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26 dicembre, Santo Stefano: il giorno dopo Natale tra fede, storia e tradizioni popolari

Non è solo un giorno di festa “di recupero”: Santo Stefano affonda le sue radici nella storia del cristianesimo e nel calendario civile, diventando nel tempo uno spazio di pausa, convivialità e identità collettiva

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Santo Stefano

    Il 26 dicembre, per molti italiani, è semplicemente il “giorno dopo Natale”: una data dedicata al riposo, alle visite ai parenti e agli avanzi del pranzo del 25. In realtà, Santo Stefano è una ricorrenza antica e carica di significati, che intreccia fede, storia e tradizioni popolari. Non a caso è riconosciuta come festività civile in Italia e in diversi Paesi europei.

    Dal punto di vista religioso, Santo Stefano ricorda il primo martire del cristianesimo. Secondo gli Atti degli Apostoli, Stefano era uno dei sette diaconi scelti per assistere i poveri nella comunità cristiana di Gerusalemme. Accusato di blasfemia, fu condannato alla lapidazione intorno al 36 d.C. La sua figura è centrale nella tradizione cristiana perché rappresenta la testimonianza estrema della fede, resa ancora più significativa dal perdono che, secondo il racconto biblico, Stefano avrebbe concesso ai suoi persecutori.

    La collocazione della festa subito dopo il Natale non è casuale. La Chiesa ha voluto affiancare alla celebrazione della nascita di Cristo il ricordo di chi, per primo, ne ha seguito l’esempio fino al sacrificio. Un contrasto forte e simbolico: alla gioia della nascita si unisce il richiamo alla responsabilità e alla coerenza della fede vissuta.

    Con il passare dei secoli, la ricorrenza ha assunto anche un valore civile. In Italia, Santo Stefano è diventato giorno festivo nel secondo dopoguerra, rispondendo all’esigenza di estendere la pausa natalizia e favorire la vita familiare. Oggi è percepito come un momento di decompressione dopo le intensità del 25 dicembre, spesso dedicato a gite fuori porta, passeggiate, cinema o incontri informali.

    Le tradizioni popolari legate al 26 dicembre variano da regione a regione. In alcune zone d’Italia è il giorno delle sagre invernali, in altre è associato a fiere storiche o a riti agricoli legati alla fine dell’anno. Nei Paesi anglosassoni, la stessa data coincide con il Boxing Day, giornata tradizionalmente dedicata ai doni e, oggi, agli eventi sportivi e allo shopping.

    Santo Stefano resta dunque una festa “ponte”: tra sacro e profano, tra il raccoglimento religioso e la dimensione conviviale. Un giorno che invita a rallentare, a prolungare lo spirito natalizio e a riscoprire il valore del tempo condiviso. In un calendario sempre più frenetico, il 26 dicembre continua a ricordare l’importanza di fermarsi, almeno per un giorno, prima di ripartire verso il nuovo anno.

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      Avanzi di Natale? Niente paura! Trasformali in 2 dessert irresistibili da copiare subito!

      Hai ancora del pandoro o del panettone avanzato? Non buttarli via! Con queste ricette creative e semplici, potrai trasformare i tuoi dolci natalizi in nuove delizie: Cassata veloce di pandoro e Ciambella di Panettone

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        Pandoro e panettone sono i protagonisti indiscussi delle nostre tavole natalizie. Ma cosa fare se ne avanza? Ecco 2 idee originali e golose per riutilizzare questi dolci e stupire i tuoi ospiti.

        Cassata veloce di pandoro alla crema di ricotta

        • 1 pandoro
        • 500 g di ricotta vaccina
        • 250 g di zucchero al velo vanigliato
        • Gocce di cioccolato fondente q.b
        • 3 cucchiai di frutta candita a piacere q.b.
        • 1 cucchiaino di estratto di Vaniglia
        • Bagna per dolci non alcolica
        • Zucchero al velo q.b. per decorare

        Mescoliamo la ricotta con lo zucchero a velo e l’estratto di vaniglia. Una volta che abbiamo ottenuto un composto cremoso, aggiungiamo le gocce di cioccolato e la frutta candita. Mescoliamo il tutto e mettiamo in frigo. Tagliamo panettone in 3 fette (disco) non troppo sottili partendo dalla bassa. Una fetta adagiamola sul fondo di uno stampo per dolci, un’altra la spezzettiamo sistemandolo bene sui lati dello stampo, poi bagniamo con la bagna, versiamoci sopra la crema di ricotta presa dal frigo e copriamo con l’ultima fetta di pandoro. Infine, decoriamo con lo zucchero al velo, copriamo e lasciamo riposare in frigo. 

        Ciambella di panettone al profumo di arancia
        300 g di panettone classico secco avanzato
        2 uova intere
        150 g di zucchero semolato
        90 ml di olio di semi di girasole

        80 g di farina 00
        90 ml di latte intero
        1 bustina di lievito per dolci
        La buccia di 1 arancia grattugiata
        Burro e farina per lo stampo q.b.

        Sminuzziamo il panettone e riduciamolo finissimo in farina con l’aiuto di un mixer. Montiamo le uova con lo zucchero fino ad ottenere un composto chiaro e spumoso, aggiungiamo l’olio, il latte la scorza di arancia e la farina setacciata con il lievito; quindi, inglobiamo il tutto con una spatola. Versiamo il composto ottenuto in uno stampo unto e infarinato, inforniamo a 175° e per circa 40 minuti. Sforniamo e lasciamo intiepidire prima di servire.

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          Pandoro VS Panettone, un’eterna diatriba – fra storia e leggenda – sul gusto del Natale

          La sfida tra i due dolci più tipici delle feste, presenze costanti sulle tavole di noi italiani, si riaccende puntualmente anche quest’anno…

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            Sono i due dolci lievitati più iconici del Natale italiano, anche se presentano caratteristiche diametralmente opposte sia nella preparazione, che nella forma e nel gusto. In tutte le case dello Stivale, con l’arrivo delle feste, rappresentano presenze costanti, anche se hanno il potere di dividere i commensali: solitamente chi predilige uno, non ama particolarmente l’altro.

            Due correnti di pensiero contrapposte

            Gli estimatori del pandoro ne apprezzano la sofficità, amando gustarlo leggermente tiepido con una spolverata di zucchero a velo. Mentre i fan del panettone” vanno pazzi per il suo gusto aromatizzato agli agrumi, con gli immancabili canditi e l’uva passa.

            Cosa dice la storia

            Entrambi i dolci affondano le loro origini nell’Italia Settentrionale: il primo, lievitato a otto punte nato a Verona, il secondo dalla forma cilindrica preparato per la prima volta nel periodo medievale a Milano: il “panetùn”.

            Vero e proprio simbolo di “milanesità”

            Aromi di burro, vaniglia e agrumi coccolano il palato degli amanti del panettone, dolce che deve la sua origine al capoluogo lombardo. Una delle prime testimonianze che lo riguardano risale ai primi anni del 1600 quando i capi famiglia erano soliti distribuire tre grosse fette di pane ai commensali durante la cerimonia del ceppo, una tradizione natalizia milanese della quale anche lo storico Pietro Verri scrive nella sua Storia di Milano.

            La suggestiva leggenda del Toni

            Fra le tante narrazioni relative al panettone, una in particolare viene considerata più attendibile. Quella che riguarda lo sguattero Toni, ultima catena della cucina della corte di Ludovico il Moro, signore di Milano nel 1495. Secondo questa storia (o leggenda?), il capo cuoco chiese al giovane di controllare il dolce preparato per i cortigiani in occasione della vigilia di Natale. Ma Toni, addormentandosi, fece bruciare tutto. L’intraprendente ragazzo, quindi, propose al capo cuoco di offrire in sostituzione ai commensali un dolce che aveva preparato per i suoi amici a base di avanzi dell’impasto del pane, uova, burro, canditi e uvetta. “El pan de Toni” – da qui il nome “panettone” – fu un successo clamororo, che dura ancora oggi.

            Quella di Ughetto

            A livello popolare si narra anche la vicenda del giovane Ughetto che, innamoratosi della figlia del fornaio, si fece assumere. Per incrementare le vendite pensò di arricchire il pane con burro, zucchero, pezzetti di cedro candito e uova. Il gradimento dei commensali fu tale che, alla fine, Ughetto riuscì anche a convolare a nozze con la figlia del fornaio. Intorno alla nascita del panettone c’è anche una storia che coinvolge la suora Ughetta. Per rendere più ricco e festoso il Natale delle consorelle, decise di aggiungere all’impasto del pane zucchero, uova, burro e cedro candito. Non è un caso che “ughet” in dialetto locale significa proprio… uvetta!

            Un dolce brevettato a Verona dal pasticcere Melegatti

            Il “pane d’oro” – che nasce a Verona – venne chiamato così in alla pratica rinascimentale di decorare il dolce con foglie d’oro commestibile. Fu il pasticcere Domenico Melegatti a depositare per primo il brevetto di questo lievitato a otto punte nel 1884 presso il Ministero di Agricoltura e Commercio del Regno d’Italia. Registrando anche lo stampo che caratterizza la particolare forma di questo lievitato, opera del pittore impressionista Angelo Dall’Oca Bianca.

            Anche per il pandoro un mix di storie e leggende popolari

            Anche se può vantare un preciso brevetto depositato, pure intorno alla storia del pandoro si troviamo diverse storie e leggende. Melegatti avrebbe elaborato la ricetta del dolce tipico del Natale italiano prendendo spunto dal Levà, preparato a Verona la notte della vigilia di Natale, ma anche dal Nadalin, dolce a forma di stella usato in Veneto nel 1200, e dal Pane di Vienna.

            La tipica forma a stella

            Secondo alcuni, il pandoro sarebbe stato un dolce già consumato in Veneto nel Medioevo, durante il periodo della Repubblica di Venezia. Preparato nello stesso modo in cui oggi arriva sulle nostre tavole, pare debba la sua forma a stella alla Torre dei Lamberti di Verona.

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              Tempo libero ed interessi

              Santo Stefano: oltre il panettone, cinque idee per trascorrere un 26 dicembre indimenticabile!

              Hai avanzi di panettone e la famiglia ancora in casa? Niente panico! Scopri come trasformare il 26 dicembre in una giornata indimenticabile, tra tradizioni, relax e un pizzico di follia.

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                Santo Stefano, il giorno dopo Natale, è un po’ come il lunedì di Ferragosto: un’estensione delle festività che ci lascia sempre un po’ perplessi. Ma perché sprecare questa giornata tra divano e avanzi del cenone? Ecco cinque idee originali per trasformare il 26 dicembre in un giorno da ricordare. Per davvero!

                Santo Stefano… in movimento!

                Hai presente quella sensazione di pesantezza post-cenone? È il momento di smaltire! Invece di crogiolarti sul divano, indossa le scarpe da ginnastica e vai a fare una bella passeggiata. O, se sei più avventuroso, organizza una gita fuori porta: un giro in bicicletta, un’escursione in montagna o una semplice passeggiata in un parco. L’aria fresca ti farà un mondo di bene e ti darà la carica per il resto della giornata.

                Relax in modalità “on”

                Se invece preferisci un approccio più rilassato, il 26 dicembre è il giorno perfetto per dedicarti al tuo benessere. Prepara un bagno caldo con le tue essenze preferite, accendi delle candele, metti della musica soft e rilassati. Oppure, se preferisci, immergiti in un buon libro o in una serie TV che hai sempre voluto vedere. Naturalmente sprofondato nel caro buon e a volte anche vecchio divano.

                Volontariato: un gesto che fa bene al cuore

                Vuoi dare un senso più profondo al tuo 26 dicembre? Perché non dedicare qualche ora al volontariato? Ci sono tantissime associazioni che hanno bisogno di una mano e che saranno felici di accoglierti. Sembra lapalissiano ma aiutare gli altri ti farà sentire bene e ti darà una nuova prospettiva sulle cose.

                Pianifica il tuo futuro (con un pizzico di follia!)

                Il 26 dicembre è anche il momento perfetto per sognare un po’. Prendi carta e penna e inizia a pianificare il tuo futuro. Quali sono i tuoi obiettivi per il nuovo anno? Dove vorresti viaggiare? Cosa vorresti imparare di nuovo? Non aver paura di osare e di sognare in grande!

                E soprattutto festeggia come se non ci fosse un domani… o almeno fino a Capodanno!

                Perché non prolungare i festeggiamenti? Organizza una cena con gli amici, prepara dei cocktail originali o semplicemente balla in salotto. L’importante è divertirsi e creare dei ricordi indimenticabili.

                Ma quando nasce il culto di Santo Stefano

                Il culto dedicato a Santo Stefano, il primo martire cristiano, si diffuse rapidamente dopo la sua morte. La sua fama crebbe ulteriormente nel 415 quando, secondo la tradizione, il suo corpo fu ritrovato a Gerusalemme. La Chiesa oggi celebra Santo Stefano in due date: il 3 agosto, giorno in cui si ricorda la scoperta del suo corpo, e il 26 dicembre, in concomitanza con le festività natalizie.

                Il 26 dicembre: un legame con la nascita di Cristo

                La scelta del 26 dicembre per celebrare Santo Stefano ha un significato profondo. La Chiesa primitiva desiderava celebrare i compagni di Gesù nei giorni vicini alla sua nascita. Essendo stato il primo martire, Stefano fu naturalmente associato a questa ricorrenza. Inoltre, si credeva che le sue reliquie fossero state portate in processione proprio il 26 dicembre del 415. Insieme a Stefano, anche altri santi legati a Gesù, come Giovanni Evangelista, i Santi Innocenti e, in passato, Pietro e Paolo, venivano celebrati nei giorni successivi al Natale, sottolineando così l’importanza della comunità cristiana che si formò attorno a Cristo.

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