantenere la donna in prigione, presentando istanze per condanne legate ad aggressioni avvenute durante la detenzione. Tuttavia, il giudice Ryan Horsman ha respinto queste richieste, sottolineando che la totalità delle prove dimostrava l’innocenza di Hemme riguardo all’omicidio per cui era stata condannata.
Una nuova vita
Ora, Sandra Hemme può finalmente tornare a casa, iniziando un nuovo capitolo della sua vita accanto alla sorella. La sua storia rappresenta un potente monito sull’importanza di una giustizia equa e accurata, e una testimonianza della resilienza umana di fronte alle avversità.

Storie vere
Come fare la generosa con il portafoglio… degli altri!
Una famiglia padovana in vacanza a Riva del Garda ha trovato un portafoglio contenente molto denaro, carte di credito e documenti che hanno prontamente restituito alla legittima proprietaria titolare di un ristorante molto noto della zona. Un invito a cena per sdebitarsi…? Si certo ma con una sorpresa finale.

Si fa presto a dire ricompensa. Un portafoglio smarrito viene riconsegnato a un ristoratore di Riva del Garda che come ricompensa invita a cena i suoi angeli custodi. Ma…
Il bel gesto ripagato con una cena
… ma è successo che questa azione benemerita è diventato un caso. E come mai? Fondamentalmente perché nei paesi dove la cronaca locale latita appena accade qualcosa di particolare, i giornali e i lettori trovano pane per i loro denti. Il fatto è semplice. Una ristoratrice di Riva del Garda aveva smarrito il suo portafoglio su una panchina sul lungo lago. Una famiglia padovana in vacanza nella località gardenese, lo avevo trovato e ha provveduto a restituirlo alla legittima proprietaria. Per sdebitarsi del bel gesto, – dopo aver sborsato subito 50 euro per ringraziare il figlio quindicenne della famiglia – la ristoratrice generosa come ricompensa aveva deciso di invitare tutti a cena.
Ma qualcosa è andata storta
Il portafoglio conteneva carte di credito, molto denaro contante e i documenti personali della sua proprietaria. La famiglia si è recata nel ristorante ma alla fine della cena la gratuità annunciata si è trasformata in un conto di 80 euro a cui era stato applicato uno sconto del 10%. Senza protestare, la famiglia, un po’ incredula, ha saldato la cifra e ha lasciato il locale educatamente. L’episodio non è passato inosservato ai paesani, che lo hanno segnalato alla stampa locale. Finalmente un bel caso di cronaca da raccontare, vista la risibilità degli argomenti a disposizione.
Disattenzione, scuse e nuovo invito a cena
Diventata quindi il caso del giorno la ristoratrice si è subito ravveduta e ha giustificato il suo gesto come una semplice disattenzione. Tutta colpa del gran caldo e del troppo lavoro di questo periodo, ha argomentato la proprietaria del ristorante. Disattenzione dovuta alla stanchezza e allo stress di questi giorni di fine estate. Dopo le scuse pubbliche il giorno successivo la famiglia è stata invitata nuovamente a cena, questa volta senza dover pagare un euro.
Storie vere
Quando sgomberi la cantina e, a sorpresa, salta fuori un Picasso
Un ritrovamento inaspettato in casa rivela una firma importante: quella di Pablo Picasso. Ma ci vorranno anni e anni di valutazioni e di perizie prima di poter dire che si tratta di un dipinto autentico.

Una storia vera, tra quelle che spesso vi raccontiamo, che inizia agli albori degli anni ’60. Esattamente quando un rigattiere di Pompei, scova e recupera una tela arrotolata durante la pulizia di una cantina di una villa a Capri. Un dipinto che reca la figura distorta e asimmetrica di una donna. Nell’angolo superiore sinistro, una firma in corsivo, “Picasso”, che per il giovane robivecchi non ha nessun significato.
Appeso in soggiorno
Quando si dice “avere fra le mani un tesoro”… e non saperlo. Portatolo a casa, dopo averlo sommariamente incorniciato, lo appende alla parete del soggiorno dove rimarrà per quasi cinquant’anni. Testimone silenzioso del quotidiano di una modesta famiglia come tante altre, in cui i genitori lavorano duramente e i figli si dedicano agli studi. L’artista responsabile di tale opera è naturalmente quel Pablo Picasso, maestro del cubismo e autore di un capolavoro leggendario come Guernica, proprio lui!
E’ uguale a quella del mio libro!
Il figlio più grande è il primo a sospettare qualcosa. Una figura vista in un suo libro di scuola gli evoca l’insolito volto del quadro appeso in salotto. E fa partecipe del sospetto la sua famiglia. Chiaramente la questione viene archiviata sotto il nome “riproduzione”. Ma il dubbio resta: cosa succederebbe se fosse proprio il Picasso citato nel suo libro scolastico? Se fosse così, il corso della loro vita sarebbe stravolto. Un’idea che, col tempo, diventa sempre più persistente, fino a trasformarsi in un’urgente necessità di ricerca, alimentata anche dai pareri positivi di varie persone terze. E’ necessario eliminare ogni incertezza prima di conoscere la verità, investendo anche denato, poiché le stime necessarie comportano un costo e c’è anche la possibilità di essere truffati. Ma ne potrebbe valere la pena…
Il ritratto della sua compagna per nove anni
Le analisi chimiche dei materiali, i raffronti con altre opere, le ricerche storiche convergono a focalizzare l’idea che il dipinto di Capri sia uno dei molti ritratti di Dora Maar, poeta e fotografa francese. Compagna e musa privata del celebre artista di Malaga per nove anni, prima di venire abbandonata. L’opera abbandonata può essere databile tra la fine degli anni ’40 e l’inizio dei ’50.
Con il prezioso aiuto di Luca Gentile Canal Marcante, cacciatore di arte nascosta
Quindi il mistero parrebbe risolto. Niente affatto! Per esserne sicuri al 100% ci vogliono prove ben più irrefutabili, con una serie di ulteriori problemi dietro l’angolo. Il primo è l’inaspettata confisca per sospetta appropriazione indebita, una supposizione che si dissipa ancor più rapidamente, restituendo il bene ai suoi proprietari. L’ultimo è il muro di gomma eretto proprio dalla Fondazione Picasso. In aiuto della famiglia che detiene l’opera interviene la Fondazione Arcadia, con il presidente onorario Luca Gentile Canal Marcante, amante d’arte e cacciatore di tesori nascosti. E’ lui a farsi carico della situazione.
La fondazione dell’artista non si pronuncia
Viene coinvolto il massimo esperto in analisi chimico-scientifiche di opere d’arte, che va a sommarsi a precedenti stime da parte di esperti di pregio, tra i più prerstigiosi in circolazione. Dalla datazione esatta alla valutazione di carattere artistico, dai materiali alla “conformità”: tutto alimenta un corposo dossier che la fondazione parigina gestita dai figli di Picasso sembra non voler esaminare. Perchè mai? Il padre ha realizzato più di 14mila opere e riceve 700 richieste simili al giorno, ma non così dettagliate. Il punto fondamentale è comunque un altro: nel catalogo ufficiale di Picasso c’è un quadro apparentemente identico, il Buste de femme Dora Maar.
Anche la forma lo conferma
“Entrambi potrebbero essere originali”, dice l’ultimo degli esperti convocati, “ e probabilmente si tratta di due diversi ritratti del medesimo soggetto, dipinti da Picasso in tempi diversi. Una cosa però è certa: l’opera trovata a Capri e ora conservata a Milano è autentica”. Il risultato dell’ultima perizia eseguita sulla firma, lo conferma, attribuendola alla mano del maestro stesso. Questo è il tassello mancante che completa il quadro, effettivamente classificando l’opera esaminata tra i ritratti femminili di Picasso.
Un valore che potrebbe aumentare se riconosciuto anche da Parigi
“Porteremo questo studio insieme a tutti gli altri alla Fondazione di Parigi”, dichiara la famiglia, “in modo che possa essere riconosciuto come una delle opere di Picasso e inserito nel suo catalogo”. Anche se una tale attribuzione è di valore inestimabile per gli amanti dell’arte, questo potrebbe aumentarne il valore commerciale fino a 10-12 milioni di euro, rispetto ai sei attuali.
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