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Cucina

Fare colazione appena svegli? Ecco perché (forse) è la scelta più salutare

Secondo le ultime ricerche sulla crononutrizione, l’orario dei pasti è importante quanto la qualità di ciò che mangiamo. La ricercatrice Diana Díaz-Rizzolo spiega perché una colazione precoce può aiutare a prevenire disturbi metabolici e favorire il controllo del peso.

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Fare colazione appena svegli?

    Quando si parla di salute e alimentazione, non esistono regole valide per tutti. C’è chi non riesce a iniziare la giornata senza colazione e chi, invece, preferisce aspettare ore prima di mangiare. L’importante, spiegano gli esperti, è capire ciò che funziona per il proprio corpo, senza rigidità né sensi di colpa. Tuttavia, la scienza sta iniziando a mostrare che fare colazione subito dopo il risveglio può avere benefici tangibili sul metabolismo e sul benessere generale.

    Lo conferma la dottoressa Diana Díaz-Rizzolo, ricercatrice alla Columbia University e docente alla Universitat Oberta de Catalunya, che studia i ritmi circadiani e la crononutrizione, ossia la relazione tra il momento in cui mangiamo e la risposta del nostro organismo.

    “Per anni ci siamo concentrati solo su cosa e quanto mangiamo, ma è altrettanto cruciale quando lo facciamo”, spiega Díaz-Rizzolo. “Il nostro metabolismo segue un ritmo biologico sincronizzato con il ciclo luce-buio, regolato dall’ipotalamo. Questo significa che il corpo è più predisposto a metabolizzare certi nutrienti durante il giorno rispetto alla notte.”

    Perché mangiare presto può aiutare

    Secondo diversi studi, consumare una colazione entro una o due ore dal risveglio favorisce una migliore tolleranza al glucosio e una maggiore stabilità glicemica durante la giornata. “Chi fa colazione presto tende ad avere una sazietà più duratura, anche fino a 24 ore dopo”, spiega la ricercatrice.

    Questo effetto può essere utile non solo a chi desidera controllare il peso, ma anche a chi soffre del cosiddetto food noise — quei pensieri continui sul cibo che possono portare a spuntini non necessari o a un’alimentazione disordinata.

    Uno studio pubblicato su Nutrition & Diabetes dalla stessa Díaz-Rizzolo mostra che concentrare la maggior parte delle calorie nelle ore diurne è associato a un minor rischio di insulino-resistenza, prediabete e diabete di tipo 2. Ciò avviene perché, nelle prime ore del giorno, il corpo risponde meglio all’insulina e utilizza in modo più efficiente il glucosio come fonte di energia.

    Non è una regola per tutti

    Detto questo, fare colazione appena svegli non è un obbligo universale. Ci sono persone che si sentono bene anche senza mangiare per diverse ore dopo il risveglio, soprattutto se seguono un regime di digiuno intermittente. “L’importante è ascoltare i propri segnali interni e capire se la colazione anticipata si adatta al proprio stile di vita”, precisa l’esperta.

    Chi desidera avvicinarsi gradualmente a questa abitudine può iniziare introducendo piccole quantità di cibo: una banana, uno yogurt, una fetta di pane integrale. “Anche il corpo può essere allenato”, aggiunge Díaz-Rizzolo. “Io stessa non facevo colazione, ma ho imparato a farlo gradualmente dopo aver compreso i benefici metabolici. Ora mi sveglio con appetito, segno che il mio orologio biologico si è adattato.”

    Cosa mettere nel piatto

    Non basta però scegliere l’orario giusto: anche la qualità della colazione conta. Gli esperti consigliano di puntare su alimenti proteici e a basso indice glicemico, come uova, yogurt, frutta fresca, fiocchi d’avena o pane integrale con frutta secca. Evitare invece zuccheri raffinati e dolci industriali aiuta a mantenere stabile l’energia per tutta la mattinata.

    La colazione resta uno dei momenti più discussi della giornata, ma oggi la ricerca suggerisce che anticiparla e farla consapevolmente può essere una scelta vincente per salute e benessere. Non una regola assoluta, ma uno strumento utile per armonizzare la nostra alimentazione con i ritmi naturali del corpo.

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      Cucina

      Sorrisi soddisfatti anche a Natale con gli american cookies!

      La felicità è sempre nel primo morso! Il comfort autentico fatto di secoli di tradizione familiare e calore domestico. Accompagnali con un bicchiere di latte per una vera esperienza americana.

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        Ripassiamo un po’ di storia di biscotti
        Nel 1800, molte famiglie americane hanno iniziato a preparare cookies usando ingredienti come farina, burro, zucchero e uova, spesso aggiungendo anche frutta secca o gocce di cioccolato per arricchirne il sapore. Inizialmente, i cookies erano spesso fatti a mano, arrotolando piccole palline di impasto e schiacciandole con una forchetta prima di infornarle.

        Però Agli inizi del 1900, con le nuove stufe a gas e dei forni domestici più efficienti, la produzione di cookies divenne più accessibile e popolare. Le ricette furono condivise attraverso libri di cucina, riviste e passaggi di mano in mano, contribuendo alla diffusione e alla diversificazione dei cookies in varie forme e gusti.

        Durante la Grande Depressione degli anni ’30, i cookies divennero ancora più popolari poiché erano un dolce economico da preparare con ingredienti di base facilmente reperibili. Durante la Seconda Guerra Mondiale, i cookies furono spesso inviati ai soldati come parte delle loro razioni, contribuendo a diffondere ulteriormente la loro fama.

        American Cookies

        Ingredienti per 12 biscottoni
        200 g di burro a temperatura ambiente
        200 g di zucchero di canna
        100 g di zucchero semolato
        2 uova
        1 cucchiaino di estratto di vaniglia
        300 g di farina 00
        1 cucchiaino di bicarbonato di sodio
        1/2 cucchiaino di sale fino
        200 g di gocce di cioccolato

        Procedimento
        In una ciotola, metti farina, bicarbonato e sale, poi mescola bene e metti da parte. In un’altra ciotola con le fruste elettriche sbatti insieme burro morbido, zucchero di canna e zucchero semolato fino ad ottenere un composto soffice e cremoso.

        Aggiungi le uova una alla volta, assicurandoti di mescolare bene dopo ogni aggiunta, unisci la vaniglia e lavora bene con le fruste. Gradualmente, aggiungi gli ingredienti secchi al composto di burro e zucchero e le gocce di cioccolato Mescola con una spatola fino ad ottenere un impasto omogeneo.

        Prendi porzioni di impasto, della grandezza di una noce e arrotolale tra le mani per formare delle palline. Disponi le palline su una teglia foderata con carta forno, lasciando spazio tra di esse. Inforna i cookies per circa 15 minuti a 170 gradi, ventilato, e lasciali cuocere finché i bordi diventeranno leggermente dorati. Una volta cotti, lascia raffreddare i cookies completamente prima di gustarli.

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          Pandolce genovese: il dolce delle feste che racconta la Liguria

          Dalle origini nella Repubblica di Genova ai due impasti — alto e basso — oggi simboli del Natale ligure. La ricetta tradizionale e le curiosità storiche di uno dei dolci più antichi d’Italia.

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          Pandolce genovese

            Profuma di anice, agrumi e frutta candita, ed è uno dei dolci più rappresentativi del Natale italiano. Il pandolce genovese (o “pan döçe”) affonda le sue radici nella storia della Repubblica marinara, quando Genova era un porto ricco di spezie e commerci. Ancora oggi è immancabile sulle tavole liguri e al centro di una tradizione che si rinnova ogni dicembre.

            Le origini: un dono alla Repubblica

            Il pandolce nasce tra il XVI e il XVII secolo, periodo in cui la città era un crocevia di scambi tra Mediterraneo, Oriente e Nord Europa. L’impasto ricco, con uvetta, pinoli e spezie, ricalcava i dolci “da viaggio” diffusi nelle repubbliche marinare.

            Secondo alcune ricostruzioni storiche, fu il doge Andrea Doria a incoraggiare la creazione di un dolce simbolico che rappresentasse prosperità e buon auspicio. Per questo il pandolce veniva preparato soprattutto per Natale e consumato fino all’Epifania: doveva essere nutriente e ben conservabile, qualità indispensabili in un’epoca in cui gli ingredienti erano preziosi.

            Le due versioni: alto e basso

            Oggi il pandolce esiste in due varianti:

            Pandolce alto

            È il più antico. Si prepara con lievito madre o lievitazione lunga; risulta più soffice, simile a un pane brioche. Richiede tecniche più impegnative e diverse ore di riposo.

            Pandolce basso

            È l’evoluzione ottocentesca — più moderna — nata con l’introduzione del lievito chimico. È friabile, compatto e ricorda quasi una frolla morbida. È quello più diffuso nelle case, perché semplice da realizzare.

            Entrambe le versioni prevedono ingredienti ricorrenti: uvetta, pinoli, cedro candito, zibibbo o acqua di fiori d’arancio.

            La tradizione del “taglio del pandolce”

            In molte famiglie liguri è ancora viva la consuetudine che il membro più giovane della casa porti il pandolce in tavola, mentre il capofamiglia ne taglia la prima fetta, riservandola a un ospite inatteso o ai più poveri. Una ritualità che celebra ospitalità e condivisione.

            La ricetta del pandolce genovese (versione bassa tradizionale)

            Ingredienti (per un pandolce da 1 kg circa)

            • 500 g di farina 00
            • 150 g di zucchero
            • 150 g di burro morbido
            • 2 uova
            • 150 g di uvetta ammollata
            • 80 g di pinoli
            • 120 g di cedro candito o misto canditi
            • 1 bustina di lievito per dolci
            • 1 cucchiaio di acqua di fiori d’arancio o scorza grattugiata di arancia
            • 1 cucchiaio di semi di finocchio o anice (facoltativo, tipico di alcune zone)
            • 1 pizzico di sale

            Procedimento

            1. Ammollare l’uvetta
              Mettete l’uvetta in acqua tiepida per circa 15 minuti, poi strizzatela bene.
            2. Preparare l’impasto
              In una ciotola lavorate il burro con lo zucchero fino a ottenere una crema chiara. Unite le uova una alla volta, mescolando.
            3. Aggiungere gli aromi
              Incorporate l’acqua di fiori d’arancio (o la scorza), i semi di anice e un pizzico di sale.
            4. Unire la farina
              Aggiungete la farina setacciata insieme al lievito. Amalgamate fino a ottenere un impasto morbido ma modellabile.
            5. Inserire frutta e pinoli
              Incorporate uvetta, canditi e pinoli distribuendoli uniformemente.
            6. Dare la forma
              Create una pagnotta rotonda e incidete una croce superficiale sulla sommità: è il segno distintivo del pandolce tradizionale.
            7. Cottura
              Cuocete in forno statico a 170 °C per circa 45–50 minuti. Se la superficie scurisce troppo, coprite con carta forno.
            8. Raffreddamento
              Lasciate raffreddare completamente: il pandolce migliora dopo qualche ora, quando gli aromi si assestano.

            Un patrimonio gastronomico che resiste al tempo

            Il pandolce genovese continua a essere un ambasciatore della tradizione ligure, apprezzato anche fuori regione e spesso inserito nei prodotti tipici tutelati dalle associazioni locali. Tra i dolci natalizi italiani, è uno dei pochi ad avere una storia documentata che attraversa secoli, commerci e culture.

            Prepararlo in casa significa portare in tavola un pezzo di storia, oltre che un profumo inconfondibile di festa. È il sapore del Natale ligure, immutabile e rassicurante, che ogni anno conquista nuove generazioni.

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              Strudel di mele: storia, tradizione e la ricetta autentica del grande classico dell’Alto Adige

              Dalle antiche influenze dell’Impero Ottomano fino alle tavole dell’Europa alpina: lo strudel è un viaggio nel tempo che profuma di mele, cannella e cultura gastronomica.

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              Strudel di mele

                Lo strudel di mele è uno dei dolci più rappresentativi dell’Alto Adige e, più in generale, dell’area mitteleuropea. La sua fama va ben oltre le montagne italiane: Austria, Germania, Ungheria e molti Paesi dell’Est lo considerano parte integrante del loro patrimonio culinario. Ma lo strudel non è nato tra i meleti dell’Adige: la sua origine affonda in un passato sorprendente, fatto di contaminazioni e scambi culturali.

                Dalle corti ottomane alle Alpi: un dolce in viaggio

                Lo strudel, nella sua forma attuale, deriva da un dolce molto più antico: il baklava, specialità unica della tradizione mediorientale e balcanica. Fu durante l’espansione dell’Impero Ottomano — tra il XVI e XVII secolo — che ricette simili al baklava raggiunsero l’Europa centrale. Gli austriaci le reinterpretarono sostituendo gli ingredienti più ricchi (come miele e frutta secca) con materie prime locali, in particolare le mele, abbondanti nella regione alpina.

                Il primo documento scritto che cita lo “strudel” risale al 1696 e si trova negli archivi della Biblioteca di Vienna. Da lì, il dolce si diffuse rapidamente nelle cucine borghesi e poi in quelle popolari, diventando un simbolo della tradizione contadina dell’Alto Adige, dove l’incontro tra culture germaniche e italiane ha plasmato un’identità unica anche nel cibo.

                La ricetta tradizionale dello Strudel di mele

                Di strudel esistono oggi tantissime varianti: con pasta tirata, pasta sfoglia, uvetta ammollata nel rum, pangrattato tostato nel burro o frutta secca. La ricetta che segue si ispira alla versione classica altoatesina, quella che meglio conserva l’autenticità storica pur essendo alla portata di ogni cucina domestica.

                Ingredienti (per 6–8 porzioni)

                Per la pasta tirata:

                • 250 g di farina 00
                • 1 uovo
                • 30 g di olio di semi
                • 1 pizzico di sale
                • 100 ml circa di acqua tiepida

                Per il ripieno:

                • 1 kg di mele (preferibilmente Renetta o Golden)
                • 80 g di zucchero
                • 60 g di uvetta
                • 40 g di pinoli (opzionali ma tradizionali)
                • 1 cucchiaino di cannella
                • Succo di mezzo limone
                • 40 g di pangrattato
                • 40 g di burro

                Per la finitura:

                • Burro fuso q.b.
                • Zucchero a velo q.b.

                Procedimento

                1. Preparate la pasta tirata

                Impastate farina, uovo, olio e sale, aggiungendo l’acqua poco alla volta fino a ottenere un composto elastico. Lavoratelo almeno 10 minuti: la caratteristica dello strudel è proprio la sua pasta sottilissima. Formate una palla, copritela e lasciate riposare 30 minuti.

                2. Preparate il ripieno

                Sbucciate le mele, tagliatele a fettine sottili e mescolatele con zucchero, cannella, uvetta ammollata e strizzata, pinoli e succo di limone. Fate fondere il burro in padella e tostate il pangrattato fino a doratura: servirà ad assorbire l’umidità del ripieno, come vuole la tradizione.

                3. Stendete la pasta

                Stendete la pasta prima con il mattarello, poi con le mani, su un canovaccio infarinato. Deve diventare quasi trasparente, tanto da poter leggere un giornale attraverso: è il segno della corretta elasticità.

                4. Assemblate e arrotolate

                Distribuite il pangrattato tostato sulla pasta, lasciando un bordo libero, poi aggiungete il ripieno di mele. Aiutandovi con il canovaccio, arrotolate delicatamente lo strudel. Sigillate bene le estremità.

                5. Cottura

                Adagiate il rotolo su una teglia con carta da forno, spennellate con burro fuso e cuocete in forno a 180°C per 40–45 minuti, finché sarà dorato.

                6. Servizio

                Lasciate intiepidire e spolverate con zucchero a velo. È perfetto servito con crema alla vaniglia o gelato fiordilatte.

                Un dolce che racconta una storia

                Lo strudel di mele è molto più di una ricetta: è il simbolo dell’incontro tra culture, della capacità del cibo di migrare, trasformarsi e radicarsi altrove. Oggi rappresenta una delle specialità più amate dell’Alto Adige, dove ogni famiglia conserva la propria versione tramandata da generazioni.

                Prepararlo in casa significa riportare nella propria cucina un pezzo di storia europea, fatta di profumi antichi e gesti pazienti — gli stessi che, secoli fa, hanno dato vita a uno dei dolci più iconici e rassicuranti della tradizione alpina. Buon viaggio… e buon strudel.

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