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Lifestyle

Dai bambini felici di Sondrio agli anziani più rispettati di Trento

Qualità della vita per fasce d’età: Sondrio, Gorizia e Trento al top per bambini, giovani e anziani. L’indagine presentata al Festival dell’Economia. Le tre classifiche individuano le province dove bambini, giovani e anziani vivono meglio. Il Sud in coda, male le grandi città per gli under 35.

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Indagine qualità della vita la città migliore per i bambini è Sondrio. Trento per gli anziani.

    La qualità della nostra vita si valuta prendendo in esame alcuni fattori che ne determinano la consistenza e la durata. La quarta edizione dell’indagine sulla Qualità della Vita del Sole 24 Ore, presentata al Festival dell’Economia di Trento, ha messo in evidenza le province italiane che offrono le migliori condizioni di vita per bambini, giovani e anziani. La classifica, basata su 12 parametri statistici per ciascuna fascia d’età, premia Sondrio per i bambini, Gorizia per i giovani e Trento per gli anziani. Sono stati considerati la disponibilità di giardini scolastici, spazi verdi attrezzati, competenze alfabetiche e numeriche, numero di pediatri, numero di edifici scolastici con palestra e delitti denunciati a danno di minori.

    Sondrio pochi pediatri ma tanti sorrisi

    I punti di forza di Sondrio rispetto alle condizioni migliori per farci vivere giovani e bambini sono evidenziati dall’alta competenza numerica e alfabetica tra i giovani collegata a un ottima offerta sportiva per i bambini. Purtroppo la città denuncia una carenza di pediatri, piazzandosi al quartultimo posto in questa categoria. Ma la cosa visto sembra non avere alcun risvolto negativo sulla qualità della vita dei bambini. Evidentemente ci sono altri parametri che influiscono positivamente sulla stessa. La ricerca evidenzia anche altre città dove i bambini e i giovani trovano relazioni, progetti e attività dove poter sviluppare il loro potenziale senza ostacoli. Ravenna, Trieste, Gorizia, Udine, Lecco, Aosta, Padova, Siena e Trento sono le città dove i bambini trovano maggiore accoglienza e considerazione da parte delle istituzioni.

    Gorizia la città che non ti aspetti, piace ai giovani

    Gorizia risulta la città più gradita nella fascia di età 13-35 anni. Può disporre di un ampia disponibilità di aree verdi, di un costante supporto all’imprenditorialità under 35, e della possibilità di vedere adottare un considerevole numero di contratti di lavoro a tempo indeterminato da parte di un tessuto imprenditoriale ben organizzato.
    Ravenna, Forlì-Cesena, Ferrara, Piacenza affiancano la città friulana nel sostenere politiche a favore della stessa fascia di età.

    Over 65 tutti a Trento

    Punto di forza del capoluogo della regione Trentino Alto Adige è dato dalla forte presenza di servizi sociali comunali, che si accompagna a una alta partecipazione civile degli over 50 alla vita delle grandi e piccole istituzioni. Insomma a Trento gli over 65 non sanno stare con le mani in mano e partecipano attivamente alla vita sociale della città. In questo la affiancano anche le città di Como, Cremona, Lodi, Treviso, Vicenza, Padova, Verona e Bolzano da sempre la sua rivale in regione.

    Italia spaccata in due

    In sintesi la ricerca sviluppata da IlSole24Ore evidenzia ancora una volta le eccellenza del Nord del Paese con provincie che dominano le classifiche per tutte le fasce d’età. Trentino Alto Adige, Lombardia e Veneto si mettono in maggiore evidenza grazie a una più corretta organizzazione e gestione dei servizi disponibili.
    Le province del Sud Italia, invece, tra cui Crotone, Palermo e Catania, si posizionano in fondo alla classifica. Il fenomeno evidenzia un divario significativo rispetto al Nord dimostrando come la qualità della vita in Italia sia estremamente variabile a seconda della provincia e della fascia d’età considerata. Mentre il Nord eccelle in molteplici aspetti, il Sud continua a lottare con logoranti carenze, sottolineando la necessità di interventi mirati per colmare questo divario.

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      Cucina

      Il ritorno della cucina povera: sapori antichi per palati moderni

      Dalle zuppe di legumi al pane raffermo riciclato, passando per la polenta e le erbe spontanee: la cucina povera non è mai stata così ricca. Un viaggio nel gusto e nella memoria, tra sostenibilità e identità culturale

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        In un’epoca dominata dalla cucina molecolare, dalle cotture a bassa temperatura e dai food influencer, c’è chi torna indietro. Indietro nel tempo, nei sapori e nei valori. È il ritorno della cucina povera, quella fatta con poco ma che sa di molto: un pugno di farina, una manciata di fagioli, una crosta di formaggio diventano protagonisti di piatti sorprendenti, pieni di gusto e di storia.

        Dalla Toscana al Piemonte, dalla Sicilia alla Basilicata, ogni regione italiana custodisce un patrimonio gastronomico fatto di piatti “umili”, nati per necessità e oggi riscoperti per scelta. Il pane raffermo non si butta, si trasforma: in pappa al pomodoro, in pancotto, in canederli o nel bagnèt verd. I legumi, una volta carne dei poveri, tornano sulle tavole in zuppe, passati e insalate rustiche. La polenta, simbolo di resilienza culinaria, esce dal dimenticatoio per diventare comfort food d’autore.

        Le erbe spontanee – cicoria, borragine, tarassaco – vengono raccolte dai nonni ma ora anche dagli chef stellati. E che dire del recupero di tagli “minori” di carne, come le frattaglie? Trippa, fegatini, cuore: cibi che raccontano una cultura antica e che oggi ritrovano dignità gastronomica.

        Ma non è solo questione di nostalgia. È anche sostenibilità. La cucina povera insegna a non sprecare, a valorizzare ogni ingrediente, a rispettare i cicli stagionali. In un mondo che si interroga sempre più sull’impatto ambientale del cibo, tornare a queste pratiche ha un senso profondo.

        In più, c’è un valore identitario. Riscoprire le ricette della nonna, tramandare i sapori di un territorio, riconnettersi con le proprie radici attraverso il gusto: è un atto culturale oltre che culinario. Ecco perché oggi le osterie che servono fagioli all’uccelletto, pasta e ceci o cicerchie con finocchietto sono piene di giovani, di food blogger, di turisti curiosi.

        C’è chi parla di “neocucina povera”, rivisitata e nobilitata. Ma la verità è che non serve toccarla troppo: la forza di questi piatti sta proprio nella loro semplicità. Un cucchiaio di ribollita può raccontare più di mille parole. E ricordarci che, a volte, meno è davvero più.

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          Società

          Generazione boomerang: perché tanti figli adulti tornano a vivere con i genitori

          Tra affitti insostenibili, lavori precari e relazioni complicate, cresce il numero di adulti che rientrano nella casa d’origine. Una scelta a volte forzata, a volte comoda. Ma che dice molto di come sta cambiando la società

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            Dopo anni di fatica, bollette e coinquilini improbabili, c’è chi prende una decisione che un tempo sarebbe sembrata un fallimento: tornare a casa. E invece oggi, per migliaia di giovani adulti italiani, il rientro nel nido familiare è una scelta sempre più comune. Li chiamano “boomerang kids”: figli che se ne vanno e poi tornano, spesso con una laurea in tasca, qualche delusione lavorativa alle spalle, e più sogni che certezze.

            Il fenomeno non è nuovo, ma nel 2025 è diventato strutturale. Secondo l’Istat, oltre il 66% dei giovani tra i 25 e i 34 anni vive ancora o di nuovo con i genitori. I motivi? Tanti, e spesso intrecciati. I costi dell’indipendenza sono diventati proibitivi: affitti alle stelle, bollette da capogiro, spese quotidiane che si sommano a stipendi ancora bassi e contratti spesso a tempo determinato.

            Ma c’è anche un’altra faccia della medaglia. Alcuni tornano per scelta, non per necessità. Per prendersi una pausa dopo una separazione, per dedicarsi a un master, per risparmiare e avviare un progetto. E in fondo, perché a casa si sta comodi: si mangia meglio, si spende meno, si condivide la quotidianità.

            Non mancano però le difficoltà. Vivere da adulti con altri adulti – che per di più ti hanno cresciuto – non è semplice. Si riaprono dinamiche familiari sopite, si ridefiniscono ruoli, si rinegoziano spazi e abitudini. “A volte mi sento un adolescente, anche se ho 32 anni e lavoro da sei”, racconta Marco, tornato a vivere dai genitori dopo la pandemia. “Ma poi la sera, quando torno stanco e c’è qualcuno che mi chiede com’è andata, capisco che questa convivenza ha anche del bello”.

            Molti genitori accolgono i figli con entusiasmo, ma non senza fatica. È una seconda genitorialità, fatta di affetto ma anche di rinunce: alla privacy, al silenzio, ai propri ritmi. “Non mi pesa averlo qui – dice Anna, madre di due figli trentenni – ma cerchiamo di non ricadere nei vecchi ruoli. Ognuno fa la sua parte, siamo coinquilini con affetto”.

            Il fenomeno apre molte domande. Sulla tenuta del mercato immobiliare, sul sistema occupazionale, sul significato stesso di indipendenza. Ma anche su un’idea di famiglia che cambia: più flessibile, meno gerarchica, forse più solidale.

            La generazione boomerang ci dice che crescere, oggi, non significa per forza andarsene per sempre. E che, a volte, tornare non è un passo indietro. Ma una nuova partenza.

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              Società

              Cyberbullismo a Modena: una tredicenne trova la forza di reagire grazie alla sua famiglia

              Insulti anonimi sui social, disforia di genere e il coraggio di una giovane che, grazie alla famiglia e al dialogo, ha trasformato una dolorosa esperienza in un percorso di crescita

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                La vicenda di una tredicenne modenese vittima di cyberbullismo ha riportato alla luce il dramma di tanti giovani emarginati e perseguitati, spesso per la loro diversità. In questo caso la ragazza, isolata e tormentata da messaggi anonimi su un social network, ha trovato il coraggio di confidarsi con i genitori. Ha mostrato loro gli screenshot di una chat in cui veniva presa di mira con frasi agghiaccianti come «Meglio dissanguata e vederla soffrire» e «Bruciamola». A ferirla ancora di più, la scoperta che dietro a questi attacchi di cyberbullismo c’era una sua cara amica.

                La pronta reazione della famiglia ha fatto la differenza

                La madre della ragazza ha contattato i genitori dell'”amica” coinvolta, mentre il padre ha sporto denuncia alla polizia postale. Le autorità, con grande sensibilità, hanno avviato un intervento educativo nella scuola, spiegando ai ragazzi le gravi conseguenze delle loro azioni. Nonostante il dolore, la tredicenne ha dovuto iniziare un percorso di recupero, supportata da una psicologa, che ha portato alla scoperta di una disforia di genere. La ragazza si sente maschio e ha fatto coming out con i genitori, trovando in loro un sostegno fondamentale.

                Gesti di omofobia, bullismo e cyberbullismo vanno contrastati sul nascere

                Questa storia si inserisce in un contesto più ampio di tragedie legate al bullismo e all’omofobia. Come quella di Andrea Spezzacatena, il ragazzo dai pantaloni rosa che si tolse la vita a 15 anni, o di Davide Garufi, tiktoker noto come Alexandra, che si è suicidato dopo essere stato bersaglio di insulti sui social. Tuttavia, a differenza di queste tragiche vicende, la tredicenne modenese ha trovato la forza di parlare, evitando un epilogo drammatico. Oggi, la ragazza si sta riavvicinando alla sua amica e affronta con maggiore serenità la vita scolastica, in attesa di cambiare scuola il prossimo anno.

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