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Lifestyle

Cani e gatti in ufficio! Come diventare un’azienda pet-friendly

Diventare un’azienda pet-friendly richiede impegno e pianificazione, ma i benefici per il benessere dei dipendenti e la produttività sono notevoli. Implementando una policy chiara, coinvolgendo esperti e creando spazi adatti, si può garantire un ambiente di lavoro armonioso e accogliente per tutti.

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    Portare il proprio cane o gatto in ufficio può migliorare l’umore, ridurre lo stress e favorire le interazioni tra colleghi. Ma sono davvero poche finora in Italia le aziende che possono rendere un ufficio davvero pet-friendly. Chi ce la fa ha stabilità di comune accordo con i dipendenti precise regole di convivenza da seguire.

    Stabilire un comportamento comune

    Per prima cosa è fondamentale introdurre una policy formale che specifichi i requisiti per i proprietari e i loro animali. I dipendenti devono essere responsabili del comportamento, del benessere e dell’igiene dei propri pet, assicurandosi che non siano di intralcio al lavoro e mantenendo gli spazi puliti.

    Coinvolgere tutti i dipendenti anche chi non ha animali o decide di lascarli a casa

    Chi non possiede animali deve sentirsi a proprio agio e in grado di lavorare senza distrazioni. È importante quindi prevedere un processo per gestire eventuali lamentele e soluzioni per chi preferisce non entrare in contatto con gli animali, come aree pet-free o sale conferenze designate.

    Tutti vaccinati e ben addestrati

    Tutti gli animali che seguono i loro padroni in ufficio devono essere in regola con le vaccinazioni e privi di infezioni contagiose o parassiti. Devono essere ben educati, abituati a socializzare e senza comportamenti aggressivi. Prima di decidere di portare in ufficio il proprio cane o gatto, dopo l’accordo con la propria azienda, è consigliabile attivare una polizza assicurativa per coprire i costi di eventuali danni a cose e persone.

    Pulizia e gestione degli incidenti

    Prepararsi a gestire incidenti come sporcizia o danni è parte integrante di un ambiente pet-friendly. Le aziende dovrebbero fornire materiale per la pulizia e stabilire procedure per la disinfezione delle aree dopo gli incidenti aiuta a mantenere un ambiente sano per tutti.

    Delimitare aree pet-free

    Bisogna definire le aree dove gli animali non possono entrare, come spazi di produzione, laboratori, cucine o aree con attrezzature sensibili. Considerare anche aree dedicate a chi soffre di allergie per garantire un ambiente confortevole per tutti.

    Supporto degli esperti e certificati di buona condotta

    Collaborare con esperti del settore, come veterinari ed educatori cinofili, per formare i dipendenti. Iniziative come il patentino di buona condotta, che certifica il comportamento del cane e il rapporto con il proprietario, possono essere utili per garantire un ambiente armonioso.

    I benefici di lavorare accanto al proprio cane

    Secondo ricerche condotte da aziende come Mars e Purina, la presenza di animali domestici in ufficio può migliorare l’umore (47%), ridurre lo stress (42%) e stimolare la creatività (31%). Questi benefici si riflettono anche sulla produttività (27%) e sulle interazioni tra colleghi (40%).

    Strumenti e guide utili

    Mars ha prodotto un manuale intitolato “Pet friendly office: Teoria e pratici consigli per ospitare al lavoro gli amici a quattro zampe” per aiutare le aziende a diventare pet-friendly. Per il settore turistico, la guida “Dog-In-Dog-Out, Diventa leader nella Dog Hospitality” di Elisa Guidarelli ed Emanuele Clemente è una delle diverse pubblicazioni che fornisce consigli specifici per l’accoglienza degli animali.

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      Lifestyle

      Come asciugare i panni in casa senza creare umidità o cattivi odori

      Bastano pochi accorgimenti – dalla scelta della stanza giusta ai rimedi naturali – per mantenere un’aria pulita e un bucato profumato, anche nei mesi più freddi dell’anno.

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      asciugare i panni

        Con l’autunno inoltrato e le temperature in calo, stendere i panni all’aperto diventa quasi impossibile. Molti scelgono di asciugarli in casa, ma questa abitudine può trasformarsi in una trappola per l’umidità. I tessuti che restano bagnati a lungo rilasciano vapore nell’aria, che si deposita su muri e finestre, creando l’ambiente ideale per muffe e cattivi odori.
        Non serve rinunciare allo stendino domestico: basta conoscere i giusti accorgimenti per evitare danni e disagi.

        La stanza ideale e la giusta temperatura

        Il primo passo è scegliere con attenzione dove stendere. Il bagno o il soggiorno con finestra sono le zone più adatte, perché permettono un buon ricambio d’aria. Meglio evitare la camera da letto, dove l’umidità rischia di compromettere la qualità del sonno.
        Mantenere la temperatura costante tra 19 e 20 gradi aiuta a favorire l’evaporazione. È consigliabile aprire le finestre due volte al giorno per 5-10 minuti, anche se fuori fa freddo: l’aria fredda secca riduce la condensa e rinfresca l’ambiente.

        Se si dispone di un deumidificatore, posizionarlo accanto allo stendino è il modo più efficace per velocizzare l’asciugatura. Attenzione a non sovraccaricare lo spazio: lasciare un po’ di distanza tra i capi consente all’aria di circolare, evitando ristagni e cattivi odori.

        Come evitare la “puzza di chiuso”

        La puzza di umido è il primo segnale di asciugatura lenta. Per prevenirla, stendi i vestiti subito dopo il lavaggio: lasciarli nel cestello della lavatrice, anche solo per un’ora, favorisce la proliferazione dei batteri responsabili degli odori.
        Un ventilatore o una ventola vicino allo stendino può migliorare la circolazione dell’aria. Per i capi più spessi, come jeans e asciugamani, girali a metà asciugatura o avvicinali a una fonte di calore (senza toccarla) per velocizzare il processo.

        Un rimedio efficace e naturale è spruzzare una miscela di acqua e aceto bianco in parti uguali sui panni ancora umidi: l’aceto elimina i cattivi odori e lascia una sensazione di pulito.

        I rimedi naturali contro l’umidità

        Se l’aria in casa resta pesante, esistono metodi semplici e naturali per assorbire l’umidità in eccesso.

        • Sale grosso: metti una ciotola vicino allo stendino; quando diventa umido e grumoso, sostituiscilo.
        • Bicarbonato di sodio: efficace in piccole quantità, da distribuire in tazzine o sacchetti di stoffa.
        • Riso crudo: un vecchio rimedio della nonna, utile per ambienti piccoli come bagni e lavanderie.

        Per un effetto più gradevole, aggiungi qualche goccia di olio essenziale (lavanda o limone) al sale o al bicarbonato: assorbiranno l’umidità e diffonderanno un profumo leggero.

        Profumare e mantenere l’aria fresca

        Per dare un tocco finale al bucato, puoi creare uno spray profumato fai da te: mescola acqua, un cucchiaio di aceto e poche gocce di olio essenziale, e spruzzalo sui capi asciutti.
        Anche le bucce essiccate di agrumi, appese vicino allo stendino, aiutano a deodorare naturalmente l’ambiente.

        Infine, non dimenticare di pulire lo stendino: residui di detersivo o polvere possono trasferire odori sgradevoli ai tessuti.
        Con un po’ di attenzione e l’aiuto di qualche trucco naturale, si può dire addio all’odore di umido e godersi panni morbidi e profumati, anche in pieno inverno.

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          Lifestyle

          L’albero di Natale, una storia lunga secoli: come è nata la tradizione che illumina le nostre case

          L’usanza di addobbare un albero ha radici antichissime, tra riti pagani e devozione cristiana.

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          L’albero di Natale

            Quando arriva dicembre, l’atmosfera cambia: in quasi tutte le case prende posto un albero decorato, luci scintillanti e ornamenti colorati che segnano l’inizio del periodo più atteso dell’anno. È un gesto diventato naturale, quasi scontato, ma che custodisce una storia affascinante, ricca di simboli, culti antichi e tradizioni popolari.

            Le radici pagane: l’albero come simbolo di vita

            Molto prima di essere legato al Natale, l’albero sempreverde era un segno di vita che resiste all’inverno. Nelle culture del Nord Europa, druidi e popolazioni germaniche decoravano abeti e rami di agrifoglio per celebrare il solstizio d’inverno: un rituale che evocava la rinascita del sole e la fine dell’oscurità.

            L’albero verde, anche nel freddo più intenso, ricordava che la natura non muore mai: era il tramite tra l’uomo e il divino, tra Terra e Cielo.

            Il passaggio al cristianesimo

            Con la diffusione del cristianesimo, molte usanze pagane vennero reinterpretate. L’albero divenne simbolo dell’Eden, del legno della Croce e della speranza nella salvezza. In alcune comunità medievali si metteva in scena l’“Albero del Paradiso” l’8 dicembre, festa di Adamo ed Eva nel calendario liturgico dell’epoca: era un abete addobbato con mele e ostie per ricordare la caduta e la redenzione dell’uomo.

            Questo gesto scenico rappresenta uno dei primi antenati diretti del nostro albero di Natale.

            La leggenda di Martin Lutero e le luci sull’abete

            Una delle storie più celebri racconta che sia stato Martin Lutero, nel XVI secolo, a introdurre le luci sull’albero. Di ritorno da una passeggiata invernale, incantato da un cielo pieno di stelle tra i rami degli abeti, avrebbe portato a casa un albero e lo avrebbe illuminato con piccole candele. Un modo per raccontare ai figli la bellezza del creato e la luce di Cristo nel mondo.

            Non ci sono prove certe di questo episodio, ma la tradizione delle candele sull’albero si diffuse rapidamente nei paesi protestanti di Germania e Scandinavia.

            Dal Nord Europa al resto del mondo

            Fu proprio la Germania, tra XVII e XIX secolo, la culla dell’albero di Natale moderno: addobbi, dolci appesi ai rami, figurine, ghirlande. La tradizione viaggiò poi in tutta Europa grazie ai matrimoni reali e agli scambi culturali. A Londra divenne celebre quando nel 1841 la regina Vittoria e il principe Alberto — di origini tedesche — ne esposero uno a Buckingham Palace: la moda contagió tutta la società britannica e, da lì, gli Stati Uniti.

            Con l’arrivo dell’Ottocento industriale, fecero la loro comparsa le palline in vetro e i primi ornamenti prodotti in serie, trasformando l’albero in un vero rituale familiare.

            L’albero in Italia

            Nel nostro Paese la tradizione si affermò con decisione nel Novecento, soprattutto nel secondo dopoguerra. Oggi è simbolo della festa tanto quanto il presepe, e in molte famiglie viene decorato proprio l’8 dicembre, giorno dell’Immacolata: un momento che unisce religione, festa e convivialità.

            Nelle piazze italiane — da Milano a Palermo — l’accensione dell’albero è un evento pubblico aspettato e condiviso, capace di portare luce e comunità durante l’inverno.

            Un rito che si rinnova ogni anno

            Che sia vero o artificiale, minimale o ricco di addobbi, l’albero di Natale è diventato parte del nostro modo di vivere la festività: riempie le case di colori, richiama profumi dell’infanzia e ci fa ritrovare, anche solo per un attimo, il senso di calore e meraviglia.

            Dietro quelle luci che brillano c’è un viaggio millenario, fatto di simboli e storie intrecciate. Un gesto semplice che continua a unire generazioni e culture, ricordandoci che — proprio come l’abete sempreverde — anche nei giorni più freddi possiamo conservare un po’ di luce e di speranza.

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              Società

              Il Natale che cambia: sobrietà, consapevolezza e un nuovo modo di festeggiare

              Sempre più famiglie scelgono un Natale “leggero”: meno sprechi, regali utili o riciclati, addobbi ridotti e maggiore cura per ciò che conta davvero. Una tendenza che racconta il bisogno di dare valore a gesti e relazioni, più che agli acquisti.

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              Il Natale che cambia: sobrietà, consapevolezza e un nuovo modo di festeggiare

                Quest’anno, il Natale sembra avere un volto nuovo. Da un lato, le luci e le offerte, dall’altro un sentimento crescente di sobrietà. Tra scenari di instabilità globale — dalle difficoltà economiche all’incertezza generata dalle numerose tensioni internazionali — molte persone stanno rivedendo il modo di vivere le festività. Non si tratta di un cambiamento di moda, ma di una presa di coscienza: celebrare sì, ma senza eccessi.

                Dopo anni di spesa sfrenata, anche sotto la spinta commerciale, cresce l’idea che il Natale debba tornare alla sua natura originale: tempo di condivisione, famiglia, intimità. E a raccontarlo sono i dati sui consumi più prudenti e l’aumento di iniziative sostenibili in tutta Europa. Secondo analisi di mercato pubblicate negli ultimi mesi, le famiglie italiane valutano con più attenzione i costi, prediligono acquisti utili e puntano su ciò che dura nel tempo, invece di oggetti superflui destinati a essere dimenticati.

                Addobbi minimal e luci meno invadenti

                A cambiare è anche l’estetica delle feste. Se fino a qualche anno fa la corsa era a chi illuminava di più balconi e giardini, ora subentra una consapevolezza energetica: consumare meno, ma farlo con gusto. Molte città hanno ridotto gli allestimenti luminosi, privilegiando led a basso impatto e iniziative condivise. Anche nelle case, si riscopre il valore del “fatto a mano”: ghirlande create con materiali naturali, riutilizzo di vecchie decorazioni, creatività invece di acquisti compulsivi.

                Regali pensati, riciclati o solidali

                Il concetto del dono si rinnova: non più “cosa compro?”, ma “cosa può servire davvero?”. Cresce la pratica del regalo circolare — libri già letti, oggetti recuperati e restaurati, abiti vintage — ma anche dei doni immateriali, come esperienze, corsi, biglietti per eventi. Ai tradizionali pacchetti luccicanti si affiancano donazioni a enti benefici: un modo per trasformare il Natale in un gesto collettivo di solidarietà.

                Una risposta psicologica alla complessità del presente

                Questa sobrietà non è tristezza, ma un nuovo equilibrio. L’incertezza globale produce un bisogno di sicurezza emotiva: le persone cercano calore nei rapporti più che negli acquisti. Le feste diventano occasione per fare spazio a ciò che conta: tempo di qualità, convivialità, tradizioni genuine — magari attorno a una tavola meno opulenta, ma più autentica.

                Un Natale che guarda al futuro

                La tendenza si inserisce in un contesto più ampio: attenzione all’impatto ambientale, riduzione degli sprechi, economia circolare. Anche i più giovani, sensibili ai temi climatici, spingono verso scelte consapevoli: packaging riciclabili, prodotti artigianali locali, alimenti a filiera corta.

                Sembra quindi che il Natale stia trovando un nuovo significato: non rinuncia alla magia, ma la declina in modo più responsabile. Meno frenesia, più cuore. Meno oggetti che riempiono gli scaffali, più gesti che riempiono le giornate.

                Perché, in fondo, lo spirito natalizio non si misura dal numero di pacchi sotto l’albero, ma dalla qualità dei sorrisi attorno ad esso.

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