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Lifestyle

5 domande a… Carmela Romano di TecheTour

Nasce una rivoluzione silenziosa ma potente, capace di ridefinire il concetto stesso di viaggio. Si chiama TecheTour è non si tratta solamente di un progetto soltanto innovativo… ma di un nuovo modo di vivere la cultura, pensato per chi, per ragioni fisiche, economiche o sociali, non è in grado di spostarsi. Alla guida di questa straordinaria iniziativa c’è la dottoressa Carmela Romano, CEO di EmozionArti s.r.l. e project manager dal profilo visionario, che ha saputo coniugare innovazione tecnologica, inclusione sociale e valorizzazione del patrimonio italiano.

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    Attraverso una piattaforma digitale e un’app di “stream immersion”, TecheTour consente esperienze turistiche immersive, combinando suoni, immagini, luci e colori per regalare viaggi sensoriali nei luoghi simbolo dell’Italia, anche ai pazienti in ospedale, agli anziani nelle RSA, ai detenuti, a chi vive condizioni di marginalità. È un turismo senza barriere né confini, capace di arrivare ovunque ci sia una connessione stabile, che integra realtà aumentata, realtà virtuale e contenuti NFT all’interno dell’infrastruttura.

    Viaggiando sulle onde della solidarietà

    Molto più di un semplice tour digitale: è un ponte tra tradizione e futuro, che restituisce dignità e bellezza a chi non può viaggiare e riscopre il valore autentico dei mestieri antichi e dei territori meno noti. La dottoressa Romano ci ha raccontato le sfide e le emozioni dietro una delle iniziative più innovative e solidali del panorama culturale contemporaneo.

    L’intervista

    TecheTour nasce per rendere il turismo accessibile anche a chi non può viaggiare fisicamente. Qual è stata l’ispirazione, personale o professionale, che vi ha spinto a sviluppare un progetto così innovativo e inclusivo?

    Il tutto parte dal mio personale background su beni culturali e territoriali che sviluppo da oltre 40 anni. Oggi la sensibilità generale si è aperta ad una gamma di espressioni artistico-artigianali fra le più diverse, che travalicano i classici concetti artistici, comprendendo tutto quell’universo popolare che mi ha sempre coinvolto ed affascinato, sin da quando studiavo presso la facoltà di Lettere e Filosofia. I cosiddetti beni materiali ed immateriali presenti sul territorio, che rappresentano un tesoro di valore straordinario. Cominciando con vere e proprie ricerche sul campo, a diretto contatto con le realtà che mi hanno sempre appassionato.

    Col vostro progetto avete scelto di valorizzare anche luoghi e tradizioni meno conosciute. Quanto è importante per voi raccontare l’Italia “minore” e in che modo pensate che il digitale possa contribuire a conservarne la memoria?

    Il termine minore va giustamente indicato… fra virgolette! La cultura è sempre figlia di uno specifico luogo, di un preciso contesto, nella quale si riversano le memorie storiche tramandate da generazione in generazione. Ho cominciano nel 2001 dal territorio campano – che conosco bene, essendo il mio luogo natìo – portandolo alla Bit di Milano per tre anni consecutivi, presso lo stand di Regione Campania, con un progetto chiamato Ai confini della città: forni, torchi e arte. Un’esperienza quindi consolidata, realizzata naturalmente quasi esclusivamente in formato cartaceo – le tecnologie attuali naturalmente non esistevano – con vari patrocini. Mi ero accorta allora che, quello che oggi chiamano overtourism, con l’esclusiva promozione dei meri, soliti attrattori.

    In Campania Pompei, Piazza Plebiscito a Napoli, Capodimonte e palazzo Reale. Tutti luoghi splendidi, intendiamoci… ma perchè non far conoscere e promuovere anche quello che succede nell’entroterra, a pochi chilometri dalle grandi città? Il centro e la periferia possono e devono interagire, in un percorso virtuoso e costante di interscambio culturale. Cercando di spostare l’attenzione, trainando il grande attrattore attraverso tutto quello che gli sta intorno, sul quale esiste un rapporto strettissimo e circolare, che il digitale è in grado di esaltare.

    Il vostro progetto integra realtà aumentata, realtà virtuale e contenuti NFT. Come avete strutturato il lavoro del team multidisciplinare per creare un’esperienza immersiva, ma anche autentica e culturalmente accurata?

    Sono tutte esperienze dalle grandissime risorse! Abbiamo puntato sulla collaborazione delle comunità locali, focalizzandoci su tutte quelle realtà culturali, artigianali, gastronomiche, creative che rischiano di essere dimenticate. Soprattutto il mondo dell’artigianato, popolato dagli ultimi cultori di alcune pratiche antiche, per esempio la cartapesta o l’argilla, documentate in maniera minuziosa. Un microcosmo popolato da veri e propri artisti! Il team di lavoro è quindi partito da un’analisi diretta, filtrata attraverso i linguaggi delle varie tecnologia. In questo modo puntiamo ad una diffusione della nostra esperienza worldwide, con contenuti scalabili, cioè estendibili a tutte le regioni meritevoli di attenzione, perchè basate su procedure di lavoro standardizzate. Oggi è la Campania con una serie di tour tematici, domani progressivamente il resto del territorio.

    In una logica digitale e immersivo, favorendo la fruizione alle persone diversamente abili di vario tipo. Con un elemento in più: TecheTour si propone di trainare il turismo delle persone sul campo, in modo da contribuire alle realtà economiche locali che andiamo a promuovere: il digitale da solo sarebbe un processo sterile. In quest’ottica noi lo intendiamo come un “ponte” per le persone, perchè possano successivamente vivere un’esperienza.

    La vostra app è stata presentata alla recente edizione del We Make Future. Che tipo di feedback avete ricevuto e quali sono i prossimi passi per rendere TecheTour una realtà fruibile su larga scala?

    Siamo stati accolti con grande entusiasmo da parte di tutti quelli a cui abbiamo presentato il progetto, oltre ogni più rosea aspettativa. Un aspetto incoraggiante perchè le partnership esterne, in questo senso, sono necessarie per sviluppare il progetto in tutta la sua potenzialità. Parlo di pubblica amministrazione ma anche – per esempio – del mondo turistico. Anche e soprattutto con l’ausilio della blockchain e dei contenuti NFT di digital art, i certificati che garantiscono autenticità, unicità e proprietà di un oggetto digitale, coi quali intendiamo finanziare nuove ricerche.

    Può raccontarci un momento particolarmente emozionante vissuto durante la fase di test, magari con uno degli utenti che ha sperimentato per la prima volta un tour virtuale?

    Premetto che TecheTour è stato straordinariamente apprezzato durante la fiera anche dagli oriundi italiani all’estero, alla ricerca delle proprie radici in via di estinzione: immortalate, digitalizzate e certificate attraverso la digitalizzazione. Cito volentieri la presentazione del tour immersivo ad una rappresentante della Camera di Commercio dei Texas, che ha avuto parole d’elogio davvero emozionanti, pensando agli italo-americani sul loro territorio. L’altro è un uomo delle istituzioni dell’Estonia. Due rappresentanti di altrettanti mondi lontani fra loro, diversi… che hanno colto le potenzialità del progetto. Un segnale che ci spinge a continuare con il medesimo entusiasmo degli inizi, anzi… di più.

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      Lifestyle

      “Mio figlio è un hikikomori”: quando la stanza diventa prigione

      La testimonianza di una madre: “All’inizio pensavamo fosse solo una fase, ma poi ha smesso di uscire, andare a scuola, vedere gli amici. È come se avesse staccato la spina con il mondo esterno. E noi genitori ci siamo sentiti impotenti”.

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      hikikomori

        “Non voleva più uscire dalla sua stanza. Diceva che là fuori non c’era nulla per lui. Non scuola, non amici, non futuro. Solo un senso opprimente di fallimento.” A parlare è Patrizia (nome di fantasia), madre di un ragazzo di 17 anni che da oltre un anno vive da hikikomori.

        Un termine giapponese, ormai tristemente diffuso anche nel nostro paese, che indica una forma estrema di ritiro sociale volontario. Chi ne soffre smette progressivamente ogni interazione con il mondo esterno: niente scuola, niente lavoro, nessuna socialità. Solo una stanza chiusa, spesso connessa alla rete, dove si rifugiano da ciò che percepiscono come una società ostile o inaccessibile.

        In Giappone il fenomeno è studiato dagli anni ’90, ma in Italia è stato per lungo tempo ignorato. Secondo l’Associazione Hikikomori Italia, i casi stimati nel nostro paese sarebbero oltre 100.000, e in continuo aumento, complice anche la pandemia che ha esasperato l’isolamento. Si tratta prevalentemente di maschi adolescenti, tra i 14 e i 25 anni, anche se non mancano casi tra le ragazze.

        “All’inizio lo scambiavamo per pigrizia, ribellione, o semplice ansia scolastica”, racconta ancora Patrizia. “Abbiamo provato a spronarlo, a imporgli dei limiti, ma peggiorava. Finché non ha più messo piede fuori casa. Non parlava più con nessuno. Si chiudeva a chiave con il telefonino. Mangiare diventava un’impresa.”

        La causa? Non esiste una sola spiegazione, ma un insieme di fattori: pressione scolastica, paura del giudizio, bassa autostima, bullismo, ma anche una società che misura tutto in base alla performance. “Chi non si sente all’altezza finisce per voler sparire”, spiega lo psicoterapeuta Marco Crepaldi, fondatore dell’associazione che si occupa di questi ragazzi e delle loro famiglie.

        Oggi il figlio di Patrizia sta lentamente migliorando. Ha accettato di farsi aiutare da uno psicologo specializzato e ha ripreso contatto, anche solo via messaggio, con alcuni amici. Ma il cammino è lungo. “Abbiamo capito che non serve forzare, ma esserci. Ogni giorno. Anche senza parole.”

        La scuola, i servizi sociali, la sanità mentale pubblica: tutti oggi devono imparare a riconoscere i segnali precoci dell’hikikomori, per evitare che un disagio profondo si trasformi in un isolamento cronico. Perché dietro una porta chiusa non c’è solo silenzio, ma una richiesta d’aiuto che va ascoltata.

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          Luxury

          The Muraka, l’hotel sott’acqua a 9mila euro a notte

          Kara e Nate in un video ha raccontato la strabiliante esperienza del soggiorno nella lussuosa villa The Muraka situata circa 5 metri sotto il livello del mare.

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            L’hotel sott’acqua più caro al mondo, The Muraka, ha conquistato i cuori dei noti travel blogger Kara e Nate, che l’hanno definito il miglior soggiorno della loro vita. Situata circa 5 metri sotto il livello del mare, questa lussuosa villa offre un’esperienza unica, con una camera da letto padronale dotata di una cupola trasparente per ammirare la vita marina a qualsiasi ora del giorno.

            Al Muraka un maggiordomo privato h24

            Il piano superiore, sopra il livello dell’acqua, include sale da pranzo, due camere da letto, un bagno con vista sull’oceano e una piscina a sfioro, il tutto accompagnato da un maggiordomo privato disponibile 24 ore su 24. Ma è il piano inferiore, accessibile tramite ascensore o scalinata, che regala la vera magia. Ovvero finestre dal pavimento al soffitto che offrono una vista mozzafiato dell’oceano circostante.

            Un po’ caro ma per un anniversario o un viaggio di nozze ci può stare

            Il prezzo per questa esperienza esclusiva supera i 9mila euro a notte, ma Kara e Nate hanno sfruttato miglia e punti accumulati per rendere realtà questo sogno. La loro esperienza è stata così straordinaria che l’hanno documentata in un video, permettendo a chiunque di vivere virtualmente questo soggiorno unico. Kara ha scherzato sul fatto di volerci tornare in pensione, mentre Nate ha confermato che questo è stato davvero il miglior posto in cui siano mai stati, descrivendolo come un’esperienza al 110% straordinaria.

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              Lifestyle

              Pranzare al lido, cosa ordinare e cosa evitare in spiaggia

              Mangiare al lido, o al mare, può essere un’esperienza piacevole se si scelgono gli alimenti giusti che offrono nutrimento senza appesantire troppo, e che sono anche facili da gestire in un ambiente all’aperto. Ecco alcuni suggerimenti su cosa mangiare e cosa evitare sott l’ombrellone.

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                Pranzare al lido è una delle gioie dell’estate, un momento in cui si può godere della brezza marina e del sole mentre si gusta un pasto all’aria aperta. Ma scegliere i cibi giusti è essenziale per garantire un’esperienza piacevole e salutare.

                Il cibo da spiaggia ideale dovrebbe essere leggero, nutriente e facile da gestire, evitando di appesantire o causare disagio sotto il caldo sole estivo. Optare per cibi che offrano l’energia necessaria per una giornata di relax e divertimento. Al contrario, è meglio evitare cibi fritti che possono causare disidratazione e cali di energia. Con la giusta scelta di alimenti, il pranzo al lido può diventare un momento di vero piacere, contribuendo al benessere e alla freschezza durante tutta la giornata in spiaggia.

                Piatti sì
                Insalate fresche: Insalate di verdure con aggiunta di proteine come pollo, tonno o legumi sono leggere e nutrienti.
                Frutta fresca: Anguria, melone, uva, e frutti di bosco sono rinfrescanti e idratanti.
                Panini integrali: Preparati con pane integrale e farciti con verdure, affettati magri, formaggio leggero o hummus.
                Snack salutari: Frutta secca, noci, barrette di cereali integrali, o yogurt greco.
                Piatti di mare: Pesce grigliato o insalate di mare sono scelte leggere e nutrienti.
                Bevande idratanti: Acqua, tè freddo non zuccherato, succhi di frutta naturali, e acqua di cocco per mantenere una buona idratazione.


                Piatti no
                Cibi fritti: Patatine fritte, anelli di calamari fritti, e altri cibi pesanti e oleosi possono essere difficili da digerire e possono causare sensazione di pesantezza.
                Cibi troppo salati: Snack salati come patatine e salatini possono aumentare la sete e contribuire alla disidratazione.
                Dolci e gelati ricchi di zuccheri: Possono dare un’immediata sensazione di freschezza, ma l’alto contenuto di zuccheri può portare a cali di energia e sete aumentata.
                Bevande gassate e alcoliche: Bibite zuccherate e bevande alcoliche possono contribuire alla disidratazione e non sono ideali per rimanere idratati al sole.
                Cibi pesanti e elaborati: Evitare piatti complessi e ricchi di salse che possono risultare troppo pesanti da digerire in un ambiente caldo.

                Consigli…
                Porzioni piccole: Mangiare porzioni più piccole e frequenti può aiutare a mantenere energia senza sentirsi appesantiti.
                Protezione dal sole: Cerca di consumare i pasti in aree ombreggiate per evitare colpi di calore e disidratazione.

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