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Storie vere

Miracolo a 12 metri di profondità: sub salva il nipote intrappolato nella nave Sea Story affondata nel Mar Rosso

Soccorritore sub di esperienza si immerge nella nave affondata Sea Story e trova il nipote vivo intrappolato in cabina insieme ad altri quattro superstiti.

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    Nella tragedia della Sea Story che si è consumata nelle prime ore di lunedì al largo della costa egiziana di Marsa Alam, nel Mar Rosso, c’è una buona notizia che ha del miracoloso. La nave turistica a noleggio, lunga 44 metri, era partita domenica per un tour di immersioni di cinque giorni. Durante la notte è stata travolta da venti forti e onde violente. Intorno alle 5:30 del mattino, un segnale di soccorso ha annunciato l’inizio del dramma.

    Cos’era successo? L’imbarcazione, colpita da una barriera corallina, si è rapidamente inabissata, lasciando visibile solo mezzo metro del ponte sopra il livello dell’acqua. A bordo dell’imbacazione in quel momento si trovavano 44 persone tra passeggeri ed equipaggio. Trentaquattro sono stati salvati nelle prime ore dopo l’incidente, ma il bilancio è tragico. Quattro corpi recuperati, sette persone ancora disperse e un dramma che si è trasformato in miracolo per cinque sopravvissuti. Tra questi un giovane sub rimasto intrappolato nelle profondità della nave.

    Il miracoloso salvataggio di Youssef

    Martedì, durante le operazioni di recupero, il sub professionista Khattab al-Faramawy si è immerso fino a 12 metri di profondità con il suo team per cercare superstiti. L’oscurità sott’acqua era totale, e solo grazie all’uso di torce è stato possibile orientarsi all’interno della Sea Story sommersa. Khattab si è imbattuto in un gruppo di cinque persone intrappolate in una cabina chiusa. Tra loro, con sua immensa sorpresa, c’era suo nipote Youssef, un giovane istruttore subacqueo di 23 anni che lavorava a bordo. Nel tentativo di aiutare altri passeggeri rimasti bloccati, Youssef era rimasto intrappolato a sua volta. La sopravvivenza del gruppo è stata possibile grazie a una bolla d’aria formatasi nella cabina, che ha permesso loro di respirare per oltre 24 ore.

    Sea Story: una missione di salvataggio straordinaria

    È stata una missione complicata e rischiosa,” ha raccontato Khattab alla BBC. “Abbiamo usato torce per cercare di orientarci nell’oscurità totale. L’apertura delle porte della cabina è stata particolarmente difficile, ma alla fine siamo riusciti a liberare i superstiti.” Dopo il salvataggio, i cinque sopravvissuti della Sea Story , incluso Youssef, sono stati trasferiti in ospedale per ricevere cure mediche. Il giovane è stato descritto in buone condizioni, nonostante il trauma e le difficoltà affrontate.

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      Storie vere

      Dal chiostro all’altare (nuziale): l’ex suora Lais Dognini sposa un ex prete. “Il nostro primo appuntamento? Messa, cena e cinema”

      Lais Dognini, ex suora carmelitana, e Jackson, ex seminarista, si sono conosciuti quando lei soffriva di depressione. “Mi scrisse che avrebbe pregato per me: da quel giorno non abbiamo più smesso di sentirci.” Oggi sono sposati e raccontano la loro storia sui social.

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        In Brasile, la loro storia ha fatto il giro dei social come una parabola d’amore e redenzione. Lei, Lais Dognini, era una giovane suora carmelitana; lui, Jackson, un seminarista in procinto di ricevere l’ordinazione. Oggi sono marito e moglie, e la loro unione ha conquistato migliaia di follower.

        Lais aveva trascorso due anni in convento, dedicata alla preghiera e alla vita comunitaria, ma un episodio di forte depressione l’aveva costretta a lasciare la vita religiosa. “Ero smarrita e non sapevo più come andare avanti,” ha raccontato. In quel periodo difficile ricevette un messaggio da Jackson: “Mi offrì la sua preghiera. Non ci conoscevamo, ma le sue parole mi fecero bene.”

        Quel messaggio fu l’inizio di qualcosa di inatteso. I due iniziarono a scriversi ogni giorno, scoprendo affinità profonde e un legame che cresceva con naturalezza. “Non ci cercavamo, ma ci siamo trovati,” dice Lais. Col tempo, anche Jackson decise di lasciare il seminario. “Avevo compreso che la mia vocazione era un’altra: vivere la fede in una famiglia, non dietro l’altare.”

        Dopo un periodo di fidanzamento, la coppia si è sposata. Il video delle nozze è diventato virale, rilanciato da testate e tabloid di mezzo mondo. Ma i due hanno voluto chiarire che la loro è una storia di fede prima ancora che di passione. “Il nostro primo appuntamento – ha raccontato Lais – è stato andare insieme a messa, poi a cena e infine al cinema. Amiamo essere cattolici e oggi serviamo Dio attraverso il matrimonio.”

        Oggi Lais è un’influencer molto seguita: parla di spiritualità, equilibrio e amore autentico. “Non abbiamo rinnegato la fede,” ha detto, “l’abbiamo solo riscoperta in una forma diversa.” Una storia che, tra ironie e applausi, ricorda che anche nei misteri dell’amore terreno può nascondersi una scintilla divina.

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          Storie vere

          Peccato! L’Autovelox non era omologato: annullata la multa per l’automobilista a 255 km/h

          Sfreccia in auto a 255 all’ora ma la maxi multa viene annullata: l’Autovelox non era omologato.

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            Lui tranquillo sfrecciava in auto a ben 255 km/h su un tratto autostradale con limite di 130, ma la multa salatissima gli è stata annullata per un errore burocratico. Mannaggia!! L’Autovelox usato per la contravvenzione non era omologato. Gasp! L’episodio risale allo scorso maggio quando un automobilista è stato multato per eccesso di velocità, con una sanzione di 845 euro e la sospensione della patente da 6 a 12 mesi.

            Provaci ancora Sam magari la prossima volta ti beccano per davvero

            L’automobilista, assistito dall’avvocato Gabriele Pipicelli di Verbania, ha presentato ricorso alla prefettura di Novara, che ha accolto le sue motivazioni. Il prefetto ha verificato infatti che lo strumento della Polizia Stradale, sebbene “approvato”, non risultava “omologato”, come richiesto dalla legge per validare le rilevazioni di velocità.

            Autovelox omologato, automobilista sanzionato!

            L’avvocato ha spiegato che il ricorso è stato fondato sulla giurisprudenza della Cassazione, che distingue tra “approvazione” e “omologazione” degli apparecchi di rilevazione. Solo quelli omologati garantiscono misurazioni legittime. Di fronte a questa discrepanza, il prefetto ha annullato la multa e tutte le sanzioni correlate, restituendo anche la patente all’automobilista.

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              Storie vere

              Una bambina di Auschwitz, creduta morta nel lager, ricompare negli USA

              Le peripezie della piccola Gertrude, deportata nell’inferno di Auschwitz. Creduta morta da tutti, ora ha 86 anni e vive negli Stati Uniti. La scoperta grazie alla preside di un liceo romano.

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                Si chiama Gertrude ed è la protagonista di una storia tragica, con un finale però di speranza. Per anni lei è stata una dei troppi bambini la cui esistenza si era spezzata nel tristemente famoso campo di concentramento di Auschwitz. Una rapida apparizione nella storia la sua, scoperta per altro casualmente, al fianco del padre Isidor Stricks, cittadino polacco ebreo catturato vicino a Roma e deportato dai nazisti.

                Sorriso e forza senza pari

                Visto che non sempre i bambini venivano registrati sui treni della morte, si era creata l’idea che anche lei avesse finito i suoi giorni in un lager. «Ma Trudy lì non è mai arrivata, si è salvata ed è ancora viva: oggi ha 86 anni, si trova in America, è sposata e ha tre figli. Ha un sorriso bellissimo e una forza senza pari». Questa la descrizione dolcissima che ne fa di lei Maria Grazia Lancellotti, attuale preside del liceo classico e linguistico romani Orazio. Nell’ambito del progetto «Il civico giusto», che si pone l’obiettivo di scoprire storie di solidarietà e di coraggio nell’Italia fascista al tempo delle ldiscriminazioni raziziali, si è imbattuta in un dettaglio che ha catturato la sua attenzione. Tanto da spingerla alla ricerca della verità.

                L’intuito della preside Lancellotti

                «Mi stavo documentando sulla fuga di Sandro Pertini e Giuseppe Saragat dal carcere romano di Regina Coeli. Quando nei racconti Marcella Ficca, la moglie di Alfredo Monaco, il medico che quella fuga ideò, comparvero Trudy e suo padre – racconta con trasporto la Lancellotti -. Mi disse che quest’uomo che teneva stretta a sé una bambina di 5-6 anni, prima di essere caricato sul camion diretto a Fossoli, le rivolse uno sguardo terrorizzato. Come di chi non sapeva cosa lo aspettasse, trovò gli occhi di una donna, le fece un cenno, si fidò e le affidò quello che aveva di più caro pur di salvarlo». Così Marcella ospita la piccola in casa sua per qualche mese, fino a quando la mamma, Fanny, non la rintraccia e la riprende con sé.

                Da Napoli verso la salvezza ad Oswego

                Da questo momento ha inizio una storia fatta di fughe, svariate peripezie e lunghe settimane nascoste in due distinti conventi di Roma, fino alla fine della guerra. Poi la salvezza arriva quando nel luglio del ’44 salgono a bordo della Herry Gibbons, una nave che salpa da Napoli con mille profughi verso raggiunge Oswego, negli Stati Uniti.

                Il figlio Brian è venuto in Italia per abbracciare i figli di chi salvò sua madre

                «Da qui si perdono le tracce della piccola Trudy, la mamma si sposa e cambia cognome. La stessa cosa fa lei anni dopo – riprende a raccontatre la Lancellotti -. Ma a questo punto volevo arrivare alla verità su di lei per cui ho scritto a un museo della città: Trudy in America doveva essere arrivata viva e qualcuno doveva sapere qualcosa di lei. Poco dopo mi ha risposto direttamente suo figlio Brian e mi ha raccontato la vita di sua mamma Gertrude».

                I gesti che cambiano il destino delle persone

                Brian – assoluta casualità – aveva già organizzato un viaggio in Italia per la scorsa estate. Con l’occasione si è recato pure a Roma, dove ha potuto conoscere e abbracciare i figli di Alfredo e Marcella Monaco. «Purtroppo loro sono morti senza sapere se quella bambina ebrea che avevano salvato alla fine ce l’avesse fatta. Ma l’aver scoperto il loro grande gesto d’amore ha fatto in modo che venissero avviate le pratiche allo Yad Vashem per far insignirli del titolo di “Giusti fra le Nazioni”». Ora la preside Lancellotti, di questa bella storia, ne vorrebbe fare un libro.

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