Curiosità
Hai un giardino? Ecco come organizzarsi per creare uno spazio attrezzato entro l’estate
Intendiamoci nessun ti sta chiedendo di ricreare Disneyworld, ma solo usare un po’ di fantasia per trasformare il tuo – anche piccolo – giardino in un luogo attrezzato per fare divertire tuoi bambini. O nipoti, per esempio. Soprattutto se la tua casa al piano terra si affaccia proprio sul pratino. Alla fine ne ricavi una stanza in più, o meglio una vera e propria playroom all’aria aperta da utilizzare almeno tre mesi l’anno.

Nessun ti sta chiedendo di ricreare Disneyworld ma se possiedi uno spazio verde fronte casa puoi trasformarlo in un ambiente attrezzato aspettando l’estate. Avendo alcuni mesi di vantaggio bisogna mettersi al lavoro subito. Basta avere un box o uno spazio a riparato dve fare volare la tua fantasia e dare sfogo alla tua creatività. Obiettivo? Trasformare il tuo giardino in uno spazio dove fare giocare i tuoi bambini. Bisogna usare un po’ di ingegno e di tempo libero. Segare, saldare, intrecciare materiali diversi per fare diventare un piccolo spazio di terra in un luogo attrezzato per fare divertire i vostri figli e i loro amici. Naturalmente tutto sarà più semplice se la vostra casa si trova al piano terra e si affaccia proprio su un prato protetto. Entro l’estete ne ricaverete una stanza in più, o meglio una vera e propria playroom all’aria aperta da utilizzare almeno tre mesi l’anno. E quindi che aspettate mettetevi al lavoro…
Trucioli, sabbia, paletta e secchiello
Potresti acquistare direttamente giochi già pronti, come scivoli, casette con tanto di porticina e finestre, piscine gonfiabili, tende da capo indiano, altalene e amache. Ma costano. E se in queste cose si riesce a risparmiare è tutto di guadagnato. In fondo i bambini si divertono con poco. Per esempio basta visitare una falegnameria e farsi regalare tutti gli scarti delle loro lavorazioni, trucioli, segatura, e sparpagliare il tutto su una parte del prato. Poi chi ha la vicinanza di un cantiere edile o rivenditore potrebbe procurarsi della vera e propria sabbia, utile per inventare forme diverse mischiata ad acqua. Naturalmente servono secchielli e palette. Potreste creare una pista per fare giocare i bambini con biglie palle da tennis o da ping pong ma prima bisogna creare una base ben solida magari in tartan.
I nostri bimbi sono sempre pronti alle novità
Per creare uno scivolo basta una vecchia scala di ferro o alluminio conficcando i quattro piedini direttamente nella terra fino a che si può. Poi bisogna procurarsi un’anta di un vecchio armadio da recuperare da un rottamaio o direttamente in discarica, che farà da scivolo. La si pulisce e la si applica sul lato vuoto della scala. Alla base potrete metterci un gonfiabile capiente pieno d’acqua. Oppure quando il caldo si farà sentire basterà una semplice tinozza. Se si dispone di un albero con un forte ramo sporgente basta recuperare un cordone intrecciato resistente tagliarlo in due (o in quattro), prendere una tavoletta 30 x 40 cm, (dal falegname di sopra), fare due o quattro buchi con trapano e fargli scorrere gli estremi del cordone. Un nodo sotto la tavoletta. Le altre estremità del cordone intrecciate insieme due a due e poi vanno legate a due anelli che infilerete nel ramo.
E la tenda?
Bastano tre manici di spazzoloni o scope fuori uso uniti insieme alle estremità con un spago stretto e un lenzuolo matrimoniale che non usate più. Una pinzatrice e via, la tenda e pronta.
La casetta fatte di cartone
Per realizzare una casette da giardino per bimbi basta recuperare quattro grandi scatoloni, sia in discarica sia dove si raccoglie il cartone, ma anche un supermercato, per esempio, va benissimo. Ne hanno a bizzeffe e di tutte le dimensioni. Poi si usa un po’ di fantasia per montare qualcosa che possa somigliare a una casetta. Basta costruire un rifugio dove i più piccoli si possono sentire al riparo da tutto e liberano la loro fantasia e piccoli segreti.
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Curiosità
Tu lo sai che cos’è la plant blindness? Un fenomeno sottovalutato
La plant blindness è un fenomeno sottovalutato ma significativo. Riconoscerlo e affrontarlo è essenziale per garantire la conservazione della biodiversità, la salute degli ecosistemi e il benessere delle generazioni future.

La plant blindness, o “cecità botanica”, è un termine coniato dai botanici James Wandersee ed Elisabeth Schussler nel 1998. Si riferisce all‘incapacità delle persone di vedere o riconoscere le piante nel loro ambiente quotidiano. Questo fenomeno non è legato a problemi di vista, ma piuttosto a una mancanza di consapevolezza e apprezzamento delle piante e del verde che ci circonda. Le persone affette da plant blindness tendono a ignorare le piante, considerando il mondo naturale principalmente attraverso l’interazione con gli animali e altri esseri umani.
Come si manifesta?
La plant blindness si manifesta in vari modi, tra cui: la mancanza di riconoscimento. Molte persone non sono in grado di identificare le piante comuni nella loro area, distinguendo a malapena tra diversi tipi di alberi, fiori o erbe. La sottovalutazione del ruolo delle piante. La gente tende a non comprendere l’importanza ecologica delle piante, ignorando il loro ruolo cruciale nella produzione di ossigeno, nel ciclo del carbonio e come habitat per numerose specie animali. La mancanza di educazione. Nei programmi scolastici, la botanica riceve spesso meno attenzione rispetto alla zoologia, portando a una generale mancanza di conoscenza delle piante tra i giovani. I media e le pubblicazioni scientifiche tendono a concentrarsi più sugli animali che sulle piante, alimentando questa tendenza a ignorare il mondo vegetale.
Quali sono gli effetti negativi della plant blindness
La plant blindness può avere una serie di conseguenze negative, sia per l’ambiente che per la società. L’incapacità di riconoscere e apprezzare le piante può portare a una diminuzione degli sforzi verso la conservazione delle stesse. Senza una consapevolezza diffusa dell’importanza delle piante, le politiche ambientali e le iniziative di conservazione potrebbero trascurare la protezione degli habitat vegetali. Esiste poi un problema legato al declino della salute degli ecosistemi. Le piante sono fondamentali per il funzionamento degli ecosistemi. Ignorarle può compromettere la salute degli ecosistemi stessi, influenzando negativamente il ciclo dei nutrienti, la qualità dell’aria e dell’acqua e la stabilità del suolo.
Si perdono le conoscenze tradizionali
In molte culture, la conoscenza delle piante è profondamente radicata nelle pratiche tradizionali di medicina, cucina e artigianato. La plant blindness può portare alla perdita di queste preziose conoscenze, che rischiano di scomparire con il passare delle generazioni. Inoltre la mancanza di interesse per la botanica può ridurre il numero di studenti e ricercatori che si dedicano a questa disciplina. Questo può rallentare i progressi scientifici in settori come l’agricoltura sostenibile, la biotecnologia vegetale e la conservazione delle specie vegetali.
Come contrastare la plant blindness
Per contrastare la plant blindness, è necessario un cambiamento culturale ed educativo partendo proprio dalla scuola. Sarebbe utile poter integrare la botanica nei programmi scolastici fin dalle prime fasi dell’istruzione, promuovendo attività pratiche che coinvolgano direttamente gli studenti con le piante. Inoltre, ma questo già avviene, sarebbe utile promuovere documentari, articoli e programmi televisivi che mettano in risalto l’importanza delle piante e la loro bellezza. Oppure organizzare eventi di comunità come passeggiate botaniche, workshop di giardinaggio e mostre di piante per stimolare l’interesse e la consapevolezza delle persone verso il mondo vegetale.
Curiosità
Il caffè del mattino: bisogno biologico o solo un’abitudine ben aromatica?
Una tazzina appena svegli è un rito per milioni di persone, ma siamo davvero dipendenti dalla caffeina o è solo un condizionamento?

Il caffè del mattino è una certezza assoluta per molti. Per alcuni è un bisogno imprescindibile, senza il quale la giornata sembra partire con il freno a mano tirato. Per altri, è semplicemente un gesto familiare, un rito sociale che segna il confine tra il sonno e la veglia. Ma quanto ci serve davvero?
Secondo gli esperti, la caffeina ha un effetto stimolante reale sul nostro corpo e sulla nostra mente. A livello biologico, una tazzina può migliorare la concentrazione, aumentare la prontezza mentale e dare quella spinta necessaria per affrontare impegni e responsabilità. Durante la notte, infatti, si accumula adenosina, un neurotrasmettitore che favorisce il rilassamento. La caffeina ne blocca i recettori, creando quella sensazione di energia e vigilanza che i più considerano essenziale per partire con il piede giusto.
Il cortisolo che non ci molla mai…
Detto questo, i ricercatori spiegano che la necessità del caffè appena svegli è spesso più psicologica che fisica. Il nostro organismo ha un picco naturale di cortisolo tra le 8 e le 9 del mattino, quindi l’effetto energizzante del caffè può essere più un’abitudine che un vero bisogno. Insomma, ci piace pensare di averne bisogno, ma molte volte potremmo farne a meno senza grandi conseguenze.
Toglietemi tutto ma non il mio caffè
C’è poi l’aspetto sensoriale e psicologico: l’aroma del caffè, il calore della tazza tra le mani, quel primo sorso che sa di giornata appena iniziata. Tutto questo stimola il rilascio di dopamina, rendendo il rituale ancora più piacevole. Anche il condizionamento sociale gioca un ruolo importante: il caffè è spesso associato a pause, incontri e piccoli momenti di relax, il che contribuisce a radicarlo nella nostra routine.
Attenzione, però: la caffeina può creare una certa dipendenza
Il corpo si abitua e, con il tempo, la stessa dose ha effetti meno intensi. Se si prova a eliminarla bruscamente, possono comparire sintomi da astinenza come mal di testa, irritabilità e sonnolenza. Niente di drammatico, ma sicuramente fastidioso. Quindi, il caffè è davvero necessario al mattino? Dipende. Se lo beviamo solo per il piacere di farlo, possiamo stare tranquilli. Se invece ci accorgiamo che senza di lui non riusciamo a carburare, forse siamo più dipendenti di quanto pensiamo. La verità è che il caffè, più che un bisogno, è diventato un rituale rassicurante, una pausa di benessere prima di tuffarsi nella giornata. E visto che la scienza dice che un consumo moderato fa bene, tanto vale goderselo senza troppi sensi di colpa. L’unico problema? Ricordarsi di non berlo troppo tardi, se si vuole dormire bene la notte!
Curiosità
Mary Poppins è Pennywise? La bizzarra teoria che mette insieme magia e terrore
Entrambi tornano nelle vite dei bambini dopo molti anni, si nutrono delle loro emozioni e condividono inquietanti somiglianze. Ma può davvero esistere un legame tra la tata magica e il clown assassino? Ecco tutti i dettagli di questa assurda teoria, raccontata con un tocco di ironia.

In internet si trova davvero di tutto, anche teorie così stravaganti da lasciare a bocca aperta. Tra queste, una delle più bizzarre associa Mary Poppins, la dolce e magica tata amata dai bambini, a Pennywise, il temibile clown assassino nato dalla penna di Stephen King.
Chi sono questi due personaggi? Mary Poppins, protagonista dell’omonimo libro di P.L. Travers e del film Disney, è una tata magica che porta allegria e avventure nella vita dei piccoli Banks, aiutandoli a crescere con saggezza e fantasia. Pennywise, invece, è l’orribile creatura che assume la forma di un pagliaccio per terrorizzare e nutrirsi delle paure dei bambini, nel celebre romanzo horror It.
Ed ecco che spunta la teoria: e se Mary Poppins e Pennywise fossero la stessa entità? Prima di scuotere la testa, ecco alcuni punti che sostengono questa folle idea:
- Ritorni sincronizzati: Sia Mary Poppins che Pennywise tornano dopo oltre vent’anni dal loro primo incontro con i bambini. Entrambi traggono energia dalle emozioni dei piccoli: la gioia nel caso di Mary, e la paura nel caso di Pennywise.
- Il curioso collegamento con Georgie: In Il ritorno di Mary Poppins, la tata magica dà a Georgie, il figlio minore di Michael Banks, una cometa di carta. E chi potrebbe dimenticare la barchetta di carta con cui Pennywise attira il piccolo Georgie? Stesso nome, stessi stratagemmi.
- Specchi e riflessi: Entrambi i personaggi hanno il potere di creare riflessi che agiscono indipendentemente, utilizzando le menti dei bambini per realizzare i propri obiettivi. E, dettaglio non trascurabile, sono entrambi dei ballerini provetti!
- L’amnesia e i palloncini: I bambini dimenticano sia Mary che Pennywise quando questi se ne vanno. E c’è di più: mentre Pennywise usa palloncini rossi per terrorizzare, nel finale de Il ritorno di Mary Poppins tutti i personaggi fluttuano con palloncini, e indovinate di che colore è quello di Mary? Esatto, rosso.
Insomma, se da un lato Mary Poppins ci fa sognare con le sue canzoni e le sue magie, dall’altro Pennywise ci fa tremare dalla paura. E se fossero due facce della stessa medaglia? Probabilmente no, ma in rete si può davvero trovare ogni sorta di teoria… anche quelle più strampalate!
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