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Lifestyle

Dalle stelle alle stalle: gli esperti bocciano il panettone griffato Bruno Barbieri

Tra i più visti nelle corsie dei supermercati e tra quelli supportati da una massiccia campagna pubblicitaria, la firma del giudice di Masterchef non basta a convincere la critica sulla bontà del suo panettone.

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    Nonostante in questi giorni che ci dividono dal Natale lo spot del panettone Motta by Chef Bruni Barbieri spunta in quasi ogni blocco pubblicitario, segno di un grande investimento promozionale… il dolce natalizio firmato dal giudice di Masterchef non convince affatto.

    Un mercato che cambia

    Al giorno d’oggi acquistare il panettone perfetto è un’impresa, data la grande varietà disponibile in commercio. Si parte dal panettone classico, con uvetta e canditi, fino a varianti moderne che includono ingredienti particolari come cioccolato in gocce o creme, glassature alle mandorle o pistacchio fino alle versioni contenenti frutta esotica, frutti di bosco, fichi o agrumi vari. Il mercato, adeguandosi alle crescenti esigenze delle persone con restrizioni alimentari o scelte etiche, offre anche panettoni senza glutine, per celiaci, quelli senza lattosio o realizzato con ingredienti biologici. Ci sono pure quelli vegani anche se, in questo caso, non si può parlare di “panettoni” perché non non in linea con le specifiche dettate dalla normativa.

    Solo sesto per Altroconsumo

    Nella speciale classifica che, puntualmente ogni anno, viene stilata dalla rivista Altroconsumo, il suo panettone viene criticato da svariati punti di vista, posizionandosi solo al sesto posto in graduatoria. Una graduatoria espressa tenendo conto sia del gusto all’assaggio ma anche delle prove di laboratorio che ne analizzano struttura e ingredienti.

    Gambero Rosso: un giudizio senza possibilità di appello

    Il popolare sito di cucina, non lasciandosi fuorviare dalla firma del famoso chef stellato, dopo la prova di assaggio rilascia un giudizio non certo brillante: «L’alveolatura fitta e stretta e la struttura pesante e poco “strapposa” non richiamano il dolce natalizio, amato proprio per le occhiature allungate e la texture aerea, soffice e filante. Ma a non convincere sono soprattutto il profilo aromatico (un po’ forzato, forse dovuto ad aromii non meglio identificati aggiunti, o forse alla lievitazione?) e l’uvetta, che ricorda piuttosto le amarene sotto spirito industriali». D’altronde basterebbe il titolo della recensione per capire tutto: «Che delusione il panettone Motta firmato da Bruno Barbieri!».

    Il panettone più buono

    Sempre secondo Altroconsumo, al primo posto troviamo il panettone Coop che costa il 60% in meno del panettone Motta firmato dallo chef stellato (prezzo di listino 15,18 euro), il più caro di tutto il test effettuato su 12 prodotti di marche diverse e 8 pandori da supermercato (in media 6,36 euro). Il prodotto sponsorizzato dallo chef di Masterchef si conferma, per quanto riguarda la ricetta, in linea con quanto previsto dalla legge in materia. Ma rispetto a quello messo in vendita l’anno scorso la quantità di uova appare raddoppiata, invariata quella del burro e ridotta del 10% quella di frutta secca.

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      Animali

      Gatti e pulci: il nemico invisibile che si nasconde tra i peli del nostro felino

      Anche i mici più puliti possono esserne vittime. Le pulci si annidano nel pelo, tra coperte e tappeti, e si riproducono in tempi rapidissimi. Prevenirle non significa solo proteggere il gatto, ma tutta la casa.

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      Gatti e pulci

        C’è un nemico minuscolo che tormenta i gatti di ogni età, razza e ambiente. Non si vede, ma si sente: le pulci. Quelle piccole creature scure che saltano tra i peli, mordono la pelle e rendono impossibile la pace di un felino. Per molti proprietari sono solo un fastidio stagionale, ma in realtà le pulci rappresentano una minaccia concreta per la salute del gatto e, indirettamente, anche per chi vive con lui.

        Basta una sola pulce per scatenare un’invasione. Ogni femmina può deporre fino a cinquanta uova al giorno, che cadono dal mantello e si insinuano ovunque: tra le fibre di un tappeto, sotto i cuscini del divano o nella cuccia preferita. È così che la casa si trasforma in un terreno fertile per centinaia di nuovi parassiti pronti a risalire sul gatto alla prima occasione.

        Il primo segnale d’allarme è quasi sempre lo stesso: il gatto si gratta con insistenza, morde la base della coda o si lecca nervosamente. In alcuni casi compaiono piccole crosticine, perdita di pelo o arrossamenti. Ma il vero problema non è solo il prurito. Le pulci si nutrono di sangue e, se l’infestazione è estesa, possono causare anemia, allergie e persino trasmettere parassiti intestinali.

        Sfatato anche il mito secondo cui i gatti di casa sarebbero al sicuro. Le pulci possono arrivare con le scarpe, con altri animali o semplicemente attraversando le finestre. E quando entrano, difficilmente escono da sole. Per questo la prevenzione è la prima forma di difesa: trattamenti antiparassitari regolari, ambienti puliti e tessuti lavati di frequente.

        Un gatto infestato non è solo un animale che soffre: è un campanello d’allarme per tutto ciò che lo circonda. Il ciclo vitale delle pulci è silenzioso e implacabile, ma può essere interrotto con costanza e attenzione. Ogni carezza tra il pelo, ogni spazzolata, ogni bagno diventa così un gesto d’amore e di cura.

        E quando finalmente il micio torna a dormire sereno, magari arrotolato sul divano, è il segno che la battaglia invisibile è stata vinta. Almeno fino alla prossima stagione.

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          Cucina

          Tiramisù, la vera ricetta del dolce italiano più amato nel mondo

          Nato tra Veneto e Friuli negli anni ’60, il tiramisù è oggi un’icona della pasticceria italiana. Pochi ingredienti, nessuna panna e una regola d’oro: rispetto assoluto per le uova fresche e il caffè espresso.

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          Tiramisù

            Ci sono dolci che si raccontano da soli, e il tiramisù è uno di questi. Nato da una manciata di ingredienti semplici — uova, mascarpone, savoiardi, zucchero e caffè — è diventato in pochi decenni un simbolo mondiale dell’Italia golosa. Il suo nome, “tirami su”, è già una promessa: energia, dolcezza, conforto.

            Sulla paternità del dolce si discute da anni. C’è chi lo attribuisce a Treviso, dove nel 1969 il ristorante Le Beccherie ne avrebbe servito la prima versione, e chi giura che sia nato a Tolmezzo, in Friuli. In ogni caso, il segreto è uno: semplicità assoluta.

            Per la ricetta originale bastano sei tuorli d’uovo, 120 grammi di zucchero, 500 grammi di mascarpone freschissimo, savoiardi e caffè espresso non zuccherato. Si montano i tuorli con lo zucchero fino a ottenere una crema chiara e spumosa, poi si incorpora delicatamente il mascarpone. Niente panna, niente albumi montati: il tiramisù vero si regge sulla setosità del mascarpone e sulla forza del caffè.

            I savoiardi si inzuppano rapidamente, mai troppo, nel caffè freddo, per evitare che si sfaldino. Si alternano strati di biscotti e crema, chiudendo con uno strato abbondante di crema e una spolverata generosa di cacao amaro. Il riposo in frigorifero per almeno quattro ore è fondamentale: solo così i sapori si fondono e il dolce raggiunge la sua perfetta armonia.

            C’è chi aggiunge un goccio di Marsala o di rum per profumare la crema, ma il tiramisù tradizionale ne fa a meno. È il contrasto tra l’amaro del caffè e la dolcezza del mascarpone a creare la magia.

            Nel tempo sono nate infinite varianti — al pistacchio, alle fragole, al limone — ma nessuna ha mai superato l’originale. Perché il tiramisù non è solo un dolce: è una carezza fredda, un rituale domestico, un pezzo d’Italia servito in coppetta.

            E ogni cucchiaino, anche dopo decenni, mantiene la stessa promessa: tirarti su, davvero.

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              Viaggi

              Hotel da sogno: dove il tempo non esiste

              Dalle Maldive a Capri, passando per Kyoto e il deserto dell’Oman, il 2025 consacra una nuova idea di ospitalità: esperienze che curano l’anima, architetture che respirano con il paesaggio e un lusso che non mostra, ma ascolta.

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              Hotel da sogno

                C’è un tipo di lusso che non si misura in stelle, ma in silenzi. In quegli hotel dove l’orologio sembra smettere di ticchettare e ogni gesto, anche il più semplice, assume la grazia di un rituale. Sono i nuovi resort del 2025, pensati per restituire la cosa più preziosa che ci sia: il tempo.

                Alle Maldive, ad esempio, il concetto di ospitalità si dissolve nel mare. Le ville sull’acqua del Soneva Fushi o del Patina Maldives sono rifugi di luce e legno, dove la tecnologia scompare dietro la quiete del blu. Non si viene per ostentare, ma per ascoltare il suono dell’oceano, per camminare a piedi nudi e ricordarsi che esistere è un verbo lento.

                A Capri, il nuovo Hotel La Palma, riaperto dopo un restauro firmato Oetker Collection, riscrive la dolce vita in chiave contemporanea: meno lusso di facciata, più arte dell’accoglienza. Ogni stanza profuma di agrumi e lino, ogni terrazza racconta un tramonto diverso. Il tempo qui si misura in luce, non in minuti.

                Dall’altra parte del mondo, a Kyoto, il Aman Kyoto sembra uscito da un sogno zen. Le camere sono immerse tra aceri e muschi, i bagni termali sono templi di vapore, e il silenzio diventa parte dell’arredamento. È il Giappone più autentico, quello che insegna che la perfezione nasce dall’imperfezione.

                Nel deserto dell’Oman, infine, il Alila Jabal Akhdar offre un lusso fatto di pietra e orizzonte. Di notte, il cielo si riempie di stelle e sembra di essere tornati alle origini del mondo. Qui l’esperienza è primordiale: l’acqua che scorre, il vento che modella le rocce, il corpo che si riappropria del respiro.

                Ovunque, il nuovo lusso dell’hôtellerie si misura così: non più nel possesso, ma nella presenza. Niente più frenesia, niente più check-in ansiosi o itinerari forzati. Solo un invito a restare, a vivere ogni minuto come se fosse infinito.

                Perché nei veri hotel da sogno non si viaggia per arrivare, ma per dimenticare di essere partiti.

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