Lifestyle
Cinture di sicurezza posteriori: è obbligatorio indossarle?
In conclusione, anche se le leggi sulle cinture di sicurezza posteriori possono variare, la sicurezza dovrebbe essere sempre la tua priorità principale quando si tratta di viaggiare in auto. L’uso delle cinture posteriori è un modo semplice ma efficace per proteggere la vita dei passeggeri in caso di incidente stradale. Anche se potresti non essere obbligato per legge a farlo in tutte le situazioni, è altamente consigliabile utilizzare sempre le cinture di sicurezza posteriori, indipendentemente dalla tua posizione o destinazione. La sicurezza non dovrebbe mai essere compromessa.
Quando si tratta di sicurezza stradale, le cinture di sicurezza sono fondamentali per proteggere te stesso e i tuoi passeggeri durante la guida. Anche se l’attenzione è spesso rivolta alle cinture anteriori, è importante chiedersi: “Le cinture di sicurezza posteriori sono obbligatorie?” Ci sono leggi che ne regolamentano l’uso.
Importanza delle cinture di sicurezza posteriori
Comunque la pensate e vi comportate è importante ribadire che le cinture di sicurezza posteriori proteggono dai colpi frontali. In caso di collisione frontale, l’uso delle cinture posteriori impedisce che i passeggeri vengano sbalzati in avanti, riducendo il rischio di lesioni. Senza cinture, è molto alta la possibilità di ferite gravi.
Prevenzione dell’effetto pendolo
In una collisione, i passeggeri non assicurati possono diventare “proiettili” all’interno dell’auto, mettendo a rischio la vita degli altri occupanti. Le cinture posteriori prevengono questo effetto, proteggendo sia se stessi che gli altri Ed evitano ‘effetto pendolo ossia di essere sbalzati da destra a sinistr e viceversa.
Riduzione delle lesioni alla testa
Le cinture posteriori aiutano a prevenire che i passeggeri urtino la testa contro il parabrezza o altri oggetti nell’auto in caso di incidente. Evitano urti contro il sedile anteriore o di essere sbalzati nella parte anteriore dell’abitacolo.
Cosa dicono le leggi sull’uso delle cinture di sicurezza posteriori
Le leggi variano da paese a paese, ma in molti luoghi l’uso delle cinture posteriori è obbligatorio per legge. Generalmente, le leggi richiedono che tutti i passeggeri all’interno del veicolo, sia quelli anteriori che quelli posteriori, siano adeguatamente assicurati.
Quali sanzioni sono previste per l’uso i cinture non conformi
Le sanzioni per non conformarsi alle leggi sulle cinture di sicurezza possono variare, ma spesso comportano multe significative per il conducente e per i passeggeri non assicurati. In molti casi, è prevista anche la perdita di punti sulla patente di guida.
Esenzioni e limitazioni
Ci possono essere alcune esenzioni o limitazioni alle leggi sulle cinture di sicurezza posteriori in alcune giurisdizioni. Ad esempio, potrebbero esserci regole specifiche per i veicoli d’epoca o per situazioni particolari. È sempre consigliabile consultare le indicazioni per una comprensione completa dei requisiti.
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Lifestyle
Il potere dei colori: come il tuo look parla di te
Dalla forza del rosso alla calma del blu, la psicologia del colore è una chiave per comunicare meglio con l’abbigliamento. Gli esperti spiegano come usarla in modo strategico, anche nel lavoro.
Quando il colore diventa linguaggio
Il colore che indossiamo non è solo una questione di gusto: è una forma di comunicazione non verbale. Ogni sfumatura, anche inconsapevolmente, invia un messaggio su chi siamo, come ci sentiamo e quale immagine vogliamo trasmettere.
Lo conferma Federica Rosati, consulente d’immagine e esperta di armocromia: “Capire cosa esprimono i colori ci permette di comunicare in modo più consapevole, creando coerenza tra ciò che siamo e ciò che vogliamo mostrare agli altri.”
Secondo gli studi di psicologia del colore, il cervello umano reagisce alle tinte in modo istintivo, associando a ciascuna emozioni e valori precisi. Il rosso, per esempio, accende l’attenzione e trasmette energia; il blu infonde fiducia; il verde richiama equilibrio e natura. Ma, avverte Rosati, “questi significati non sono universali: cambiano a seconda della cultura e del contesto.”
I colori non parlano uguale in tutto il mondo
L’interpretazione dei colori è profondamente legata alle esperienze collettive. In Occidente il bianco simboleggia purezza e rinascita, ma in paesi come Cina o Giappone è il colore del lutto. Allo stesso modo, il viola è percepito in Europa come spirituale e sofisticato, mentre in altre culture evoca malinconia.
Per questo, chi lavora in ambienti internazionali o interculturali deve valutare con attenzione le scelte cromatiche: ciò che in un contesto comunica eleganza, in un altro può risultare inappropriato.
Il colore come strategia professionale
Nel mondo del lavoro, il colore diventa uno strumento di branding personale. “Ogni incontro, colloquio o presentazione è un’occasione per raccontare chi sei – anche visivamente,” spiega Rosati.
Durante una trattativa o un evento aziendale, riprendere i colori del brand – magari in un accessorio o in un dettaglio dell’outfit – aiuta a creare sintonia e riconoscibilità.
Un manager di un marchio come Coca-Cola, ad esempio, può trasmettere coerenza e autorevolezza indossando una cravatta o un foulard rosso, colore simbolo di energia e leadership.
Nel public speaking, invece, blu e grigio trasmettono stabilità e professionalità, mentre tocchi di giallo o arancio funzionano bene per i creativi, perché comunicano apertura e innovazione.
Anche i colloqui di lavoro meritano attenzione: i selezionatori tendono a preferire tonalità neutre e rilassanti come azzurro e verde, che creano un clima di fiducia. Per chi si candida, la regola d’oro è scegliere un colore che rispecchi la propria personalità: l’autenticità resta la forma di comunicazione più efficace.
Armocromia e personalità: il colore “giusto” per te
Non esistono formule universali, ma un equilibrio tra psicologia e armocromia può aiutare a individuare le tonalità più valorizzanti.
L’armocromia – disciplina che studia la palette di colori più adatta a ciascun individuo in base al sottotono di pelle, capelli e occhi – diventa così uno strumento per rendere il messaggio personale più armonico.
Rosati racconta due esempi concreti tratti dal suo lavoro:
- A una donna manager in un ambiente maschile ha consigliato di bilanciare forza e autorevolezza con una combinazione di rosso, blu e bianco, che comunica decisione senza rinunciare all’eleganza.
- A una neolaureata ha suggerito un outfit a base di blu professionale, ravvivato da accenti fucsia e giallo, per esprimere dinamismo e freschezza.
In entrambi i casi, il colore è diventato un mezzo per rafforzare la fiducia e trasmettere emozioni coerenti con la personalità.
Un messaggio che parla prima delle parole
La psicologia del colore insegna che vestirsi non significa solo coprirsi, ma raccontarsi. Ogni scelta cromatica, dal cappotto all’accessorio, contribuisce a creare un’impressione che arriva prima delle parole.
“Imparare a usare i colori in modo consapevole non serve solo a essere più eleganti,” conclude Rosati, “ma a comunicare meglio con il mondo.”
Tech
Luca Marinelli e Alissa Jung, coppia anche nel nuovo Death Stranding 2
I due attori italiani protagonisti nel videogame di Hideo Kojima presentato a Lucca Comics & Games. Dopo Paternal Leave, tornano insieme in un progetto segreto girato tre anni fa
Luca Marinelli e Alissa Jung hanno fatto tappa a Lucca Comics & Games per presentare la chiusura del tour mondiale di Death Stranding 2: On the Beach, il nuovo capitolo del visionario Hideo Kojima. La coppia, sullo schermo e nella vita, ha conquistato fan e gamer con la loro partecipazione al progetto, tra i più attesi del 2025.
Due volti italiani nel mondo di Kojima
Marinelli e Jung interpretano in motion capture due nuovi personaggi, Neil e Lucy, uniti da un legame profondo che richiama uno dei temi centrali dell’universo di Kojima: la connessione. Un concetto che, nel linguaggio del game designer giapponese, diventa riflessione sul rapporto tra esseri umani, tecnologia e sopravvivenza.
Un progetto segreto
Il lavoro sul videogioco è iniziato tre anni fa, in totale riservatezza, mentre nel frattempo la regista tedesca Alissa Jung dirigeva Marinelli in Paternal Leave, uscito lo scorso maggio. La loro presenza in Death Stranding 2 segna un nuovo punto d’incontro tra cinema e videogame, due mondi sempre più intrecciati.
L’anteprima di Lucca ha confermato l’attesa globale per il ritorno di Kojima e ha consacrato Marinelli e Jung come una delle coppie artistiche più interessanti d’Europa — capaci di portare la sensibilità del cinema d’autore dentro una delle saghe più iconiche del videogioco moderno.
Cucina
Surimi, il “granchio finto” che divide: cosa contiene davvero e come usarlo senza rischi
Spesso chiamato “bastoncino di granchio”, in realtà del crostaceo conserva solo il sapore artificiale. Ecco come nasce, cosa contiene e come sceglierlo con consapevolezza.
Dal Giappone alle nostre tavole
Lo chiamano “granchio finto” e, a ben vedere, l’appellativo è azzeccato. Il surimi – parola giapponese che significa letteralmente carne macinata – è una pasta di pesce tritato e lavorato, oggi diffusa in tutto il mondo nella forma dei noti bastoncini bianchi e arancioni.
Nato in Giappone nel XIV secolo, il surimi era originariamente un modo per conservare il pesce e riutilizzarne gli scarti. I cuochi giapponesi lo trasformavano in una base versatile per altri piatti, come il kamaboko, il chikuwa o il più famoso narutomaki, il disco bianco con la spirale rosa che compare spesso nelle ciotole di ramen.
Oggi, però, il surimi che troviamo nei supermercati europei e americani è molto diverso da quello tradizionale. Con la sua produzione industriale di massa, è diventato un alimento comodo e pronto all’uso, ma anche uno dei simboli dei cibi ultraprocessati.
Cosa contiene davvero il “granchio finto”
Dietro al suo aspetto invitante e al sapore marino, il surimi nasconde una ricetta piuttosto complessa.
La base resta il pesce bianco tritato – perlopiù merluzzo dell’Alaska, ma talvolta anche sgombri, carpe o pesci tropicali – che rappresenta solo il 30-40% del totale. Il resto è un mix di additivi, amidi e aromi.
Gli ingredienti principali del surimi industriale includono:
- Amidi e fecole, che servono a dare consistenza alla pasta;
- Aromi artificiali, per imitare il gusto del granchio;
- Proteine dell’uovo, che migliorano elasticità e tenuta;
- Sale e zuccheri, per esaltare il sapore;
- Coloranti naturali o sintetici, responsabili delle tipiche striature arancioni.
In pratica, il surimi non contiene vera polpa di granchio: il suo gusto deriva da aromi e condimenti che ne simulano l’aroma. Per questo in molti Paesi, tra cui l’Italia, è vietato venderlo come “granchio”, pena l’inganno per il consumatore.
Dalla tradizione all’industria alimentare
La forma moderna del surimi è frutto della ricerca giapponese del Novecento. Il tecnologo alimentare Nishitani Yōsuke mise a punto una versione stabile e conservabile, aprendo la strada alla sua diffusione in Asia, negli Stati Uniti e infine in Europa.
Il processo di produzione prevede tre fasi:
- Lavaggio e triturazione del pesce, per ottenere una pasta bianca priva di odori forti;
- Impasto con amidi e additivi, per renderlo compatto e modellabile;
- Cottura e confezionamento, che danno vita ai bastoncini pronti all’uso.
Questo tipo di lavorazione prolunga la conservazione ma riduce notevolmente il valore nutrizionale del prodotto originale.
È salutare? Solo se consumato con moderazione
Dal punto di vista nutrizionale, il surimi fornisce proteine di discreta qualità, ma anche molti additivi e sodio. Secondo il Ministero della Salute giapponese, un consumo occasionale non rappresenta rischi particolari, ma abusarne può contribuire a un eccesso di sale e zuccheri nella dieta.
I dietisti consigliano di non considerarlo un sostituto del pesce fresco: il surimi ha meno omega-3, meno minerali e più conservanti. Per questo, è meglio riservarlo a piatti occasionali, come insalate di mare, sushi o poke, senza farne un alimento abituale.
Come sceglierlo e conservarlo
Se decidete di acquistarlo, è importante leggere con attenzione l’etichetta. I prodotti migliori riportano:
- una percentuale di pesce superiore al 40%,
- la specifica della specie utilizzata,
- assenza di glutammato e coloranti artificiali.
Evitate, invece, i bastoncini troppo colorati o con una lunga lista di additivi.
Per conservarlo, attenetevi alle indicazioni:
- fresco → in frigorifero e consumato entro 48 ore dall’apertura;
- surgelato → in freezer, da scongelare lentamente in frigo.
Un ingrediente da riscoprire con criterio
Il surimi resta un prodotto interessante per la sua storia gastronomica e per la versatilità in cucina, ma non va confuso con il pesce vero e proprio.
Usato con misura, può aggiungere un tocco di sapore e colore a piatti freddi o orientali; consumato regolarmente, invece, può trasformarsi in una fonte eccessiva di sale e additivi.
Come spesso accade nell’alimentazione moderna, la chiave sta nell’equilibrio: conoscere ciò che mangiamo ci aiuta a scegliere con consapevolezza. E in questo caso, il “granchio finto” può restare un piccolo sfizio, ma non un’abitudine quotidiana.
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