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Curiosità

Viaggeremo su scooter volanti? Succederà prima di quanto pensate!

Ad Arezzo c’è una fabbrica che produce scooter volanti, un’innovazione che promette di rivoluzionare il trasporto privato.

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    Ad Arezzo c’è una fabbrica che produce scooter volanti, un’innovazione che promette di rivoluzionare il trasporto privato. E non solo. La startup svedese dietro a questo progetto ha presentato i suoi piccoli velivoli elettrici – prezzo base 128 mila dollari – attirando l’attenzione di una vasta gamma di acquirenti provenienti da tutto il mondo. Naturalmente un pubblico composto da vip e imprenditori con una certa disponibilità economica.

    Preparati che alle otto di vengo a prendere in terrazza

    Questi “Jetson One” , davvero affascinanti, sono stati descritti come giocattoli tecnologici per ricchi, offrendo un'”esperienza di volo senza precedenti“, come recita lo spot che accompagna il lancio. Sebbene il prezzo di partenza sia davvero elevato, – anche se per un qualsiasi modello Ferrari se ne sborsa minimo il doppio – molti acquirenti hanno già versato una caparra per garantirsi uno di questi velivoli a decollo verticale. Sono attratti dalla prospettiva di poter finalmente realizzare il sogno di volare, senza le complessità associate all’aviazione tradizionale. Già perché questi velivoli sono stati presentati come veri e propri taxi volanti che devono seguire alcune regole dettate dall’Enac ma nulla di più.

    Eccitazione e divertimento

    L’autonomia attuale dei Jetson One è di soli venti minuti, limitando l’uso a brevi voli di piacere. Pesa circa 86 kg e raggiunge la velocità di 102 km/h. Tuttavia, la startup svedese sta lavorando su versioni potenziate e su modelli a due posti, che potrebbero essere pronti entro il 2027 e con cui percorrere tragitti più lunghi. In quel caso farebbero da regola le norme di Enac, lente nazionale per l’aviazione civile. Con tanto di patente, formazione, ed esami. Peraltro così come sono stati costruiti e presentati per ora hanno già superato molti testi e ottenuto la certificazione da parte dell’ente. L’azienda sta anche sviluppando corsi di formazione per i piloti, necessari per guidare questi velivoli.

    Chi sono gli acquirenti

    Ma chi sono gli acquirenti, quelli che hanno già versato una caparra per potersene aggiudicare uno? Le motivazioni per ciascuno di loro sono diversi e spaziano dall’interesse per l’innovazione tecnologica al desiderio di vivere un’esperienza unica nel proprio tempo libero. Molti dei vip e dei paperoni che si aggiravano nei pressi del campo volo e degli stand durante la presentazione sono sembrate persone ‘arrivate’, benestanti. Qualche super ricco e pensionato che vuole togliersi uno sfizio in più. Persone che cercano principalmente il divertimento e l’eccitazione, e i Jetson One sembrano offrire proprio questo.

    Anche se il mercato attuale è dominato principalmente da acquirenti internazionali, alcuni italiani presenti hanno dichiarato che concepiscono il Jetson come un investimento potenzialmente redditizio. Oltre che un modo per godersi il proprio tempo libero.

    In attesa dei vertiporti

    In definitiva Jetson One ha discrete prospettive come servizio taxi aerei e vertiporti in città come Roma e Milano. Il vertiporto è l’aeroporto dei VTOL, cioè i veicoli a decollo e atterraggio verticali. Quello di Roma ha caratteristiche uniche in Europa. A Milano sono i lavori per 4 vertiporti. E sono previsti anche a Bologna e a Chioggia. Tuttavia, rimangono ancora sfide da affrontare, come la sicurezza e la regolamentazione, prima che questi scooter volanti possano diventare una presenza comune nei cieli di tutto il Paese.

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      Curiosità

      Pandoro o panettone? La sfida delle feste tra tradizione, gusti e creatività in cucina

      Dalla storia alle varianti gourmet, fino ai consigli degli esperti per scegliere e servirli al meglio: una guida per affrontare il duello più dolce del Natale.

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      Panettone o pandoro?

        Quando il Natale si avvicina, sulle tavole italiane si riaccende un duello che nessuna tregua gastronomica sembra riuscire a spegnere: panettone contro pandoro. Due dolci iconici, diversissimi nella struttura, nelle origini e nella percezione collettiva. Entrambi tutelati dal marchio di “prodotto da forno a lievitazione naturale” secondo un disciplinare del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, ma con identità ben distinte.

        Il panettone, nato a Milano tra XV e XVI secolo secondo le versioni più accreditate, è caratterizzato da un impasto lievitato e arricchito con uvetta e canditi, previsti obbligatoriamente dal disciplinare per essere definito tale. Oggi convivono infinite varianti – dal cioccolato alle creme spalmabili, dalla frutta esotica alle versioni senza zuccheri aggiunti – ma l’aroma agrumato della scorza d’arancia rimane la firma più riconoscibile.

        Il pandoro, invece, arriva da Verona e vanta radici ottocentesche. Il suo impasto, morbido e compatto, è ricco di burro e uova e deve la sua soffice fragranza alla lunga lievitazione. Privo di canditi o frutta, è il dolce “neutro” per eccellenza, spesso preferito da chi cerca una dolcezza più semplice. La caratteristica forma a stella a otto punte e lo zucchero a velo – da spargere al momento – ne completano il rito.

        Negli ultimi anni la competizione si è fatta ancora più serrata, complice la crescita dei piccoli laboratori artigianali e delle pasticcerie di alta qualità. Molti consumatori, infatti, cercano prodotti lievitati naturalmente per almeno 24-36 ore, con ingredienti selezionati e senza conservanti aggiunti. Le vendite confermano una tendenza in crescita: secondo i dati dell’Unione Italiana Food, tra panettoni e pandori il mercato supera ogni anno i 100 milioni di pezzi venduti, con il panettone che registra un aumento costante, soprattutto nelle versioni “creative”.

        Ma come scegliere tra i due protagonisti natalizi? Gli esperti suggeriscono di valutare alcune caratteristiche chiave. Nel panettone è fondamentale l’alveolatura dell’impasto: deve essere irregolare e ben sviluppata, indice di una lievitazione corretta. Il profumo deve richiamare burro e agrumi, mentre la cupola deve risultare elastica. Per il pandoro, invece, la qualità si riconosce dalla sofficità: la fetta deve “strappare” con leggerezza e non risultare asciutta. Il colore giallo intenso è un buon indicatore della ricchezza dell’impasto.

        La sfida, però, non si ferma al prodotto: anche il modo in cui vengono serviti cambia il risultato in tavola. Il panettone, ad esempio, dà il meglio di sé se tagliato a spicchi verticali dopo averlo lasciato a temperatura ambiente per almeno un’ora. Il pandoro, invece, può essere porzionato a fette orizzontali per ottenere la classica “stella” che spesso diventa la base per creme al mascarpone, chantilly o gelati.

        Gli abbinamenti sono un altro terreno fertile per la creatività. Il panettone tradizionale si sposa con vini aromatici come Moscato d’Asti o Passito di Pantelleria, mentre le versioni al cioccolato trovano un alleato ideale nei rum o nei distillati morbidi. Il pandoro, più delicato, predilige spumanti dolci e bollicine leggere, ma può diventare sorprendente se accompagnato da creme agrumate che spezzano la sua dolcezza.

        Sul fronte dei consumatori la sfida resta aperta: chi apprezza la complessità del panettone difficilmente rinuncia ai canditi, mentre chi ama le consistenze più soffici dichiara fedeltà assoluta al pandoro. Eppure, nelle cucine di molti italiani cresce una tregua inedita: la convivenza pacifica dei due dolci sulla stessa tavola, spesso affiancati da versioni “limited edition”, glasse artigianali e farciture gourmet.

        Alla fine, forse, il vero vincitore non è l’uno né l’altro, ma la possibilità di trasformare questa rivalità gastronomica in un’occasione per condividere sapori e tradizioni. Perché, sotto l’albero, c’è spazio per tutti: per la cupola profumata del panettone e per la morbida eleganza del pandoro, entrambi ambasciatori di un Natale che, almeno a tavola, riesce sempre a mettere tutti d’accordo.

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          Curiosità

          La rivincita dei “secondi”: Lucio Corsi e Lorenzo Musetti superano Olly e Sinner nelle ricerche Google e riscrivono la mappa della notorietà online

          Non le figure più cercate in assoluto, ma quelle cresciute di più nell’ultimo anno: Google certifica un ribaltamento inatteso. Tra Sanremo, tennis e cronaca internazionale, il pubblico digitale incorona i volti che non ti aspetti.

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            Il dato più clamoroso non arriva dal palco dell’Ariston, ma dal web: Lucio Corsi è il personaggio che nel 2025 ha fatto registrare il maggior incremento di ricerche su Google. Un sorpasso simbolico e quasi poetico sul collega Olly, vincitore del Festival ma solo secondo nelle query. A trainare l’interesse è “Volevo essere un duro”, brano arrivato dietro al ligure in gara, ma primo sia tra gli artisti sia tra i testi più cercati.
            Un risultato che ribalta le gerarchie musicali e racconta un pubblico che, online, premia autenticità, narrazioni personali e identità artistiche più laterali rispetto al mainstream dominante.

            Musetti supera Sinner e diventa il tennista più cercato

            La stessa dinamica si ripete nello sport. Il terzo posto nella classifica generale va a Lorenzo Musetti, autore di un 2025 straordinario: top 6 nel ranking ATP, prima qualificazione alle Finals, un figlio appena nato e un quarto di finale agli US Open contro Sinner.
            Paradossalmente, Jannik non compare affatto nella top ten delle crescite: non perché sia meno popolare, ma perché il suo volume di ricerche era già altissimo nel 2024, rendendo impossibile un incremento percentuale significativo.
            Musetti, invece, intercetta la curiosità di chi scopre un talento che si sta trasformando in protagonista stabile del tennis mondiale.

            Oltre lo show: Paolini, Bianca Balti e Cecilia Sala

            Il tennis resta una fucina di idoli digitali: Jasmine Paolini, regina degli Internazionali di Roma, è quinta.
            Al quarto posto c’è Bianca Balti, che con il racconto pubblico della sua malattia e della depressione post-terapia ha catalizzato attenzione e solidarietà.
            L’unica figura extra spettacolo e sport è la giornalista Cecilia Sala, ottava: il suo arresto e la detenzione di 21 giorni nel carcere iraniano di Evin hanno acceso un riflettore internazionale sulla sua storia e sul suo lavoro di reporter.

            Tra guerre e tecnologia: le altre parole dell’anno

            A completare la fotografia ci sono le ricerche legate ai conflitti globali — dall’attacco israeliano all’Iran fino alla situazione a Gaza — e temi di attualità come la scelta del nome Leone XIV per il nuovo Papa o il caso Sarkozy.
            Sul fronte digitale, esplode la domanda “Come funziona l’AI?”, cresciuta del 300%. Gli italiani vogliono sapere come usarla per immagini, compiti, presentazioni, musica, video e persino arredamento: una mappa precisa dei nuovi bisogni quotidiani.

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              Curiosità

              Le tracce dell’intelligenza: cosa rivelano le abitudini di chi ha un QI più alto

              Dalle routine solitarie alla curiosità insaziabile, passando per l’autocontrollo: diversi studi mostrano che alcuni tratti ricorrenti sono più frequenti nelle persone con quoziente intellettivo elevato. Ecco quali.

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              Le tracce dell’intelligenza: cosa rivelano le abitudini di chi ha un QI più alto

                L’intelligenza non è un concetto semplice: non coincide con la cultura, né con il successo lavorativo, e non può essere ridotta a un numero isolato. Tuttavia, anni di studi psicologici hanno evidenziato che alcune abitudini quotidiane tendono a essere più diffuse tra individui con QI sopra la media, pur senza rappresentare una prova certa del loro livello cognitivo. Sono segnali, non diagnosi—tendenze statistiche che raccontano solo una parte della complessità umana.

                Preferenza per la solitudine

                Una delle correlazioni più discusse arriva da uno studio pubblicato sul British Journal of Psychology, secondo cui le persone con QI elevato mostrano più spesso una propensione a passare del tempo da sole. Non si tratta di antisocialità, ma della necessità di spazi tranquilli per riflettere, ricaricarsi e concentrarsi. La solitudine, in questi casi, diventa un mezzo per elaborare idee complesse o progetti personali.

                Curiosità e voglia di capire

                Un tratto quasi universale è la curiosità intellettuale. Chi possiede un’intelligenza superiore tende a fare domande, indagare ciò che non conosce e non accontentarsi delle prime risposte. La ricerca psicologica parla di “apertura mentale” (openness to experience), un fattore di personalità collegato sia alla creatività che alla capacità di apprendimento continuo.

                Lettura e consumo di contenuti complessi

                Molti studi hanno notato una maggiore propensione alla lettura, soprattutto di testi impegnativi o specialistici, così come alla fruizione di contenuti più articolati — podcast scientifici, documentari, approfondimenti. Non è tanto la quantità quanto la qualità: chi ha un QI elevato cerca stimoli che lo sfidino.

                Autocontrollo e capacità di pianificazione

                Secondo una ricerca pubblicata su Psychological Science, esiste una correlazione tra capacità cognitive e autocontrollo. In esperimenti su decisioni finanziarie e scelte impulsive, gli individui con QI più alto tendevano a rimandare la gratificazione per ottenere risultati migliori nel lungo periodo. Anche la pianificazione a medio-lungo termine risulta spesso più strutturata.

                Autoironia e humor complesso

                L’umorismo può essere un indicatore rivelatore. Lavori pubblicati su Intelligence hanno mostrato che l’apprezzamento per forme di comicità più elaborate — ironia, paradossi, humour nero — è più frequente in chi possiede una maggiore intelligenza verbale e astratta. Un tipo di comicità che richiede di afferrare rapidamente più livelli di significato.

                Disordine creativo (ma non sempre)

                Nonostante il luogo comune che associa l’intelligenza al caos creativo, la scienza non dà un verdetto definitivo. Alcuni studi sostengono che un ambiente leggermente disordinato possa stimolare il pensiero divergente; altri mostrano che un contesto ordinato favorisce concentrazione e autocontrollo. In realtà, la correlazione non è univoca: il disordine non è un indicatore di QI, ma può essere un effetto collaterale di uno stile di lavoro mentale più fluido.

                Pensiero critico e dubbio costante

                Chi ha un QI elevato raramente accetta un’informazione così com’è. Il dubbio non è sfiducia, ma uno strumento cognitivo. Analizzare le fonti, mettere in discussione i propri pregiudizi, valutare pro e contro: tutto questo richiede tempo, energie e una certa abilità nel gestire la complessità.

                Le abitudini possono suggerire molto, ma è bene ricordare che non definiscono l’intelligenza. Una persona può essere brillante senza amare la solitudine, oppure curiosa senza essere ordinata. Ciò che emerge davvero dagli studi è che le persone con QI elevato tendono a coltivare flessibilità mentale, interesse per il mondo e un costante desiderio di apprendere. Caratteristiche che possono essere sviluppate da chiunque, indipendentemente dai test.

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