Curiosità
Il mondo capovolto e la storia del “Paziente M” dopo il proiettile
Nel caos della Guerra Civile Spagnola, un soldato anonimo, passato alla storia come “Paziente M”, vive un’esperienza al limite dell’incredibile. Un proiettile lo colpisce alla testa, trafiggendo la corteccia cerebrale nella regione parieto-occipitale sinistra. Per due settimane rimane privo di conoscenza, appeso a un filo tra la vita e la morte.
Riallacciamo fili della storia
Il paziente M è un nome che rievoca una storia clinica davvero singolare. Si tratta di un soldato spagnolo che, durante la Guerra Civile del 1938, fu ferito alla testa da un proiettile. La lesione ebbe un effetto sconvolgente sulla sua percezione del mondo: iniziò a vedere capovolto.
Sorprendentemente, M supera la fase critica senza bisogno di interventi chirurgici o terapie particolari. Al suo risveglio, però, il mondo che lo circonda appare rovesciato. Una realtà capovolta, come se fosse riflessa in uno specchio distorto, diventa la sua nuova, sconvolgente normalità.


Una ricostruzione grafica sul problema e il dr Gonzalo
Il dottor Justo Gonzalo, il medico che lo segue, osserva con stupore questo singolare disturbo percettivo. Inizia così un’affascinante collaborazione che dura quasi mezzo secolo, fino alla morte di Gonzalo nel 1986. M diventa un caso di studio unico, fornendo preziose informazioni sui meccanismi di adattamento del cervello dopo traumi gravi.
Nonostante la visione invertita, M impara a vivere e muoversi nel mondo con sorprendente disinvoltura. Cammina, mangia, interagisce con gli altri, dimostrando una capacità di adattamento straordinaria. Il suo cervello, in qualche modo, ha elaborato e integrato la nuova realtà capovolta, permettendogli di svolgere le normali attività quotidiane.
Il mistero si infittisce: il paziente M e la sua doppia realtà
Decenni dopo la scomparsa del dottor Gonzalo, la storia del Paziente M torna a bussare alla porta, questa volta grazie alla tenacia della figlia Isabel, fisica all’Università Complutense di Madrid. Insieme a Alberto García Molina, neuropsicologo dell’Institut Guttmann di Barcellona, Isabel decide di riaprire il caso, immergendosi in un mare di documenti e foto lasciati dal padre.
E tra le ricerche conservate dal padre medico, emerge un dettaglio sconvolgente: quando a riposo, lontano da stimoli esterni, la percezione del soldato diventava ancora più stravagante. Il mondo rovesciato e duplicato, si tingono di verde. Una visione invertita a tal punto che M è in grado di leggere lettere e numeri sia normalmente sia capovolti, senza alcuna differenza per lui.
Anche i sensi di udito e tatto subiscono un’inversione, suoni e tocchi provengono da direzioni opposte rispetto alla realtà. La ricercatrice racconta un aneddoto emblematico: M osservava il suo orologio da polso da ogni angolazione per controllarne l’ora.
La storia del Paziente M, oltre al suo valore scientifico, offre un affascinante spunto di riflessione sulla natura soggettiva della realtà e sui meccanismi che plasmano la nostra esperienza del mondo. Un caso limite che ci ricorda quanto ancora ci sia da scoprire sui misteri della mente umana e sulle sue infinite potenzialità.
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Curiosità
Betty Boop e Topolino “liberi” dal 2026: cosa cambia davvero con l’ingresso nel pubblico dominio
Un passaggio storico per la cultura pop: Betty Boop e Topolino entrano nel pubblico dominio con le loro prime rappresentazioni, insieme a opere di Agatha Christie, William Faulkner, classici del cinema e brani immortali. Ma attenzione: solo le versioni originali del 1930 sono realmente “libere”, mentre tutte le evoluzioni successive restano protette dal copyright. Gli esperti spiegano che è un passaggio fondamentale per la creatività e per la possibilità di reinventare il patrimonio culturale.
Dal 2026 una fetta importante dell’immaginario del Novecento diventa di pubblico dominio. È il momento di Betty Boop e di una nuova serie di cartoni di Topolino del 1930, che entrano ufficialmente tra le opere liberamente utilizzabili, aprendo scenari interessanti per il mondo dell’arte, dell’intrattenimento e della creatività. Insieme a loro, numerosi romanzi, film e brani musicali usciti in quell’anno, destinati a una nuova vita.
Personaggi iconici, ma con molti paletti
L’annuncio riguarda prima di tutto la celebre Betty Boop, simbolo della femminilità frizzante degli anni ruggenti, e nuove apparizioni del Topolino delle origini, quello ancora in bianco e nero, con il design essenziale dei primi corti animati. Entrano nel pubblico dominio anche altre figure legate al mondo Disney, come Rover, il cane che più tardi diventerà Pluto. Ma il punto cruciale è uno: si tratta esclusivamente delle versioni del 1930. Qualsiasi evoluzione grafica o narrativa successiva resta ancora protetta dal copyright.
Un tesoro culturale che si riapre
Insieme ai personaggi animati, diventeranno libere opere letterarie di primo piano come “Mentre morivo” di William Faulkner e “La morte nel villaggio” di Agatha Christie, oltre ai primi romanzi di Nancy Drew e classici per bambini come The Little Engine That Could. Anche il cinema riacquista pezzi di storia: tra i titoli in lista “Niente di nuovo sul fronte occidentale” del 1930 e “Animal Crackers” dei Fratelli Marx.
Sul fronte sonoro, entrano nel dominio pubblico registrazioni del 1925 e composizioni del 1930, tra cui brani entrati nella leggenda: “Georgia on My Mind” e “Dream a Little Dream of Me”, insieme alle incisioni storiche di artisti come Bessie Smith e Marian Anderson.
Perché è importante
Gli esperti sottolineano che questo passaggio è vitale per la cultura contemporanea. Senza pubblico dominio non ci sarebbero rivisitazioni, reinterpretazioni, nuove opere ispirate a quelle del passato. La creatività si alimenta di ciò che è stato e ora scrittori, illustratori, registi e musicisti avranno uno spazio più ampio su cui lavorare, senza rischi legali e senza costi proibitivi.
Resta comunque necessaria prudenza: ogni utilizzo dovrà rispettare i limiti temporali e le versioni davvero liberate, per evitare di confondere originali e reinterpretazioni successive, ancora coperte da copyright. Ma il mondo della cultura ha già iniziato a guardare a questo 1930 che torna improvvisamente attuale.
Curiosità
La casa dei Kennedy a Georgetown è in vendita: la storica residenza di John e Jackie sul mercato per 7,5 milioni di dollari
Si chiama Marbury House la residenza di Georgetown dove John Fitzgerald Kennedy e Jacqueline Bouvier vissero prima di trasferirsi alla Casa Bianca. Oggi quella dimora carica di storia è sul mercato con Sotheby’s International Realty al prezzo di 7,5 milioni di dollari: eleganza, memoria e fascino di un’America che non esiste più.
Prima che diventasse un simbolo del potere mondiale, prima dell’aura quasi mitologica della Casa Bianca, c’era una casa. Ed era qui, nel cuore raffinato di Georgetown, il quartiere più elegante e storico di Washington. Marbury House è la residenza in cui John F. Kennedy e Jackie vissero una parte fondamentale della loro vita privata, quella in cui la coppia costruiva futuro, ambizioni politiche, vita familiare e immagine pubblica.
Oggi quella townhouse torna protagonista della cronaca immobiliare perché Sotheby’s International Realty l’ha rimessa ufficialmente in vendita: prezzo richiesto, 7,5 milioni di dollari. Non solo un immobile di lusso, ma un frammento vivo di storia americana.
Un indirizzo che profuma di storia
Georgetown non è un quartiere qualsiasi: è il cuore aristocratico della capitale, tra strade di mattoni, facciate curate, giardini nascosti e dimore che raccontano decenni di politica e potere. Qui i Kennedy costruirono parte della loro immagine pubblica, in un contesto che allora rappresentava il centro pulsante della società colta, influente e mondana di Washington.
Eleganza, fascino e atmosfera d’epoca
Marbury House conserva il fascino delle grandi dimore storiche americane. Ambienti raffinati, saloni luminosi, finiture pregiate e un’eleganza sobria ma potente. Non una villa pomposa, ma una casa vissuta, pensata per ospitare incontri, conversazioni e momenti privati di una delle coppie più iconiche della storia contemporanea.
Una casa che è anche un simbolo
Comprare questa residenza significa acquistare molto più di spazi e metri quadrati. Significa entrare in contatto con un’epoca, con una narrazione, con il mito dei Kennedy. Significa portare in casa la memoria di un tempo in cui politica, glamour e cultura si intrecciavano in modo irripetibile. Non stupisce quindi che il mercato internazionale del lusso abbia subito acceso i riflettori sulla vendita.
Questa non è semplicemente una casa di pregio: è un luogo che ha visto passare decisioni, emozioni, passaggi storici. Un pezzo di America in mattoni e legno, elegantemente custodito e oggi pronto a scrivere un nuovo capitolo, con un nuovo proprietario… ma senza perdere il suo mito.
Curiosità
Babbo Natale, perché è rosso e bianco? La vera storia del vecchio barbuto più famoso del mondo
Il costume rosso bordato di bianco non è un’invenzione improvvisa né solo una trovata pubblicitaria. Dietro il Babbo Natale moderno c’è una lunga evoluzione culturale che attraversa secoli, Paesi e tradizioni diverse.
Ogni dicembre, puntuale come le luci nelle città, torna l’immagine rassicurante di Babbo Natale: barba candida, pancione, abito rosso acceso e cappello coordinato. Ma da dove arriva davvero questo personaggio? E soprattutto, perché è vestito proprio di rosso e bianco?
Le origini di Babbo Natale affondano le radici nella figura storica di San Nicola di Myra, vescovo vissuto tra il III e il IV secolo nell’attuale Turchia. San Nicola era noto per la sua generosità verso i poveri e per l’attenzione ai bambini, qualità che nei secoli hanno alimentato racconti e leggende. In molte zone d’Europa, soprattutto nel Nord, la sua figura si è trasformata in Sinterklaas, protagonista delle festività invernali nei Paesi Bassi. Spesso rappresentato con abiti vescovili, lunghi mantelli e colori vivaci.
Con le migrazioni europee verso il Nuovo Mondo, queste tradizioni arrivano anche negli Stati Uniti. È qui che, tra Ottocento e primo Novecento, Babbo Natale inizia ad assumere un aspetto più laico e fiabesco. Un ruolo fondamentale lo ebbero le illustrazioni del disegnatore Thomas Nast. Che a partire dagli anni Sessanta dell’Ottocento lo raffigurò come un uomo anziano, robusto e sorridente, già vestito con abiti invernali e colori caldi, spesso vicini al rosso.
Il passaggio decisivo avviene però nel Novecento, quando l’immagine di Babbo Natale viene fissata nell’immaginario collettivo grazie ai mass media. A partire dagli anni Trenta, l’illustratore Haddon Sundblom realizza una serie di campagne pubblicitarie per la Coca-Cola che mostrano un Babbo Natale bonario. Umano e familiare, con il celebre completo rosso bordato di bianco. È importante chiarirlo: l’azienda non ha “inventato” Babbo Natale, ma ha contribuito in modo determinante a rendere universale e standardizzata la sua iconografia.
Il rosso, oltre a essere già presente in raffigurazioni precedenti, richiama simbolicamente il calore, l’energia e la festa; il bianco evoca la neve, l’inverno e la purezza. Una combinazione cromatica perfetta per un personaggio legato al Natale, capace di superare confini religiosi e culturali.
Oggi Babbo Natale è una figura globale, riconoscibile ovunque, frutto di un lungo processo di trasformazione che mescola fede, folklore, arte e comunicazione. Dietro quel costume apparentemente semplice si nasconde una storia complessa, fatta di secoli di narrazioni che continuano, anno dopo anno, a rinnovare la magia del Natale.
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