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Cucina

A Roma apre Ie Koji: la trattoria “sushi free” che porta il Giappone in tavola con un tocco di autenticità

Un angolo di Giappone a Roma: chef Koji Nakai e Roberto Salvati offrono un’esperienza culinaria che unisce tradizione e innovazione, tra piatti della memoria e sapori autentici. Scopri i tre piatti imperdibili che raccontano l’infanzia e la cultura giapponese.

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    Roma accoglie una nuova trattoria giapponese che promette di far innamorare i palati più curiosi. Si chiama Ie Koji, la casa di Koji, ed è nata dalla passione di due imprenditori già noti nel panorama culinario della Capitale: lo chef Koji Nakai e Roberto Salvati. Inaugurata il 29 giugno 2024, questa izakaya in zona Cipro rappresenta un rifugio per chi vuole esplorare la cucina giapponese al di là dei classici sushi e sashimi.

    Il nome stesso, Ie Koji, richiama l’atmosfera intima e accogliente delle tradizionali case giapponesi, dove il calore della famiglia si esprime anche a tavola. Il locale, arredato con legno naturale, lanterne chochin e stampe tradizionali, offre circa 40 coperti e un’esperienza culinaria autentica, che va dritta al cuore della tradizione nipponica. “Volevo ricreare l’atmosfera delle osterie giapponesi dove si gustano i piatti che cucinava mia nonna”, racconta Nakai, originario di Kobe e a Roma dal 2008.

    La cucina della memoria: tre piatti da non perdere

    1. Nikuya gyu korokke

    Il primo piatto che non può mancare è la Nikuya gyu korokke, una crocchetta di manzo Wagyu che Koji associa alla sua infanzia. “Sono cresciuto a Kobe e di fronte al liceo c’era una macelleria che faceva queste crocchette con gli avanzi di carne Wagyu. Intorno alle 15, per l’uscita da scuola, iniziavano a friggere e le strade si riempivano del loro profumo. Era una vera festa per tutti gli studenti”, ricorda lo chef. Questa crocchetta, preparata con patate, macinato di Wagyu, salsa di soia e mirin, e poi panata nel panko, riesce a trasportare i clienti in un viaggio nel tempo, tra i vicoli di Kobe e i sapori di una volta.

    Prezzo: 8 euro

    2. Tonpei Yaki

    Il Tonpei Yaki è una sorta di frittata giapponese senza farina, una variante del più conosciuto okonomi yaki. Questa ricetta è un omaggio alla mamma di Koji e combina sapori decisi e consistenze diverse. Gli ingredienti principali sono pancia di maiale, cavolo, germogli di soia e cipollotto, il tutto condito con salsa otafuku, maionese giapponese e katsuobushi, scaglie di tonno essiccate e affumicate. Il risultato è un piatto avvolgente, che offre un’esperienza gustativa ricca e sorprendente.

    Prezzo: 10 euro

    3. Yakitori

    Gli yakitori sono gli spiedini giapponesi che non possono mancare in ogni izakaya che si rispetti. A Ie Koji, la selezione è ampia e variegata: dal Momo, con coscia di pollo, al Negima, con coscia di pollo e cipollotto, fino a proposte più originali come l’Uzura, uova di quaglia avvolte nella pancetta, e gli spiedini di coda di mazzancolla e bacon. Ogni spiedino è cotto alla griglia e insaporito con una salsa che ne esalta il gusto, rendendolo perfetto per accompagnare una birra giapponese o un bicchiere di sakè.

    Prezzo: 3 – 10 euro a seconda della variante di yakitori

    Un viaggio nei sapori del Sol Levante

    La cucina di Ie Koji offre un’esperienza autentica e profonda, che va oltre i soliti stereotipi legati alla cucina giapponese. È una cucina della memoria, che porta in tavola i sapori dell’infanzia dello chef e li condivide con i clienti in un ambiente caldo e accogliente. “Vogliamo che le persone si sentano a casa, come in una vera izakaya giapponese, e possano scoprire la nostra cucina attraverso piatti che raccontano una storia”, conclude Koji.

    Per chi desidera provare qualcosa di diverso dal solito sushi, Ie Koji rappresenta una tappa imperdibile, un luogo dove la tradizione incontra l’innovazione e dove ogni piatto è un omaggio alla cultura gastronomica del Giappone.

    La foto di copertina è tratta da www.puntarellarossa.it

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      Cucina

      Strudel di mele: storia, tradizione e la ricetta autentica del grande classico dell’Alto Adige

      Dalle antiche influenze dell’Impero Ottomano fino alle tavole dell’Europa alpina: lo strudel è un viaggio nel tempo che profuma di mele, cannella e cultura gastronomica.

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      Strudel di mele

        Lo strudel di mele è uno dei dolci più rappresentativi dell’Alto Adige e, più in generale, dell’area mitteleuropea. La sua fama va ben oltre le montagne italiane: Austria, Germania, Ungheria e molti Paesi dell’Est lo considerano parte integrante del loro patrimonio culinario. Ma lo strudel non è nato tra i meleti dell’Adige: la sua origine affonda in un passato sorprendente, fatto di contaminazioni e scambi culturali.

        Dalle corti ottomane alle Alpi: un dolce in viaggio

        Lo strudel, nella sua forma attuale, deriva da un dolce molto più antico: il baklava, specialità unica della tradizione mediorientale e balcanica. Fu durante l’espansione dell’Impero Ottomano — tra il XVI e XVII secolo — che ricette simili al baklava raggiunsero l’Europa centrale. Gli austriaci le reinterpretarono sostituendo gli ingredienti più ricchi (come miele e frutta secca) con materie prime locali, in particolare le mele, abbondanti nella regione alpina.

        Il primo documento scritto che cita lo “strudel” risale al 1696 e si trova negli archivi della Biblioteca di Vienna. Da lì, il dolce si diffuse rapidamente nelle cucine borghesi e poi in quelle popolari, diventando un simbolo della tradizione contadina dell’Alto Adige, dove l’incontro tra culture germaniche e italiane ha plasmato un’identità unica anche nel cibo.

        La ricetta tradizionale dello Strudel di mele

        Di strudel esistono oggi tantissime varianti: con pasta tirata, pasta sfoglia, uvetta ammollata nel rum, pangrattato tostato nel burro o frutta secca. La ricetta che segue si ispira alla versione classica altoatesina, quella che meglio conserva l’autenticità storica pur essendo alla portata di ogni cucina domestica.

        Ingredienti (per 6–8 porzioni)

        Per la pasta tirata:

        • 250 g di farina 00
        • 1 uovo
        • 30 g di olio di semi
        • 1 pizzico di sale
        • 100 ml circa di acqua tiepida

        Per il ripieno:

        • 1 kg di mele (preferibilmente Renetta o Golden)
        • 80 g di zucchero
        • 60 g di uvetta
        • 40 g di pinoli (opzionali ma tradizionali)
        • 1 cucchiaino di cannella
        • Succo di mezzo limone
        • 40 g di pangrattato
        • 40 g di burro

        Per la finitura:

        • Burro fuso q.b.
        • Zucchero a velo q.b.

        Procedimento

        1. Preparate la pasta tirata

        Impastate farina, uovo, olio e sale, aggiungendo l’acqua poco alla volta fino a ottenere un composto elastico. Lavoratelo almeno 10 minuti: la caratteristica dello strudel è proprio la sua pasta sottilissima. Formate una palla, copritela e lasciate riposare 30 minuti.

        2. Preparate il ripieno

        Sbucciate le mele, tagliatele a fettine sottili e mescolatele con zucchero, cannella, uvetta ammollata e strizzata, pinoli e succo di limone. Fate fondere il burro in padella e tostate il pangrattato fino a doratura: servirà ad assorbire l’umidità del ripieno, come vuole la tradizione.

        3. Stendete la pasta

        Stendete la pasta prima con il mattarello, poi con le mani, su un canovaccio infarinato. Deve diventare quasi trasparente, tanto da poter leggere un giornale attraverso: è il segno della corretta elasticità.

        4. Assemblate e arrotolate

        Distribuite il pangrattato tostato sulla pasta, lasciando un bordo libero, poi aggiungete il ripieno di mele. Aiutandovi con il canovaccio, arrotolate delicatamente lo strudel. Sigillate bene le estremità.

        5. Cottura

        Adagiate il rotolo su una teglia con carta da forno, spennellate con burro fuso e cuocete in forno a 180°C per 40–45 minuti, finché sarà dorato.

        6. Servizio

        Lasciate intiepidire e spolverate con zucchero a velo. È perfetto servito con crema alla vaniglia o gelato fiordilatte.

        Un dolce che racconta una storia

        Lo strudel di mele è molto più di una ricetta: è il simbolo dell’incontro tra culture, della capacità del cibo di migrare, trasformarsi e radicarsi altrove. Oggi rappresenta una delle specialità più amate dell’Alto Adige, dove ogni famiglia conserva la propria versione tramandata da generazioni.

        Prepararlo in casa significa riportare nella propria cucina un pezzo di storia europea, fatta di profumi antichi e gesti pazienti — gli stessi che, secoli fa, hanno dato vita a uno dei dolci più iconici e rassicuranti della tradizione alpina. Buon viaggio… e buon strudel.

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          Tre creme irresistibili per esaltare panettone e pandoro: champagne, mascarpone e cioccolato

          Dalla leggerezza della crema allo champagne alla tradizione intramontabile del mascarpone, fino alla golosità avvolgente del cioccolato: tre idee per accompagnare panettone e pandoro e stupire i tuoi ospiti a Natale

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            Il panettone e il pandoro sono i re indiscussi delle tavole natalizie italiane. Morbidi, profumati e irresistibili, rappresentano un simbolo di convivialità e dolcezza che non può mancare durante le feste. Ma cosa succede se vogliamo dare una marcia in più a questi classici? La risposta è semplice: una crema golosa e raffinata per esaltarne il sapore. Dalla ricca crema al mascarpone alla sofisticata versione allo champagne, passando per una vellutata crema al cioccolato, ecco tre proposte che trasformeranno il tuo dessert in un’esperienza indimenticabile.


            1. Crema allo champagne: eleganza spumeggiante

            Una crema delicata e profumata, perfetta per chi vuole stupire i propri ospiti con un tocco di classe.

            Ingredienti:

            • 250 ml di panna fresca
            • 80 g di zucchero
            • 3 tuorli
            • 100 ml di champagne o spumante brut
            • 1 cucchiaio di maizena (facoltativo, per una consistenza più densa)

            Preparazione:

            1. In una ciotola, sbatti i tuorli con lo zucchero fino a ottenere un composto chiaro e spumoso.
            2. Aggiungi lo champagne e trasferisci il tutto in un pentolino.
            3. Cuoci a fuoco dolce, mescolando continuamente, fino a quando la crema inizia ad addensarsi (se necessario, aggiungi la maizena sciolta in un po’ di champagne).
            4. Lascia raffreddare, quindi incorpora delicatamente la panna montata per ottenere una consistenza soffice e leggera.
            5. Servi con una fetta di pandoro o panettone per un abbinamento raffinato.

            Variante:
            Sostituisci lo champagne con un prosecco dolce o un moscato per una crema più delicata e aromatica.


            2. Crema al mascarpone: il classico intramontabile

            La crema al mascarpone è un grande classico che non passa mai di moda, ideale per accompagnare panettone e pandoro.

            Ingredienti:

            • 250 g di mascarpone
            • 2 uova freschissime
            • 80 g di zucchero
            • 50 ml di liquore al caffè (facoltativo)
            • Una spolverata di cacao amaro (facoltativo, per guarnire)

            Preparazione:

            1. Separa i tuorli dagli albumi. Monta i tuorli con lo zucchero fino a ottenere un composto chiaro e cremoso.
            2. Aggiungi il mascarpone, mescolando delicatamente per evitare che il composto si smonti.
            3. Monta gli albumi a neve ferma e incorporali alla crema con movimenti dal basso verso l’alto.
            4. Per un tocco in più, aggiungi un cucchiaio di liquore al caffè o al cioccolato.
            5. Servi con una spolverata di cacao amaro sopra ogni porzione.

            Variante:
            Puoi sostituire il liquore al caffè con del rum o del marsala, o ometterlo per una versione senza alcol, perfetta per i bambini.


            3. Crema al cioccolato: pura golosità

            Un tuffo nel piacere con questa crema ricca e avvolgente, amata da grandi e piccini.

            Ingredienti:

            • 200 g di cioccolato fondente
            • 300 ml di latte intero
            • 50 ml di panna fresca
            • 50 g di zucchero
            • 20 g di burro
            • 20 g di maizena

            Preparazione:

            1. Sciogli il cioccolato a bagnomaria insieme al burro.
            2. In un pentolino, mescola la maizena con lo zucchero, poi aggiungi il latte a filo, evitando la formazione di grumi.
            3. Porta il latte a ebollizione e aggiungi il cioccolato fuso.
            4. Continua a mescolare fino a ottenere una crema densa e vellutata.
            5. Lascia raffreddare leggermente e aggiungi la panna montata per un tocco extra di morbidezza.

            Variante:
            Per una versione più leggera, sostituisci il cioccolato fondente con quello al latte. Per i più golosi, arricchisci con granella di nocciole o gocce di cioccolato bianco.


            Il tocco finale
            Servi queste creme in ciotoline accanto al tuo panettone o pandoro, lasciando che ogni commensale scelga la sua preferita. Oppure, spalma generosamente le creme su ogni fetta per creare un dessert ancora più irresistibile. Qualunque sia la tua scelta, queste creme renderanno il tuo Natale ancora più dolce e indimenticabile. Buone feste! 🎄✨

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              Natale a tavola: il grande viaggio nei sapori dell’Italia, da Nord a Sud

              Cenone di magro, pranzo del 25, dolci della tradizione, pesci rituali e primi piatti d’altri tempi: un mosaico gastronomico che racconta la storia delle comunità e le identità locali.

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              Natale a tavola

                La mappa del gusto delle feste

                In Italia non esiste un solo “menu di Natale”. Il Paese, con le sue mille culture e storie regionali, celebra le feste attraverso una straordinaria varietà gastronomica. Al Centro e al Sud la cena più importante è quella della Vigilia, consumata rigorosamente “di magro”, mentre in gran parte del Nord l’appuntamento cruciale è il pranzo del 25 dicembre.
                A cambiare non sono soltanto gli orari, ma anche gli ingredienti, le modalità di preparazione e persino il simbolismo dei piatti. In comune rimangono solo alcune certezze: la frutta secca, considerata beneaugurante, e i dolci iconici come panettone e pandoro.

                Le tradizioni del Nord: sapori forti e cotture lunghe

                Sulle tavole della Valle d’Aosta si celebra la carne, con la carbonade — manzo stufato nel vino rosso — a rappresentare uno dei piatti più identitari del periodo. Non mancano sfiziosità come i crostini al miele, accompagnati da salumi locali di capra e pecora.

                In Piemonte le feste significano agnolotti e bollito misto, servito con le salse tradizionali come bagnet verd e bagnet ross. In Liguria, invece, prevale la leggerezza del mare: ravioli di pesce, verdure e il celebre cappon magro, un imponente piatto di pesce e ortaggi stratificati.

                La Lombardia custodisce una tradizione inaspettata: l’anguilla, spesso cotta al cartoccio, protagonista della Vigilia in molte famiglie. In Veneto convivono polenta e baccalà mantecato, mentre il lesso con le salse rimane un must del 25 dicembre.

                In Friuli Venezia Giulia il freddo invernale porta in tavola la brovada e muset, rape macerate nella vinaccia servite con cotechino. In Trentino-Alto Adige il Natale profuma di canederli, capriolo e strudel, ma anche del ricco zelten, un pane dolce a base di frutta secca e canditi.

                Il Centro Italia: tra pasta ripiena, pesce e arrosti importanti

                L’Emilia Romagna è da sempre regina della pasta fresca: tortellini, passatelli e lasagne sono i protagonisti assoluti del pranzo del 25. Tuttavia, esistono zone come Modena dove la Vigilia è da tradizione “di pesce”, con spaghetti a base di tonno, sgombro e acciughe.

                Nel Lazio il 24 dicembre porta in tavola baccalà fritto, fritto misto di verdure e il simbolico capitone. A Roma non mancano piatti storici come la minestra di pesce, la pasta e broccoli in brodo di arzilla e gli spaghetti con le alici. A Natale si passa alla carne: abbacchio al forno, cappelletti in brodo e bollito misto sono riti tramandati di generazione in generazione.

                In Toscana si aprono le danze con i crostini ai fegatini e si prosegue con arrosti di faraona, anatra o cappone ripieno. Nelle Marche dominano i maccheroncini di Campofilone, mentre in Umbria spiccano i cappelletti ripieni spesso anche di cappone e piccione.

                In Abruzzo il pranzo si arricchisce di agnello arrosto, lasagne e zuppe. Imperdibili i caggionetti, dolcetti fritti ripieni di castagne o mandorle.

                Il Sud: trionfo di mare, frattaglie rituali e dolci sorprendenti

                La Campania accoglie il Natale con un patrimonio gastronomico ricchissimo. La Vigilia è dominata dal pesce: spaghetti alle vongole, insalata di rinforzo e naturalmente il capitone, scelto per un’antica tradizione simbolica che lo associa alla vittoria sul male. Il 25 dicembre si passa a zuppe, struffoli, roccocò e molta frutta secca.

                In Basilicata le feste portano in tavola zuppe di verdure come scarole e cardi in brodo di tacchino, oltre al baccalà lesso e alle scarpedde, sfoglie fritte ricoperte di miele. In Calabria si celebrano salumi e primi semplici ma saporiti come spaghetti con mollica e alici, oltre al pesce stocco e al capretto accompagnato da broccoli tipici.

                La Puglia porta sulle tavole pettole, frittelle che possono essere salate o dolci, oltre all’anguilla arrostita e al baccalà fritto. L’agnello al forno con i lampascioni rappresenta una delle ricette più identitarie.

                Le isole: tra pasta ripiena, mare e dolci storici

                In Sardegna i culurgiones e i malloreddus dominano la tavola natalizia, mentre in Sicilia i profumi sono quelli di arance, aringhe, pasta con le sarde e beccafico. Lo sfincione è un must delle feste, così come i dolci: buccellati, cassate e cannoli.

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